Cram down erariale e omologa del concordato anche con voto negativo dell'Agenzia Entrate sulla transazione fiscale
11 Febbraio 2021
Anche quando l'ente abbia espresso voto negativo sulla transazione fiscale, il tribunale può valutare la convenienza del trattamento proposto ai crediti tributari e contributivi rispetto all'alternativa liquidatoria?
Caso pratico - Il provvedimento del Tribunale di La Spezia 14 gennaio 2021, G.D. Dott. Gaggioli, è relativo ad un concordato minore (attuale accordo di composizione della crisi ai sensi della L. 3/2012, destinato alla predetta nomenclatura a seguito della imminente entrata in vigore del nuovo Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza, di cui al D. Lgs n. 14/2019). In tale provvedimento, si rinviene una delle prima applicazioni del nuovo cram down erariale in materia concorsuale, che, nella legge fallimentare, è stato introdotto dalla L. n. 159/2020, che ha convertito il D.L. n. 125/2020 (modificando gli artt. 180, 182 bis e 182 ter l.fall.); mentre, nella L. n. 3/2012 dedicata alla composizione della crisi per sovraindebitamento, il nuovo cram down erariale è stato introdotto dalla L. n. 176/2020, che ha convertito il D.L. n. 137/2020 (introducendo all'art. 12 “Omologazione dell'accordo” il comma 3-quater). Con una crasi imperfetta, possiamo affermare che, nelle procedure concorsuali, maggiori piuttosto che minori, il Tribunale omologa il concordato (o l'accordo) anche in mancanza di voto (o di adesione) da parte dell'amministrazione finanziaria quando il voto (o l'adesione) è decisivo ai fini del raggiungimento delle maggioranze e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista attestatore (o dell'organismo di composizione della crisi O.C.C.) la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria. (Si noti che nella novella riguardante il sovraindebitamento all'art. 12, comma 3quater, L. n. 3/2012, difetta la citazione - oltre che dell'amministrazione finanziaria - anche dell'Inps).
Spiegazioni e conclusioni - Tralasciando, in questa sede, il pregiato lavorìo di commenti sull'anticipazione del cram down erariale rispetto al Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza, ci si sofferma sull'annosa interpretazione delle locuzioni “mancanza di voto” e “mancanza di adesione”, rispetto alle quali gli interpreti si sono ritrovati divisi in opposti orientamenti. In base al primo orientamento (più restrittivo e pervaso da un certo favor fisci), le locuzioni “mancanza di voto” (nel concordato preventivo, nel concordato minore) e “mancanza di adesione” (nell'accordo di ristrutturazione dei debiti) si riferiscono esclusivamente all'ipotesi in cui l'ente non esprima in alcun modo la propria volontà, né attraverso un voto positivo, né attraverso un voto negativo; ma, sostanzialmente, vi sia difetto di voto (c.d. silenzio). In guisa che la valutazione del Tribunale circa la convenienza del trattamento proposto per i crediti tributari e contributivi, rispetto al fallimento ovvero alla liquidazione, ai fini dell'omologa (c.d. cram down) possa effettuarsi esclusivamente allorquando vi sia silenzio da parte dell'ente. Secondo i sostenitori di tale orientamento, tale interpretazione sposerebbe il fine ultimo della novella, inteso, sic et simpliciter, a sopperire all'inerzia dell'ente ed alla riluttanza dei funzionari ad esprimere una valutazione; con conseguente spostamento – esclusivamente in questo caso – della puntuale valutazione dell'alternativa liquidatoria in capo al professionista attestatore, e, del giudizio di fondatezza di tale valutazione, in capo al Tribunale. Risulta tuttavia evidente che, affermandosi definitivamente tale orientamento, al fine di scongiurare l'eventualità del cram down erariale, sarebbe sufficiente - per l'ente - esprimere il suo voto, ancorché negativo; paralizzando, così di fatto, l'eventualità del cram down. In base all'orientamento contrapposto (meno restrittivo e pervaso invece dal favor debitoris) le locuzioni “mancanza di voto” e “mancanza di adesione” racchiudono, invece, ogni possibile ipotesi, compresa quella in cui l'ente esprima la propria volontà, attraverso un voto negativo, sebbene motivata; in parallelo, peraltro, a quanto prescrive l'art. 160, comma 2, L. fall. Anche in questo caso, dunque, sarebbe legittima la valutazione del Tribunale circa la convenienza del trattamento proposto per i crediti tributari e contributivi, rispetto al fallimento ovvero alla liquidazione, ai fini dell'omologa. Tale opposta interpretazione avrebbe l'effetto di garantire il buon fine della procedura nell'interesse di tutto il ceto creditorio, in quanto colmerebbe eventuali lacune o carenze nelle motivazioni addotte dall'ente ai fini dell'espressione negativa di voto, anche quando legate a paletti interni (si pensi alla nota Circolare Inps n. 38/2010) ed anche quando vistosamente non collimanti con l'effettivo miglior trattamento dei crediti tributari e contributivi rispetto all'alternativa liquidatoria, come attestato. A questo punto, risulta evidente come, al fine di vedere invitta la propria espressione di voto, l'ente debba assumersi l'obbligo di circostanziare con lucida puntualità le valutazioni e le motivazioni a supporto del proprio diniego (ciò che è oggetto della recente Circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 34/E del 29 dicembre 2020). Come accennato all'inizio, tra le prime pronunce diffuse in merito al nuovo cram down erariale nelle procedure concorsuali, si rinviene il citato provvedimento del Trib. La Spezia 14 gennaio 2021, G.D. Dott. Gaggioli. Tale provvedimento, in conformità al secondo orientamento descritto, meno restrittivo e pervaso invece dal favor debitoris, conclude con la prospettiva dell'omologa del concordato minore (oggi accordo di composizione della crisi ai sensi della L. n. 3/2012), ancorché l'Agenzia delle Entrate si sia espressa con voto palese e negativo sulla proposta. Vi è da dire che il Tribunale, nel motivare la propria decisione, fa espresso riferimento al parallelismo del nuovo cram down erariale tra le procedure concorsuali maggiori (concordato preventivo e accordi di ristrutturazione) e procedure concorsuali minori (concordato minore alias accordo con i creditori), rimarcando la necessaria contestualità dei criteri di applicazione della nuova norma. Non solo. Il Tribunale non affronta nemmeno in maniera puntuale la questione se il cram down erariale possa applicarsi anche quando l'ente abbia espresso voto negativo (e non soltanto in assenza di espressione di voto). In maniera quasi trancheant, il Tribunale parte dal presupposto che la novella sul cram down erariale nel sovraindebitamento (art. 12 comma 3 quater) “comporta la conversione, ipso iure, in voto positivo del voto negativo espresso dall'Agenzia dell'Entrate”.Inoltre, stante la tempistica necessaria per la predisposizione della proposta da parte del debitore e la recentissima novella normativa in questione, non possiamo nemmeno essere del tutto certi che l'attestazione dell'OCC abbia contemplato espressamente la convenienza della proposta di trattamento dei crediti tributari e contributivi rispetto all'alternativa liquidatoria (come prescriverebbe letteralmente la norma “in base alle risultanze della relazione” dell'OCC). E dunque il Tribunale, certamente tenendo conto delle risultanze dell'attestazione, ma anche ricostruendo una propria valutazione, richiamando i valori di cui all'attivo liquidatorio sostiene che “il credito dell'Agenzia delle Entrate per tributi insinuato nella presente procedura costituisce credito con privilegio generale mobiliare…gli immobili di proprietà [del debitore, ndr] sono inferiori al valore dei crediti con privilegio speciale immobiliare ex art. 2770 c.c. e dei crediti ipotecari e pertanto nessuna somma riferita alla vendita degli stessi potrebbe essere distribuita all'Agenzia delle Entrate. In conclusione… la proposta risulta approvata dalla massa creditoria”.
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