Il curatore è legittimato ad agire contro la banca per la concessione abusiva del credito?

17 Settembre 2021

Il decisum in rassegna pone al centro dell'attenzione la cosiddetta abusiva concessione del credito da parte delle banche. In particolare, si tratta di stabilire se la curatela sia, o meno, legittimata ad agire con riguardo alla domanda di risarcimento del danno cagionato al patrimonio della società, appunto, per l'abusiva concessione del credito.

Il decisum in rassegna pone al centro dell'attenzione la cosiddetta abusiva concessione del credito da parte delle banche. In particolare, si tratta di stabilire se la curatela sia, o meno, legittimata ad agire con riguardo alla domanda di risarcimento del danno cagionato al patrimonio della società, appunto, per l'abusiva concessione del credito.

E, i Giudici della Suprema Corter, con la sentenza n. 24725, depositata il 14 settembre 2021, risolvono positivamente la quaestio chiarendo che il curatore fallimentare è legittimato ad agire contro la banca per la concessione abusiva del credito, in caso di illecita nuova finanza o di mantenimento dei contratti in corso, che abbia cagionato una diminuzione del patrimonio del soggetto fallito, per il danno diretto all'impresa conseguito al finanziamento e per il pregiudizio all'interno ceto creditorio a causa della perdita della garanzia patrimoniale, ex art. 2740 c.c.

I Giudici di legittimità specificano inoltre che l'erogazione del credito che sia qualificata come “abusiva”, in quanto effettuata, con dolo o colpa, ad impresa che si palesi in una situazione di difficoltà economica-finanziaria ed in mancanza di concrete prospettive di superamento della crisi, integra un illecito del soggetto finanziatore, per essere egli venuto meno ai suoi doveri primari di una prudente gestione, che obbliga il medesimo al risarcimento del danno, ove ne discenda l'aggravamento del dissesto favorito dalla continuazione dell'attività d'impresa. Non integra, invece, abusiva concessione di credito la condotta della banca che, pur al di fuori di una formale procedura di risoluzione della crisi dell'impresa, abbia assunto un rischio non irragionevole, operando nell'intento del risanamento aziendale ed erogando credito ad un'impresa suscettibile, secondo una valutazione ex ante, di superamento della crisi o almeno di proficua permanenza sul mercato, sulla base di documenti, dati e notizie acquisite, da cui sia stata in buona fede desunta la volontà e la possibilità del soggetto finanziato di utilizzare il credito ai detti scopi. Infine, la Suprema Corte precisa che la responsabilità in capo alla banca, qualora abusiva finanziatrice, può sussistere in concorso con quella degli organi sociali di cui all'art. 146, l. fall., in via di solidarietà passiva ai sensi dell'art. 2055 c.c., quali fatti causatori del medesimo danno, senza che, peraltro, sia necessario l'esercizio congiunto delle azioni verso gli organi sociali e verso il finanziatore, trattandosi di mero litisconsorzio facoltativo.

Il fatto - La Corte d'appello di Perugia ha parzialmente accolto l'impugnazione avverso la decisione del Tribunale di Terni, la quale aveva respinto – per carenza di legittimazione attiva del curatore – la domanda proposta dal Fallimento Omega contro la Banca Beta, volta alla condanna della convenuta al risarcimento del danno patito dal patrimonio della società a causa della concessione abusiva del credito, indicato in tre milioni di euro. Nella specie, la Corte territoriale ha ritenuto la curatela priva della legittimazione ad agire con riguardo alla domanda di risarcimento del danno cagionato al patrimonio della società per l'abusiva concessione di credito da parte delle banche ciò, in quanto per affermare tale legittimazione, a detta dei giudici del merito, è necessario passare per un'azione di responsabilità nei confronti dell'amministratore rispetto al quale la condotta dell'istituto di credito si pone in termini di complicità aprendo così ad un'estensione solidale della condanna agli istituti di credito del danno recato al patrimonio sociale dell'imprenditore. La procedura soccombente propone quindi ricorso per cassazione sulla base di due motivi di gravame che possono essere trattati congiuntamente perché, pur deducendo essi la violazione di norme eterogenee, mirano ad affermare il principio che il curatore fallimentare sia legittimato ad agire contro le banche per il danno da queste cagionato con l'abusiva concessione del credito al patrimonio del soggetto fallito. E, i Giudici di legittimità li accolgono entrambi dichiarandoli fondati. La Suprema Corte cassa quindi la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'appello di Perugia, in diversa composizione.

L'abusivo ricorso al credito è previsto dall'art. 218 l. fall. - Esso sanziona gli amministratori, i direttori generali, i liquidatori e gli imprenditori esercenti un'attività commerciale che ricorrono o continuano a ricorrere al credito, dissimulando il dissesto o lo stato di insolvenza.

La concessione abusiva di credito - Con essa, specularmente, si designa l'agire del finanziatore che conceda, o continui, a concedere incautamente credito in favore dell'imprenditore che versi in stato d'insolvenza o comunque di crisi conclamata. Nell'integrazione della fattispecie, rilievo primario assumono, accanto alla regola generale del diritto delle obbligazioni relativa all'esecuzione diligente della prestazione professionale, la disciplina primaria e secondaria di settore e gli accordi internazionali. Difatti, il soggetto finanziatore, sulla base di questa, è tenuto all'obbligo di rispettare i principi di cosiddetta sana e corretta gestione, verificando, in particolare, il merito creditizio del cliente in forza di informazioni adeguate. Nondimeno, l'erogazione del credito, che sia qualificabile come “abusiva”, in quanto effettuata a chi si palesi come non in grado di adempiere le proprie obbligazioni ed in stato di crisi, può integrare anche illecito del finanziatore per il danno cagionato al patrimonio del soggetto finanziato, per essere venuto meno ai suoi doveri primari di una prudente gestione aziendale, previsti a tutela del mercato e dei terzi in genere, ma idonei a proteggere anche ciascun soggetto impropriamente finanziato ed a comportare la responsabilità del finanziatore, ove al patrimonio di quello sia derivato un danno, ai sensi dell'art. 1173, c.c. Pertanto, le prescrizioni di vigilanza divengono rilevanti nella valutazione relativa alla violazione di obblighi primari, ai fini dell'individuazione di una responsabilità alla stregua della diligenza professionale dovuta ai sensi degli artt. 1176, comma 2, e 2082, c.c. Quel che rileva non è il fatto de quo che l'impresa finanziata sia in stato di crisi o di insolvenza, pur noto al finanziatore, onde questi abbia così cagionato un ritardo nella dichiarazione di fallimento: quel che rileva è unicamente l'insussistenza di fondate prospettive, in base a ragionevolezza e ad una valutazione ex ante, di superamento di quella crisi. Sicché, in sostanza, sovente il confine tra finanziamentomeritevole” e finanziamento “abusivo” si fonderà sulla ragionevolezza e fattibilità di un piano aziendale.

In conclusione, è pur vero che il curatore non è legittimato all'azione di risarcimento del danno diretto patito dal singolo creditore per l'abusiva concessione del credito quale strumento di reintegrazione del suo patrimonio singolo, ove quest'ultimo dovrà dimostrare lo specifico pregiudizio a seconda della relazione contrattuale intrattenuta con il debitore fallito, e ciò con specifico riguardo al diritto leso a potersi determinare ad agire in autotutela, oppure ad entrare in contatto con contraenti affidabili - posto che la concessione del credito bancario lo abbia indotto, ove creditore anteriore, a non esercitare i rimedi predisposti dall'ordinamento a tutela del credito, e, ove creditore successivo a quella concessione, a contrattare con soggetto col quale altrimenti non avrebbe contrattato - in quanto si tratta di diritto soggettivo afferente la sfera giuridica di ciascun creditore. E, tuttavia, la situazione muta, ove si prospetti un'azione a vantaggio di tutti i creditori indistintamente, perché recuperatoria in favore dell'intero ceto creditorio di quanto sia andato perduto, a causa dell'indebito finanziamento, del patrimonio sociale, atteso che il fallimento persegue, appunto, l'obiettivo del miglior soddisfacimento dei creditori nel rispetto della par condicio.

Fonte:

dirittoegiustizia.it

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