Fondo patrimoniale costituito dall'imprenditore individuale nel concordato preventivo
11 Febbraio 2021
Nell'ambito di un giudizio instaurato da un'impresa in fallimento per l'accertamento dell'inefficacia di una vendita di un immobile avvenuta dopo il deposito della domanda di concordato preventivo, si applica l'art. 46 L.F. che esclude dalla procedura fallimentare i beni costituiti in fondo patrimoniale, al concordato in ragione del mancato richiamo dell'art. 169 L.F.?
Caso concreto - Un imprenditore in stato di crisi depositava presso il tribunale competente una domanda di concordato preventivo c.d. in bianco, ai sensi dell'art. 161, comma 6, L.F., con riserva di depositare piano e proposta definitivi nel termine assegnatole. A seguito del deposito della domanda (ma prima che la procedura venisse aperta e che, di conseguenza, il commissario fosse nominato), l'imprenditore alienava a terzi un bene che faceva parte del suo patrimonio personale e che era stato costituito in un fondo patrimoniale tempo prima rispetto alla decisione di instaurare una procedura concorsuale. Il concordato non veniva omologato e, in ragione dell'istanza all'uopo depositata da un creditore, l'imprenditore individuale veniva dichiarato fallito. Tale pronuncia, come noto, determinava l'acquisizione all'attivo della procedura fallimentare di tutto il patrimonio riconducibile all'attività di impresa e alla sfera personale dell'imprenditore, non essendovi alcuna separazione patrimoniale tra le due sfere. Il curatore del fallimento instaurava dinanzi al Tribunale di Milano un procedimento sommario di cognizione, ai sensi dell'art. 702 bis ss. c.p.c. per far accertare l'inefficacia della vendita dell'immobile da parte dell'imprenditore in assenza dell'autorizzazione necessaria per il compimento degli atti di straordinaria amministrazione nel corso della procedura di concordato c.d. in bianco. L'imprenditore si costituiva nel procedimento, eccependo che la vendita fosse avvenuta prima dell'apertura della procedura concorsuale e che, in ogni caso, i beni in fondo patrimoniale fossero esclusi dal concordato a norma dell'art. 46 L.F. Il Tribunale di Milano riteneva infondata nel merito la domanda attorea e, di conseguenza, la rigettava con ordinanza. In ordine a tale questione, a seguito di impugnazione da parte del fallimento, si pronunciava altresì la Corte d'appello di Milano, la quale, riformando la pronuncia di prime cure, accoglieva la domanda.
Spiegazioni e conclusioni - La pronuncia in esame è di interesse per gli operatori di settore in quanto si esprime sull'applicabilità dell'art. 46 L.F. alla procedura di concordato preventivo. Come noto, l'art. 46 L.F. statuisce che «non sono compresi nel fallimento: (…) 3) i frutti derivanti dall'usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto è disposto dall'articolo 170 del codice civile». In altre parole, tale disposizione, definendo in negativo il perimetro dei beni che fanno parte dell'attivo fallimentare, esclude i beni conferiti in fondo patrimoniale possano essere sottratti all'imprenditore fallito. Tuttavia, come ha affermato la Corte d'appello di Milano, l'art. 169 L.F., che richiama espressamente le disposizioni che regolano il fallimento che trovano applicazione anche nel concordato preventivo, non rimanda all'art. 46 L.F. Dunque, i beni costituiti in fondo patrimoniale non possono ritenersi esclusi dal concordato preventivo, anche perché il mancato richiamo «non va attribuito a una svista, ad una dimenticanza del legislatore (…), ma ai diversi effetti delle due procedure, fallimentare e di concordato preventivo» rispetto alla disponibilità dei beni e alla loro amministrazione. Di talché, dovendosi riconoscere che anche i beni costituiti in fondo patrimoniale facciano parte del patrimonio dell'imprenditore assoggettato alla disciplina sul concordato preventivo, non si può che ammettere che gli atti dispositivi su tali beni, in quanto atti di straordinaria amministrazione – in quanto idonei a pregiudicare i valori dell'attivo compromettendo la capacità di soddisfare le ragioni dei creditori –, siano assoggettati alla disciplina dell'art. 161 o dell'art. 167 L.F. e, pertanto, debbano essere autorizzati dal tribunale o dal giudice delegato. In conclusione, ai fini della determinazione dell'attivo della procedura di concordato preventivo, debbono essere considerati anche i beni dell'imprenditore eventualmente costituiti in fondo patrimoniale, istituto che, peraltro, determina solo una limitazione temporanea – che può anche venire meno – della disponibilità dei beni in esso conferiti.
Normativa e giurisprudenza
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