La verifica di convenienza nel piano del consumatore
20 Gennaio 2021
Qual è il criterio di valutazione della convenienza del piano del consumatore in caso di contestazione da parte di un creditore? Tale valutazione deve avere riguardo alla singola posizione creditoria o piuttosto alla massa creditoria complessivamente intesa?
Caso pratico - Allegando la propria qualifica di “consumatore” ed il proprio stato di sovraindebitamento, un soggetto ha proposto un piano ex art. 7, comma 1 bis, l. 27 gennaio 2012, n. 3, chiedendone al Tribunale adito l'omologazione ai sensi e per gli effetti degli artt. 12-bis e 12-ter della citata legge. Nell'ambito del procedimento così instaurato, un creditore si è opposto all'omologazione contestando, tra l'altro, la non convenienza del piano rispetto all'alternativa liquidatoria.
La questione - A mente dell'art. 12 bis, l. n. 3/2012, “Quando uno dei creditori o qualunque altro interessato contesta la convenienza del piano, il giudice lo omologa se ritiene che il credito possa essere soddisfatto dall'esecuzione del piano in misura non inferiore all'alternativa liquidatoria disciplinata dalla sezione seconda del presente capo”. La norma è analoga a quella enunciata dal precedente art. 12, comma 2, II periodo, l. n. 3/2012 in materia di accordo di composizione della crisi; entrambe, invero, ripropongono nell'ambito delle procedure concorsuali “minori” il meccanismo del c.d. “cram down” contemplato dall'art. 180, comma 4, II periodo, l.fall., in forza del quale, in presenza di contestazioni sulla convenienza della proposta concordataria, il Tribunale può comunque omologare il concordato “qualora ritenga che il credito possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili”. Nel contesto appena delineato si pone il dubbio se, in presenza di contestazioni da parte di taluno dei creditori, il giudizio di convenienza del piano del consumatore rispetto all'alternativa liquidatoria debba essere condotto avendo riguardo al credito del singolo creditore opponente oppure all'intera massa passiva. La soluzione di tale interrogativo presenta evidenti risvolti pratici: orientandosi nel primo senso, infatti, per essere omologato il piano dovrà assicurare a tutti i creditori un soddisfacimento almeno pari a quello ipotizzabile percorrendo l'alternativa liquidatoria; opinando diversamente, invece, sarebbe omologabile anche un piano che preveda per taluno dei creditori un soddisfacimento minore rispetto a tale soglia, a condizione che al ceto creditorio nel suo complesso sia assicurato un soddisfacimento almeno equivalente a quello verosimilmente ricavabile dalla liquidazione concorsuale del patrimonio del debitore.
Spiegazioni e conclusioni - Il riferimento testuale alla soddisfazione del “credito”, contenuto tanto negli artt. 12 e 12-bis, l. n. 3/2012, quanto nell'art 180 l.fall., potrebbe indurre a ritenere che la verifica di convenienza debba essere effettuata avendo riguardo alla posizione del singolo creditore opponente; ed in effetti, in tal senso è orientata la dottrina pressoché unanime pronunciatasi sull'art. 180 l.fall. [Ferro; Bellè; Ambrosini; Fabiani]. Occorre tuttavia domandarsi se la medesima conclusione possa ritenersi valida anche nell'ambito delle procedure “minori” e, per quanto qui rileva, ai fini dell'omologazione del piano del consumatore, o se vi siano ragioni per concludere diversamente. Sul punto specifico non si rinvengono opinioni dottrinali. Il problema è stato invece affrontato dalla giurisprudenza di merito (Trib. Santa Maria Capua Vetere, 2 dicembre 2020), la quale ha recentemente statuito che la valutazione di convenienza del piano del consumatore rispetto all'alternativa liquidatoria va effettuata “non con riferimento al credito vantato da un singolo creditore ma all'intera massa passiva” e ciò in quanto, sempre secondo il Tribunale, “le procedure da sovraindebitamento perseguono una finalità pubblicistica di tutela del mercato del credito al fine di evitare il diffondersi di fenomeni usurari che mal si concilia con la prospettiva di garantire il singolo creditore”. Il principio affermato dalla giurisprudenza appena richiamata non appare condivisibile, né risulta fondato su una solida motivazione. In primo luogo, pur ammettendo che la ratio sottesa alla disciplina in commento sia quella indicata dal Tribunale, non è ben chiaro il motivo per cui ciò dovrebbe essere d'ostacolo al riconoscimento in favore di ciascun creditore di quella parziale tutela rappresentata dal giudizio di convenienza rispetto all'alternativa liquidatoria. Atteso che un controllo di convenienza (seppure in via eventuale) è espressamente previsto dalla legge, invece, sembra più corretto ritenere che in tal modo il legislatore abbia inteso contemperare l'interesse del debitore al superamento della situazione di sovraindebitamento (verso cui convergono anche le finalità pubblicistiche richiamate dal Tribunale) con la necessaria (anche sul piano costituzionale) tutela del diritto soggettivo di ciascun creditore, già inciso dagli effetti esdebitatori connessi all'omologazione del piano (come anche dell'accordo e, nelle procedure maggiori, del concordato). La verifica di convenienza, infatti, è volta proprio a contenere il possibile sacrificio delle ragioni creditorie, facendo sì che detto sacrificio non sia in nessun caso superiore a quello che i creditori subirebbero nell'ipotesi di liquidazione dell'intero patrimonio del debitore. Occorre inoltre considerare che nel piano del consumatore, ancor più che nell'accordo e nel concordato preventivo, la tutela del singolo creditore è assicurata proprio e soltanto dalla eventuale verifica di convenienza rimessa al Tribunale in fase di omologazione, atteso che detta procedura prescinde totalmente dal consenso dei creditori. Ritenere che il piano possa essere omologato anche qualora riconosca a taluno dei creditori un soddisfacimento inferiore a quello garantito dall'alternativa liquidatoria, dunque, si risolverebbe in una eccessiva e per molti versi irragionevole compressione del diritto di credito. Una definitiva conferma di quanto appena rilevato si trova nella disciplina dettata dal Codice della crisi e dell'insolvenza, qui richiamata quale valido supporto interpretativo di quella attualmente vigente. L'art. 70, comma 9, CCI, infatti, dispone che “Quando uno dei creditori o qualunque altro interessato, con le osservazioni di cui al comma 3, contesta la convenienza della proposta, il giudice omologa il piano se ritiene che comunque il credito dell'opponente possa essere soddisfatto dall'esecuzione del piano in misura non inferiore all'alternativa liquidatoria” (analoga formulazione reca l'art. 80, comma 3, CCI, relativo all'omologazione del concordato minore). L'esplicito riferimento al “credito dell'opponente”, da un lato non sembra coordinarsi perfettamente con l'eventualità (prevista dalla stessa norma) che la contestazione possa provenire, oltre che da “uno o più creditori”, anche da “qualunque altro interessato”; dall'altro lato, ed ai fini che qui rilevano, conferma tuttavia che la verifica di convenienza debba riguardare proprio la singola posizione del creditore che abbia sollevato la contestazione in ordine alla convenienza del piano. In conclusione, diversamente da quanto ritenuto dalla recente giurisprudenza di merito richiamata in precedenza, deve ritenersi che l'eventuale verifica di convenienza del piano del consumatore debba essere condotta avendo riguardo alla specifica posizione del creditore che abbia formulato la contestazione, analogamente a quanto pacificamente si ritiene per il c.d. “cram down” nell'ambito del concordato preventivo.
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