Covid e discrezionalità del giudice nella concessione di proroghe
25 Gennaio 2021
Nel mutato quadro normativo legato all'emergenza sanitaria si deve ritenere che il giudice abbia conservato la discrezionalità nel valutare sia l'opportunità di proroghe, sia la persistente attendibilità del progetto di concordato preventivo?
Caso pratico - La vicenda che si intende rappresentare si è presentata con una decisa frequenza nelle aule dei tribunali nei mesi di maggiore intensità pandemica. Se ne è occupato anche il Tribunale di Catania, con un decreto datato 16 luglio 2020. Il caso è quello di un debitore che aveva presentato una domanda di concordato in bianco ex art. 161, comma 6, L.Fall. e che si sia già visto riconoscere una proroga del termine per la predisposizione della proposta e del piano. A ragione del Covid non gli era stato possibile provvedervi entro la scadenza prefissata. Ci si domanda se l'evenienza determini l'automatica ulteriore proroga dei termini, ovvero se, pur essendo assodata l'eccezionalità della situazione, si conservi in capo al Tribunale la discrezionalità della decisione. Il dubbio esegetico sorge in considerazione del fatto che può ritenersi normale che il debitore non sia riuscito a rispettare il termine e che gli venga consentita la concessione dell'ulteriore termine previsto dall'art. 9, comma 4, D.L. 23/2020, come convertito a seguito della L. 40/2020. Inoltre, si può verificare con frequenza nella prassi che i piani in origine attuabili si siano vanificati a seguito del Covid e che l'impresa in crisi non sia più in grado di mantenere fede agli accordi presi. Volendo proseguire nella strada del risanamento dell'impresa, è dunque richiesto all'insolvente di adottare una nuova strategia che possa risultare nuovamente soddisfacente per i creditori. Come ha avuto modo di osservare il Tribunale di Catania della pronuncia sopra ricordata, in una simile ipotesi si deve ritenere che la valutazione che il tribunale è chiamato a compiere in ordine alla concessione o meno della nuova proroga debba essere comunque parametrata sulla possibilità che, laddove possa beneficiare dell'ulteriore termine, l'imprenditore in concordato possa superare le evenienze che gli hanno precluso di predisporre il piano nel precedente termine come già prorogato. Laddove, invece, tale possibilità non possa essere ravvisata, si deve ritenere che la richiesta formulata da colui che ha domandato il concordato preventivo non possa trovare accoglimento. La fonte rilevante ai fini della ricostruzione della fattispecie e della vicenda esegetica sottesa è proprio il decreto del 2020 che ha disciplinato le procedure concorsuali in conseguenza del Covid. Nel caso di specie, però, si deve ammettere che le previsioni decretali non possano avere applicazione, perché il debitore non ha fornito i “concreti e giustificati motivi” invocati dall'art. 9, D.L. 23/2020, convertito dalla L. 40/2020.
Spiegazioni e conclusioni - Se l'applicazione della norma nata in un periodo di pandemia non suscita di per sé particolari difficoltà, riflettere sulla genesi della stessa e sugli effetti che la stessa può produrre sulla rinnovata prassi delle procedure concorsuali, si può rivelare utile. In particolare, l'introduzione, in sede di conversione del decreto legge c.d. Liquidità dei nuovi commi 5 bis e 5 ter dell'art. 9, ha sollevato importanti dubbi. Dal 30 giugno 2020 è scaduto il termine di improcedibilità delle istanze di fallimento: sono numerosissime le imprese in crisi e per loro gli ordinari strumenti di superamento delle empasse, messi a punto dalla legge fallimentare e poi dal codice della crisi e dell'insolvenza non si rivelano sufficienti. Il legislatore, con una normazione d'emergenza, ha inteso procedere valorizzando l'attività del tribunale fallimentare, assegnando allo strumento del concordato con riserva una funzione assai importante e, sotto un certo profilo, snaturandone il ruolo nel panorama delle procedure concorsuali. A rilevare è il comma 5-bis dell'art. 9 del decreto legge in esame. Si legge, infatti, che il debitore, il quale, alla data del 31 dicembre 2021 abbia ottenuto la concessione dei termini previsti per il concordato con riserva (ai sensi dell'art. 161, comma 6, L.Fall.) o per il cosiddetto pre-accordo di ristrutturazione (ai sensi dell'art. 182 bis, comma 7, L.Fall.) possa depositare una domanda di rinuncia alla procedura. Tale rinuncia deve essere depositata nei termini assegnati o, al limite, nei termini risultanti dalla proroga eventualmente concessa ai sensi dell'art. 161, comma 6, e comma 10, L.fall. Il debitore deve dichiarare di aver predisposto un piano di risanamento ai sensi dell'art. 67, comma 3, lett. d, legge fall., che deve essere pubblicato nel registro delle imprese e deve altresì depositare la documentazione relativa alla pubblicazione medesima. Sempre il comma 5 bis prevede che il Tribunale, una volta verificate la completezza e la regolarità delle documentazione, dichiari l'improcedibilità del ricorso di concordato con riserva o del preaccordo di ristrutturazione. La disciplina complessiva viene integrata dal comma 5-ter dell'art. 9, il quale prevede che l'art. 160, comma 10, L.fall. (con cui si decide che, laddove penda il procedimento per la dichiarazione di fallimento, il termine per il deposito del concordato non possa essere superiore a sessanta giorni, i quali sono eventualmente prorogabili di altri sessanta giorni) non si applichi fino al 31 dicembre 2020. Quindi, il debitore può ottenere un termine che arriva sino a centoventi giorni, eventualmente prorogabile di ulteriori sessanta per il deposito del concordato, nonostante la pendenza di un'istanza di fallimento. Con siffatta correzione, viene riutilizzato uno schema - quello del concordato con riserva - che nella prassi è stato spesso accusato di rallentare, ovvero di boicottare, la regolarità della procedura concorsuale. Invece, viene in qualche modo riabilitata la figura del concordato con riserva, rendendola il percorso migliore in una prospettiva di risanamento dell'impresa. Certamente, la drammatica vicenda economica determinata dalla pandemia non consente di intravedere un significativo margine di effettiva efficacia dello strumento concordatario. Si è accresciuto, infatti, il numero delle imprese in crisi e con esse la necessità di immaginare misure protettive, che siano in grado di rispondere alle restrizioni nello svolgimento dell'attività di impresa. Tuttavia, né le misure protettive da sole, né l'operatività dell'art. 9, comma 5-bis, del decreto liquidità - ossia il prolungamento del termine del concordato in bianco - sono di per sé in grado di garantire la continuità dell'impresa.
Normativa e giurisprudenza
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