Prededuzione del credito del professionista per l'attività nella fase di accesso al concordato preventivo
05 Agosto 2020
Il credito del professionista che ha svolto attività di assistenza e consulenza per la redazione e la presentazione della domanda di concordato preventivo, rientrando tra i crediti sorti “in funzione” di tale procedura, va soddisfatto in prededuzione nel successivo fallimento, senza che, al fine di tale collocazione, debba essere accertato, con valutazione ex post, che la prestazione resa sia stata concretamente utile per il ceto creditorio in ragione dei risultati raggiunti. Questo principio trova si applica, nel senso del mancato riconoscimento della prededuzione nel successivo fallimento, al credito del professionista che ha predisposto la documentazione necessaria per l'ammissione al concordato preventivo, ove l'ammissione a questa procedura sia stata revocata per atti di frode?
Caso pratico - L'art. 111, comma 2, L.F., considera prededucibili i crediti qualificati da una specifica disposizione di legge ed i crediti sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali (c.d. prededuzione atipica). In virtù di tale disposizione, pertanto, la prededuzione è riconosciuta, oltre che nelle fattispecie tassativamente previste dalla legge fallimentare, anche per i crediti sorti durante la procedura e per quelli in funzione della medesima, cioè per i crediti sorti antecedentemente alla procedura concorsuale strumentali alle finalità della stessa. La disposizione in esame detta, quindi, un precetto di carattere generale che, al fine di favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d'impresa, introduce un'eccezione al principio della par condicio creditorum, estendendo, in caso di fallimento, la prededucibilità a tutti i crediti sorti in funzione di precedenti procedure concorsuali. Con riferimento al tradizionale tema del trattamento dei crediti maturati nel corso del concordato preventivo nell'ambito del successivo fallimento, la questione maggiormente dibattuta riguarda l'interpretazione dei criteri di formazione della prededuzione atipica. In particolare, si discute se al credito del professionista che ha assistito la società nella fase di accesso alla procedura concordataria cui sia conseguito il fallimento spetti la prededuzione o, al contrario, il privilegio ai sensi dell'art. 2751-bis, n. 2, c.c.
Spiegazioni e conclusioni - Il primo dei due criteri previsti dal secondo comma del citato art. 111 L.F. (occasionalità) postula la coincidenza cronologica tra credito e procedura. Invero, dottrina e giurisprudenza si dividono sulla necessità che l'elemento temporale sia integrato anche da un legame soggettivo e/o funzionale con la medesima. In altri termini, si discute se il credito, oltre a dover sorgere nel corso di una procedura aperta, debba anche essere riconducibile all'attività degli organi della stessa o, comunque, utile agli scopi perseguiti da quest'ultima. A ben vedere, il dettato normativo, privo com'è di ogni riferimento alla necessità di verifiche o autorizzazioni (preventive e successive) degli organi della procedura concordataria, sembrerebbe escluderne la necessità. Tuttavia, la giurisprudenza di merito avalla tale ultima interpretazione, attualmente prevalente, fondando le proprie motivazioni sulla preoccupazione che possano beneficiare di un trattamento privilegiato crediti relativi a prestazioni prive di utilità, se non addirittura dannose per i creditori. Il criterio della funzionalità, a sua volta, assume invece un significato di tipo teleologico, alla luce del quale è possibile riconoscere il beneficio della prededucibilità a crediti sorti per attività prestate in funzione di una procedura concorsuale. L'assenza di ogni legame temporale con la procedura ha comunque indotto gli interpreti a ritenere che il criterio potesse essere applicato anche a crediti per prestazioni effettuate in data anteriore all'inizio della medesima. In particolare, il criterio in esame non può risolversi nella semplice attinenza di un credito rispetto ad una procedura concorsuale, ma va ancorato al requisito della utilità per la stessa, da intendersi come necessaria strumentalità rispetto alla procedura e come rispondenza al suo scopo ed all'interesse della massa dei creditori, giustificandosi soltanto in questa ipotesi il particolare beneficio della prededuzione. Al riguardo, la S.C. ha più volte ribadito che il credito del professionista che abbia svolto attività di assistenza e consulenza per la redazione e la presentazione della domanda di concordato preventivo, rientrando “de plano” tra i crediti sorti “in funzione” di tale procedura va soddisfatto in prededuzione nel successivo fallimento, senza che, al fine di tale collocazione, debba essere accertato, con valutazione ex post, che la prestazione resa sia stata concretamente utile per il ceto creditorio in ragione dei risultati raggiunti (Cass. 10 gennaio 2017, n. 280). Il principio delineato dai giudici di legittimità di cui sopra, tuttavia, non troverebbe applicazione, nel senso del mancato riconoscimento della prededuzione nel successivo fallimento, al credito del professionista che ha predisposto la documentazione necessaria per l'ammissione al concordato preventivo, ove l'ammissione a questa procedura sia stata revocata ex art. 173 L.F. per atti di frode dei quali il professionista medesimo sia stato a conoscenza, posto che, in tale ipotesi, non solo la prestazione svolta non è stata di alcuna utilità per la procedura, ma si è rivelata addirittura potenzialmente dannosa per i creditori, tenuto conto della erosione del patrimonio a disposizione della massa per effetto della continuazione dell'attività di impresa (Cass. 7 febbraio 2017, n. 3218). Tale opinione è stata altresì ribadita dalla Cassazione(ord. 15 maggio 2020, n. 9027) che non ha riconosciuto la prededuzione al creditore corresponsabile con l'imprenditore per gli atti in frode (nel caso di specie, il professionista creditore, nel corso della procedura concordataria, aveva taciuto la sussistenza di un sequestro penale per omessi versamenti iva sull'immobile della società), ammettendo il credito in privilegio ai sensi dell'art. 2751-bis, n. 2, c.c. Sul punto, i giudici di legittimità hanno osservato che l'ammissione al passivo riguarda analisi squisitamente civilistiche in ordine all'esistenza del credito; al contrario la collocazione in prededuzione richiede un'indagine in merito agli ulteriori presupposti processuali (più che sostanziali) di cui all'art. 111, comma 2, L.F.
Normativa e giurisprudenza
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