Quando è competente il giudice ordinario sulle controversie in materia di denegata autorizzazione al subappalto?

Sveva Pignotti
23 Novembre 2021

Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario una controversia avente ad oggetto l'impugnazione del diniego di autorizzazione al subappalto opposto dalla P.A. appaltante alla ditta appaltatrice, qualora la specifica motivazione dell'avversato diniego sia attinente alla fase esecutiva del rapporto contrattuale, e non ad aspetti connessi alla individuazione del subappaltatore in termini di verifica dei necessari requisiti; con conseguente esclusione sia di ogni esercizio di potere pubblico, sia della giurisdizione del giudice amministrativo.

Il caso. L'odierna ricorrente – aggiudicataria della gara di appalto bandita per l'affidamento della realizzazione di un raccordo autostradale – ha chiesto di essere autorizzata a subappaltare ad un altro operatore economico l'esecuzione di alcune opere strutturali speciali.

La stazione appaltante ha negato tale autorizzazione, in quanto il ribasso operato dal subappaltatore per la posa in opera è risultato essere superiore al 20%, in violazione di quanto sancito dal comma 14, dell'art. 105, del d.lgs. 50/2016.

L'odierna ricorrente – dinanzi al TAR Lombardia – ha impugnato il predetto atto di diniego, lamentandone sotto diversi profili la legittimità; in particolare, ha asserito che la conclusione cui è addivenuta la stazione appaltante sarebbe fondata sull'erroneo presupposto che esista a livello normativo il limite predetto.

La soluzione giuridica. Il TAR ha respinto il ricorso per difetto di giurisdizione, accogliendo – sulla questione – l'orientamento maggioritario della giurisprudenza.

Con riferimento, infatti, al riparto di giurisdizione sui provvedimenti di rilascio o diniego dell'autorizzazione al subappalto sussiste un contrasto in giurisprudenza.

Si registra un primo orientamento che – in linea con la giurisprudenza ormai consolidata delle Sezioni unite della Corte di cassazione secondo cui rientrano nella giurisdizione del g.o. le controversie aventi ad oggetto tutti gli atti della serie negoziale successivi alla stipulazione del contratto – valorizzando il momento in cui interviene l'atto censurato, afferma come si tratti di una modalità esecutiva della prestazione rimessa alla determinazione delle parti, assimilabile a quanto sancito dal codice civile, in materia di appalto privato, ai sensi dell'art. 1656 c.c., secondo il quale l'appaltatore non può dare in subappalto l'esecuzione dell'opera o del servizio, se non è stato autorizzato dal committente.

Si esclude quindi che attraverso il provvedimento di diniego della predetta autorizzazione la P.A. possa avere esercitato un potere pubblicistico.

Un secondo orientamento invece afferma che “l'autorizzazione e il diniego di autorizzazione sono atti amministrativi in ordine ai quali i privati vantano posizioni d'interesse legittimo, rimesse alla cognizione del giudice amministrativo.

Ciò, in particolare, quando vengano in considerazione profili che hanno indubbi riflessi connessi al perseguimento dell'interesse pubblico, come nel caso in cui sia dubbia la sussistenza dei requisiti soggettivi del subappaltatore”.

In realtà precisa il TAR non sussiste un vero e proprio contrasto tra questi due orientamenti in quanto il secondo costituisce l'eccezione che va a confermare la regola generale. Pertanto, l'individuazione del giudice avente cognizione nell'ipotesi in cui la stazione appaltante abbia negato l'autorizzazione, dipende dalle ragioni che hanno motivato tale diniego.

Orbene, nel caso di specie, atteso che la predetta motivazione del diniego – consistendo nel fatto che il subappaltatore ha praticato uno sconto eccessivo, in violazione del comma 14, dell'art. 105, d.lgs. n. 50/2016 [1] – si fonda esclusivamente sulla pedissequa applicazione di una norma destinata a disciplinare il rapporto obbligatorio intercorrente tra stazione appaltante e appaltatore e la sua esecuzione, si deve escludere ogni esercizio di potere pubblico.

Ne consegue dunque la declaratoria della giurisdizione amministrativa in favore del giudice civile.


[1] Ad ogni modo, nel merito del ricorso si deve ricordare che il limite del ribasso non superiore al 20 %, di cui al comma 14 dell'art. 105, d.lgs. n. 50/2016, è stato eliminato (a seguito proprio della citata pronuncia della Corte di giustizia) dal decreto semplificazioni, d.l. n. 77/2021, convertito in legge 29 luglio 2021, n. 108.

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