Concordato preventivo in continuità aziendale e nomina del liquidatore giudiziale

Lorenzo Rossi
01 Giugno 2021

Nelle procedure di concordato in continuità in cui sia prevista la liquidazione di alcuni beni non funzionali alla prosecuzione dell'esercizio dell'attività di impresa, deve essere nominato un liquidatore giudiziale laddove la proposta non preveda nel dettaglio le modalità della cessione?

Nelle procedure di concordato in continuità in cui sia prevista la liquidazione di alcuni beni non funzionali alla prosecuzione dell'esercizio dell'attività di impresa, deve essere nominato un liquidatore giudiziale laddove la proposta non preveda nel dettaglio le modalità della cessione?

Caso pratico - Una società depositava dinanzi al Tribunale di Perugia, nel termine concesso ai sensi dell'art. 161, comma 6, L.F., un piano e una proposta di concordato preventivo.

Il piano concordatario era in continuità aziendale ex art. 186 bis L.F. e si fondava sulla soddisfazione dei creditori mediante i flussi di cassa generati attraverso la prosecuzione nell'esercizio dell'attività di impresa.

Tuttavia, la società aveva previsto di soddisfare i propri creditori anche attraverso la cessione di alcuni assets non funzionali alla continuità di impresa.

In merito a ciò, la debitrice si era impegnata a vendere i beni a valori di mercato, senza prevedere il rispetto di un predeterminato iter ed escludendo espressamente, per limitare i costi e massimizzare il risparmio della procedura, la necessità di nominare un liquidatore giudiziale cui affidare le operazioni di alienazione.

Successivamente, il piano di concordato, anche in ragione della crisi pandemica da Covid-19, veniva modificato, introducendo l'impegno del legale rappresentante della società di conferire alla procedura il ricavato della vendita di un suo bene immobile.

Il piano e la proposta venivano dichiarati ammissibili dal Tribunale, che, conseguentemente, apriva la procedura.

A seguito del voto favorevole della maggioranza dei creditori e di tutte le tre classi istituite, la ricorrente chiedeva l'omologazione del concordato preventivo.

Il Tribunale di Perugia, con provvedimento emesso in data 1° aprile 2021,accertati la sussistenza dei presupposti di legge e l'approvazione del concordato da parte dei creditori, omologava la procedura, nominando tuttavia un commissario giudiziale che svolgesse le attività di vendita dei beni immobili non funzionali.

Spiegazioni e conclusioni - La pronuncia in commento si esprime in ordine alla facoltà del Tribunale, in sede di omologazione di una proposta di concordato in continuità aziendale di cui all'art. 186 bis L.F., di nominare un liquidatore giudiziale per l'alienazione di alcuni beni appartenenti alla debitrice.

Come noto, l'art. 186 bis L.F. stabilisce che il piano di concordato che prevede la prosecuzione dell'attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell'azienda in esercizio ovvero il conferimento dell'azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione, può includere «anche la liquidazione di beni non funzionali all'esercizio dell'impresa».

Gli interpreti hanno costantemente affermato che l'impresa debitrice, nell'ambito della procedura, abbia la facoltà di assumere in autonomia le scelte gestionali legate alla prosecuzione dell'attività, senza che gli organi della procedura possano in alcun modo ingerirsi nelle stesse.

Tuttavia, le eventuali alienazioni di beni previste dalla proposta, a parere del Tribunale di Perugia, esulano dall'attività gestionale e, pertanto, non possono essere ricondotte nel perimetro di piena discrezionalità che caratterizza la continuità aziendale.

Ed infatti, sebbene vi sia un orientamento giurisprudenziale che ritenga che il concordato c.d. misto trovi esclusiva regolamentazione nell'art. 186 bis L.F., la Cassazione più recente, sul punto, ha statuito che qualsiasi alienazione di bene nel concordato debba avvenire secondo il rispetto di «procedure formalizzate», ispirate alla massima pubblicità e, conseguentemente, alla massima partecipazione di interessati (cfr. Cass. 22 ottobre 2020, n. 23189). Tali canoni garantiscono la migliore soddisfazione del ceto creditorio e giustificano altresì i provvedimenti purgativi delle iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli.

In ragione di quanto sopra, il Tribunale di Perugia, pur ammettendo la non necessarietà di un pedissequo rispetto della disciplina dell'art. 163 bis L.F., ha statuito che le cessioni di beni non funzionali all'esercizio dell'attività di impresa da porre in essere nell'ambito di un concordato in continuità debbono essere effettuate mediante procedure che garantiscano la massima partecipazione di terzi interessati all'acquisto.

Pertanto, nel caso in cui la proposta concordataria non preveda il rispetto di procedure regolamentate per l'alienazione degli assets, dovrà essere nominato un liquidatore giudiziale, il quale dovrà indire «procedure competitive (…) snelle, rapide ed elastiche», che tengano in debita considerazione lo stato e l'ubicazione dei beni da vendere.

Per concludere, il Tribunale ha precisato che l'esigenza di risparmio dei costi, che ha indotto la debitrice a non prevedere la nomina di un liquidatore giudiziale, pur da apprezzare, deve ritenersi recessiva rispetto all'esigenza di massimizzare il risultato delle operazioni di vendita dei cespiti non funzionali alla continuità aziendale.

Normativa e giurisprudenza

  • Art. 161 L.F.
  • Art. 163 bis L.F.
  • Art. 186 bis L.F.
  • Cass. 22 ottobre 2020, n. 23189

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.