Prosecuzione dell'azione esecutiva individuale e apertura della procedura di liquidazione del patrimonio
08 Settembre 2021
A seguito dell'apertura della procedura di liquidazione del patrimonio ex artt. 14-ter ss. L. 3/2012, la banca può proseguire l'azione individuale promossa in precedenza?
Caso pratico - Un soggetto in stato di sovraindebitamento depositava presso il Tribunale di Udine una domanda di apertura della procedura di liquidazione del patrimonio di cui all'art. 14 ter ss. L. 3/2012. Il soggetto sovraindebitato, per quanto emerso dall'istanza e dalla relazione particolareggiata del gestore della crisi, non era proprietario di beni mobili registrati e di immobili ma era unicamente titolare di un reddito da lavoro dipendente, che poteva essere messo a disposizione della procedura per la parte non necessaria al sostentamento suo e della famiglia. Tale reddito, peraltro, era stato oggetto di un pignoramento e di una cessione parziale antecedentemente al deposito del ricorso per l'apertura della liquidazione. Il Tribunale di Udine, in composizione monocratica, con decreto del 26 febbraio 2021, valutata positivamente la sussistenza dei presupposti di legge ed escluso il compimento di atti di frode ai creditori, accoglieva il ricorso promosso dal sovraindebitato, aprendo la liquidazione del patrimonio. Nel far ciò, il giudice ha ritenuto opportuno fornire alcune indicazioni sulle conseguenze del provvedimento di cui all'art. 14 quinquies L. 3/2012.
Spiegazioni e conclusioni - La pronuncia in commento del Tribunale di Udine, seppur in via di obiter dictum, prende posizione sulle conseguenze dell'apertura della liquidazione del patrimonio, con particolare riferimento alle sorti delle procedure esecutive pendenti alla data in cui viene pronunciato il decreto ai sensi dell'art. 14 quinquies L.3/2012. Come noto, la predetta disposizione, al comma 2, stabilisce che, il giudice, con il provvedimento di apertura «dispone che, sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni cautelari o esecutive né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio oggetto di liquidazione da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore». La regola generale, dunque, consiste nella improcedibilità delle procedure esecutive sino al provvedimento di chiusura della liquidazione del patrimonio. Gli interpreti si sono interrogati sin dall'entrata in vigore della L. 3/2012 se tale disposizione fosse applicabile a tutte le fattispecie ovvero si potessero ravvisare eccezioni alla sua operatività. In particolare, è stata oggetto di un annoso dibattito, sia in dottrina che in giurisprudenza, la tematica della prosecuzione delle procedure esecutive avviate dalle banche sugli immobili che costituiscono la garanzia dei finanziamenti fondiari. Il quesito è sorto in ragione della similitudine tra fallimento e liquidazione del patrimonio (su cui si veda, tra le altre, Trib. Roma 19 aprile 2021) e della deroga, prevista per quest'ultima procedura, al divieto di iniziare e proseguire azioni esecutive (o cautelari) individuali. Precipuamente, l'art. 41, comma 2, T.U.B. stabilisce che «l'azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari può essere iniziata o proseguita dalla banca anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore. Il curatore ha facoltà di intervenire nell'esecuzione. La somma ricavata dall'esecuzione, eccedente la quota che in sede di riparto risulta spettante alla banca, viene attribuita al fallimento». Il Tribunale, dopo aver correttamente qualificato l'art. 41, comma 2, T.u.b. come disposizione espressione di una norma eccezionale rispetto alle regole generali, ha concluso per la non applicabilità analogica della facoltà di proseguire l'esecuzione individuale all'ipotesi di liquidazione del patrimonio, poiché i principi che sorreggono l'intero ordinamento stabiliscono che le previsioni derogatorie non possano essere interpretate analogicamente per farne applicazione ad altri casi rispetto a quelli in essa considerati (art. 14 disp. prel. c.c.). Solo al legislatore (e non anche all'interprete) compete la facoltà di individuare le fattispecie che si sottraggono all'applicazione di una determinata norma. Pertanto, sino a quando il legislatore non emenderà il testo dell'art. 41 T.U.B., i creditori fondiari avranno facoltà di proseguire l'esecuzione individuale sull'immobile costituente garanzia del mutuo fondiario solo se interviene, a carico del debitore, una sentenza di fallimento (e non anche un decreto di apertura della procedura di liquidazione del patrimonio). In conclusione, è opportuno segnalare che con l'entrata in vigore del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, potrebbe mutare la linea interpretativa. Ed infatti, pur restando (per ora) immutato l'art. 41 T.U.B., il nuovo art. 270, comma 5, C.C.I., nel disciplinare gli effetti della liquidazione controllata (l'attuale liquidazione del patrimonio), rinvia all'art. 150 C.C.I., dettata in materia di liquidazione giudiziale (l'odierno fallimento). Tale ultima norma, nel disporre che nessuna azione individuale esecutiva o cautelare possa essere iniziata o proseguita sui beni compresi nella procedura, fa salve le diverse disposizioni di legge. Ci si domanda, quindi, se la clausola di salvezza dell'art. 150 C.C.I., in assenza di una modifica dell'art. 41 T.U.B., sia sufficiente per derogare divieto di azioni esecutive individuali nella liquidazione controllata.
Normativa e giurisprudenza
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