La regola dell'invarianza della graduatoria è conforme al dettato costituzionale e al diritto U.E.

Marco Velliscig
16 Novembre 2021

La regola della invarianza della graduatoria è costituzionalmente legittima e compatibile con il diritto U.E. perché tende «a limitare l'uso strumentale della giustizia mediante la promozione di controversie meramente speculative e strumentali da parte di concorrenti non utilmente collocatisi in graduatoria mossi dall'unica finalità, una volta noti i ribassi offerti e quindi gli effetti delle rispettive partecipazioni in gara sulla soglia di anomalia, di incidere direttamente su quest'ultima traendone vantaggi».

Il comma 15 dell'art. 95 del D.Lgs. n. 50/2016. Com'è noto, il comma 15 dell'art. 95 del Codice dei contratti pubblici stabilisce che «ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l'individuazione della soglia di anomalia delle offerte».

Tale previsione, che ricalca quanto previsto dall'art. 38 del vecchio Codice, così come modificato dal D.L. n. 90/2014, sancisce, com'è parimenti noto, il c.d. principio della invarianza della graduatoria, ossia il principio in base al quale la graduatoria si cristallizza una volta giunti all'aggiudicazione definitiva. Aggiudicazione definitiva che, dunque, opera, per certi versi, quale confine, oltre il quale non può più procedersi alla rideterminazione della graduatoria ormai consolidatasi (cfr. Cons. Stato, sez. III, 27 aprile 2018, n. 2579; Cons. Stato, sez. V, 2 settembre 2019, n. 6013; Cons. Stato, sez. V, 23 novembre 2020, n. 7332).

In base a tale previsione, infatti, successivamente all'aggiudicazione definitiva, è preclusa all'Amministrazione la possibilità di rideterminare, ora per l'allora, tutti i punteggi attribuiti dalla Commissione giudicatrice. È preclusa, in altri termini, la possibilità di elaborare una nuova graduatoria all'esito dell'esclusione di un concorrente che non avrebbe dovuto essere ammesso alla gara.

Ne deriva che, dopo l'aggiudicazione definitiva, l'esclusione di un concorrente può consentire solamente di procedere allo scorrimento della graduatoria, senza alcun ricalcolo e modifica dei punteggi attribuiti, sulla base dei quali si è predisposta la graduatoria finale.

Sul principio di diritto ricavabile dalla sentenza che si segnala. Con la sentenza che si segnala, la IV sezione del Consiglio di Stato, dopo aver chiarito che la «regola in parola mira a sterilizzare, per comune intendimento, l'alterazione della trasparenza e della correttezza del confronto concorrenziale, potenzialmente correlata alla partecipazione di fatto di un concorrente solo successivamente estromesso della gara», si sofferma in modo specifico sulla legittimità costituzionale ed eurounitaria della stessa.

Nella sentenza, in particolare, si evidenzia che il divieto di regressione procedimentale, sancito dal comma 15 dell'art. 95, appare «coerente al quadro costituzionale» e non «contrasta con il diritto eurounitario».

Secondo il Collegio la norma in parola è anzitutto conforme col quadro costituzionale perché applicativa dei «principi di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa, declinat(i) sotto i profili specifici della trasparenza, celerità, efficienza dell'azione». Ed è compatibile con il diritto U.E. perché tende «a limitare l'uso strumentale della giustizia mediante la promozione di controversie meramente speculative e strumentali da parte di concorrenti non utilmente collocatisi in graduatoria mossi dall'unica finalità, una volta noti i ribassi offerti e quindi gli effetti delle rispettive partecipazioni in gara sulla soglia di anomalia, di incidere direttamente su quest'ultima traendone vantaggi». Per tali salienti motivi la regola in questione, lungi dall'essere incompatibile con il diritto U.E., si appalesa, viceversa, «funzionale ai valori sovranazionali della effettività della tutela giurisdizionale e del giusto processo».

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