Il nuovo art. 180 L.F. ed il dissenso dell'amministrazione finanziaria nel concordato preventivo
24 Giugno 2021
La disposizione di cui all'art. 180, comma 4, L.F., come modificata dall'art. 3, comma 1 bis, lett. a), DL 125/2020, si applica anche nel caso di voto contrario alla proposta di concordato preventivo da parte dell'amministrazione finanziaria?
Caso pratico - Una società in stato di crisi domandava al Tribunale di Genova l'accesso alla procedura di concordato preventivo, presentando un piano in continuità aziendale indiretta mediante affitto (temporaneo) dell'azienda. Al termine del contratto di affitto, non essendo prevista alcuna cessione, l'azienda sarebbe tornata in capo alla debitrice. Il piano prevedeva la suddivisione dei creditori in sette classi, in parte composte da creditori privilegiati ed in parte da creditori chirografari. Nella terza classe venivano collocati i debiti previdenziali, per i quali era prevista una soddisfazione integrale, e una parte dei debiti erariali (per tributi indiretti). La restante parte dell'esposizione verso l'amministrazione finanziaria, composta in misura prevalente da debiti per mancati versamenti di imposta sul valore aggiunto, veniva collocata nella quarta classe e soddisfatta solo in misura percentuale. Nella quinta classe, peraltro, veniva collocato tutto il debito erariale privilegiato non soddisfatto e, per tale ragione, degradato al chirografo, oltre alle esposizioni verso l'amministrazione finanziaria e verso l'ente della riscossione di natura chirografaria ab origine. Anche per tale classe era prevista una soddisfazione percentuale (di misura inferiore rispetto alla quarta). La proposta, seppur prevedesse un rilevante stralcio dei debiti erariali, garantiva in ogni caso all'Agenzia delle Entrate un soddisfacimento migliore rispetto a quello in uno scenario fallimentare. Tale circostanza era stata certificata dall'attestatore e confermata dal commissario giudiziale, dopo l'apertura della procedura, con la relazione ex art. 172 L.F. La proposta, tuttavia, otteneva il voto contrario dell'amministrazione finanziaria e, di conseguenza, non raggiungeva le maggioranze di legge. Il Tribunale di Genova, letta la relazione del commissario sulla mancata approvazione del ricorso, convocava la debitrice ai sensi dell'art. 162 L.F. A seguito dell'udienza camerale, sciolta la riserva, il Tribunale di Genova, con provvedimento del 13 maggio 2021, fissava l'udienza per l'omologazione del concordato, ritenuta superata la mancata approvazione del concordato per il voto contrario espresso dall'amministrazione finanziaria.
Spiegazioni e conclusioni - Il provvedimento del Tribunale di Genova oggetto del presente commento è di grande interesse pratico (oltreché scientifico), poiché si sofferma sulla nuova disciplina dell'art. 180 L.F. e sulla possibilità di omologare la proposta di concordato preventivo anche nel caso di mancato raggiungimento delle maggioranze di legge per voto contrario determinante dell'amministrazione finanziaria. Come noto, l'art. 180, comma 4, L.F., così come integrato dall'art. 3, comma 1 bis, lett. a), d.l. 7 ottobre 2020, n. 125, stabilisce che «il tribunale omologa il concordato preventivo anche in mancanza di voto da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l'adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze (…) e quando (…) la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria». Gli interpreti si sono sin da subito interrogati sul significato da attribuire al concetto di «mancanza di voto» e se questo facesse riferimento al solo silenzio (dissenso) dell'amministrazione finanziaria o anche al voto contrario. Il Tribunale di Genova, dopo aver rappresentato gli elementi su cui si basano le due tesi che si sono affermate in dottrina, ha espresso il suo favore verso l'orientamento che estende l'applicazione della norma anche alla fattispecie di voto negativo da parte dell'amministrazione finanziaria (o dell'ente di previdenza). A parere del collegio, infatti, sostenere che l'espressione «mancanza di voto» vada intesa come silenzio da parte del creditore, attribuendo carattere dominante al tenore letterale della locuzione, equivarrebbe a sminuire significativamente «la portata riformatrice complessiva del nuovo precetto normativo voluto dal legislatore (…) per superare le fortissime resistenze mostrate dall'Amministrazione Finanziaria in sede di approvazione delle transazioni fiscali». Diversamente, il nuovo art. 180, comma 4, L.F. andrebbe interpretato tenendo conto della voluntas legis e degli obiettivi che il legislatore si era preposto con la sua introduzione nell'ordinamento, ovverosia quelli di sterilizzare gli effetti del potere di veto dell'amministrazione finanziaria (o degli enti di previdenza), sottraendo alla stessa la facoltà di valutare la convenienza della proposta (in questo senso, si veda Trib. Rovigo12 febbraio 2021). Il Tribunale di Genova, nell'argomentare le ragioni delle proprie conclusioni, richiama anche una recente pronuncia della Corte di cassazione, che avrebbe confermato come il d.l. 125/2020 sia espressione del principio della «prevalenza (…) dell'interesse concorsuale su quello tributario, senza che assuma rilievo, invece, la natura giuridica delle obbligazioni oggetto dei menzionati crediti» (cfr. Cass., S.U., 25 marzo 2021, n. 8504). Per tutte queste ragioni, il Tribunale di Genova, una volta sterilizzato il dissenso dell'amministrazione finanziaria (privo di qualsivoglia giustificazione alla luce della sicura convenienza della soluzione negoziale rispetto all'alternativa fallimentare), ha ritenuto raggiunte le maggioranze di legge, e ha fissato di conseguenza l'udienza per l'omologazione del concordato preventivo.
Normativa e giursprudenza
Per approfondire
|