Domanda di apertura della liquidazione del patrimonio e piano di liquidazione proposto dal debitore

25 Maggio 2021

Il piano di liquidazione che viene eventualmente predisposto dal debitore congiuntamente all'istanza di apertura della liquidazione dei beni di cui all'art. 14 ter L. 3/2012, rileva ai fini della procedura? Vincola il giudice o il liquidatore nella determinazione dell'attivo disponibile?

Il piano di liquidazione che viene eventualmente predisposto dal debitore congiuntamente all'istanza di apertura della liquidazione dei beni di cui all'art. 14 ter L. 3/2012, rileva ai fini della procedura? Vincola il giudice o il liquidatore nella determinazione dell'attivo disponibile?

Caso pratico - Una persona fisica in stato di sovraindebitamento chiedeva al Tribunale di Rimini l'accesso alla procedura di liquidazione del patrimonio ex art. 14 ter L. 3/2012.

Il perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile derivava essenzialmente da fideiussioni prestate dal soggetto istante a garanzia di obbligazioni assunte da due società, successivamente fallite, di cui era amministratore e socio.

La domanda di apertura della procedura, tuttavia, aveva un contenuto del tutto analogo a quello di un piano del consumatore.

Precisamente, il ricorso conteneva non una mera istanza, preceduta dalla descrizione delle cause del sovraindebitamento e dall'indicazione analitica delle attività e delle passività, bensì un vero e proprio piano liquidatorio, in cui veniva evidenziata la somma che mensilmente avrebbe dovuto essere destinata alla soddisfazione della massa dei creditori.

Il Tribunale di Rimini, esaminata la domanda giudiziale, disponeva con decreto (11 gennaio 2021) l'apertura della procedura di liquidazione dei beni, non considerando vincolante e rilevante il piano proposto dallo stesso debitore.

Spiegazioni e conclusioni - Con il decreto in commento, il Tribunale di Rimini sente la necessità di chiarire una questione per nulla controversa a livello interpretativo ma che, molte volte, nella prassi, è oggetto di fraintendimento nei dialoghi tra ricorrente e gestore della crisi e che consiste nella predisposizione di un piano liquidatorio nell'ambito della domanda di apertura della procedura di liquidazione del patrimonio.

Come noto, l'art. 14 ter, comma 1, L. 3/2012 stabilisce che l'istanza di apertura della procedura di liquidazione dei beni consiste nella domanda giudiziale con cui il soggetto sovraindebitato chiede «la liquidazione di tutti i suoi beni».

Dalla lettura di questa disposizione si può agevolmente comprendere che la procedura liquidatoria abbia un carattere omnicomprensivo, dovendo avere ad oggetto, necessariamente, tutto il patrimonio attivo del ricorrente.

La legge stessa, tuttavia, prevede alcune eccezioni a questa regola, indicando le categorie di beni che possono o devono essere sottratte alla liquidazione.

Queste categorie sono essenzialmente tre: i beni esclusi dalla procedura per espressa previsione legislativa, quelli esclusi per provvedimento del giudice e, come riconosciuto nella prassi, quelli esclusi dalla procedura a seguito di valutazione dello stesso liquidatore.

In questo contesto normativo, a parere del Tribunale di Rimini, è del tutto irrilevante che il soggetto sovraindebitato, con la domanda di apertura della procedura, preveda quale parte di reddito sia da destinare ai propri creditori e quali beni debbano essere liquidati o sottratti dalle pretese dei creditori medesimi. In altre parole, l'eventuale previsione di un “piano liquidatorio” nell'istanza di apertura della liquidazione dei beni è tamquam non esset.

Infatti, non spetta al soggetto ricorrente indicare quale parte del suo reddito debba essere destinato ai creditori in corso di procedura, ma, ai sensi dell'art. 14 quinquies, comma 2, lett. f), L. 3/2012, è compito del giudice stabilire lo stipendio da escludere, in quanto necessario per il sostentamento del sovraindebitato e della sua famiglia.

Analogamente, i beni mobili di proprietà del soggetto istante possono essere salvaguardati dalla procedura solo se la legge lo prescrive – come i beni impignorabili – oppure il liquidatore decide di escluderli per l'esiguità del loro valore e per la non convenienza nell'acquisizione all'attivo.

Dunque, riconoscere l'ammissibilità di un piano (liquidatorio) nella liquidazione dei beni, sulla falsariga di quello che potrebbe essere predisposto nell'ambito della procedura di piano del consumatore o di accordo di composizione della crisi, equivarrebbe a ledere le prerogative degli organi della procedura, limitandone i poteri.

Il soggetto sovraindebitato, pertanto, deve limitarsi ad indicare nell'istanza la parte di reddito necessario per il sostentamento, chiedendo al giudice che lo escluda dalla procedura.

Un eventuale piano di liquidazione sarebbe inutilmente predisposto.

Normativa

  • Art. 14 ter L. 3/2012
  • Art. 14 quinquies L. 3/2012

Per approfondire

Tribunale Milano17febbraio 2021 (v. anche Soggetto sovraindebitato e beneficio dell'esdebitazione, in ilfallimentarista.it, 15 marzo 2021)

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