Fattibilità del concordato preventivo e ricorso alle procedure competitive
18 Febbraio 2021
È ammissibile un piano concordatario che preveda la vendita separata di alcuni assets aziendali, frazionando l'azienda?
Caso pratico - Una società in liquidazione (e in stato di crisi) depositava presso il tribunale competente una domanda di concordato preventivo c.d. in bianco, ai sensi dell'art. 161, comma 6, L.F., con riserva di depositare piano e proposta definitivi nel termine assegnatole. Entro il termine assegnato dal tribunale, veniva depositato il piano concordatario in continuità c.d. indiretta, che si basava sull'alienazione dell'azienda a terzi nonché sulla separata vendita del magazzino e sulla riscossione di crediti. In questo senso, giova precisare che, al momento del deposito del ricorso, la società aveva già affittato l'azienda. Da tale contratto, tuttavia, erano stati esclusi sia i crediti verso clienti che il magazzino – che aveva un valore significativo e che assumeva un ruolo essenziale nel ciclo produttivo –, il quale veniva trasferito mediante un contratto estimatorio. Ebbene, il piano di concordato prevedeva la cessione dell'azienda ad un prezzo almeno pari a quello offerto (con proposta irrevocabile condizionata all'omologazione) dall'affittuaria, il parziale incasso di crediti sociali, la cessione di alcuni crediti alla stessa affittuaria nonché la cessione del magazzino (come menzionato, già oggetto di contratto estimatorio). La vendita di azienda e magazzino si sarebbe in ogni caso definitivamente perfezionata solo a seguito dell'effettuazione di procedure competitive. Il Tribunale di Lucca, in ragione del frazionamento degli assets, riteneva inammissibile il piano e la proposta di concordato preventivo e decideva di revocare l'apertura della procedura (dichiarando il fallimento della società a seguito del deposito di istanza da parte di un creditore).
Spiegazioni e conclusioni - Il Tribunale di Lucca, con sentenza pubblicata il 5 gennaio 2021, si cimenta nell'analisi dell'art. 163 bis L.F. e della sua ratio ispiratrice. Come noto, l'art. 163 bis L.F. statuisce che «quando il piano di concordato di cui all'articolo 161, secondo comma, lettera e), comprende una offerta da parte di un soggetto già individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore, anche prima dell'omologazione, verso un corrispettivo in denaro o comunque a titolo oneroso dell'azienda o di uno o più rami d'azienda o di specifici beni, il tribunale dispone la ricerca di interessati all'acquisto disponendo l'apertura di un procedimento competitivo a norma delle disposizioni previste dal secondo comma del presente articolo. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando il debitore ha stipulato un contratto che comunque abbia la finalità del trasferimento non immediato dell'azienda, del ramo d'azienda o di specifici beni». Con l'introduzione di questa disposizione, il legislatore, ben consapevole della prassi in essere della cessione di aziende o rami di azienda a soggetti già individuati con il piano concordatario, ha inteso promuovere la massima pubblicizzazione delle offerte pervenute al debitore su beni determinati e imporre la competitività del procedimento di alienazione (si vedano Trib. Bolzano 17 maggio 2016 e Trib. Siracusa 24 gennaio 2017). La finalità della disciplina descritta, con ogni evidenza, è quella di massimizzare il ricavato delle vendite attuate nell'ambito di una procedura concorsuale e tutelare nella maggior misura possibile gli interessi (patrimoniali) del ceto creditorio. Partendo da questi presupposti, il Tribunale ha giudicato abusiva e contraria al principio (di ordine pubblico economico) della massima competitività espresso dall'art. 163 bis L.F. la previsione della vendita frazionata di assets aziendali. Ed infatti, a parere del collegio, separare artatamente dall'azienda il magazzino – come affermato, di valore significativo ed essenziale per il ciclo produttivo nel caso di specie – nonché alcuni crediti, prevedendone cessioni autonome nell'ambito del concordato (per il tramite di procedure competitive), costituisce una condotta solo formalmente aderente al principio di competitività, poiché sezionando l'azienda (e non prevedendo una collocazione unitaria sul mercato) si ottiene il risultato di non massimizzarne le potenzialità economiche. In questo modo, le singole vendite disperdono valore e danneggiano, quantomeno a livello astratto, il ceto creditorio. In conclusione, la previsione di una alienazione frazionata dell'azienda – seppur per il tramite di procedure competitive – può dar luogo a violazione dell'art. 163 bis L.F. e alla conseguente inammissibilità della proposta concordataria.
Normativa e giurisprudenza
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