La Suprema Corte in tema di impugnazione dei crediti ammessi allo stato passivo
30 Novembre 2021
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere respingeva l'impugnazione di M.G. inerente lo stato passivo di una società in relazione a due domande presentate dall'Agenzia delle Entrate – Riscossione, aventi ad oggetto «crediti vantati per tributi erariali e contribuzioni previdenziali, ammesse al concorso sulla base delle cartelle notificate». Il giudice di merito affermava che per i suddetti crediti tributari «non era consentita l'ammissione con riserva, da sciogliere all'esito del giudizio promosso innanzi al giudice tributario». M.G. ricorre in Cassazione deducendo sia la violazione degli artt. 98, comma 3, e 95, comma 3, l. fall., in quanto il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che l'impugnazione dello stato passivo da parte del creditore dovesse essere subordinata alle conformi contestazioni del curatore; sia la violazione dell'art. 24, comma 5, d.lgs. n. 46/1999 poiché il giudice di merito avrebbe anche omesso di pronunciarsi sull'eccepita prescrizione dei crediti previdenziali.
Le doglianze sono fondate. In tema di impugnazione dei crediti ammessi allo stato passivo del fallimento, la Corte di Cassazione ha già avuto modo di affermare che «il singolo creditore può esperire, ai sensi dell'originario art. 100 l.fall. – oggi ex art. 98, comma 3, l.fall. – qualunque azione diretta a determinare l'esclusione di uno o più crediti o delle garanzie che lo assistono». Inoltre, l'art. 95, comma 3, l.fall., novellato dal d.lgs. n. 5/2006, stabilisce che «il giudice delegato in sede di verifica dei crediti decide sulle domande di ammissione avuto riguardo alle eccezione del curatore, a quelle rilevabili d'ufficio ed a quelle formulate dagli altri interessati, senza introdurre distinzioni di sorta tra le eccezioni che solo il curatore può formulare e quelle che, invece, sarebbero riservate anche ai creditori concorrenti». Ne consegue che, secondo i Giudici di legittimità, «l'ammissione al passivo dei crediti tributari richiesta dal concessionario per la riscossione, come stabilito dall'art. 87, comma 2, d.P.R. n. 602/1973, nel testo introdotto dal d.lgs. n. 46/1999, avviene di norma sulla base del semplice ruolo, salva la necessità, in presenza di contestazioni del curatore, dell'ammissione con riserva, da sciogliere poi ai sensi dell'art. 88, comma 2, d.P.R. n. 602/1973, allorchè sia stata definita la sorte dell'impugnazione esperibile davanti al giudice tributario» (Cass. n. 11954/2018, n. 23110/2016, n. 6126/2014). Nel caso di specie, il Tribunale ha errato nel ritenere che i crediti fiscali portati dalle cartelle notificate potessero essere oggetto di contestazione, con la conseguente ammissione con riserva, unicamente su iniziativa del curatore fallimentare. Inoltre, ha errato anche nel ritenere che «della cognizione dell'eccezione di prescrizione dopo la notifica della cartella, avanzata dal creditore impugnante, potesse occuparsi solo il giudice speciale tributario». Per tutti questi motivi la Suprema Corte accoglie il ricorso e pronuncia il seguente principio di diritto: «in tema di impugnazione dei crediti ammessi allo stato passivo, il creditore impugnante ex art. 98, comma 3, l.fall., può sollevare tutte le eccezioni riservate al curatore fallimentare, compresa quella di prescrizione, anche quando si tratti di crediti il cui accertamento è riservato alla cognizione di altro giudice speciale».
Fonte: dirittoegiustizia.it |