Sulle modalità di esercizio del potere di proroga delle concessioni di impianti sportivi comunali previsto dall'art. 216, comma 2, del d.l. n. 34/2020

Carlo M. Tanzarella
14 Dicembre 2021

Sono illegittime le modifiche, unilateralmente disposte dall'Amministrazione, delle condizioni contrattuali delle convenzioni di concessione di impianti sportivi comunali prorogate in attuazione dell'art. 216, comma 2, del d.l. 19 maggio 2020, n. 34.

La vicenda. Recependo l'art. 216, comma 2, del d.l. 19 maggio 2020, n. 34, Roma Capitale ha integrato la propria normativa regolamentare in materia di concessione di impianti sportivi con regole (deliberazione di Assemblea capitolina n. 125 del 12 ottobre 2020) funzionali al sostegno degli impianti sportivi comunali affidati in concessione, allo scopo di consentire, attraverso la proroga dei rapporti in essere, il graduale recupero dell'equilibrio economico-finanziario compromesso dalla chiusura delle attività disposta per ordine governativo quale misura di contenimento della diffusione dell'epidemia da Covid-19.

In attuazione di tali disposizioni, l'Amministrazione ha invitato un'associazione sportiva, concessionaria di un impianto municipale, a manifestare il proprio interesse alla proroga per un triennio successivo alla scadenza e, nel caso, a trasmettere il progetto di gestione.

La concessionaria ha quindi espresso la propria volontà di estendere la durata contrattuale e ha inviato un piano di rientro economico-finanziario.

All'esito del procedimento, Roma Capitale ha sì prorogato il contratto, ma per soli diciotto mesi, vieppiù imponendo il versamento di un canone concessorio sensibilmente più elevato rispetto a quello originariamente stabilito.

L'impugnativa e la decisione del TAR. Sottoscritta la nuova convenzione, ma al solo scopo di non incorrere in decadenze e formulando espressa riserva, la concessionaria ha impugnato la determinazione dispositiva della proroga nella parte in cui la Municipalità ha unilateralmente modificato le condizioni contrattuali.

Il TAR per il Lazio ha quindi accolto il ricorso, rilevando l'illegittimità dell'incremento del canone concessorio per contrasto con la normativa primaria di riferimento e per sviamento dallo scopo tipico assegnato dal legislatore all'esercizio del potere di proroga del rapporto concessorio, in considerazione della ratio della disciplina, tesa a favorire le imprese costrette in situazione di crisi economica a causa del factum principis rappresentato dall'emergenza sanitaria, e non invece volta al fine di realizzare maggiori introiti per le amministrazioni.

Sotto altra prospettiva, la rideterminazione unilaterale del canone è stata ritenuto illegittima dal TAR per contrasto con il meccanismo di funzionamento proprio dell'istituto della proroga, che agisce unicamente sulla durata del rapporto concessorio, lasciando immutati patti e condizioni convenzionali, salva una diversa e comune volontà delle parti: né – ha rilevato il Collegio – l'Amministrazione può invocare le altre disposizioni regolamentari di disciplina dei rapporti concessori, sopravvenute alla sottoscrizione della convenzione originaria e manchevoli di una espressa disciplina transitoria volta a rendere operativo l'adeguamento a valori di mercato dei canoni concessori in essere.

Quanto poi alla riduzione del periodo di estensione del rapporto, contestata da parte ricorrente per violazione del principio di buona fede e per la mancanza di un accordo sul punto tra le parti, il TAR ha dichiarato la cessazione della materia del contendere in ragione della sopravvenienza dell'art. 10-ter del d.l. 25 maggio 2021, n. 73, che ha disposto la proroga in via generalizzata al 31 dicembre 2023 delle concessioni assentite alle associazioni sportive dilettantistiche senza scopo di lucro colpite dall'emergenza epidemiologica.

Il Giudice ha al riguardo osservato che tale disposizione ha natura di legge-provvedimento immediatamente efficace e automaticamente operativa, in via generalizzata, nei confronti di un numero delimitato di situazioni giuridiche soggettive concrete, prorogando il termine di durata delle concessioni già rilasciata, sicché essa integra, ai sensi dell'art. 1374 cod. civ, il rapporto concessorio in essere sotto il profilo del termine di durata, senza bisogno di intermediazione di alcun potere amministrativo, fatta salva l'emanazione di atti a natura meramente dichiarativa o ricognitoria (con riferimento alla questione della legificazione della proroga del termine di durata delle concessioni demaniali marittime, il Tar ha richiamato la recenti decisioni dell'Adunanza Plenaria nn. 17 e 18 del 9 novembre 2021).

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