Società cancellata dal Registro delle Imprese: reclamo contro la sentenza di fallimento?
29 Luglio 2020
Chi è legittimato a proporre reclamo contro la sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata nei confronti di una società cancella dal registro delle imprese?
Caso concreto - La società Alfa a responsabilità limitata era stata messa in liquidazione e successivamente erastata cancellata dal registro delle imprese in presenza di debiti non soddisfatti nei confronti di tre fornitori; questi ultimi vantavano crediti, alcuni di importo superiore a 30.000 Euro, altri di importo inferiore. Due dei tre creditori avevano deciso di chiedere la dichiarazione di fallimento e presentando, ciascuno, un credito di ammontare più basso della soglia di € 30.000 si erano “consorziati “ ai fini processuali in modo da raggiungere l'ammontare di Euro 34.000. L'istanza di fallimento era stata presentata quattro mesi prima che decorresse un anno dalla data della cancellazione della società Alfa dal Registro delle imprese; il Tribunale aveva fissato poco dopo l'udienza prefallimentare per la verifica dei requisiti per la dichiarazione di fallimento. Nessuno si costituiva in giudizio per la società e il Tribunale, al termine, accoglieva la domanda dei creditori e dichiarava il fallimento. I soci della Alfa s.r.l. valutavano la situazione e decidevano di presentare reclamo contro il fallimento. Si è posto, dunque, il problema di valutare se, nel caso di specie, la società fallita, ma cancellata dal Registro delle Imprese, potesse proporre reclamo ai sensi dell'art. 18 l.fall. ovvero se legittimati a ciò fossero i soci o altri soggetti interessati.
Il quadro di riferimento - La normativa di interesse è costituita dalle seguenti norme:
Le Sezioni Unite della Cassazione (Cass. SU 12 marzo 2013 n.6070 e 6071), hanno precisato che, una volta cancellata dal Registro delle Imprese, la società di capitali si estingue con effetto immediato. In altre parole, la cancellazione non permette mai alla società di mantenersi in vita anche quando i rapporti giuridici facenti ad essa capo non fossero esauriti., I creditori della società rimasti insoddisfatti possono, peraltro, far valere i propri crediti nei confronti dei soci che rispondono nei limiti di quanto eventualmente fosse stato loro ricevuto in sede di liquidazione e, nei riguardi dei liquidatori, se il mancato pagamento fosse dipeso da dolo o colpa di questi. La prova circa la consapevolezza o la conoscibilità da parte del liquidatore è a carico del creditore (Trib. Milano n. 10635/2015). Quando, dopo la cancellazione della società, sopravvengano elementi dell'attivo patrimoniale non inclusi nel bilancio di liquidazione, secondo le Sezioni Unite, tali beni e tali diritti si trasferiscono in capo ai soci in base alle norme sulla comunione, come se ci fosse una sorta di fenomeno successorio a loro favore. Tuttavia, nell'ipotesi in cui, dopo la cancellazione, i diritti e i crediti fossero incerti e illiquidi e per essi fosse necessaria un'ulteriore attività giudiziale o stragiudiziale, il mancato svolgimento di tale attività va interpretato come rinuncia definitiva ai suddetti crediti. Il legislatore fallimentare con l'art. 10 L.fall prevede, diversamente, che la società di capitali estinta possa essere dichiarata fallita entro un anno dalla cancellazione dal registro delle Imprese. La ratio della norma è da individuare nella prevalente esigenza di tutelare i creditori; si vuole cioè evitare che l'impresa commerciale insolvente si sottragga alla responsabilità patrimoniale semplicemente con l'adempimento della cancellazione dal registro delle imprese. Così facendo, il legislatore ha inteso contemperare l'esigenza di certezza dei rapporti giuridici con quella di assicurare un'effettiva tutela ai creditori dell'insolvente.
Soluzione - Con riferimento alla posizione della società fallita reclamante, va segnalata una pronuncia della Corte Suprema del 2013 (Cass. 2013 n. 24968) che, in realtà, per quanto coeva alle Sezioni Unite sopra indicata, sembra più riferirsi al vecchio orientamento giurisprudenziale: quest'ultimo collegava l'estinzione della società all'estinzione di tutti i rapporti giuridici che ad essa facevano capo. Secondo tale pronuncia, infatti, il procedimento prefallimentare e le eventuali successive fasi impugnatorie continuavano a svolgersi, per “fictio iuris”, nei confronti della società estinta non perdendo quest'ultima, in ambito concorsuale, la propria capacità processuale. Come si diceva, l'orientamento è invece mutato con la riforma del diritto societario che introduce nell'art. 2495 c.c. l'inciso “Ferma restando l'estinzione della società” e con la posizione innovativa introdotta dalle Sezioni Unite della Cassazione. In tale ottica va dunque evidenziata la sentenza della Corte d'appello di Napoli (App. Napoli 18 giugno 2018 n. 128) secondo cui l'eventuale reclamo proposto dalla società è da considerarsi inammissibile perché quest'ultima, essendo estinta in quanto cancellata dal registro delle Imprese, “è inesistente nel mondo giuridico”. Peraltro, tale interpretazione non fa venire meno la possibilità ad altri e diversi soggetti interessati (soci, ex amministratori, liquidatore della società cancellata) di contrastare l'iniziativa fallimentare. L'art. 18 L.fall. consente infatti il reclamo non solo al debitore ma anche a qualunque interessato: questi può dunque contestare pienamente l'esistenza dei presupposti per la dichiarazione di fallimento nella successiva fase del reclamo ex art. 18 l.fall. Al riguardo, la stessa Corte Costituzionale, nel respingere la questione di legittimità costituzionale dell'art. 15 1. fall. (con la sentenza C.Cost 16 giugno 2016 n. 146), ha affermato che "il sistema, nel quale si inserisce la disposizione censurata, non è privo di ulteriori correttivi a tutela della effettività del diritto di difesa dell'imprenditore", e ciò in quanto "la riconosciuta natura "devolutiva" del reclamo - come regolato dall'art. 18 della legge fallimentare (...) - consente, infatti, al .fallito, benché non costituito innanzi al tribunale, di indicare, comunque, per la prima volta, in sede di reclamo avverso la sentenza di primo grado (che gli viene notificata nelle forme ordinarie), i fatti a sua difesa ed i mezzi di prova di cui intenda avvalersi al fine di sindacare la sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi che hanno condotto alla dichiarazione di fallimento (Cass. 24 marzo 2014 n.6835, Cass. 5 novembre 2010 n.22546, Cass. 6 giugno 2012 n. 9174). In altre parole, la società cancellata non ha più possibilità di reclamare, ma i soci della stessa, gli ex amministratori o l'ex liquidatore potrebbero, invece, agire a pieno titolo.
Normativa e giurisprudenza
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