Nodi irrisolti del decreto di omologa in relazione alla liquidazione concordataria
16 Giugno 2021
Nel concordato con cessione dei beni, l'art. 182 l.f. attribuisce al Tribunale il potere di disporre, con il decreto di omologa, le modalità della liquidazione ad integrazione di quanto previsto nel piano. Si segnalano, però, talune questioni riguardanti le dinamiche interne al riparto di competenza tra commissario giudiziale (CG), comitato dei creditori (CdC) e liquidatore concordatario (LC). Talora, infatti, le prescrizioni del decreto di omologa sono estremamente sintetiche e non sempre le problematiche operative, derivanti dalla interrelazione tra i diversi organi della procedura, trovano composizione in una prassi consolidata. In questo contesto sono prospettabili soluzioni che, pur nella loro opinabilità, potrebbero quantomeno focalizzare, ulteriormente, le esigenze che insorgono nella gestione della procedura. 1. Liquidatore concordatario 1.1 Laddove il LC sia designato dal debitore, si registra nei decreti di omologa la tendenza ad attribuire al CG il compito di verificare i requisiti prescritti dall'art. 28 l.f.. Tale verifica appare oltremodo difficoltosa in ordine al “conflitto di interessi”, stante la mancata tipizzazione della fattispecie (introdotta, peraltro, con riferimento all'affatto diversa condizione del curatore fallimentare). La verifica si risolve, usualmente, nella richiesta al LC del curriculum e, quindi, in eventuali approfondimenti in merito ai rapporti con il debitore e i creditori. Ragionando in astratto, le situazioni, potenzialmente, rilevanti sono le più diverse. A mero titolo esemplificativo: configura ipotesi di conflitto di interessi la carica di componente di un organo di controllo nell'ambito del gruppo a cui appartiene un creditore? Quanto tempo deve essere trascorso dalla cessazione di una carica sociale o consulenza per renderla irrilevante? Sono da considerarsi gli incarichi professionali avverso il debitore o i creditori? Dinanzi alla varietà delle situazioni, emerge l'esigenza che il decreto di omologa, non potendo definire la fattispecie ex art. 25 l.f., quantomeno disponga i criteri della verifica attribuita al CG in modo da calibrarne l'ampiezza e la profondità, anche perché laddove richieda la consultazione di soggetti terzi o istituzioni, i tempi di riscontro potrebbero condizionare negativamente l'inizio dell'attività liquidatoria. 1.2 Il decreto di omologa, sovente, demanda al LC la compilazione dell'elenco dei creditori. Tale compito meriterebbe di essere corredato dalla definizione delle prerogative dell'organo, che da taluni vengono interpretate nel senso che l'elenco possa essere definito solo formalmente - ossia aggiornando quello allegato al piano concordatario alla luce di quanto, nelle more, intercorso -; mentre altri ritengono che l'elenco sia riformulabile anche sostanzialmente, avendo riguardo all'importo e grado del credito, in particolar modo laddove risulti un diverso inquadramento tra il piano concordatario e la relazione del CG ex art. 172 l.f.. 1.3 Analoga questione si pone in ordine alla esecuzione del piano concordatario. La relazione ex art. 172 può divergere su diversi profili rispetto a quanto rappresentato in atti dalla società e, soprattutto, tende ad essere enfatizzata nella prassi la autonomia del LC – ancorché la sua posizione sia quella di mandatario dei creditori (non a caso, qui, si è preferito parlare di Liquidatore concordatario e non già di Liquidatore giudiziale) - nel valutare se o in che termini provvedere alla esecuzione attenendosi, rigorosamente, al piano predisposto dalla società. E' evidente che quando la legge o gli eventi impongono degli adattamenti, la loro assunzione è opportuna e necessaria, ma la definizione, da parte del decreto di omologa, dei criteri - e, se del caso, la procedimentalizzazione delle modalità con le quali questi interventi possono essere effettuati (è necessaria l'autorizzazione del CdC? o il parere del CG?) - consentirebbe di prevenire le eventuali criticità. 1.4 Molto spesso, i decreti di omologa dispongono la predisposizione del programma della liquidazione da parte del LC. Ora, nella prassi, si verificano delle situazioni che non rientrano nelle previsioni del programma ovvero che richiedono una differente regolazione. Con il che si viene a porre il problema della loro gestione, segnatamente se sia o meno necessario modificare, preliminarmente, il programma. Anche su questo punto, sarebbero opportune indicazioni procedimentali da parte dei decreti di omologa, al fine di evitare situazioni di stallo o problematiche interpretative tra i diversi organi. 2. Comitato dei creditori 2.1 Il decreto di omologa demanda, il più delle volte, al CG la definizione della rosa dei componenti, riservando la nomina al GD. Non sempre vengono disposti i criteri, con la conseguenza che, acquisita la disponibilità dei creditori, la rosa viene, usualmente, definita sulla base della natura del credito e dell'importo. Questa impostazione dà rilevanza alla componente economica, ma rischia di trascurare quella tecnica, ossia il possesso da parte dei membri del CdC delle capacità necessarie a sindacare nel merito gli atti sottoposti. In questo contesto, andrebbe valutata la opportunità di richiedere in capo, quantomeno, ad una minoranza qualificata dei componenti quelle capacità tecniche (da identificarsi alla luce del piano concordatario) che consentirebbero di assicurare competenze adeguate al miglior espletamento delle rilevanti funzioni autorizzatorie demandate al CdC. 2.2 Nei decreti di omologa, l'attribuzione delle funzioni autorizzatorie al CdC viene corredata, nei casi di maggior rilievo, dal parere del CG ovvero dall'onere di informativa agli organi della procedura. Quanto al parere, la sua natura strumentale dovrebbe implicare che venga reso prima della determinazione del CdC, ma quando ciò non è, espressamente, disposto è tutt'altro che raro, nella prassi, che sia sollecitato dopo l'autorizzazione. In merito alla informativa, la carenza di ulteriori prescrizioni rende difficoltoso inquadrare le conseguenze nel caso in cui il CG dovesse riscontrare criticità nell'operazione autorizzata dal CdC. Sarebbe utile che fosse chiarito se, a fronte di rilievi del CG, l'operazione debba essere sottoposta, nuovamente, al CdC (ma, in tal caso, dovrebbe, altresì, essere prevista una moratoria rispetto all'esecuzione dell'atto autorizzato) ovvero se ne si debba dar conto solo nella relazione semestrale. 3. Commissario giudiziale 3.1 La legge attribuisce al CG (generici e generali) compiti di vigilanza nella esecuzione del piano concordatario, che vengono anche riaffermati nel decreto di omologa ad integrazione delle funzioni, specificamente, demandate all'Organo. Con il che si pone la questione delle attività nelle quali detta vigilanza venga, concretamente, a declinarsi. Trattandosi, appunto, di vigilanza (e non già di controllo) sarebbe opportuno che, ad es., fosse precisato se eventuali richieste di informative o atti ispettivi possano essere fatte dal CG autonomamente ovvero solo su impulso (ad. es.; notizie di stampa, segnalazioni di creditori e interessati, etc.). 3.2 Allorché venga previsto, ai fini della assunzione di atti del LC o del CdC, il parere del CG, non sempre è precisato se sia vincolante e, in difetto, se in capo all'organo, che ne risulta destinatario, gravi, o meno, l'onere di, specificamente, motivare l'eventuale determinazione divergente. 3.3 L'utilizzazione delle giacenze di cassa è, spesso, condizionata nei decreti di omologa all'autorizzazione o al visto del CG, ma raramente è precisata la finalità del vincolo, ossia se comporti una valutazione di merito delle ragioni che giustificano l'atto dispositivo ovvero una mera verifica formale di importi e beneficiari. 3.4 Last, but not least: è sempre più diffusa la nomina del CG in composizione collegiale. Il decreto di omologa, spesso, non indica i criteri di funzionamento dell'organo, tanto più necessari con riferimento alla (discussa) possibilità di esercitare individualmente i poteri di vigilanza e di assumere a maggioranza le determinazioni di competenza.
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