Le soluzioni negoziali di composizione della crisi ai tempi del Coronavirus
31 Agosto 2021
Come il legislatore ha inteso adeguare i vigenti strumenti normativi di composizione della crisi d'impresa per arginare gli effetti dell'emergenza COVID-19?
Caso pratico - A seguito dell'emergenza dovuta al Covid-19 il legislatore non ha introdotto nuovi strumenti per arginare le conseguenze economiche negative, ma ha scelto di adeguare gli attuali strumenti di composizione della crisi in funzione della gestione degli effetti dell'emergenza sanitaria. In particolare ha previsto la sospensione dei termini per accedere o dare esecuzione alle procedure di concordato preventivo, ristrutturazione dei debiti e composizione della crisi da sovraindebitamento. Ha poi introdotto la possibilità per il debitore che abbia ottenuto la concessione dei termini ex artt. 161 c. 6 e art. 182-bis c. 7 l. fall., sino al 31/12/2021, di rinunziare al ricorso di pre-concordato ove nelle more abbia perfezionato un piano di risanamento attestato. Un recente decreto del Tribunale di Roma (Trib. Roma, 4 giugno 2020) offre lo spunto per trattare l'argomento di come il legislatore abbia inteso adeguare i vigenti strumenti normativi di composizione della crisi d'impresa per arginare gli effetti dell'emergenza epidemiologica da COVID-19. Nel caso in esame, una società commerciale depositava, prima dell'emergenza sanitaria, un ricorso “prenotativo” ex art. 161, comma 6, l. fall. volto alla richiesta di concessione del termine per la presentazione della proposta, del piano e della documentazione a supporto della domanda. Il Tribunale adito fissava il termine al 31 gennaio 2020, procedendo poi a prorogarlo al 31 marzo 2020, su istanza della società ricorrente, depositata in data 28 gennaio 2020. Intervenuta l'emergenza epidemiologica, il termine veniva a beneficiare della sospensione relativa al periodo 09/03/2020-11/05/2020, per effetto dell'art. 83, D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, in L. 24 aprile 2020, n. 27. Successivamente, il legislatore – con l'art. 9, comma 4, D.L. 8 aprile 2020, n. 23 (cd. Decreto Liquidità) – prevedeva che i debitori che avevano ottenuto una proroga del termine ex art. 161, comma 6, l. fall., potessero richiedere, prima della relativa scadenza, un'ulteriore proroga, sino a novanta giorni. Quanto sopra, anche laddove fosse pendente nei confronti dell'imprenditore ricorrente un'istanza per la dichiarazione del proprio fallimento. Ai sensi dell'art. 9, comma 4, D.L. n. 23/2020 l'istanza di proroga deve indicare gli elementi che rendano necessaria la concessione del termine, con specifico riferimento ai fatti sopravvenuti per effetto dell'emergenza epidemiologica da COVID-19. Il tribunale, acquisito il parere del commissario giudiziale, se nominato, concede la proroga una volta verificato che l'istanza sia supportata da concreti e giustificati motivi. Il Tribunale di Roma, con il decreto sopra richiamato (pres. Odello, rel. Tedeschi), ha dato atto che le ragioni addotte dalla ricorrente a sostegno della propria richiesta di proroga erano idonee all'accoglimento della domanda, non avendo finalità meramente dilatorie. In particolare, il foro capitolino ha ritenuto rilevante la dedotta impossibilità da parre dei professionisti incaricati della predisposizione del piano di compiere quanto necessario ai fini del compimento del mandato, attese le limitazioni alla libera circolazione ed al regolare funzionamento degli uffici pubblici. Il Tribunale di Roma, visti gli artt. 9, comma 4, D.L. n. 23/2020 e 161, comma 6, l. fall., ha così concesso la proroga, fissando il termine per la presentazione della proposta concordataria, del piano e della relativa documentazione al 31 agosto 2020 (in senso conforme, si veda anche Trib. Milano, 28 maggio 2020).
Spiegazioni e conclusioni - L'art. 9, D.L. n. 23/2020, rubricato “Disposizioni in materia di concordato preventivo e di accordi di ristrutturazione”, nel testo vigente prima della conversione in legge, avvenuta con L. n. 40/2020, ha disposto in ordine alla sospensione dei termini con riferimento alle suddette procedure:
In relazione al primo caso, l'art. 9, comma 1, del Decreto Liquidità ha previsto che i termini per l'adempimento delle procedure di concordato preventivo o di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l. fall. aventi scadenza nel periodo compreso tra il 23 febbraio 2020 ed il dicembre 2021 siano prorogati di sei mesi. In relazione al secondo caso, l'art. 9, comma 2, ha previsto che per i procedimenti di omologazione del concordato preventivo o di ristrutturazione dei debiti pendenti al 23/02/2020 il debitore possa presentare, sino all'udienza fissata per l'omologa, un'istanza per la concessione di un termine, non superiore a novanta giorni, per il deposito di un nuovo piano o di una nuova proposta, nonché di un nuovo accordo ex art. 182-bisl. fall. Il nuovo termine decorre dalla data del deposito del decreto di concessione da parte del tribunale, senza possibilità di essere ulteriormente prorogato. L'istanza di concessione del termine è inammissibile qualora la stessa sia presentata nell'ambito di un concordato preventivo nel corso del quale si sia tenuta l'adunanza dei creditori e non siano state raggiunte le maggioranze ex art. 177 l. fall. L'art. 9, comma 3, D.L. n. 23/2020 ha previsto che ove il debitore intenda modificare solo i termini d'adempimento del concordato ovvero dell'accordo di ristrutturazione depositi entro la data fissata per l'omologa una memoria contenente l'indicazione dei nuovi termini, assieme alla documentazione comprovante la necessità di tale modifica. Il secondo periodo dell'art. 9, comma 3, ha previsto che il differimento dei termini non possa essere superiore a sei mesi rispetto al termine originariamente previsto ai fini dell'esecuzione della proposta concordataria ovvero dell'accordo di ristrutturazione. Il tribunale, acquisito il parere del commissario giudiziale, riscontrata la sussistenza dei presupposti ex artt. 180 o 182-bisl. fall., procede all'omologa, dando espressamente atto delle nuove scadenze per l'adempimento della procedura. In relazione al terzo caso – fattispecie cui si inserisce la pronunzia del Tribunale di Roma sopra ricordata –, l'art. 9, comma 4, D.L. n. 23/2020 ha previsto che il debitore che abbia già ottenuto una prima proroga del termine ex art. 161, comma 6, l. fall., prima della relativa scadenza possa presentare un'istanza volta alla concessione di un'ulteriore proroga. Il nuovo termine non può eccedere i novanta giorni; lo stesso è concesso anche ove sia pendente un ricorso per la dichiarazione di fallimento del debitore. L'istanza di proroga deve indicare gli elementi che rendano necessaria la proroga, con specifico riferimento alla sopravvenuta emergenza epidemiologica da COVID-19. Il tribunale, acquisito il parere del commissario giudiziale, se nominato, concede la proroga richiesta una volta ritenuto che la relativa istanza si fondi su concreti, giustificati motivi. L'ultimo periodo dell'art. 9, comma 4, precisa che continuano ad applicarsi le norme ex art. 161, commi 7-8, l. fall., in punto di limitazione dei poteri gestori per l'imprenditore, di prededucibilità dei crediti sorti per effetto di atti legalmente compiuti e di obblighi informativi (in questo senso, si veda Trib. Pistoia, 5 maggio 2020). In caso di accordo di ristrutturazione dei debiti, la proroga è concessa una volta che il tribunale abbia accertato anche la sussistenza dei presupposti per pervenire ad un accordo con la maggioranza dei creditori nei limiti previsti dall'art. 182-bis, comma 1, l. fall.
La L. 5 giugno 2020, n. 40, pubblicata in G.U. n. 143 del 6 giugno 2020, nel convertire in legge il D.L. n. 23/2020, ha modificato il richiamato art. 9, nei termini di seguito sintetizzati. Il primo comma dell'art. 9 prevede che la sospensione dei termini scadenti dopo il 23 febbraio 2020 si applichino (oltreché al concordato ed agli accordi di ristrutturazione) anche agli accordi di composizione della crisi ed ai piani del consumatore, omologati ex L. n. 3/2012. Il nuovo art. 9, comma 1, non fa più riferimento ai termini che scadano nel periodo compreso tra il 23 febbraio 2020 ed il 31 dicembre 2020, riconducendo la proroga semestrale a tutti i termini “aventi scadenza in data successiva al 23 febbraio 2020”. I commi dal secondo al quinto non hanno subìto modifiche in sede di conversione, per cui continuano ad applicarsi le norme previste dall'originario art. 9, commi 2-5, D.L. n. 23/2020, come tratteggiate al paragrafo che precede. La L. n. 40/2020 ha invece introdotto all'interno dell'art. 9 del Decreto Liquidità, due nuovi commi – il 5-bis ed il 5-ter. Il comma 5-bis dispone che il debitore che al 31/12/2021 abbia ottenuto la concessione dei termini ex artt. 161, comma 6, o art. 182-bis, comma 7, l. fall. possa prima della scadenza depositare un atto di rinuncia alla procedura, dichiarando d'aver predisposto un piano di risanamento attestato ex art. 67, comma 3, lett. d), l. fall., pubblicato al registro imprese. Il tribunale, verificate la completezza e la regolarità della documentazione sotto il profilo probatorio, dichiara improcedibile il ricorso originariamente presentato dal debitore ex art. 161, comma 6, o dell'art. 182-bis, comma 7, l. fall. Il comma 5-ter ha precisato che la norma prevista dall'art. 161, comma 10, l. fall. non si applichi ai ricorsi prenotativi depositati entro la data del 31 dicembre 2020. Pertanto, il debitore può beneficiare della concessione di un termine sino a centoventi giorni (prorogabile sino ad ulteriori sessanta) ove anche penda nei propri confronti, al momento del deposito del ricorso prenotativo, un procedimento per la dichiarazione di fallimento.
Il legislatore dell'emergenza ha scelto di non introdurre alcuna nuova procedura ad hoc per arginare le inevitabili conseguenze, sotto il profilo economico, della diffusione del virus COVID-19 legate alla gestione della fase di contenimento dell'epidemia, optando – come visto – per l'adeguamento dei vigenti strumenti di composizione della crisi. L'art. 9 del D.L. n. 23/2020 ha disposto il differimento di sei mesi in relazione ai termini previsti per l'adempimento delle procedure di concordato preventivo, ristrutturazione dei debiti e composizione della crisi da sovraindebitamento, omologati alla data del 23/02/2020. L'obiettivo è quello di prevenire che le procedure già approvate dai creditori e/o vagliate dagli organi preposti, e dunque già indirizzate verso l'esecuzione dei rispettivi piani, subiscano un arresto per effetto delle conseguenze della gestione emergenziale, contenendo così i rischi di risoluzione delle procedure medesime. Nella stessa ottica, per i procedimenti di omologazione del concordato (già approvato dai creditori) o degli accordi di ristrutturazione dei debiti, pendenti al 23/02/2020, il legislatore ha previsto la facoltà per il debitore di chiedere una proroga di tre mesi onde riformulare il piano e la proposta, tenuto conto del mutato contesto macro-economico. Se la sospensione dei termini relativi alle procedure già omologate consegue ope legis, la proroga del termine relativo ai giudizi d'omologazione pendenti al 23 febbraio 2020 presuppone, al contrario, che il debitore si attivi con un'apposita istanza. In ogni caso, il tribunale competente è tenuto a concedere la proroga richiesta, salvo che la domanda del ricorrente non sia inammissibile o comunque – deve ritenersi – viziata da profili d'illegittimità. L'art. 9, comma 2, D.L. n. 23/2020 dispone, con riferimento al concordato preventivo, che la proroga non venga concessa (inammissibilità della relativa istanza) qualora si sia già tenuta l'adunanza dei creditori e la procedura non sia stato approvata, ex art. 177, l. fall. Peraltro, in questo caso, il debitore può sempre presentare una nuova proposta concordataria – ove anche si consideri che l'art. 10, comma 1, D.L. n. 23/2020 ha previsto l'improcedibilità delle istanze di fallimento per il periodo compreso tra il 23/02/2020 ed il 30/06/2020. Ove il debitore non intenda presentare alcun nuovo piano, volendo invece modificare solo i termini temporali previsti per l'adempimento del concordato o dell'accordo ne fa richiesta depositando, entro la data fissata per l'omologa, una memoria che indichi le nuove scadenze previste ai fini dell'esecuzione della procedura. Il tribunale concede la proroga richiesta – che non può superare i sei mesi rispetto alle scadenze originarie –, accertata la sussistenza dei presupposti previsti per il giudizio di omologazione, ex artt. 180 e 182-bis, l. fall. (art. 9, comma 3, D.L. n. 23/2020). Quanto ai ricorsi “in bianco” che abbiano già beneficiato di una proroga del termine per il deposito del piano, della proposta e dei documenti, ex art. 161, comma 6, l. fall., il debitore può richiedere una seconda proroga del termine, che non può comunque superare i tre mesi. L'istanza dev'essere “motivata” in funzione delle ragioni di necessità (non solo, dunque, di opportunità) correlate agli effetti della sopravvenuta emergenza epidemiologica da COVID-19. Il tribunale è chiamato ad effettuare una valutazione in ordine alla effettiva sussistenza di tali ragioni di necessità. La proroga, sussistendo il presupposto di cui sopra, è accordata anche laddove sia pendente un procedimento per la sentenza dichiarativa di fallimento del debitore. Il legislatore, nel convertire in legge il Decreto Liquidità, ha introdotto un'importante disposizione dalla natura “innovativa”, venendo ad accordare un effetto sostanziale di “automatic stay” al piano di risanamento attestato ex art. 67, comma 3, lett. d), l. fall. In questo senso, il comma 5-bis, D.L. n. 23/2020 ha previsto in capo al debitore la facoltà di rinunziare a dar corso al concordato ovvero all'accordo di ristrutturazione, in pendenza della fase “prenotativa” ex artt. 161, comma 6, e 182-bis, comma 7, l. fall., nel caso in cui abbia perfezionato e depositato un piano di risanamento attestato. La norma in oggetto consente al debitore di rinunziare, entro la data del 31 dicembre 2021, al ricorso prenotativo (senza quindi incorrere nell'inevitabile conseguenza del proprio fallimento), laddove abbia posto in essere un piano di risanamento attestato condiviso con i propri creditori. Il tribunale, secondo la lettera della norma, non entra nel merito degli accordi riconducibili al piano attestato, limitandosi ad accertare, sotto il profilo probatorio, l'avvenuta pubblicazione presso il registro imprese del piano di risanamento medesimo. Per effetto del nuovo comma 5-bis, l'imprenditore potrà ricorrere al pre-concordato, ottenendo così la protezione dalle azioni esecutive e/o cautelari sino al 31/12/2021, nella prospettiva di presentare al tribunale, entro tale scadenza, non solo un piano concordatario ovvero un accordo di ristrutturazione dei debiti, ma anche un piano attestato di risanamento ex art. 67, comma 3, lett. d), l. fall. Quanto sopra, fermo il rispetto delle previsioni di cui all'art. 161, commi 7-8, l. fall. in punto di limitazione dell'attività gestoria eccedente l'ordinaria amministrazione e degli obblighi informativi, anche in prospettiva del monitoraggio dell'attività compiuta ai fini del buon esito della soluzione negoziale. Da ultimo, si ritiene che laddove al piano attestato consegua il fallimento del debitore, i crediti maturati in vigenza della fase “prenotativa” ex art. 9, comma 5-bis, D.L. n. 23/2020 siano assistiti da prededuzione in sede di procedura concorsuale maggiore.
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