Trattamento dei titolari di strumenti finanziari partecipativi in caso di fallimento della società emittente
24 Marzo 2021
La disciplina degli strumenti finanziari partecipativi va desunta dallo statuto sociale o dal regolamento. Se fallisce la emittente, i sottoscrittori hanno diritto al rimborso dell'apporto eseguito solo se espressamente previsto?
Caso pratico - L'art. 2346, comma 6, c.c., consente alle società per azioni di ottenere apporti da parte di soci e di terzi utili per l'esercizio dell'impresa, ma non imputabili a capitale sociale, a fronte dell'emissione di strumenti finanziari partecipativi diversi dalle azioni. Il legislatore, pertanto, accanto ai titoli azionari ed alle obbligazioni, prevede un tertium genus di strumenti finanziari, rimettendo all'autonomia statutaria la loro disciplina. Tali strumenti, definibili “ibridi”, da un lato, presentano caratteristiche economiche e giuridiche a metà strada tra i titoli azionari ed i titoli obbligazionari, anche se si differenziano sia dalle azioni, in quanto la partecipazione dei loro possessori alla vita della società e l'eventuale espressione in assemblea di un voto da parte loro su determinati argomenti non dipendono dalla loro comprensione nella compagine societaria; sia dalle obbligazioni, dal momento che i loro titolari, oltre ad essere creditori verso la società, sono anche soggetti partecipanti alla vita sociale. Dall'altro, presentano un certo grado di partecipatività all'organizzazione sociale, non così elevato, però, da permettere di qualificarli come rappresentativi del capitale di rischio. L'intera disciplina degli strumenti finanziari partecipativi è comunque demandata allo statuto della società che, in base a quanto previsto dall'ultima parte del sesto comma dell'art. 2346 c.c., deve indicare: le modalità e le condizioni dell'emissione di tali strumenti; i diritti che essi conferiscono; le sanzioni in caso di inadempimento delle prestazioni e, qualora ammessa, la legge di circolazione. Se del caso, la società emittente può adottare un regolamento che disciplina tali aspetti. In caso di fallimento della emittente si discute sul trattamento dei sottoscrittori dei suddetti strumenti finanziari partecipativi; in particolare, sull'ammissibilità al passivo fallimentare del credito relativo al rimborso dell'apporto, in presenza del diritto al rimborso di quanto conferito, o sulla esclusione nel caso di partecipazione al rischio d'impresa.
Spiegazioni e conclusioni - Il Tribunale di Bologna con decreto 1° ottobre 2020 (unica pronuncia giurisprudenziale nota sul tema) - chiamato a decidere sull'opposizione allo stato passivo proposta dal titolare di strumenti finanziari partecipativi emessi dalla società fallita per la mancata ammissione del proprio credito concernente (tra gli altri) il rimborso di quanto apportato in sede di sottoscrizione dei medesimi – dopo aver precisato, preliminarmente, la natura ibrida dei suddetti strumenti finanziari, ha osservatoche la loro disciplina dev'essere desunta dallo statuto sociale o da un eventuale regolamento, non valendo per essi le normali regole contrattuali. Nel caso di specie, il regolamento dello strumento finanziario partecipativo sottoscritto dal ricorrente prevedeva che la restituzione potesse avvenire soltanto a seguito di rimborso anticipato da parte della società emittente, ovvero di recesso da parte del sottoscrittore, facoltà tuttavia esercitabile esclusivamente decorsi cinque anni dalla data di sottoscrizione. La volontà della società emittente, pertanto, era chiaramente quella di rendere i sottoscrittori di strumenti finanziari partecipativi per cinque anni partecipi del rischio d'impresa e di attribuire ai medesimi la qualità di finanziatori (e, quindi, di creditori verso la società emittente) per il periodo successivo, qualora non avessero voluto esercitare il diritto alla restituzione. A parere dei giudizi di primo grado bolognesi, da tale previsione discende la volontà della società emittente di rendere partecipi i sottoscrittori del rischio d'impresa, come, peraltro, confermato anche dall'ulteriore statuizione del regolamento concernente la previsione, da un punto di vista contabile, di integrale imputazione degli apporti ad una riserva del patrimonio netto denominata “riserva da strumenti finanziari partecipativi”, non distribuibile tra gli azionisti e, come tale, non rappresentativa di un debito della società. Il Tribunale di Bologna, considerato altresì che nella fattispecie esaminata il ricorrente non aveva esercitato il proprio diritto di recesso (che, comunque, non avrebbe potuto farlo essendo stato dichiarato il fallimento prima della scadenza del quinquennio), ha concluso per l'esclusione del credito al rimborso dell'apporto, confermando quindi la decisione del giudice delegato relativamente alla natura degli strumenti finanziari partecipativi emessi dalla società fallita, ritenuti capitale di rischio, rectius “non estranei al rischio di impresa” e dunque non assimilabili ai titoli obbligazionari (che, al contrario, costituiscono capitale di debito).
Normativa e giurisprudenza
Per approfondire V. G. Gerbini, Gli strumenti di finanziamento ibrido nel fallimento della s.p.a. emittente, in ilfallimentarista, 10 marzo 2021 |