Il socio illimitatamente responsabile di società fallibile non può accedere alla liquidazione del patrimonio ex art. 14 ter l. 3/2012

19 Gennaio 2021

La qualità di socio illimitatamente responsabile di società fallibile esclude la possibilità di accedere alle procedure di sovraindebitamento?

La qualità di socio illimitatamente responsabile di società fallibile esclude la possibilità di accedere alle procedure di sovraindebitamento?

Caso pratico - Un socio illimitatamente responsabile di società in nome collettivo chiedeva al Tribunale di Rimini l'accesso in proprio alla procedura di liquidazione del patrimonio ex art. 14 ter l. 3/2012, deducendo di aver maturato debiti quale socio e fideiussore della s.n.c., nonché ulteriori debiti quale fideiussore di una s.r.l. già dichiarata fallita.

Si dava atto in ricorso che la s.n.c. partecipata era assoggettabile a fallimento, ancorché non fosse insolvente, per cui il socio, autonomamente ed in proprio, chiedeva di accedere alla liquidazione.

Con decreto reso in data 10.2.2020 il giudice del sovraindebitamento negava l'accesso alla procedura dichiarando l'inammissibilità della liquidazione del patrimonio del socio illimitatamente responsabile, stante la possibilità di accesso alla liquidazione fallimentare da parte della società.

Proposto reclamo, il ricorrente osservava che la qualità di socio illimitatamente responsabile di società fallibile non esclude la possibilità di accedere alle procedure di sovraindebitamento, atteso che il socio non é imprenditore e in sede di fallimento per estensione ex art. 147 l. fall. non viene valutata la sua insolvenza, dunque, non é necessario attendere il fallimento della società per poter accedere alla procedura da sovraindebitamento; deduceva inoltre che la società non era in stato di decozione, per cui non vi é alcuna esigenza effettiva di coordinamento fra la procedura da sovraindebitamento e la procedura fallimentare.

Con decreto del 15.10.2020 reso in sede di reclamo, il Tribunale di Rimini confermava il provvedimento del primo giudice dichiarando l'inammissibilità della procedura di liquidazione del patrimonio del socio illimitatamente responsabile in presenza di società fallibile.

Spiegazioni e conclusioni - I provvedimenti in commento vertono sul tema controverso, in generale, della possibilità per il socio illimitamente responsabile di società fallibile di accedere in proprio alle procedura di sovraindebitamento ex L. 3/2012.

Come noto parte della giurisprudenza di merito – pur nella diversità di interpretazioni - é prevalentemente orientata nel senso dell'ammissibilità di detto accesso, ma non senza precisare l'opportunità che anche la società promuova una procedura per la composizione del proprio stato di crisi, quando ovviamente sussistente.

In tal senso il Tribunale di Rimini in sede di reclamo, nel decreto in rassegna del 15.10.2020, osserva che é ammissibile che il socio di socieà di persone presenti un accordo (se sono compresi anche i debiti sociali) o un piano del consumatore nell'ipotesi però in cui contemporaneamente la società presenti uno strumento di regolazione negoziale della propria crisi; in questo modo – scrive il collegio nel provvedimento del 15.10.2020 – “si procede parallelamente alla sistemazione sia dei debiti sociali sia dei debiti particolari senza alcuna sottrazione indebita di risorse del socio a danno dei creditori della società”.

Tuttavia, come dedotto in motivazione dal giudice del reclamo, la procedura di liquidazione del patrimonio ex artt. 14 ter ss.L. 3/2012 é del tutto particolare e non può essere assimilata alle altre due procedure, essendo caratterizzata dalla devoluzione dell'intero patrimonio del sovraindebitamento; in tal senso, l'accordo e il piano del consumatore, da un lato, e gli strumenti negoziali della crisi sociale, dall'altro, consentono di “selezionare” i beni da destinare ai creditori con ciò prestandosi ad una risoluzione complessivamente unitaria della crisi, per contro, la liquidazione del patrimonio, da un lato, e il fallimento, dell'altro, sono procedure caratterizzate ai sensi dell'art. 14 ter L. 3/2012 e 42 l.fall., sul piano oggettivo, dalla universalità dei beni da mettere a disposizione dei creditori concorsuali.

La conseguenza è che le due procedure non possono coesistere, così come la liquidazione del patrimonio del singolo socio non può preesistere alla liquidazione della società; se, infatti, si consentisse al socio una liquidazione dei beni anticipata rispetto al fallimento della società si andrebbe poi a privare di significato la previsione legislativa di cui all'art. 147 l.fall. (oltre che svuotare la società di persone delle risorse apportate dai soci); si pensi all'ipotesi estrema – deduce il tribunale in parte motiva - in cui tutti i soci chiedessero la liquidazione del proprio patrimonio; é evidente che si avrebbe la paralisi della società e la sottrazione ai creditori sociali di ogni risorsa individuale.

Va dunque osservato che il tribunale non ha compiuto una valutazione tout court di inammissibilità della procedura per il solo fatto che l'istante riveste la qualità di socio illimitatamente responsabile di una società fallibile, ma ha evidenziato come la liquidazione del patrimonio non possa che seguire (e non precedere) la procedura di liquidazione della società.

Chiarisce il tribunale che una volta dichiarato il fallimento della s.n.c., ed esteso il fallimento ai soci, i creditori della stessa sarebbero stati soddisfatti prima col ricavato della vendita dei beni sociali, poi con il ricavato della vendita dei beni di tuttii soci illimitatamente responsabili, in concorso con i creditori personali dei soci falliti; per tali effetti derivanti dall'apertura delle procedure concorsuali della società e dei soci - argomenta il tribunale - non è quindi ammissibile che una parte dei beni del socio venga destinata in una diversa sede, attraverso una procedura separata, ai suoi creditori particolari, prima della liquidazione concorsuale della società.

In altri termini, le esigenze di coordinamento fra le procedure riguardanti i soci illimitatamente responsabili e la società, dovrebbero trovare la loro sede naturale, secondo i principi generali della legge fallimentare e della L. 3/2012, nella procedura di fallimento della s.n.c., con estensione del fallimento a tutti i soci illimitatamente responsabili.

Osserva infine che, rispetto ai debiti per fideiussioni in favore di società terze, la chiusura del fallimento della s.n.c. non condurrebbe alla esdebitazione del socio illimitatamente responsabile per cui vi sarebbe lo spazio, successivamente, per una procedura di sovraindebitamento di questi, proprio per la definizione dei debiti personali di tale tipo, rimasti incapienti nella eventuale procedura sociale; tuttavia, stante il necessario coinvolgimento dei beni del socio nel fallimento della società, solo all'esito della chiusura del fallimento della s.n.c. i residui debiti da rapporti personali estranei all'esercizio dell'impresa o per fideiussioni in favore della s.n.c. rimasti insoddisfatti potrebbero essere dedotti in una procedura di sovraindebitamento, appunto al fine dell'esdebitazione.

Normativa e giurisprudenza

  • Art. 14 ter l. 3/2012
  • Trib. Rimini 10 febbraio 2020
  • Trib. Rimini 15 ottobre 2020

Per approfondire

F. Cesare, in Sovraindebitamento: liquidazione del patrimonio, in IlFallimentarista.it, maggio 2020.

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