Codice Penale art. 161 bis - Cessazione del corso della prescrizione 1Cessazione del corso della prescrizione1 [I]. Il corso della prescrizione del reato cessa definitivamente con la pronunzia della sentenza di primo grado. Nondimeno, nel caso di annullamento che comporti la regressione del procedimento al primo grado o a una fase anteriore, la prescrizione riprende il suo corso dalla data della pronunzia definitiva di annullamento.
[1] Articolo inserito dall'art. 2, comma 1, lett. c), l. 27 settembre 2021, n. 134, in vigore dal 19 ottobre 2021. InquadramentoL'articolo in commento è stato inserito dall'art. 2, comma 1, lett. c), l. n. 134/2021 (in G.U. n. 237, in vigore dal 19 ottobre 2021). Questa norma è strettamente connessa alla modifica apportata allo stesso tempo all'art. 159 c.p., che ha comportato l'abrogazione del secondo comma. Di conseguenza, è stata eliminata la disposizione che attribuiva effetto sospensivo al decorso della prescrizione in seguito alla pronuncia della sentenza di primo grado, sia essa di condanna o di assoluzione, o all'emissione del decreto penale di condanna. Si era infatti osservata in modo unanime l'improprietà lessicale del termine sospensione. La situazione prevista non era infatti temporanea, ma destinata a protrarsi fino alla data in cui la sentenza che definisce il giudizio diventava esecutivo ovvero fino all'irrevocabilità del decreto penale di condanna, indipendentemente dall'andamento del processo. La nuova disciplina appare più coerente con il sistema e tecnicamente più appropriata: la prescrizione non viene più sospesa, ma si interrompe in modo definitivo nel momento in cui viene pronunciata la sentenza di primo grado, indipendentemente dal fatto che sia di condanna o di assoluzione. Invece, il decreto penale di condanna non sospende la prescrizione, ma la interrompe, rientrando tra gli atti interruttivi espressamente previsti dall'art. 160, comma 1. La doppia forma di prescrizioneIl sistema che emerge dalla riforma si distingue nettamente da quello precedente. Viene infatti a crearsi una sorta di doppio binario in ordine alla infinita vicenda concernente l'istituto della prescrizione: accanto alla classica prescrizione di natura sostanziale, si delinea una forma di prescrizione che è in pratica di tipo processuale, chiamata improcedibilità. Quest'ultima mira a ridurre i tempi dei processi nelle fasi di impugnazione, imponendo scadenze rigorose. L'istituto dell'improcedibilità serve quindi a evitare che la cessazione definitiva della prescrizione al momento della sentenza di primo grado porti ad un allungamento indefinito della durata dei giudizi di impugnazione. (Si veda sul punto il testo del nuovo art. 344-bis, introdotto nel sistema ad opera dell'art. 2, comma 2, della medesima l. n. 134/2021). Per riassumere brevemente, è dunque previsto quanto segue. Per i reati commessi a partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), rappresentano causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione: – del giudizio di appello entro il termine di due anni; – del giudizio di cassazione entro il termine di un anno; salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare; salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.; salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021). La riforma crea un rapporto peculiare tra prescrizione sostanziale e improcedibilità, descritto in modo incisivo da uno dei primi commentatori della normativa. In particolare, si evidenzia come, fino alla sentenza di primo grado, vengano a considerati gli effetti del tempo sul reato (in sintesi, l'oblio). Tuttavia, da quel momento in poi, questi cessano di avere rilevanza e l'unico parametro temporale considerato è quello della fase di impugnazione, indipendentemente dalla durata pregressa del processo. Ne deriva una gestione differenziata dei procedimenti: se prima il decorso del tempo incideva su tutto il processo, ora le tempistiche influenzano le diverse fasi in modo separato e non coordinato. Di conseguenza, la prescrizione opera solo nel primo grado, con il rischio di un rallentamento in questa fase, mentre la durata ragionevole del processo (art. 111, Cost.) si applica solo alle impugnazioni, con il paradosso che i reati meno gravi richiederanno un'accelerazione, mentre quelli più gravi potranno subire ditalazione nei tempi. È stato evidenziato infatti che “una prescrizione calcolata su tutta la durata del processo opererà solo per un suo segmento (il primo grado) con il rischio del rallentamento della fase di primo grado; una durata ragionevole di tutto il processo (art. 111 Cost.) opererà solo per una secca parte del suo sviluppo con tempi diversificati tra i reati così da dover accelerare per i meno gravi e poter rallentare per quelli più gravi» (Spangher, 1). La funzione della sentenza di primo gradoViene conservata alla pronuncia emessa in primo grado la importantissima funzione decadenziale, in relazione alla prescrizione sostanziale. Tale pronuncia – si ripete, sia essa di condanna o di assoluzione – segna infatti il momento finale del corso della prescrizione e ne determina la definitiva cessazione; come sopra accennato, viene pertanto eliso il precedente riferimento all’effetto sospensivo assegnato alla sentenza di primo grado (più chiaramente: un termine che si blocchi in maniera definitiva e quindi senza possibilità di riprendere il suo corso, subisce in realtà non una vicenda sospensiva, bensì una vera e propria cessazione). Come detto sopra, il decreto penale di condanna è invece ora inserito fra le cause interruttive –non determinanti quindi la cessazione – del corso della prescrizione sostanziale. La regressione del procedimentoNonostante l’uso semanticamente ancora una volta singolare dei vocaboli, la prescrizione sostanziale in realtà non cessa in maniera definitiva, ossia assolutamente irreversibile. Un eventuale annullamento della sentenza di primo grado, che determini il ritorno del procedimento al primo grado, ovvero anche alla fase antecedente, ne comporterà infatti l’immediato risorgere. Il dies a quo del nuovo termine coinciderà in tal caso con la definitività della pronuncia di annullamento. Osserviamo come la norma sia qui estremamente chiara, nell’indicare che il nuovo corso della prescrizione – nella fase quindi successiva alla definitività della decisione di annullamento e alla regressione del procedimento – andrà a sommarsi al periodo già trascorso, dal momento iniziale di decorrenza fino alla pronuncia della sentenza di primo grado poi annullata (la norma testualmente afferma che <<la prescrizione riprende il suo corso>>). La successione di leggi nel tempoLa vicenda sin qui descritta è regolata – per quanto attiene all'aspetto intertemporale – dalle ordinarie regole ex art. 2. Tale disciplina dovrà naturalmente andare a coordinarsi con la (discutibile) previsione di limitata retroattività dettata dal successivo terzo comma, laddove è previsto che la nuova forma di improcedibilità debba restare circoscritta ai giudizi di impugnazione concernenti reati perpetrati in epoca successiva al 1° gennaio 2020 (sarebbe a dire, al giorno in cui è entrato in vigore il precedente intervento legislativo sull'istituto della prescrizione). Tale principio è stato ribadito dalla Cass. I, n. 2629/2023. Si sottolinea ancora una volta come la giurisprudenza si sia consolidata nel senso che ai reati commessi tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019 si applica la disciplina prevista dalla l. n. 251/2005, in virtù del principio di retroattività della norma penale più favorevole. Tale normativa non contemplava la sospensione della prescrizione durante il giudizio di appello e di cassazione, sospensione che era stata introdotta all'art. 150, comma 2, c.p.l. n. 103/2017 (art. 1, comma 11, lett. b) e successivamente abrogata dall'art. 2, comma 1, lett. a), l. n. 134/2021. L'abrogazione ha determinato la reviviscenza del regime prescrizionale precedente, ripristinando le regole vigenti prima della riforma del 2017 (Cass. III, n. 18873/2024; nello stesso senso Cass. IV, n. 26294/2024) e Cass. IV, n. 38474/2024). BibliografiaDi Bitonto, Osservazioni “a caldo” sull’improcedibilità dell’azione disciplinata dall’art. 344 bis c.p.p.”, IlPenalista.it, 4 ottobre 2021; Spangher, Aspettando la riforma del processo penale. Non basta un facile ottimismo, IlPenalista.it, 3 settembre 2021. |