Con la l. n. 374/1991 è stato istituito il Giudice di pace. Ai sensi dell'art. 1, comma 2, l. n. 374/1991, l'Ufficio del Giudice di pace è ricoperto da un magistrato onorario appartenente all'ordine giudiziario, quindi assoggettato alle stesse disposizioni del magistrato togato, seppur con un ruolo temporaneo.
Inquadramento
Con lal. n. 374/1991 è stato istituito il Giudice di pace.
La rubrica del Titolo II suddetto è stata modificata dall'art. 69, d.lgs. n. 51/1998. Il d.lgs. n. 51/1998, sopprimendo l'ufficio del pretore, ha nuovamente modificato la struttura (oltre al contenuto) del Titolo II del Libro II del codice, ora intitolato al solo procedimento davanti al G.p.
La riforma indicata ha soppresso la ripartizione interna del Titolo II in tre Capi e, in particolare, ha eliminato il Capo I (che conteneva tre articoli con le disposizioni comuni ai due procedimenti). Dei tre articoli citati due attualmente si riferiscono al solo procedimento davanti al G.p. (artt. 311 e 313 c.p.c.) e il terzo (art. 312 c.p.c.) è stato abrogato. Il d. lgs. n. 149/2022, meglio noto come “Riforma Cartabia”, ha inciso profondamente sul codice di procedura civile nel suo complesso e anche sul procedimento davanti al G.p. Di tale procedimento è stata modificata la fase introduttiva, la trattazione e la fase decisoria; la sua disciplina è determinata dalla combinazione delle disposizioni specifiche contenute nel presente Titolo e dal rinvio, per tutto quanto non espressamente previsto, al procedimento semplificato di cognizione di cui al Titolo I, Capo III-quater. Ulteriori modifiche sono state introdotte dal d.lgs. n. 164/2024.
Ai sensi dell'art. 1, comma 2, l. n. 374/1991 l'Ufficio del Giudice di pace è ricoperto da un magistrato onorario appartenente all'ordine giudiziario, quindi assoggettato alle stesse disposizioni del magistrato togato, seppur con un ruolo temporaneo. Infatti ai sensi dell'art. 10, l. n. 374/1991: «il magistrato onorario che esercita le funzioni di Giudice di pace è tenuto all'osservanza dei doveri previsti per i magistrati ordinari [...] Si applicano le disposizioni in tema di responsabilità disciplinare dei magistrati ordinari, in quanto compatibili».
Giurisdizione e competenza
Conformemente con l'impostazione seguita da un paio di decenni dalla Corte di cassazione (si veda da ultimo Cass. civ., sez. trib., 22 maggio 2019, n. 13750;) il disposto riformato dell'art. 37 c.p.c. vuole il difetto di giurisdizione nei confronti del giudice amministrativo o del giudice speciale non più rilevabile d'ufficio o eccepibile dopo che il giudice di primo grado abbia pronunciato sul merito della domanda. Avendo pronunciato implicitamente sulla giurisdizione, è necessaria una specifica impugnazione sul punto per portare la questione di giurisdizione davanti al giudice dell'impugnazione. Perciò, il giudicato interno sulla giurisdizione si forma tutte le volte in cui il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando anche implicitamente la propria giurisdizione e le parti abbiano prestato acquiescenza a tale statuizione, non impugnando la sentenza sotto questo profilo.
In evidenza
È da ritenere ancora valida la giurisprudenza di Cassazione (Cass. civ., sez. un., 19 marzo 2020, n. 7454) che specifica: «Il giudicato implicito sulla giurisdizione si forma tutte le volte in cui la causa sia stata decisa nel merito, con esclusione delle sole decisioni che non contengano statuizioni implicanti l'affermazione della giurisdizione, sicché la preclusione da giudicato non può scaturire da una pronuncia che non contenga alcuna statuizione sull'attribuzione o sulla negazione del bene della vita preteso, ma si limiti a risolvere questione giuridiche strumentali all'attribuzione del bene controverso. (Nella specie, relativa ad una domanda di risarcimento danni per accessione invertita e occupazione illegittima, la S.C. ha escluso la presenza di un giudicato implicito sulla giurisdizione del giudice ordinario, rispetto alla domanda risarcitoria, nella sentenza non definitiva di primo grado, che si era limitata a ritenere non perfezionato un accordo di cessione volontaria dell'area occupata, senza esaminare la predetta domanda, neppure al fine di ritenere sussistente l'an della pretesa)».
Per quel che concerne il difetto di giurisdizione nei confronti del giudice straniero, ai sensi dell'art. 4, comma 1, l. n. 218/1995, se il convenuto non lo eccepisce nel suo primo atto difensivo l'accetta convenzionalmente, perciò non può più farlo valere (art. 11, l. n. 218/1995).
Ai sensi dell'art. 11, l. n. 218/1995, tale difetto di giurisdizione è rilevato dal giudice d'ufficio, sempre in qualunque stato e grado del processo, se il convenuto è contumace, se ricorre l'ipotesi di cui all'art. 5 c.p.c., cioè quando si tratti di immobili situati all'estero, ovvero se la giurisdizione italiana è esclusa per effetto di una norma internazionale. In questo contesto potrebbe ritenersi applicabile la giurisprudenza di Cassazione che si era formata in relazione al difetto di giurisdizione nei confronti del giudice speciale, che ha dato luogo al nuovo disposto dell'art. 37 c.p.c.
Il difetto assoluto di giurisdizione può essere rilevato d'ufficio in qualunque stato e grado del processo.
Non vi è alcun ostacolo a che davanti al Giudice di pace si proponga regolamento di giurisdizione ai sensi dell'art. 41 c.p.c.
La competenza del G.p. nel processo civile è disposta dall'art. 7 c.p.c., secondo il quale: «Il Giudice di pace è competente per le cause relative a beni mobili di valore non superiore a euro 10.000,00, quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro giudice.
Il G.p. è altresì competente per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti, purché il valore della controversia non superi euro 25.000,00.
È competente qualunque ne sia il valore:
1) per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi;
2) per le cause relative alla misura ed alle modalità d'uso dei servizi di condominio di case;
3) per le cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità;
3-bis) per le cause relative agli interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali».
La competenza per valore prevista dai primi due commi dell'art. 7 c.p.c. è stata ampliata dal d.lgs. n. 149/2022.
Anche nel procedimento davanti al Giudice di pace la decisione solo sulla competenza ha la forma dell'ordinanza, secondo la Cassazione (Cass. civ., sez. VI, ord., 28 maggio 2014, n. 12010 ritiene che trovi applicazione nel processo innanzi al G.p. l'art. 279, comma 1, c.p.c. - nel testo introdotto dall'art. 46, comma 9, lett. a), l. 69/2009 - il quale prescrive di decidere con ordinanza su questioni di competenza). Tale ordinanza non può essere impugnata con regolamento di competenza in virtù dell'art. 46 c.p.c., che esclude l'esperibilità di tale mezzo di impugnazione nel giudizio davanti al giudice laico, perciò, l'unica soluzione possibile è che sia impugnata conappello: infatti, trattandosi di una decisione su un presupposto processuale, si può applicare il principio della prevalenza della sostanza sulla forma, che vuole il provvedimento impugnabile con il mezzo di critica suggerito dalla natura del provvedimento. Se questa è la conclusione, tuttavia, non si vede perché la pronuncia non debba avere la forma di sentenza, anziché quella dell'ordinanza funzionale all'impugnazione con regolamento di competenza, istituto che appunto non trova applicazione avverso le pronunce del G.p. sulla competenza.
Il termine per il rilievo d'ufficio dell'incompetenza per materia, valore o territorio inderogabile, come per altri rilievi officiosi, è quello della prima udienza: questa conclusione si raggiunge grazie all'applicazione del principio desumibile dall'art. 38, comma 3, c.p.c. che fa riferimento per questo incombente o al decreto di cui all'art. 171-bis c.p.c. o, nei procedimenti ai quali non si applica l'art. 171-bis c.p.c., alla prima udienza. Nel procedimento davanti al G.p. si applica la normativa relativa al procedimento semplificato, salvo per le deroghe espressamente previste dalla disciplina di specie, quindi non abbiamo delle verifiche preliminari.
Il convenuto ha la possibilità di eccepire l'incompetenza fino al momento della sua tempestiva costituzione, ovvero nel termine fissato dal giudice, che deve essere non oltre dieci giorni prima dell'udienza (art. 38, comma 1, 319 e 281-decies, comma 2 c.p.c.)
Si è specificato in dottrina (Luiso, in Consolo-Luiso-Sassani, Commentario alla riforma del processo civile, Padova, 1996, 303 ss.) che l'art. 38 c.p.c. non esclude la possibilità di far valere nell'udienza di trattazione successiva i profili di incompetenza (per materia, valore e territorio, sia funzionale che semplice) eventualmente sorti nell'udienza immediatamente precedente in virtù di modificazioni della domanda originaria, della proposizione di nuove domande, della quantificazione della domanda stessa.
Il Giudice di pace non ha potere in materia cautelare sia prima che dopo l'inizio di una causa di sua competenza: in tal caso si deve adire il Tribunale territorialmente compente (art. 669-tere 669-quater c.p.c.).
Fanno eccezioni i provvedimenti di istruzione preventiva, per i quali può essere competente anche il giudice di pace (art. 693 c.p.c.). Inoltre, il G.p. è competente per la rimessione in pristino prevista dall'art. 669-nonies, comma 3, c.p.c. nonché per il risarcimento dei danni, ex art. 96 c.p.c., per l'ipotesi in cui sia stata attuata una misura cautelare per un diritto poi accertato come inesistente.
Non hanno natura cautelare le ordinanze anticipatorie di cui agli artt. 186-bis, 186-tere 186-quater c.p.c., perciò posso essere adottate anche dal G.p.; tuttavia la modalità di decisione attualmente prevista, ovvero a seguito di discussione orale o con decisione da depositarsi nei successivi quindici giorni, porta ad escludere l'applicazione dell'art. 186-quater c.p.c. in questo procedimento.
Rimane di competenza del Tribunale il procedimento di querela di falso. Ai sensi dell'art. 313 c.p.c., quando è proposta querela di falso, spetta al G.p. valutare l'importanza del documento per la decisione: se lo ritiene rilevante per la decisione, sospende il giudizio e rimette le parti davanti al Tribunale per il relativo procedimento. In applicazione dell'art. 225, comma 2, c.p.c. su istanza di parte, può disporre che la trattazione della causa continui davanti a sé relativamente a quelle domande che possono essere decise indipendentemente dal documento impugnato.
Le condizioni di procedibilità
Ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28/2010 (aggiornato con le modifiche apportate dal d.l. n. 132/2014, conv., con modif., dalla l. n. 162/2014 e dal d.lgs. n. 130/2015, d.lgs. n. 68/2018 e dal d.l. n. 50/2017, convertito, con modificazioni, nella l. n. 96/2017) condizione di procedibilità prima dell'esercizio giudiziale di un'azione relativa ad una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è il procedimento di mediazione, con l'assistenza di un avvocato. Questa disposizione si applica davanti al giudice di pace per le controversie che rientrano nella sua competenza per materia o per valore. L'art. 5, d.lgs. n. 28/2010 prevede una serie di esclusioni, che per quel che riguarda il giudice di pace sono, se rientrano nella sua competenza per valore:
i procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione;
i procedimenti di opposizione all'esecuzione forzata.
Ai sensi dell'art. 3, comma 1, d.l. n. 132/2014 convertito nella l. n. 162/2014, così come modificato dal d.lgs. n. 149/2022 l'esperimento del procedimento di negoziazione assistita, tramite avvocato, è condizione di procedibilità della domanda giudiziale relativa a una controversia in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti; nonché, fuori dei casi previsti dal periodo precedente e dall'art. 5, comma 1, d.lgs. n. 28/2010, della domanda giudiziale di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti cinquantamila euro. Ai sensi del settimo comma del medesimo articolo la detta disposizione non si applica quando la parte può stare in giudizio personalmente. Infine ai sensi dell'art. 1, comma 249, l. n. 190/2014 la disciplina in materia di procedimento per negoziazione assistita si applica anche alle controversie relative ai contratti di trasporto e di subtrasporto, che si svolgono davanti al giudice di pace nei limiti della sua competenza.
Il mancato esperimento della condizione di procedibilità è eccepibile o rilevabile d'ufficio non oltre la prima udienza di trattazione; in tal caso il giudice concede un termine per l'esperimento del tentativo di mediazione o negoziazione, non sospendendo il procedimento, ma fissando udienza dopo la scadenza dello stesso.
Procedimento davanti al Giudice di pace
L'art. 311 c.p.c. contiene un rinvio a più livelli. La disciplina specifica è contenuta nelle norme del Titolo II del Libro II e, per rinvio, nelle norme di cui al Titolo I, Capo III-quater, in quanto compatibili; inoltre, è da ritenere che si applichi la disciplina degli istituti generali propri del procedimento davanti al Tribunale, a prescindere dalla sua composizione, quali ad esempio, l'intervento di terzo, le vicende anomale del processo, dell'istruzione probatoria. Infine, nel procedimento davanti al G.p. si applicano i principi generali di cui al Libro I del codice di procedura civile, primo fra tutti il principio del contraddittorio.
Perciò, attualmente le cause davanti al giudice di pace sono introdotte con ricorso, sottoscritto a norma dell'art. 125 c.p.c., che deve contenere, oltre all'indicazione del giudice e delle parti, l'esposizione dei fatti e l'indicazione del suo oggetto (art. 318 c.p.c.). Il contenuto del ricorso è più scarno rispetto a quanto disposto dall'art. 281-undecies c.p.c.
Parimenti, le cause di competenza del giudice di pace regolate dal rito del lavoro (artt. 6, 7, 8 e 12 d.lgs. n. 150/2011) e quelle di opposizione a sanzioni amministrative (art. 22 ss., l. n. 689/1981), sono introdotte con ricorso.
In applicazione dell'art. 316, comma 2, c.p.c., la domanda può essere proposta oralmentee poi redatta per iscritto seguendo le forme tipiche del ricorso.
Alla nullità dell'atto introduttivo si applica, con i dovuti adattamenti, la disciplina di cui all'art. 164 c.p.c.
Ai sensi dell'art. 82, comma 1, c.p.c. davanti al G.p. è ammessa la difesa personale, ex lege, solo per le cause il cui valore non eccede euro 1.100. Per le cause di maggior valore la difesa personale è subordinata alla previa autorizzazione del giudice. L'autorizzazione a stare in giudizio di persona viene emessa con decreto del giudice in considerazione della natura ed entità della causa. Concernendo l'accertamento che nulla osti a che il soggetto possa agire senza il patrocinio di un difensore ed essendo volta a rimuovere un limite al potere della parte di agire personalmente, la mancanza della predetta autorizzazione dà luogo all'invalida costituzione del rapporto processuale, deducibile dalla controparte e rilevabile anche d'ufficio dal giudice, ma sanabile con effetto ex tunc qualora la stessa autorizzazione venga concessa successivamente alla costituzione del soggetto (Cass. civ., sez. I, 26 agosto 2004, n. 17008). Negli altri casi la parte deve farsi assistere da un avvocato.
Ai sensi dell'art. 317 c.p.c. davanti al G.p. le parti possono farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto in calcealla domanda o in atto separato, salvo che il giudice ordini la loro comparizione personale. Il mandato a rappresentare comprende sempre quello a transigere e a conciliare. Nelle cause di valore inferiore ai 1.100 euro il mandato ex art. 317 c.p.c. dato ad un rappresentante volontario, può valere automaticamente anche per la difesa tecnica, dato il rapporto di immedesimazione sostanziale tra il rappresentante ed il rappresentato; invece, è preferibile ritenere che se la difesa personale della parte è stata autorizzata dal G.p. nelle cause di valore superiore, il mandato exart. 317 c.p.c. valga anche per la difesa tecnica solo previa autorizzazione del giudice. Al di fuori di tale ipotesi, oltre al rappresentante volontario, è necessario un avvocato al quale affidare la difesa tecnica.
L'attore si costituisce depositando il ricorso o il processo verbale di cui all'art. 316, comma 2, c.p.c. e, quando occorre, la procura (art. 319, comma 1, c.p.c.).
A seguito del deposito della domanda, il giudice di pace, entro cinque giorni dalla designazione, fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti a norma dell'art. 281-undecies, comma 2, c.p.c. Con lo stesso decreto, il giudice di pace informa il convenuto che la costituzione oltre il termine indicato implica le decadenze di cui all'art. 281-undecies, commi 3 e 4, c.p.c. che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi il cui valore eccede 1.100 euro, fatta eccezione per i casi previsti dall'art. 86 c.p.c. o da leggi speciali e che la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato (art. 318, comma 2, c.p.c.). A differenza che nel rito semplificato l'avvertimento non è contenuto nel ricorso introduttivo, ma nel decreto del giudice.
Il convenuto si costituirà secondo quelle che sono le modalità proprie del rito semplificato, ai sensi dell'art. 281-undecies, commi 3 e 4, c.p.c. , quindi entro il termine fissato dal giudice almeno dieci giorni prima dell'udienza con una comparsa contenente tutte le sue difese, le eccezioni in senso lato e stretto, la domanda riconvenzionale e la chiamata in causa di terzo, l'articolazione dei mezzi di prova; con le decadenze proprie del rito davanti al tribunale in caso di mancata costituzione in termini, relative alle eccezioni in senso stretto e di incompetenza, alla domanda riconvenzionale e alla chiamata in causa di terzo (art. 319, comma 1, c.p.c.). In caso di chiamata in causa di terzo, il convenuto chiederà contestualmente lo spostamento della prima udienza perché il terzo si costituisca secondo le modalità proprie della costituzione del convenuto. A differenza che all'attore, al convenuto viene richiesta l'indicazione dei mezzi di prova nella comparsa di costituzione.
Ai sensi del secondo comma dell'art. 319 c.p.c. le parti che stanno in giudizio personalmente e che non hanno precedentemente dichiarato la residenza o eletto domicilio nel comune in cui ha sede l'ufficio del giudice di pace o indicato il proprio indirizzo di posta elettronica certificata o eletto
Nel procedimento davanti al G.p. c'è l'obbligo del giudice di procedere con il tentativo di conciliazione. Ne deriva l'obbligo per le parti di comparire personalmente in udienza. L'interrogatorio libero deve essere considerato come esplicazione del principio del contraddittorio: pertanto non sarà diretto solo ad ottenere chiarimenti in fatto dalle parti, ma coinvolgerà anche i rappresentanti tecnici di queste e il giudice, sul quale incomberà l'obbligo di indicare le questioni rilevabili d'ufficio, in modo da permettere le opportune correzioni nelle rispettive impostazioni difensive (così Consolo-Luiso-Sassani, La riforma del processo civile. Commentario. Il giudice di pace e la legge n. 477/92 di entrata in vigore parziale della riforma, Milano, 1991 II, 315). La conciliazione delle parti, non realizzatasi in prima udienza, potrà intervenire in ogni altro momento dell'istruzione ai sensi dell'art. 185 c.p.c. o dell'art. 185-bis c.p.c. Invece, se la conciliazione riesce di essa si redige processo verbale ai sensi dell'art. 185, ult. comma, c.p.c.
In evidenza
Secondo la Cassazione nel giudizio innanzi al giudice di pace, l'omissione dell'obbligatorio tentativo di conciliazione delle parti alla prima udienza non è espressamente sanzionata con la previsione di nullità e può produrre tale effetto soltanto qualora abbia comportato, in concreto, un pregiudizio del diritto di difesa (Cass. civ., sez. II, 11 maggio 2010, n. 11411).
Ovviamente, prima di procedere con il tentativo di conciliazione il G.p. deve compiere come nel processo davanti al Tribunale tutte le verifiche preliminari volte ad accertare la regolare instaurazione del contraddittorio e se del caso adottare i provvedimenti necessari per porre rimedio alle eventuali mancanze, ad esempio mancata chiamata in causa di un litisconsorte necessario.
La trattazione
Se il tentativo di conciliazione non riesce, il procedimento prosegue ai sensi dell'art. 281-duodecies, commi 2, 3 e 4, c.p.c. Dal mancato richiamo al primo comma dell'art. 281-duodecies c.p.c. si arguisce che davanti al G.p. è esclusa la trasformazione del procedimento sommario in rito ordinario. L'abrogazione dell'originario terzo comma della disposizione in commento, secondo il quale in caso di mancata conciliazione il giudice di pace invitava le parti a precisare definitivamente i fatti a fondamento delle proprie domande, difese ed eccezioni, a produrre i documenti e a richiedere i mezzi di prova da assumere, comporta che la scansione delle attività previste nella fase della trattazione e lo schema delle preclusioni sia quello proprio del rito semplificato.
L'attore può chiedere di essere autorizzato a chiamare in causa un terzo, se l'esigenza è sorta dalle difese del convenuto; se il giudice lo autorizza, fissa la data della nuova udienza assegnando un termine perentorio per la citazione del terzo. Entrambe le parti possono proporre le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale e delle eccezioni proposte dalle altre parti. Infine, quando l'esigenza sorge dalle difese della controparte, il giudice, se richiesto, concede alle parti un termine perentorio non superiore a venti giorni per precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni, per indicare i mezzi di prova e produrre documenti, e un ulteriore termine non superiore a dieci giorni per replicare e dedurre prova contraria. Per cui, pur se non detto espressamente dal legislatore, di fatto, le parti per evitare di incorrere in preclusioni debbono esporre tutte le loro pretese e richieste, supportate dai relativi mezzi di prova nei loro atti introduttivi, questo vale per l'attore e per il convenuto.
E' prevista la facoltà alle parti di non predisporre un proprio fascicolo, ma nello stesso tempo non ne esclude il potere di ritirare i documenti prodotti al momento dell'archiviazione del fascicolo d'ufficio (così Consolo-Luiso-Sassani, La riforma, II, 320). Va tenuto presente che accanto al fascicolo d'ufficio cartaceo o in sostituzione di esso vi potrebbe essere il fascicolo informatico. In proposito la normativa di riferimento è composita: per i principi generali va fatto riferimento al d.lgs. n. 82/2005 e successive modificazioni; vanno poi considerati il D.M. n. 44/2011 ed il provvedimento della Direzione generale dei Sistemi informatici dell'Amministrazione del Ministero di Giustizia 16 aprile 2014. Ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. h), D.M. 44/2011, il fascicolo informatico è la versione informatica del fascicolo d'ufficio, contenente gli atti del processo come documenti informatici, oppure le copie informatiche dei medesimi atti, qualora siano stati depositati su supporto cartaceo, ai sensi del codice dell'amministrazione digitale.
La decisione
Il nuovo modello decisorio al quale fa riferimento l'art. 321 c.p.c. è quello proprio del processo davanti al Tribunale in composizione monocratica: la decisione avviene a seguito di discussione orale; si pronuncia sentenza dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. La sentenza viene scritta a verbale e si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte del giudice del verbale che la contiene; ai sensi del secondo comma, la sentenza deve essere depositata entro quindici giorni in cancelleria. Il decreto correttivo ha integrato l'articolo consentendo il deposito della sentenza anche entro i quindici giorni dalla discussione in armonia con l'ultimo comma dell'art. 281-sexies c.p.c., che già contemplava questa possibilità.
In tema di impugnazione delle sentenze rese dal G.p. è necessario distinguere tra sentenze rese ius strictum e sentenze rese secondo equità, exart. 113 c.p.c. Le sentenze rese secondo diritto sono impugnabili con appello senza limitazioni in ordine ai motivi. Le sentenze rese secondo equità exart. 113 c.p.c. sono appellabili esclusivamente: per violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia, ai sensi dell'art. 339, comma 3, c.p.c. I principi regolatori della materia sono quelli ai quali il legislatore si è ispirato per la regolamentazione di un determinato istituto (si veda in proposito Corte cost., 6 luglio 2004, n. 206).
Si ribadisce che sono impugnabili con appello anche le decisioni sulla sola competenza, non essendo ammesso il regolamento di competenza, per espressa previsione dell'art. 46 c.p.c.
Conciliazione in sede non contenziosa
L'art. 322 c.p.c. prevede la possibilità di rivolgersi al giudice di pace per la conciliazione in sede non contenziosa, anche con un'istanza verbale. Oggetto dell'istanza deve essere un diritto disponibile.
Il giudice di pace deve essere competente territorialmente, ma non per materia.
A seconda che sia o meno competente ci sono differenti conseguenze nel caso in cui si raggiunga una conciliazione:
se il giudice di pace è competete il verbale di conciliazione vale come titolo esecutivo a norma dell'art. 185 c.p.c.;
in caso contrario, si può considerare una scrittura privata autenticata in sede giudiziale.
Riferimenti
AA.VV., Codice commentato dei processi civili davanti al giudice di pace, a cura di Arieta, Torino, 2010;
Acone, Il giudice di pace (dal dibattito culturale alla legge istitutiva), RDPr, 1992, 1096;
Capponi, Al traguardo il giudice di pace (commento alla l. 21-11-1991, n. 374), in Corr. giur., 1992, 19;
Chiarloni, Il giudice di pace, Dig. civ., IX, Torino, 1993, 63 ss.;
Consolo-Luiso-Sassani, Commentario alla riforma del processo civile, Padova, 1996;
Consolo-Luiso-Sassani, La riforma del processo civile. Commentario. Il giudice di pace e la legge n. 477/92 di entrata in vigore parziale della riforma, Milano, 1991;
Di Cola, Commento agli artt. 311-322, in Codice di procedura civile, di N. Picardi, a cura di R. Vaccarella, Milano, 2025, 8° ed., I, in corso di pubblicazione;
Mandrioli – Carratta, Diritto processuale civile, 30° ed., Torino 2019.
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