Revocatoria fallimentare e valenza probatoria delle presunzioni semplici

13 Novembre 2020

Ai fini della conoscenza dello stato d'insolvenza dell'imprenditore da parte del terzo, in che misura rileva la sua concreta situazione psicologica al momento dell'atto impugnato?

Ai fini della conoscenza dello stato d'insolvenza dell'imprenditore da parte del terzo, in che misura rileva la sua concreta situazione psicologica al momento dell'atto impugnato?

Caso pratico - Con atto di citazione ai sensi dell'art. 67, comma 2, L.F., una Curatela fallimentare chiedeva la declaratoria di inefficacia di un pagamento eseguito in favore dell'Istituto bancario convenuto durante il periodo sospetto, in esecuzione di un accordo transattivo stipulato fra le parti.

La banca convenuta si costituiva in giudizio contestando la sussistenza del presupposto soggettivo dell'azione intrapresa dal fallimento attore, chiedendo conseguentemente il rigetto della domanda.

Il Tribunale di Reggio Calabria, con la sentenza in commento, ha giudicato fondata la domanda, ritenendo in primo luogo pacifica (e comunque non ragionevolmente contestabile) in causa la natura di pagamento e, dunque, di atto con finalità solutoria dell'operazione economica descritta in citazione.

Sul piano soggettivo, ha ritenuto applicabile alla fattispecie il principio, da considerarsi consolidato in giurisprudenza, che riconosce agli indizi tipici della scientia decoctionis una valenza rafforzata e maggiormente intensa, qualora l'accipiens sia un istituto di credito, provvisto di tutti gli strumenti privilegiati diretti a garantirgli piena e tempestiva cognizione della situazione finanziaria del proprio cliente, sicché gli elementi addotti dalla Curatela e non contestati dal punto di vista fattuale dalla banca, sono risultati idonei ad integrare la consapevolezza in capo a quest'ultima dello stato di decozione.

Spiegazioni e conclusioni - Ai sensi dell'art. 67, comma 2, L.F., sono revocati, se il curatore prova che l'altra parte conosceva lo stato d'insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento.

E' principio ormai pacifico nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui “in ordine all'elemento soggettivo richiesto dalla legge fallimentare, all' art. 67, comma 2, la conoscenza, da parte del creditore, dello stato di insolvenza del debitore, della cui dimostrazione è onerata la curatela, sebbene in generale debba essere effettiva e non meramente potenziale, può tuttavia essere provata in via indiretta anche attraverso elementi indiziar aventi i requisiti della gravità, precisione e concordanza. In altri termini, il presupposto soggettivo dell'azione revocatoria può basarsi anche su elementi di fatto che attengano alla conoscibilità dello stato di insolvenza, purché idonei a fornire la prova per presunzioni della conoscenza effettiva” (Cass., 4 febbraio 2008, n. 2557).

Pertanto, la dimostrazione ben può essere indiretta, ossia sul piano della logica concatenazione di eventi e condotte del soggetto che, in base al criterio di normalità assunto a parametro di valutazione, consente la prova presuntiva della scientia decoctionis.

Del resto, la scelta degli elementi che costituiscono la base della presunzione e il giudizio logico con cui dagli stessi si deduce l'esistenza del fatto ignoto, costituiscono un apprezzamento di fatto che, se adeguatamente motivato, sfugge al controllo di legittimità, sicché l'unico sindacato ammissibile in questa sede è quello sulla coerenza, congruenza e logicità della relativa motivazione.

Ma anche l'accertamento in ordine alla conoscenza o meno dello stato di insolvenza costituisce un apprezzamento di fatto, rimesso al giudice di merito e sindacabile in sede di legittimità esclusivamente in presenza di vizi logici o giuridici (Cass. 22 marzo 1984, n. 1921).

Chiaramente, secondo la sentenza in commento, la conoscenza dello stato d'insolvenza dell'imprenditore da parte del terzo deve essere effettiva e non meramente potenziale, assumendo rilievo non già la semplice conoscibilità oggettiva ed astratta, delle condizioni economiche dall'imprenditore, bensì la concreta situazione psicologica del terzo al momento dell'atto impugnato.

Muovendo dalla convinzione dell'irrilevanza della mera conoscibilità oggettiva ed astratta delle condizioni economiche del debitore poi fallito, si è giunti, quindi, ad ammettere la possibilità di desumere la conoscenza dello stato di insolvenza da semplici indizi, valutabili alla luce del parametro della "comune prudenza ed avvedutezza" e della "normale ed ordinaria diligenza" (si veda Cass., 8 febbraio 2018, n. 3081).

Proprio siffatto orientamento, che filtra il requisito della conoscenza attraverso la lente della diligenza media o della ordinaria prudenza, porta ad attribuire una rilevanza peculiare alle qualità soggettive del terzo e, più in particolare, al suo status professionale.

Correttamente, il Tribunale di Reggio Calabria sostiene, in linea con la giurisprudenza della Suprema Corte, che la prova di tale elemento, che si concretizza in uno stato soggettivo, non può essere fornita in via diretta ma piuttosto mediante il ricorso ad indizi aventi i requisiti della gravità, precisione e concordanza (Cass., 23 aprile 2010, n. 9722), ossia indizi che consentano di desumere da segni esteriori dello stato di insolvenza (fatto noto) la conoscenza dello stato stesso (fatto ignoto), secondo lo schema logico tipico del ragionamento deduttivo.

Ma per misurare il grado di diligenza, secondo la giurisprudenza di legittimità, non può non farsi riferimento alla categoria cui appartiene il soggetto convenuto in revocatoria e dell'onere per esso di acquisire ed esercitare la capacità cognitiva media dell'insolvenza, propria di quella categoria.

Dalla circostanza che ogni soggetto che identifica l'insolvenza lo fa in base al proprio sistema culturale e alle proprie strutture di riferimento, che sono quelle del gruppo sociale a cui appartiene, consegue la relatività della conoscenza dell'insolvenza. La nozione d'insolvenza è unica, ma il dissesto esiste in modi differenti, in relazione ai diversi modi di conoscerlo da parte del terzo.

Ciò del resto collima con il meccanismo delle presunzioni che, lungi dal proporre un astratto modello di condotta cui il convenuto dovrebbe uniformarsi nell'assumere notizie prima del compimento dell'atto "revocando", si fonda su regole d'esperienza storicamente accertate e dunque su prassi individuali o collettive realmente seguite in determinati contesti di conoscibilità.

In questa prospettiva, le qualità soggettive del terzo sono senz'altro suscettibili di assumere rilievo nel giudizio diretto ad accertare l'esistenza dell'elemento soggettivo, ma solo nella misura in cui vengano presi in considerazione i veicoli privilegiati di conoscenza a disposizione dell'operatore economico qualificato.

Così, nel caso in cui creditore sia un istituto di credito, particolare efficacia rivelatrice della conoscenza dello stato di decozione deve attribuirsi alla revoca dell'affidamento che, per come è notorio, è provvedimento cui la banca si determina generalmente a seguito di andamento insoddisfacente del conto, protrattosi per un prolungato periodo, che non può non costituire un segnale tipico di una situazione di difficoltà o, come è stato detto, della condizione di fallibilità del correntista.

Dando applicazione ai suddetti principi, il Tribunale di Reggio Calabria ha pertanto ritenuto provata la conoscenza, da parte dell'Istituto bancario, dello stato d'insolvenza della società poi fallita ed ha, conseguentemente, accolto la domanda formulata dalla Curatela fallimentare, dichiarando inefficace, nei confronti della massa dei creditori, il pagamento eseguito in favore della banca convenuta.

Normativa e giurisprudenza

  • Art. 67, comma 2, L.Fall.
  • Art. 2697 c.c.
  • Art. 2727 c.c.
  • Art. 2729 c.c.
  • Cass., 8 febbraio 2018, n. 3081
  • Cass., 23 aprile 2010, n. 9722
  • Cass., 4 febbraio 2008, n. 2557

Per approfondire

P. Bosticco, Azione revocatoria fallimentare, in ilfallimentarista.it, 20 maggio 2020.

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