Continuità diretta e aumento di capitale
26 Agosto 2020
È possibile che quando un investitore terzo manifesti l'interesse a entrare nel capitale sociale della società, in esecuzione di una proposta concordataria omologata, società e advisors decidano di accettare tale manifestazione di interesse ed elaborare una proposta di concordato che preveda la prosecuzione dell'attività aziendale in forma diretta e con ingresso nella compagine sociale del terzo investitore?
Caso concreto - Una società (la “Società”) in crisi si trova costretta a depositare un ricorso ex art. 161, comma 6, legge fall. al fine di mettere in sicurezza il proprio patrimonio alla luce delle azioni intraprese da taluni creditori. La Società è proprietaria di un complesso aziendale in esercizio, che include beni mobili, tra cui partecipazioni societarie, e beni immobili. La Società non è più in grado di proseguire autonomamente la conduzione dell'azienda e risulta titolare di un patrimonio attivo non sufficientemente capiente per il ripagamento dell'indebitamento complessivo, ma ha ricevuto una manifestazione di interesse da parte di un investitore terzo interessato, in esecuzione della proposta concordataria omologata, ad entrare nel capitale sociale della medesima Società. Società e advisors pertanto si convincono di accettare questa manifestazione di interesse ed elaborare una proposta di concordato che preveda la prosecuzione dell'attività aziendale in forma diretta e con ingresso nella compagine sociale del terzo investitore.
Questioni giuridiche e soluzioni - Le questioni sottese al caso brevemente descritto, approfondite di seguito sono le seguenti:
Qualificazione della fattispecie come concordato in continuità diretta ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 186-bis l.fall. La società ha proposto un concordato in continuità diretta ai sensi dell'art. 186-bis l.fall. mediante, tra l'altro, la previsione di ingresso di nuovi soci nella compagine sociale, destinati – a condizione dell'auspicata omologa del concordato preventivo – a sostituire l'attuale socio unico, così realizzando, quale effetto finale, un completo cambio di proprietà e di gestione societaria. Più precisamente, nel caso di specie:
Alla luce di quanto precede, la natura del piano e della proposta concordataria è stata qualificata come continuità diretta ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 186-bis l.fall.; e ciò sulla base della constatazione che il concordato con continuità è una figura atipica di procedura concordataria nella quale l'elemento caratteristico è l'oggettiva continuazione dell'attività di impresa, anche mediante società neocostituita, nonché mediante l'intervento a vario titolo di soggetti terzi. In altre parole, ciò che rileva ai fini della qualificazione del concordato come “in continuità” è che il soddisfacimento dei creditori derivi in via prevalente dai flussi generati da un'azienda in esercizio, vuoi perché derivanti dalla continuazione dell'attività di impresa stand alone oppure vuoi, come nella fattispecie in esame, perché derivanti dalla continuazione dell'attività di impresa grazie all'innesto di nuova finanza destinata a generare, in misura prevalente, le risorse necessarie a soddisfare il fabbisogno concordatario. In conclusione, l'ingresso di un soggetto terzo nel capitale di una società che acceda alla procedura di concordato preventivo non vale tuttavia a mutarne la qualificazione giuridica di continuità diretta, che resta sussumibile sotto l'egida dell'art. 186-bis l.fall.
Applicazione dell'art. 163-bis l.fall. Per la corretta disamina della fattispecie, è stato verificato se risulti applicabile la normativa relativa alle offerte concorrenti e, segnatamente, la procedura competitiva prevista dall'art. 163-bis l.fall. Sul punto, la Società ha sostenuto il principio giuridico volto a escludere nell'ipotesi di offerta di aumento di capitale (e non cessione dell'azienda) l'applicazione di tale norma. A tal riguardo, occorre infatti distinguere l'ipotesi di cessione diretta dell'azienda, alla quale si applica il procedimento competitivo, dall'ipotesi di entrata di nuovi soci terzi, attraverso specifiche operazioni sul capitale e sui diritti collegati alle quote, funzionale alla prosecuzione dell'attività aziendale, circostanza alla quale non è rivolta la stringente disposizione di cui all'art. 163-bis l.fall. Se è, infatti, vero che l'effetto dell'operazione di aumento di capitale è una traslazione del controllo di un'azienda da un socio ad un altro, che entra nella compagine, è anche vero che il titolare dell'azienda resta sempre la società in concordato, il nuovo socio assume un chiaro rischio d'impresa invece non assunto da chi si renda cessionario di un'azienda, non è chiaro che cosa dovrebbe (anzi, potrebbe) essere posto in competizione (il diritto di opzione rinunciato dal socio di controllo originario oppure la proposta di investimento del nuovo socio) e ogni competizione su beni diversi da quelli di cui è proprietario il debitore in concordato si tradurrebbe in una compressione e coartazione di diritti privati in assenza di una espressa previsione legislativa.
Applicazione dell'art. 163, comma 5, l.fall. Le considerazioni che precedono consentono di escludere che l'ipotesi di aumento di capitale possa costituire oggetto esclusivo di una proposta concorrente ai sensi dell'art. 163, comma 5, l.fall. e, pertanto, possa costituire oggetto anche (e, sarebbe giusto dire, soprattutto) della proposta del debitore. Merita rammentare la posizione del Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze Pistoia e Prato (che, sul tema, ha emanato la massima n. 58: “Aumento di capitale nel concordato preventivo a seguito del d.l. n. 83/2015”), secondo cui la norma “non può essere interpretata come limitativa della possibilità, per la stessa società proponente, di porre a base del piano di concordato un aumento di capitale con esclusione del diritto d'opzione che (previo azzeramento del capitale per le perdite subite dalla società) porti all'uscita della vecchia compagine sociale e all'ingresso, totalitario, di nuovi imprenditori e/o investitori”. Ne consegue, a ulteriore conferma, che anche la proposta di concordato presentata dalla società debitrice (non solo dai creditori, dunque) può fondatamente prevedere un aumento di capitale con esclusione del diritto d'opzione (eventualmente preceduto da un azzeramento del capitale esistente qualora il patrimonio netto risulti perduto) a favore dell'ingresso di terzi individuati. In definitiva, quindi, l'art. 163 (come modificato dal d.l. 83/2015) prevede, in aggiunta all'aumento di capitale proposto dal debitore, la possibilità per creditori qualificati (che rappresentino almeno il 10% dei crediti) di acquisire il controllo della società tramite un aumento di capitale riservato che la norma, in modo inequivoco, non sottopone a meccanismi competitivi ma solo al voto dei creditori, proprio perché ben diversa dalla vendita dei singoli asset della società insolvente è la vendita dei beni dei soci (o, più in generale, il cambiamento della compagine sociale).
Destinazione delle risorse provenienti dall'offerta di aumento di capitale a favore dei creditori, stante l'incapienza del valore aziendale rispetto al passivo complessivo Il piano industriale della società, allegato alla documentazione concordataria, rappresenta il presupposto e lo strumento di esecuzione della proposta di concordato e del piano di concordato, articolandosi in una pluralità di sezioni destinate a descrivere la stessa società, il mercato di riferimento ed i concorrenti che vi operano, le ragioni della sua crisi, gli elementi di discontinuità che consentono di ritenere economicamente fattibile la proposta di ripagamento delle pretese dei creditori e la prognosi di sviluppo, rendendo così evidente che la continuità aziendale. Questa ricostruzione è, tra l'altro, funzionale alla migliore soddisfazione dei creditori concordatari, come richiesto dall'art. 186-bis l.fall., in termini di comparazione tra valore di liquidazione degli asset aziendali (atomistici e in continuità indiretta in un contesto concordatario) e flussi di cassa attesi nel periodo preso a riferimento nel piano industriale. Nell'elaborazione del piano e della proposta di concordato preventivo, la società ha comparato due scenari alternativi: il primo è la liquidazione degli asset aziendali; il secondo è, invece, rappresentato dalla continuazione dell'attività previa l'esecuzione dell'offerta di aumento di capitale. La comparazione tra ipotesi liquidatoria e ipotesi di continuità aziendale consente di identificare due componenti di flussi concordatari: (i) l'uno c.d. finanza interna che viene allocata secondo l'ordine delle cause legittime di prelazione; (ii) l'altro c.d. finanza esterna che viene liberamente allocata, previo degrado, sulla base della relazione ex art. 160 l.fall. dei crediti assistiti da privilegio generale. La ragione dell'evidenziata comparazione risiede nell'accertata impossibilità della Società di generare, senza l'aumento capitale, flussi liberi a ripagamento dei creditori concordatari. All'esito di questa verifica, è emerso che la finanza interna ammonta ad 4.346.634 euro, mentre quella esterna ammonta a 653.366 euro. In applicazione dei principi poc'anzi richiamati, la finanza esterna che deriva dalla continuità aziendale in conseguenza dell'aumento di capitale, non verrebbe generata nell'alternativo scenario della liquidazione ed è resa possibile unicamente grazie all'apporto di un soggetto terzo, potendo dunque essere messa liberamente a disposizione dei creditori, anche in deroga all'ordine legale delle prelazioni.
Normativa e giurisprudenza
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