Il concordato con continuità aziendale e le percentuali di soddisfacimento dei creditori
24 Agosto 2020
Nel concordato con continuità aziendale è necessaria l'indicazione di una percentuale precisa di soddisfacimento dei creditori?
Caso concreto - Una società presentava dinanzi al Tribunale di Arezzo una proposta di concordato c.d. mista, nella quale la principale fonte di soddisfazione per i creditori aziendali era costituita dalla liquidazione di beni sociali (espressamente definiti nella domanda come “non strumentali” per la prosecuzione dell'attività). Nell'ambito del piano di concordato, che prevedeva l'integrale pagamento dei creditori prededucibili e di quelli privilegiati, la società debitrice si era impegnata a soddisfare il ceto chirografario in una “quota preventivabile”, non indicando, dunque, una percentuale specifica e certa. La procedura di concordato, dopo l'approvazione da parte della maggioranza dei creditori e delle classi che erano state formate, veniva omologata ed entrava nella fase di esecuzione. La società debitrice, dopo aver raggiunto, mediante la liquidazione parziale degli assets aziendali e i risultati economici conseguiti con la continuazione dell'attività di impresa, le percentuali di soddisfacimento dei creditori che erano state indicate nel piano e nella proposta – seppur con la qualifica di “preventivabili” –, si rivolgeva al Tribunale, ai sensi dell'art. 185 L.F., per la dichiarazione di intervenuta esecuzione del concordato. Il Collegio chiamato a decidere sull'istanza depositata dalla debitrice, tuttavia, rigettava l'istanza, in quanto il concordato doveva ritenersi in prevalenza basato sulla cessione dei beni dell'azienda – tanto che la società stessa aveva domandato, in sede di omologazione, la nomina di un liquidatore – e, inoltre, essendo indicato il soddisfacimento del ceto chirografario “in quota preventivabile” e non in misura fissa, i creditori si erano espressi sulla proposta facendo affidamento sulla possibilità di conseguire un soddisfacimento anche superiore (alla percentuale esposta) attraverso la liquidazione dei beni non strumentali. La società decideva di presentare reclamo avverso il provvedimento del Tribunale. Anche la Corte d'appello, però, riteneva non accoglibile la domanda della debitrice.
Spiegazioni e conclusioni - La Corte d'appello di Firenze, nel dettaglio, concludeva in modo del tutto analogo a quanto fatto dal Tribunale nel primo grado di giudizio. Precisamente, il concordato, considerata la sua natura, non poteva dirsi integralmente eseguito dalla debitrice; pertanto, l'istanza ex art. 185 L.F. era stata correttamente disattesa e il reclamo doveva essere rigettato. La pronuncia in commento assume però rilevanza non per la decisione in sé ma per le argomentazioni utilizzate dalla Corte in via di obiter dictum sull'art. 186 bis L.F. La Corte d'appello di Firenze, infatti, ha statuito che l'indicazione delle percentuali di soddisfacimento dei creditori nella proposta e nel piano di concordato con continuità aziendale non è espressamente richiesta dalla legge e non si può ravvisare nell'art. 186 bis L.F. alcun indice di natura contraria. Ebbene, a dire della Corte adita, l'eventuale rappresentazione specifica di percentuali costituisce semplicemente un “dato di valutazione ex ante, che esplica la propria funzione di argine alla discrezionalità” della debitrice, permettendo, sia all'attestatore che al Tribunale di verificare la proposta stessa. Al contrario, e salvo che non sia espressamente indicato nel piano, tale rappresentazione non costituisce in alcun modo “la promessa di una soddisfazione certa” per i creditori. Su questo aspetto, tuttavia, è bene evidenziare che la giurisprudenza di merito si è espressa in precedenza in modo diametralmente opposto. In particolare, la Corte d'appello di Roma ha affermato che la necessità di indicare una percentuale vincolante nella proposta di concordato si può riscontrare sia nel disposto dell'art. 186 bis, comma 2, lett. b), L.F. (il quale impone all'attestatore di certificare la convenienza della continuità aziendale rispetto all'alternativa liquidatoria), sia nella “stessa struttura del concordato con continuità aziendale, nel quale il debitore rimane nella piena disponibilità del proprio patrimonio ed i creditori non possono soddisfarsi con proventi derivanti dalla liquidazione dello stesso” (Corte d'appello di Roma 23 maggio 2016). Inoltre, questo secondo orientamento ritiene che la (necessaria) esposizione della percentuale di soddisfacimento dei creditori renda l'impegno contenuto nella proposta una vera e propria obbligazione di risultato e non una semplice obbligazione di mezzi (tale tesi è stata sostenuta anche dal Tribunale di Milano 1° marzo 2014 e dal Tribunale di Monza 13 febbraio 2015; recentemente, si veda anche Tribunale di Milano 18 giugno 2020). In conclusione, occorre altresì ricordare che il Codice della crisi dell'impresa e dell'insolvenza, all'art. 84, nel disciplinare la proposta di concordato preventivo, non fa alcuna menzione di percentuali di soddisfacimento, ma stabilisce che “a ciascun creditore deve essere assicurata un'utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile”, analogamente a quanto previsto dall'attuale legge fallimentare.
Normativa e giurisprudenza
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