Il soddisfacimento dei creditori nel concordato preventivo mediante strumenti finanziari partecipativi
15 Ottobre 2020
È omologabile la proposta di concordato preventivo con continuità che prevede il soddisfacimento di una parte dei creditori tramite l'attribuzione di strumenti finanziari partecipativi?
Caso pratico - Una società in stato di crisi domandava al Tribunale di Ravenna l'apertura di una procedura di concordato preventivo con continuità aziendale ai sensi dell'art. 186 bis L.F. La proposta di concordato prevedeva la suddivisione dei creditori chirografari e dei creditori privilegiati degradati in sei differenti classi e la soddisfazione dei soggetti collocati in quattro di esse mediante l'attribuzione di strumenti finanziari partecipativi nella medesima debitrice (i quali, a loro volta, erano convertibili in titoli obbligazionari). Secondo quanto indicato nel piano, questi strumenti, nell'ipotesi di non conversione in obbligazioni, avrebbero dovuto garantire agli assegnatari «la distribuzione annuale di dividendi e riserve nella misura minima effettiva (…) del 10% dell'importo dei crediti oggetto di conversione entro la data del 30 giugno 2031». Diversamente, nell'ipotesi di successiva conversione degli strumenti finanziari in titoli obbligazionari, per i creditori veniva previsto «il rimborso nella misura fissa del 10% oltre interessi, in forza di "Rimborsi Anticipati Obbligatori annuali" e del "Rimborso alla data di scadenza" del 31 dicembre 2026». Nella proposta, la società debitrice precisava che sia l'operazione di conversione degli strumenti finanziari partecipativi in obbligazioni sia le distribuzioni ed i rimborsi previsti a favore, rispettivamente, dei titolari degli strumenti e degli obbligazionisti non potessero dirsi attenenti all'esecuzione del concordato, bensì dovessero reputarsi eventi successivi all'esecuzione del piano di concordato. In altre parole, avrebbe dovuto operare il meccanismo della datio in solutum, cosicché la semplice attribuzione dei titoli avrebbe esaurito la fase esecutiva della procedura concorsuale. La proposta di concordato veniva approvata dalla maggioranza dei creditori e dalla maggioranza delle classi. Tuttavia, diversi creditori che si erano espressi negativamente sulla proposta di concordato decidevano di promuovere opposizione all'omologazione, sulla scorta di tre differenti motivi: la durata della procedura (essendo previsto il loro soddisfacimento ad oltre dieci anni dall'omologazione), l'illegittimità della soddisfazione non monetaria dei creditori chirografari e, in ultimo, la presunta privazione della facoltà di richiedere la risoluzione della procedura nel caso di mancata distribuzione dei dividendi o dei rimborsi (nel caso di conversione in obbligazioni dei titoli). Il Tribunale di Ravenna, ritenendo non accoglibili le opposizioni presentate, omologava il concordato preventivo della debitrice ai sensi dell'art. 180 L.F.
Spiegazioni e conclusioni - Il Tribunale di Ravenna, in primo luogo, condividendo la ricostruzione operata dalla ricorrente, ha escluso che possa porsi una questione di durata della procedura concorsuale, venendo soddisfatti i creditori mediante il meccanismo della datio in solutum ed essendo i meccanismi di distribuzione dei dividendi e dei rimborsi obbligazionari riferibili alla fase successiva all'esecuzione concordataria. Proprio con riferimento a quest'ultimo aspetto, cassando la seconda censura menzionata, il Tribunale di Ravenna ha precisato che la proposta concordataria «si muove nel solco di quanto previsto dall'art. 160, comma 1, lett. a), l.f.»,il quale espressamente consente la realizzazione in corso di procedura di operazioni di carattere straordinario, come «l'attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito», al fine di soddisfare i propri creditori (si veda Cass. 18 gennaio 2018, n. 1181). Sotto questo profilo, infatti, è bene ricordare che, con il c.d. principio di atipicità della proposta concordataria, fondamento della riforma entrata in vigore nell'anno 2015 (di cui il nuovo art. 160 L.F. è un caposaldo), il legislatore ha inteso accentuare ancor di più il carattere negoziale della procedura in parola, ampliando la flessibilità dell'”accordo” tra debitore e creditori nell'ottica di favorire il buon esito dello stesso. In ultimo, il Tribunale, con riguardo alla contestazione secondo cui la struttura della proposta astrattamente priverebbe i creditori della possibilità di richiedere la risoluzione del concordato nel caso di inadempimento di non scarsa importanza, ha affermato che, in verità, il meccanismo della datio in solutum «non esaurisce il contenuto delle obbligazioni concordatarie» e non esclude che i creditori possano utilizzare il rimedio disciplinato dall'art. 186 L.F. a fronte di inadempimenti nella fase esecutiva della procedura (di cui fa parte, con ogni evidenza, anche il rispetto degli impegni assunti con i creditori prededucibili e privilegiati).
Normativa e giurisprudenza
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