La competenza del giudice per la dichiarazione di fallimento

01 Agosto 2020

Come stabilire il tribunale competente a dichiarare il fallimento per una società che esercita di fatto la propria attività commerciale in una città, mentre la sua sede legale è ubicata presso una diversa città della stessa regione?

Come stabilire il tribunale competente a dichiarare il fallimento per una società che esercita di fatto la propria attività commerciale in una città, mentre la sua sede legale è ubicata presso una diversa città della stessa regione?

Caso concreto - Un creditore ha presentato istanza di fallimento di una s.r.l. presso il Tribunale del luogo dove viene esercitata di fatto l'attività imprenditoriale consistente in manutenzione, costruzione e riparazione di strade e di altri manufatti di natura pubblica e dove l'amministratore unico risiede. In sede di preistruttoria fallimentare la debitrice ha eccepito immediatamente la violazione dell'art. 9, L.fall. e in particolare l'incompetenza territoriale del giudice adito essendo da sempre la sede legale ubicata presso lo studio di un commercialista in altra città della medesima regione.

Quale criterio occorre adottare per stabilire il Tribunale competente?

Normativa applicabile - L'art. 9, L. Fall. stabilisce, al primo comma, che “il fallimento è dichiarato dal tribunale del luogo dove l'imprenditore ha la sede principale dell'impresa”.

Adottando il concetto della sede principale, il legislatore ha voluto evidenziare che il fallimento è unico perché riguarda l'intero patrimonio dell'imprenditore e deve svolgersi in un solo luogo e davanti ad un unico tribunale. Non ha però fatto riferimento né alla sede legale né a quella effettiva del debitore, vale a dire a concetti utilizzati generalmente in campo societario. Resta dunque il problema di capire se per la presentazione dell'istanza di fallimento occorra riferirsi alla prima o alla seconda.

Sul punto, va segnalato che è principio consolidato e condiviso in dottrina quello della coincidenza presuntivadella sede principale con la sede legale risultante dall'iscrizione presso il Registro delle imprese. Con tale presunzione si è voluto scoraggiare il trasferimento della sede dell'impresa in modo da differire o da sottrarre il debitore alla dichiarazione di insolvenza.

La presunzione di coincidenza della sede principale con la sede legale è, come si diceva, iuris tantum e può essere vinta dalla prova del carattere meramente fittizio o formale della sede legale ovvero della diversa ubicazione rispetto a quest'ultima di tutte le attività di direzione o gestione dell'impresa societaria o della loro parte più significativa.

Quanto al concetto di sede principale si intende per essa il centro propulsivo aziendale e degli affari e cioè il luogo in cui si svolge l'attività direzionale, anche se non è coincidente con la sede del complesso produttivo, dello stabilimento, nè dei beni dell'impresa; la sede principale poi non coincide né con il luogo di residenza dei creditori o di maggiore intensità di rapporti commerciali o finanziari con clienti, fornitori, banche o terzi in genere né con il luogo di riunione dell'assemblea dei soci o del Cda.

Raffronto con il codice della crisi d'impresa (CCI) - Nel considerare la normativa che da settembre 2021 governerà la materia fallimentare, il legislatore adotta quale giudice competente il tribunale nel cui circondario il debitore ha il centro degli interessi principali (cd. COMI) (art.27 CCI). Per quest'ultimo si intende, ai sensi dell'art. 2 dello stesso decreto, il luogo in cui il debitore gestisce i suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi. Si segnala ancora che il COMI si presume coincidente:

a) per la persona fisica esercente attività d'impresa, con la sede legale risultante dal registro delle imprese o, in mancanza, con la sede effettiva dell'attività abituale;

b) per la persona fisica non esercente attività d'impresa, con la residenza o il domicilio e, se questi sconosciuti, con l'ultima dimora nota o, in mancanza, con il luogo di nascita. Se questo non è in Italia, la competenza è del Tribunale di Roma;

c) per la persona giuridica e gli enti, anche non esercenti attività d'impresa, con la sede legale risultante dal registro delle imprese o, in mancanza, con la sede effettiva dell'attività abituale o, se sconosciuta, secondo quanto previsto nella lettera b), con riguardo al legale rappresentante.

Soluzione - Nel caso prospettato, il creditore ha presentato l'istanza di fallimento al tribunale nel cui circondario veniva svolta l'attività effettiva imprenditoriale del debitore anche se si trattava di luogo diverso da quello nel quale si trovava la sede legale. Quest'ultima, infatti, era ubicata presso lo studio di un commercialista, dove, di certo, non erano presenti né la struttura produttiva, nè uffici o stabilimenti della società né questi potevano essere riconosciuti come tali da creditori o terzi.

La scelta adottata dal creditore istante il fallimento è da ritenersi corretta; con una recente sentenza (Cass. 14 giugno 2019n. 16116), la prima sezione civile della Cassazione ha confermato che la presunzione "iuris tantum" di coincidenza della sede effettiva con la sede legale è superabile attraverso prove univoche che dimostrino che il centro direzionale dell'attività dell'impresa sia altrove e che la sede legale sia solo formale o presenti carattere fittizio tanto da qualificarsi come mero recapito. In particolare, i giudici supremi hanno infatti considerato decisivi due elementi: l'ubicazione della sede legale presso lo studio di un commercialista e la circostanza che gli atti di gestione e le decisioni effettive per la vita dell'impresa sono stati assunti altrove (nello stesso senso v. anche Cass. 8 febbraio 2011 n. 3081).

Normativa e giurisprudenza

  • art. 9 L. Fall.
  • art. 27 CCI
  • Cass. 14 giugno 2019n. 16116
  • Cass. 8 febbraio 2011 n. 3081

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.