Concordato preventivo: concessione dell'ulteriore termine ex art. 9 D.L. 23/2020 e valutazione prognostica del tribunale
05 Ottobre 2020
All'imprenditore che già ha avuto accesso al concordato preventivo cd. in bianco, può essere concesso l'ulteriore termine ai sensi dell'art. 9, c. 4, DL. 23/20?
Caso pratico - Una società che ha domandato, ai sensi dell'art. 161, comma 6, L.F., l'apertura di una procedura di concordato con riserva e che ha ottenuto, successivamente, una proroga del termine originariamente assegnato per il deposito del piano e della proposta di concordato, ha nuovamente fatto ricorso al tribunale per la concessione di un ulteriore proroga, ai sensi di quanto disposto dall'art. 9, comma 4, d.l. 8 aprile 2020, n. 23. La richiesta, a dire della debitrice, trovava una sua giustificazione nelle ripercussioni sul settore turistico alberghiero della diffusione della nota pandemia e delle misure restrittive adottate, le quali avevano letteralmente «stravolto» i presupposti su cui si basava il programma di ristrutturazione della società. Sotto questo profilo, è bene precisare che la proposta di concordato si fondava sulla cessione dell'azienda, composta da un complesso alberghiero, e che i professionisti incaricati dalla società, nonostante i limiti alla circolazione delle persone, erano riusciti ugualmente a predisporre la perizia con la conseguente valorizzazione dell'attivo concordatario (senza la necessità di accedere fisicamente presso la struttura immobiliare). Il Tribunale di Catania, non riscontrando la sussistenza dei requisiti per la concessione di un'ulteriore proroga del termine per il deposito della proposta e del piano di concordato preventivo, ha rigettato l'istanza della debitrice.
Spiegazioni e conclusioni - Il Tribunale, anzitutto, nel negare la concessione della proroga richiesta dalla società ricorrente, ha precisato che la valutazione sulla sussistenza dei presupposti per usufruire del beneficio è di esclusiva competenza dell'organo giudicante, escludendo qualsiasi automatismo ope legis. Come noto, infatti, l'art. 9, comma 4, d.l. n. 23 del 2020 prevede espressamente che «il tribunale, acquisito il parere del Commissario giudiziale se nominato, concede la proroga del termine per il deposito del piano e della proposta di concordato, quando ritiene che l'istanza si basa su concreti e giustificati motivi». In altre parole, occorre che il giudice effettui sempre una valutazione in concreto sulla reale sussistenza di fatti sopravvenuti, quali conseguenza dell'emergenza epidemiologica, che giustifichino la proroga, senza che la medesima situazione emergenziale possa costituire una circostanza che, in re ipsa, spieghi la necessità di una dilazione del termine. Se questo fosse stato l'intento del legislatore, infatti, non sarebbe stato previsto il vaglio del Tribunale (in questo senso, si veda anche Tribunale di Milano 28 maggio 2020). In questa prospettiva, a parere del Tribunale di Catania, è necessario che il giudice verifichi che la pandemia abbia a tutti gli effetti impedito il compimento delle attività funzionali alla predisposizione del piano e della proposta di concordato ovvero abbia determinato il mutamento degli assunti su cui il piano si sarebbe fondato (e che non sia più possibile attuarlo nel rispetto delle linee guida originariamente definite). Una volta superato tale vaglio, il giudice dovrebbe accertare, con una valutazione di carattere prognostico, se, mediante la concessione dell'ulteriore proroga, l'impresa possa superare gli ostacoli che avevano determinato la richiesta medesima. Peraltro, per quanto venga riconosciuto che la pandemia abbia generato notevole incertezza e determini la sostanziale impossibilità di effettuare previsioni (specie se di medio o lungo periodo), il Tribunale chiede espressamente che l'imprenditore fornisca quantomeno un «principio di prova» in ordine ai risvolti dell'emergenza sugli assunti del piano. Questa ricostruzione ermeneutica ha condotto il collegio giudicante a rigettare la richiesta di concessione di un'ulteriore proroga ex art. 9, comma 4, d.l. n. 23 del 2020. Da una parte, infatti, la società, nonostante le misure restrittive, era riuscita ad ottenere la perizia avente ad oggetto il valore della struttura alberghiera e, dunque, non vi era alcuna esigenza di concedere una proroga per consentire un accesso fisico presso gli immobili. Dall'altra, la debitrice non aveva fornito il benché minimo supporto probatorio funzionale a dimostrare che la pandemia abbia effettivamente avuto impatto sulla ipotizzata struttura di piano concordatario.
Normativa e giurisprudenza
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