Risoluzione di un concordato preventivo omologato
21 Maggio 2021
Può essere risolto un concordato preventivo omologato in cui la proposta prevedeva il pagamento dei chirografari nella misura del 45% e comunque nella misura massima possibile, se non risulta poi un attivo sufficiente a pagare nemmeno in parte i chirografari e solo in parte i privilegiati? E può chiedere la risoluzione chi abbia acquistato come cessionario un credito concorsuale dopo l'omologa in base a contratto di cessione di credito? La risposta alla prima domanda è positiva. Giova ricordare una sentenza del Tribunale Rovigo del 30 novembre 2016; il giudice decise che la prospettazione di una presumibile percentuale di soddisfazione, senza l'assunzione di un correlato obbligo di garanzia, non determinerebbe di per sé i presupposti della risoluzione per inadempimento allorché si verifichi un mero scollamento di percentuali tra quanto prospettato e quanto effettivamente ottenuto a titolo satisfattivo. Tuttavia - ed è questo il profilo che rileva - se tale differenza si concretizza in una totale assenza di soddisfazione del ceto creditorio chirografario, si può e si deve parlare di grave inadempimento. Ancora più recente è una pronuncia della Corte di Cassazione. Con la sentenza n. 20652 del 31 luglio 2019, la Corte di legittimità ha ribadito orientamenti che già si erano fissati anteriormente. In particolare, la Corte ha avuto modo di affermare un chiaro principio di diritto, ai sensi del quale in tema di procedure concorsuali, il concordato preventivo deve essere risolto, a norma dell'art. 186 l. fall., qualora emerga che esso sia venuto meno alla sua funzione di soddisfare i creditori nella misura promessa, a meno che l'inadempimento non abbia scarsa importanza. La Corte prosegue poi sostenendo che, per tale verifica, la percentuale di soddisfacimento, che sia stata eventualmente indicata dal debitore, non deve essere ritenuta vincolante, fatta salva l'assunzione di una specifica obbligazione intesa a garantirla. Invero - e la sottolineatura della Corte appare di particolare rilievo - tale indicazione della percentuale assolve una funzione fondamentale, perché funge da criterio di riferimento utile ad apprezzare l'importanza dell'inadempimento stesso. La conclusione è che il concordato preventivo deve essere risolto, ai sensi dell'art. 186 l. fall., salva l'apposizione della suddetta specifica garanzia, solamente qualora emerga che esso sia venuto meno alla sua funzione necessaria di soddisfare in una qualche misura i creditori chirografari e, integralmente, i creditori privilegiati ove non falcidiati. Anche per il secondo quesito la risposta deve essere positiva. Soccorre, per tale fattispecie, la previsione e le interpretazioni legate all'art. 177 l. fall. (“Maggioranza per l'approvazione del concordato”) il cui comma 4 recita: “Sono esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze il coniuge del debitore, i suoi parenti e affini fino al quarto grado, la società che controlla la società debitrice, le società da questa controllate e quelle sottoposte a comune controllo, nonché i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della proposta di concordato”. La ratio della norma è chiara: si vuole evitare che si realizzi una fraudolenta approvazione del concordato e a tal fine si è creata una disposizione di natura eccezionale, che limita quello che è il principale diritto dei creditori, ossia il diritto di voto. Ora, proprio la natura eccezionale della norma consente di escludere qualunque applicazione analogica, sicché si deve ritenere che nel caso proposto nel quesito non vi siano preclusioni di sorta alla possibilità, per il cessionario, di domandare la risoluzione del concordato preventivo. In altre parole, in assenza di una specifica previsione legislativa, si deve ritenere che anche chi abbia acquistato come cessionario un credito concorsuale dopo l'omologa in base a contratto di cessione di credito possa domandare la risoluzione.
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