Decreto legislativo - 18/04/2016 - n. 50 art. 22 - (Trasparenza nella partecipazione di portatori di interessi e dibattito pubblico) 1 2[1. Le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori pubblicano, nel proprio profilo del committente, i progetti di fattibilità relativi alle grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull'ambiente, sulle città e sull'assetto del territorio, nonché gli esiti della consultazione pubblica, comprensivi dei resoconti degli incontri e dei dibattiti con i portatori di interesse. I contributi e i resoconti sono pubblicati, con pari evidenza, unitamente ai documenti predisposti dall'amministrazione e relativi agli stessi lavori. 2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente codice, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro per i beni e le attività culturali, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, in relazione ai nuovi interventi avviati dopo la data di entrata in vigore del medesimo decreto, sono fissati i criteri per l'individuazione delle opere di cui al comma 1, distinte per tipologia e soglie dimensionali, per le quali è obbligatorio il ricorso alla procedura di dibattito pubblico, e sono altresì definiti le modalità di svolgimento e il termine di conclusione della medesima procedura. Con il medesimo decreto sono altresì stabilite le modalità di monitoraggio sull'applicazione dell'istituto del dibattito pubblico. A tal fine è istituita [, senza oneri a carico della finanza pubblica,] una commissione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con il compito di raccogliere e pubblicare informazioni sui dibattiti pubblici in corso di svolgimento o conclusi e di proporre raccomandazioni per lo svolgimento del dibattito pubblico sulla base dell'esperienza maturata. Ai componenti della commissione è riconosciuto un rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate per le missioni effettuate nei limiti previsti per il personale del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, con oneri complessivi non superiori a 18.000 euro per l'anno 2021 ed a 36.000 euro a decorrere dall'anno 202234. 3. L'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore proponente l'opera soggetta a dibattito pubblico indice e cura lo svolgimento della procedura esclusivamente sulla base delle modalità individuate dal decreto di cui al comma 2. 4. Gli esiti del dibattito pubblico e le osservazioni raccolte sono valutate in sede di predisposizione del progetto definitivo e sono discusse in sede di conferenza di servizi relativa all'opera sottoposta al dibattito pubblico.] [1] Articolo abrogato dall'articolo 226, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023, come stabilito dall'articolo 229, comma 2. Per le disposizioni transitorie vedi l'articolo 225 D.Lgs. 36/2023 medesimo. [2] In riferimento al presente articolo vedi il D.P.C.M. 10 maggio 2018, n. 76. [3] Comma modificato dall'articolo 12, comma 1, lettere a) e b), del D.Lgs 19 aprile 2017, n. 56e successivamente dall'articolo 5, comma 6, del D.L. 10 settembre 2021, n. 121, convertito con modificazioni dalla Legge 9 novembre 2021, n. 156. [4] Per una deroga alla procedura di dibattito pubblico di cui al presente comma, vedi l'articolo 8, comma 6-bis, del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 settembre 2020, n. 120. Vedi anche l'articolo 46, del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito con modificazioni dalla Legge 29 luglio 2021, n. 108. InquadramentoL'istituto introduce un nuovo modello di azione pubblica, definito di “democrazia partecipativa”, perché coinvolge le collettività locali nelle scelte di localizzazione e realizzazione di grandi opere aventi rilevante impatto ambientale, economico e sociale sul territorio coinvolto. Si tratta di un modello dinamico di società, in base al quale il popolo non solo elegge i rappresentanti, ma partecipa, attraverso determinati istituti, alle decisioni pubbliche (Luciani, 38). Specificamente, la partecipazione come principio del metodo democratico consiste essenzialmente nell'esercizio del diritto di voto, ma nell'ordinamento democratico sono considerate necessarie anche altre forme di partecipazione (Ruffilli, 142). L'attribuzione della sovranità a ciascun cittadino, unita all'inserimento della partecipazione tra gli obiettivi che caratterizzano la forma di Stato, implica l'adesione ad una precisa forma di Stato e di governo fondata sulla necessaria integrazione tra rappresentanza e partecipazione (Allegretti, 295). Pertanto, il principio della partecipazione trova fondamento nella Costituzione. Infatti, come è stato sostenuto, la dimensione partecipativa è già iscritta nel sistema costituzionale vigente. Nei primi cinque articoli della Costituzione italiana si rinviene il fondamento della forma di Stato, il rapporto che lega la società e le istituzioni, il ruolo che ciascuno può esercitare nell'ambito di una visione integrativa e aperta delle istituzioni democratiche. Collegare le istanze partecipative con i principi di cui agli articoli 1, 2 e 3 della Costituzione appare non solo fondamentale, ma certamente decisivo in tutti i casi in cui volesse farsi valere un valore costituzionale altro, come ad esempio le garanzie di efficienza e buon andamento della p.a., ovvero legato alle libertà economiche e d'impresa, che potranno certamente trovare soddisfazione, ma solo se poste in armonia con quei diritti che discendono dalle “pietre angolari” dell'ordinamento costituzionale (Azzariti, 4). Il dibattito pubblico prevede una fase preliminare alla procedura di approvazione delle opere pubbliche di maggiore impatto in cui si dà l'opportunità di fare emergere gli interessi locali rispetto agli obiettivi di opere di vasta area. Oggetto del dibattito pubblico sono le grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull'ambiente, sulle città e sull'assetto del territorio. Si svolge sulla base del primo livello di progettazione e gli esiti della consultazione pubblica, comprensivi dei resoconti degli incontri e dei dibattiti con i portatori di interesse, sono pubblicati unitamente ai documenti predisposti dall'amministrazione procedente e relativi agli stessi lavori. Un modello di “procedimento amministrativo partecipato” che esprime una trasformazione del modo di operare dell'amministrazione, basato su un preliminare confronto con i privati interessati dagli interventi al fine di dirimere e, possibilmente, prevenire situazioni di conflittualità che possono ritardare ovvero impedire la realizzazione di opere necessarie. Con esso si è data attuazione ai principi e ai criteri direttivi della trasparenza e del dibattito pubblico previsti dalla legge delega. In particolare, legge 28 gennaio 2016, n. 11, ha previsto trasparenza nella partecipazione dei portatori qualificati di interessi nell'ambito dei processi decisionali finalizzati alla programmazione e all'aggiudicazione di appalti pubblici e contratti di concessione, nonché nella fase di esecuzione del contratto (art. 1, comma 1, lett. ppp); introduzione di forme di dibattito pubblico delle comunità locali dei territori interessati dalla realizzazione di grandi progetti infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale aventi impatto sull'ambiente, sulla città o sull'assetto del territorio; pubblicità on line ai progetti e agli esiti della consultazione pubblica; valutazione in sede di predisposizione del progetto definitivo delle osservazioni elaborate in sede di consultazione pubblica (art. 1, comma 1, lett. qqq). Ma, nell'istituto di cui trattasi si rinviene l'attuazione di altri criteri della legge delega. Per il coinvolgimento della collettività interessata s'intende assicurare l'efficienza di cui all'art. 1, comma 1, lett. bb) della citata legge. Conseguentemente, sotto tale profilo è stato inserito nel Titolo III della Parte I del codice il quale, attraverso la disciplina della programmazione, dà attuazione ad uno dei criteri direttivi generali indicati dalla legge delega 28 gennaio 2016, n. 11, circa la razionalizzazione delle procedure di spesa delle stazioni appaltanti, secondo “criteri di qualità ed efficienza (...) con particolare riferimento alle fasi di programmazione e controllo”. Infatti, l'assetto dato a questa fondamentale fase del procedimento di affidamento della committenza pubblica è stato ritenuto un ragionevole punto di equilibrio fra le esigenze della partecipazione e quelle dell'efficienza (Corte cost., n. 235/2018). Il Consiglio di Stato nel parere reso sullo schema di decreto legislativo recante “Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione” ha individuato nell'istituto in esame uno dei punti qualificanti del codice, strumento essenziale di coinvolgimento delle collettività locali nelle scelte di localizzazione e realizzazione di grandi opere aventi rilevante impatto ambientale, economico e sociale sul territorio coinvolto. Uno strumento di partecipazione democratica che in prospettiva assicura una maggiore accettazione sociale dell'opera, previene il contenzioso, accelera la realizzazione dell'opera stessa (Cons. St. comm. speciale, parere n. 855/2016). Ne discende che ulteriore finalità dello stesso è quella di prevenire e deflazionare il contenzioso in materia di appalti pubblici. La dottrina ha evidenziato che elemento distintivo del dibattito pubblico rispetto ad altre forme di mediazione e di conciliazione, che intervengono quando il conflitto è già esploso, è quello di perseguire una finalità di “prevenzione” della conflittualità sociale, mediante l'attivazione di strumenti di confronto diretto tra le parti (cittadini singoli e associati, pubbliche amministrazioni, operatori), prima che il processo decisionale dell'amministrazione pubblica si sia perfezionato, e comunque, prima che il conflitto si sia manifestato. Pertanto, la ratio dell'istituto in esame è quella di operare in situazioni di conflitto potenziale (Manzetti, 5). Invero, l'art. 22 del d.lgs. n. 50/2016 intende rafforzare la trasparenza e la partecipazione nell'attività di pianificazione delle opere pubbliche in Italia nel disegno generale di semplificazione e razionalizzazione della disciplina in tema di programmazione, onde combattere le inefficienze che la pubblica amministrazione mostra nella mancata ultimazione delle opere pubbliche. In particolare, mira ad assicurare conoscenza, trasparenza e partecipazione nei confronti dei portatori qualificati di interessi, delle comunità territoriali e di tutti gli altri stakeholders nella realizzazione delle grandi opere pubbliche infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale. La specifica normativa dettata dalla norma in esame è il risultato del lungo cammino dei principi cardine che hanno ispirato la legge sul procedimento, come nel tempo è stata modificata, e quella sulla trasparenza amministrativa, introdotta in Italia dal d.lgs. n. 33/2013. L'ottica è quella della semplificazione, della trasparenza, dell'informazione e della partecipazione democratica ai relativi processi decisionali, in funzione sia della lotta alla corruzione ed alla criminalità organizzata, sia della prevenzione e del contrasto alle manifestazioni di ostilità tipiche della realizzazione di grandi opere pubbliche (Immordino, 200). Quindi, la partecipazione consente di conoscere, di contribuire alle decisioni, ma anche di combattere la corruzione. Il dato di partenza è che la disponibilità del patrimonio informativo delle pubbliche amministrazioni è indispensabile per assicurare un esercizio effettivo del diritto individuale di esprimersi e per alimentare il dibattito pubblico su materie di interesse generale. Mediante l'accesso civico generalizzato, introdotto nel corpus normativo del d.lgs. n. 33 del 2013, è possibile esercitare tale diritto (Cons. St., Ad. plen., n. 10/2020). Partecipazione e trasparenza assurgono a condizioni affinché i grandi interventi infrastrutturali siano decisi a seguito di un ampio e regolato confronto pubblico con le comunità locali; un confronto che si svolge nella fase iniziale del progetto, quando tutte le opzioni sono ancora possibili, compresa l'opportunità della realizzazione dell'opera. Con questo nuovo istituto il legislatore ha inteso garantire che i risultati del confronto possano servire, oltre che a valutare l'opportunità degli interventi, a migliorare le opere, rendendole più rispondenti ai bisogni della collettività e, allo stesso tempo, a ridurre la conflittualità sociale che normalmente accompagna la realizzazione delle grandi opere. La genesi dell'istituto del dibattito pubblico e l'omologo istituto francese.Il dibattito pubblico non è previsto dalle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE, 2014/25/UE ed era sconosciuto dal d.lgs. n. 163 del 2006. Precedenti si rinvengono con riferimento alla consultazione pubblica e alla partecipazione civica in leggi regionali italiane, in ordinamenti stranieri e, in ambito europeo, nel Trattato sull'Unione europea (art. 10, comma 3; art. 11, commi 1-3) e nel regolamento UE del 17 aprile 2013, n. 347, sugli orientamenti per le infrastrutture energetiche transeuropee, il quale prevede principi e procedure di consultazione pubblica all'art. 9 e all'Allegato VI, punto 3. In ambito nazionale, la prima legge è stata quella della regione Toscana 27 dicembre 2007, n. 69, istitutiva della Autorità per la garanzia e la promozione della partecipazione (ARP), cui ha fatto seguito la legge della stessa regione 2 agosto 2013, n. 4. Altri esempi, sono la legge regionale dell'Emilia Romagna 9 febbraio 2010, n. 3, recante “Norme per la definizione, riordino e promozione delle procedure di consultazione e partecipazione alla elaborazione delle politiche regionali e locali, poi abrogata dall'articolo 23, comma 1, della L.R. 22 ottobre 2018, n. 15”; la legge regionale dell'Umbria 16 febbraio 2010, n. 14, concernente la “Disciplina degli istituti di partecipazione alle funzioni delle istituzioni regionali (Iniziativa legislativa e referendaria, diritto di petizione e consultazione)”. Si tratta di affermazioni del principio di democrazia partecipativa il quale, pur avendo una latitudine applicativa multilivello, ha dimostrato di sviluppare le più interessanti esperienze nell'alveo dei procedimenti amministrativi specie a livello sub-statuale. Generalmente, infatti, “la partecipazione è inversamente proporzionale all'ampiezza dell'entità territoriale e demografica; è massima nella piccola dimensione, dove il cittadino è in grado di verificare di persona l'esistenza e la consistenza dei problemi, nonché la procedura per la loro soluzione e tende a calare dove tale controllo gli sfugge perché non riesce a esercitarlo in via diretta” (Pepe, 40). La tecnica del dibattito pubblico è andata diffondendosi soprattutto in Europa, negli Stati Uniti e in Australia, in Paesi che hanno cercato di innovare il territorio e le infrastrutture ponendo particolare attenzione alle conseguenze delle scelte pubbliche in tema di ambiente e paesaggio, qualità della vita e sviluppo economico. In Francia, all'inizio degli anni ‘90, la sperimentazione del dibattito pubblico ha consentito di sbloccare la situazione di impasse creatasi in occasione della realizzazione del TGV Lione – Marsiglia. Il dibattito pubblico francese è il procedimento che più si avvicina a quello italiano. Infatti, la dottrina ritiene che il dibattito pubblico abbia preso ispirazione dall'esperienza della Commission National du Débat Public (CNDP), attiva in Francia dal 1995, la quale ha un ruolo determinante nella fase della procedura di sviluppo dei progetti infrastrutturali a grande impatto ambientale (J. F. Beraud, 387). Nello specifico, la Francia ha introdotto nel proprio ordinamento il débat public con la legge n. 95-101 del 2 febbraio 1995 (detta anche legge Barnier), modificata nel 2002 dalla legge n. 276 e nel 2010 dalle leggi Grenelle 1 e 2. Inoltre, la legge costituzionale n. 205/2005 ha allegato alla Costituzione la Charte de l'environnement del 2004 che prevede il diritto di ogni persona di partecipare alle decisioni pubbliche incidenti sull'ambiente sulla base della Convenzione di Aarhus del 1998. Quindi, prima dell'Italia, il legislatore francese ha introdotto il dibattito pubblico quale risultato di un consapevole processo avviato tra gli anni ‘80 e ‘90 del Novecento per rafforzare la normativa volta alla tutela del territorio e dello spazio urbano. L'obiettivo del legislatore italiano nell'utilizzo dello stesso strumento, invece, è stato quello della semplificazione e della razionalizzazione, pur non trascurando gli spazi pubblici come risulta dall'art. 22 del codice degli appalti (Ruscigno, 383). Invero, l'istituto in esame presenta specifiche peculiarità nelle rispettive discipline, italiana e francese. La legge francese n. 95-101 del 2 febbraio 1995 ha introdotto la procedura del dibattito pubblico al fine di rafforzare la protezione dell'ambiente e della gestione del territorio. Come di seguito di vedrà, rispetto alle soglie dimensionali italiane, quelle francesi sono generalmente inferiori e tale diversità trova la sua spiegazione nel fatto che la decisione di avviare il dibattito pubblico in Francia è demandata alla discrezionalità della Commission, mentre in Italia le opere sottoposte obbligatoriamente a dibattito pubblico sono già previste dalla norma attraverso i criteri della tipologia e delle soglie dimensionali fissati dal menzionato Allegato 1 al decreto n. 76 del 2018. Si tratta di un numero ristretto di opere in quanto la scelta d'individuare soglie dimensionali più elevate limita il ricorso alla procedura esclusivamente a quelle di grande impatto. Come in Francia opera la Commission nationale du débat public, in Italia esiste la Commissione nazionale per il dibattito pubblico, ma i due organi presentano delle diversità. La Commission francese, istituita con la legge 2002-276, è a tutti gli effetti un organo indipendente di partecipazione pubblica: principi, ruoli, funzioni, sono definiti in nome della pubblicità e della partecipazione. È formata da 25 membri (contro i 15 italiani) tra componenti della Corte dei conti, del Consiglio di Stato, della Corte di cassazione, cui si aggiungono consiglieri locali, rappresentanti delle associazioni per l'ambiente, rappresentanti dei consumatori, rappresentanti dei sindacati e degli imprenditori agricoli. Una composizione che esprime i principi fondanti del dibattito, quali la trasparenza, la partecipazione e la parità di trattamento, e soprattutto la democrazia. La Commission francese è un'Autorità indipendente, che valuta, di volta in volta, se sia o meno necessario instaurare un dibattito pubblico. Quando un'impresa pubblica o privata, un ente locale o lo Stato abbia studiato la fattibilità di una grande opera e questa rientri negli obiettivi e nelle caratteristiche richiamate dalla legge Barnier per soglia dimensionale e tipologia, la Commissione deve essere consultata e ad essa spetta decidere se avviare il dibattito pubblico. Si tratta di una consultazione basata su una puntuale disciplina procedimentale circa i tempi di avvio, i soggetti che la possono richiedere, le modalità di organizzare o meno un dibattito pubblico, i criteri in base ai quali la Commissione decide (interesse nazionale all'intervento; aspetti socio-economico dell'opera; impatto che avrà sull'ambiente e sul territorio), i tempi della decisione, nonché la durata del dibattito e le possibili conclusioni e i successivi risvolti. Infatti, al termine del dibattito, il committente ha due alternative: abbandonare il progetto ovvero proseguire con degli orientamenti differenti a quelli pianificati inizialmente dando seguito alle priorità che il dibattito pubblico ha evidenziato. La sua decisione deve essere pubblica e supportata dagli argomenti ottenuti dal dibattito pubblico (come imposto dalla legge Grenelle II del 2010). Il committente può anche decidere di organizzare una concertation publique e chiedere in questo caso che sia nominato un garante. Un ultimo strumento previsto dalla procedura, che ha radici lontane, è l'enquête publique (l'inchiesta pubblica). Si tratta di un istituto giuridico, a garanzia del diritto di proprietà, utilizzato per convalidare i progetti dell'amministrazione, inserito nell'ordinamento nel 1810, completato da una legge del 7 luglio 1833, riformato nel 1959 e ribadito nel 1983, quando, con una legge relativa alla democratizzazione dell'enquête publique e alla protezione dell'ambiente, si è trasformato in strumento di informazione e di raccolta dell'opinione pubblica. Nel dibattito pubblico francese si riflette l'indissolubile legame tra Stato e cittadino che ha consentito di sviluppare in Francia, durante tutto il ventesimo secolo, una politica legislativa mirata a tutelare l'iniziativa privata all'interno di un disegno statale che salvaguarda ciò che è pubblico. Sebbene in una concezione completamente diversa del rapporto tra Stato e cittadino, anche in Germania la partecipazione cittadina alla definizione delle politiche pubbliche ha raggiunto altissimi livelli. Per quanto riguarda la materia urbanistica e di opere pubbliche, gli strumenti partecipativi esistono da trent'anni. Già la legge sull'edilizia del 1976 sanciva che i cittadini dovessero essere consultati circa gli sviluppi dei progetti, non solo nel campo dell'edilizia, ma anche per quanto riguardava politiche sull'energia e sull'ambiente. Analogamente, nel Codice Federale sull'Edilizia del 1997, le sezioni 3 e 4 sono dedicate al dibattito pubblico. Inoltre, è consentito ai cittadini di auto-organizzarsi in molte iniziative a tutela del territorio, facendo crescere il senso civico che arriva poi automaticamente ad essere ascoltato ai livelli istituzionali. Nel 2009 il Governo tedesco ha lanciato una campagna, Geben gibt, volta proprio a rafforzare il senso comune verso l'impegno civico. Nella diversità dei due ordinamenti, francese e tedesco, il dibattito pubblico si colloca in una visione collettiva del rapporto pubblico-privato. La situazione italiana è diversa, per un cambiamento nel rapporto con le istituzioni pubbliche, occorre attendere la legge n. 241/1990 che attribuisce alla P.A. un ruolo al servizio del cittadino e non solo del Governo, nonché un rapporto in qualche modo lontanamente paritetico tra il cittadino e l'autorità pubblica, con la partecipazione del cittadino per un più efficace esercizio delle funzioni pubbliche. Un'ulteriore evoluzione del rapporto cittadino e amministrazione pubblica è testimoniata dall'introduzione del dibattito pubblico quale strumento necessario di “partecipazione democratica che in prospettiva assicura una maggiore accettazione sociale dell'opera, previene il contenzioso, accelera la realizzazione dell'opera stessa” (Cons. St. comm. speciale, n. 855/2016). Il decreto attuativoL'art. 22 in esame prevede l'istituto del dibattito pubblico, rinviando la sua disciplina ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, sentito il Ministro della transizione ecologica e il Ministro della cultura, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti. Il menzionato articolo del codice indica la categoria generale delle opere destinate al dibattito pubblico, il momento in cui lo stesso si avvia nell'ambito della procedura di gara, la regime della pubblicità sia nella sua fase introduttiva, sia in quella delle conclusioni, mentre rimette al decreto la disciplina dei criteri per l'individuazione delle opere, distinte per tipologia e soglie dimensionali, delle modalità di svolgimento del dibattito pubblico e del termine di conclusione della procedura, delle modalità di monitoraggio sull'applicazione dell'istituto del dibattito pubblico. In sostanza, prima dell'adozione del decreto il dibattito pubblico è pressoché privo di disciplina. Il d.P.C.M. 10 maggio 2018, n. 76, è il regolamento che ha dato attuazione alla previsione della norma primaria, si compone di dieci articoli e di un allegato con il quale si individuano tipologie e soglie dimensionali delle opere per le quali è obbligatorio il dibattito pubblico. In particolare, il decreto definisce il dibattito pubblico come il processo di informazione, partecipazione e confronto pubblico sull'opportunità, sulle soluzioni progettuali di opere, su progetti o interventi di opere, il cui oggetto è costituto dai progetti di fattibilità, ovvero dai documenti di fattibilità delle alternative progettuali delle opere (art. 2). L'Allegato 1 al decreto individua le opere soggette a dibattito pubblico in base a tipologia, soglie dimensionali e importi, quest'ultimo criterio in talune ipotesi si aggiunge ai precedenti (autostrade, ferrovie, porti, ecc.), in altre si pone in alternativa alle soglie dimensionali rispetto alla tipologia (interporti, infrastrutture ad uso sociale, culturale, impianti e insediamenti industriali). I parametri di riferimento delle soglie dimensionali delle opere inserite nell'Allegato 1 sono ridotte del cinquanta per cento se si tratta di interventi ricadenti, anche in parte, su beni del patrimonio culturale e naturale iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale dell'UNESCO, nella zona tampone come definita nelle Linee guida operative emanate dell'UNESCO, nei parchi nazionali e regionali e nelle aree marine protette (art. 3, comma 2). Sono, invece, escluse le opere che riguardano la sicurezza e la difesa nazionale; gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauri e adeguamenti tecnologici; le infrastrutture energetiche transeuropee, per le quali è già prevista una diversa tipologia di consultazione preliminare (art. 3, comma 5). Dal decreto attuativo n. 76 del 2018, art. 3 e Allegato 1, emergono tre possibili ricorsi al dibattito pubblico: quello obbligatorio, per le categorie di opere di cui all'Allegato 1 al decreto; quello facoltativo; quello obbligatorio su richiesta qualificata, per le opere di importo compreso tra la soglia indicata nell'Allegato 1 e due terzi della stessa. Il decreto in esame prevede, inoltre, l'istituzione della Commissione nazionale per il dibattito pubblico, la sua composizione, le competenze e rimette alla Commissione medesima l'adozione di un proprio regolamento interno con cui stabilisce le modalità di funzionamento (art. 4). Sempre nello stesso decreto si rinviene la disciplina circa lo svolgimento della procedura del dibattito pubblico: la fase dell'indizione, la durata (massimo quattro mesi a decorrere dalla pubblicazione del dossier di progetto, prorogabile di ulteriori due mesi su proposta del coordinatore del dibattito pubblico in caso di comprovata necessità); gli adempienti di pubblicità; la figura del coordinatore del dibattito pubblico e i relativi compiti (art. 6); le funzioni e i compiti dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore (art. 7); lo svolgimento del dibattito pubblico (art. 8); la conclusione del dibattito pubblico (art. 9). Le disposizioni transitorie e finali escludono l'obbligatorietà del dibattito pubblico per le opere in ordine alle quali il provvedimento, o la determina a contrarre, dell'affidamento dell'incarico di redazione del progetto di fattibilità tecnico-economica sono adottati prima della data di entrata in vigore del decreto. Infatti, per dette opere è consentita soltanto l'indizione volontaria del dibattito pubblico (art. 10). Entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui trattasi, la Commissione nazionale per il dibattito pubblico, a seguito dell'attività di monitoraggio, propone al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, disposizioni integrative e correttive del decreto stesso da adottarsi con le procedure previste dall'articolo 22, comma 2, del codice (art. 10). Ambito di applicazione della normaA proposito dei soggetti tenuti all'obbligo del dibattito pubblico, l'art. 22 si riferisce alle “amministrazioni aggiudicatrici e agli enti aggiudicatori”. Ugualmente, il ridetto regolamento attuativo n. 76 del 2018 menziona entrambi, amministrazione aggiudicatrice o ente aggiudicatore. L'art. 22, per la sua collocazione nella Parte I del codice dedicata ai principi comuni, è di portata generale. Con riferimento agli appalti nei settori speciali, l'art. 114, comma 1, del codice rinvia alle disposizioni di cui agli articoli da 1 a 58, ad esclusione di quelle relative alle concessioni. Circa i contratti di concessione, l'art. 164, comma 2, del codice prevede che alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni contenute nella Parte I e nella Parte II, relativamente ai principi generali, alle esclusioni, alle modalità e alle procedure di affidamento ... Sulla base delle citate norme, si può ritenere che il dibattito pubblico è un istituto avente portata generale, applicabile anche nelle procedure di aggiudicazione concernenti i settori speciali e le concessioni. Quanto alle opere soggette a dibattito pubblico, sono quelle indicate nell'Allegato 1 al decreto, individuate per tipologie, soglie dimensionali ed anche, per talune tipologie, per importi (art. 1). Il combinato disposto dell'art. 3 e dell'Allegato 1 al d.P.C.M. n. 76/2018 includono nell'obbligo del dibattito pubblico: strade extraurbane e autostrade, tronchi ferroviari per il traffico a grande distanza, aeroporti, porti marittimi commerciali, terminali marittimi, interventi per la difesa del mare e delle coste, piattaforme di lavaggio delle acque di zavorra delle navi, interporti finalizzati a trasporto merci, elettrodotti aerei, dighe, opere che prevedono il trasferimento di acqua tra regioni diverse, infrastrutture ad uso sociale, culturale, sportivo, scientifico o turistico, impianti e insediamenti industriali; alle differenti tipologie si collegano poi diverse soglie dimensionali di spese, superate le quali, diventa obbligatorio prevedere il dibattito pubblico. Le soglie dimensionali sono ridotte del cinquanta per cento qualora gli interventi ricadano, anche in parte, su beni del patrimonio culturale e naturale iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale dell'UNESCO, ai sensi della Conferenza sul Patrimonio Mondiale del 1977; nella zona tampone come definita nelle Linee guida operative emanate dell'UNESCO; nei parchi nazionali e regionali e nelle aree marine protette (art. 3). Non sono contemplati nella riduzione delle soglie dimensionali gli interventi riguardanti i beni culturali e il paesaggio tutelati dal d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni e integrazioni, benché il parere del Consiglio di Stato reso sullo schema di decreto attuativo in esame avesse suggerito di rivedere la disposizione in tal senso in quanto, in applicazione dell'art. 9 della Costituzione, sembra opportuno approntare strumenti di prevenzione anche per i beni culturali nazionali non protetti a livello UNESCO (Cons. St. comm. speciale, n. 359/2018). Viceversa, per espressa previsione, sono escluse dal dibattito pubblico le opere riguardanti difesa e sicurezza, di somma urgenza e di protezione civile secondo le procedure previste dagli articoli 159 e 163 del codice, nonché quelle di difesa nazionale di cui all'articolo 233 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66; gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauri e adeguamenti tecnologici e completamenti; le infrastrutture energetiche transeuropee, per le quali è già prevista una diversa tipologia di consultazione preliminare in base al regolamento (UE) n. 347 del 17 aprile 2013 ovvero ad altra norma europea (art. 3, comma 5, d.P.C.M. n. 76 del 2018). Restano, inoltre, escluse le opere che risultano di competenza statale in ordine alle quali il dibattito pubblico non può essere attivato dalla Regione, benché le stesse riguardino quel determinato ambito regionale e la Regione disciplini con propria legge l'istituto (Cons. St. IV, n. 7884/2020). Quanto al momento in cui si avvia il dibattito pubblico, si tratta della fase in cui tutte le scelte sono ancora possibili, ivi inclusa quella di non eseguire l'opera, oltre che quelle sulle modalità della sua realizzazione. In particolare, il dialogo ha ad oggetto il progetto di fattibilità tecnica-economica, ovvero il documento delle alternative. Quindi, quello del dibattito pubblico è un modulo endoprocedimentale che si inserisce nella fase della progettazione delle opere pubbliche. In particolare, s'inserisce al termine della progettazione tecnica e di fattibilità e prima dell'inizio progettazione definitiva. Il legislatore ha così inteso assicurare la funzione dell'istituto, ovvero ha inteso far sì che il dialogo abbia una concreta utilità. Infatti, è importante che gli esiti del dibattito pubblico possano portare l'amministrazione anche a decidere di non realizzare l'opera, cd. ipotesi zero (Posteraro, 8). I portatori d'interesse.Con riferimento al criterio della trasparenza, la legge delega ha chiesto la previsione della partecipazione di portatori “qualificati” di interessi nell'ambito dei processi decisionali (art. 1, lett. ppp). Il codice, invece, prevede che interlocutori nel dibattito pubblico con le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori sono “i portatori di interesse”, senza altro specificare. Il regolamento attuativo n. 76 del 2018, all'articolo 8, comma 2, fa riferimento ad un'ampia categoria di portatori d'interesse. Infatti, a proposto dello svolgimento del dibattito pubblico dispone che, organizzato e gestito in relazione alle caratteristiche dell'intervento e alle peculiarità del contesto sociale e territoriale di riferimento, consiste in incontri di informazione, approfondimento, discussione e gestione dei conflitti, in particolare nei territori direttamente interessati, e nella raccolta di proposte e posizioni da parte di cittadini, associazioni, istituzioni. Il riferimento a “cittadini, associazioni, istituzioni” sembra non indicare criteri selettivi dei partecipanti. Come è stato evidenziato, non è chiara la platea dei partecipanti al dibattito, se potranno partecipare al dibattito solo organismi esponenziali di interessi collettivi la cui rappresentatività ed effettività sia apprezzabile ex ante, in base agli obiettivi statutariamente previsti ed all'effettivo svolgimento delle attività di cura di tali interessi, o anche comitati spontanei di cittadini (De Nictolis, 311). La procedura di dibattito pubblico.L'articolo 22 demanda al decreto attuativo la fissazione dei criteri per l'individuazione delle opere per le quali è obbligatorio il ricorso alla procedura di dibattito pubblico, la definizione delle modalità di svolgimento e il termine di conclusione della procedura. La procedura si svolge “esclusivamente” sulla base della disciplina introdotta da detto decreto attuativo e non è previsto un regime transitorio nelle more dell'adozione. Si è osservato che, in sostanza, la norma attribuisce al menzionato atto attuativo una “valenza costitutiva dell'obbligo di dibattito” (De Nictolis, 311). Con ciò sostanzialmente contravvenendo alle indicazioni del Consiglio di Stato che aveva evidenziato, in sede di parere sullo schema di decreto legislativo recante “Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione”, la necessità di una definizione uniforme dell'ambito oggettivo del dibattito pubblico, anche demandando a un successivo d.m., purché lo stesso avesse carattere dichiarativo e non costitutivo dell'obbligo di dibattito pubblico, che discende direttamente dalla legge (Cons. St. comm. speciale, n. 855/2016). D'altronde, nella norma primaria si rinvengono minime indicazioni circa lo svolgimento del dibattito: i soggetti tenuti ad osservarlo, la categoria generale delle opere sottoposte ad esso, la fase in cui si svolge nell'ambito del più ampio procedimento delle committenze pubbliche, il regime della pubblicità quanto all'avvio e alle conclusioni, gli effetti degli esiti del dibattito pubblico e le osservazioni raccolte. Secondo taluni, la scelta legislativa di rimettere la disciplina del dibattito pubblico vera e propria, ivi comprese le modalità di svolgimento, ad un d.P.C.M. è attribuibile al forte ostacolo opposto, per l'arretratezza culturale dell'ordinamento interno, a tale strumento di democrazia partecipativa (Manzetti, 7). La procedura si svolge nelle fasi iniziali di elaborazione di un progetto di un'opera o di un intervento, in relazione ai contenuti del progetto di fattibilità ovvero del documento di fattibilità delle alternative progettuali”, ha una durata massima di quattro mesi, prorogabile di ulteriori due mesi nel caso di comprovata necessità (art. 5 del d.P.C.M. n. 76 del 2018). Dall'art. 22 e dal decreto attuativo n. 76 del 2018 emergono tre tipi di dibattito pubblico: obbligatorio, per le categorie di opere di cui all'Allegato 1 al decreto; facoltativo e, per le opere di importo compreso tra la soglia indicata nell'Allegato 1 e due terzi della stessa, obbligatorio su richiesta qualificata: a) della Presidenza del Consiglio dei ministri o dei ministeri direttamente interessati alla realizzazione dell'opera; b) di un consiglio regionale o di una provincia o di una città metropolitana o di un comune capoluogo di provincia territorialmente interessati dall'intervento; c) di uno o più consigli comunali o di unioni di comuni territorialmente interessati dall'intervento, se complessivamente rappresentativi di almeno 100.000 abitanti; d) di almeno 50.000 cittadini elettori nei territori in cui è previsto l'intervento; e) di almeno un terzo dei cittadini elettori per gli interventi che interessano le isole con non più di 100.000 abitanti e per il territorio di comuni di montagna. Il dibattito pubblico facoltativo è rimesso all'iniziativa dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore quando ne rileva l'opportunità. L'iter si articola in tre fasi: indizione, istruttoria, conclusioni. Spetta all'amministrazione aggiudicatrice o all'ente aggiudicatore proponente l'opera soggetta a dibattito pubblico di indire e di curarne lo svolgimento (art. 22, comma 3). Ad essi è demandato di “elaborare il dossier di progetto dell'opera, scritto in linguaggio non tecnico, in cui è motivata l'opportunità dell'intervento e sono descritte le soluzioni progettuali proposte, comprensive delle valutazioni degli impatti sociali, ambientali ed economici” (art. 7). L'indizione avviene con la presentazione e pubblicazione di detto dossier sul sito dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore, in tale momento si avvia formalmente il dibattito pubblico da cui decorrono i termini previsti di quattro mesi per la conclusione. L'avvio del dibattito pubblico è pubblicato contestualmente sul sito internet della Commissione nazionale per il dibattito pubblico, sul sito del dibattito pubblico di cui all'articolo 6, comma 6, lettera d), nonché sui siti delle amministrazioni locali interessate dall'intervento. L'istruttoria (o dibattito in senso stretto) è la fase in cui effettivamente si svolge il dibattito pubblico, consiste in incontri di informazione, approfondimento, discussione e gestione dei conflitti, in particolare nei territori direttamente interessati, e nella raccolta di proposte e posizioni da parte di cittadini, associazioni, istituzioni. L'organizzazione e la gestione vengono determinate in base alle caratteristiche dell'intervento e alle peculiarità del contesto sociale e territoriale di riferimento (art. 8). L'art. 22 del codice affida la cura dello svolgimento del procedimento all'amministrazione aggiudicatrice o all'ente aggiudicatore proponente. Tuttavia, il regolamento ha previsto che essi si avvalgano, per la progettazione e la gestione del dibattito pubblico, della collaborazione del coordinatore del dibattito pubblico (art. 6). Si tratta di una figura particolare che ha il compito di progettare le modalità di svolgimento del dibattito pubblico ed elaborare, entro un mese dal conferimento dell'incarico, il documento di progetto del dibattito pubblico, stabilendo i temi di discussione, il calendario degli incontri e le modalità di partecipazione e comunicazione al pubblico; di valutare, ed eventualmente richiedere, per una sola volta ed entro quindici giorni dalla sua ricezione, integrazioni e modifiche al dossier di progetto dell'opera; di favorire il confronto tra tutti i partecipanti al dibattito e fare emergere le posizioni in campo, anche attraverso il contributo di esperti, evitando che vi siano posizioni non rappresentate; di definire e attuare il piano di comunicazione e informazione al pubblico in modo oggettivo e trasparente ed è responsabile dell'organizzazione e degli aggiornamenti del sito internet dedicato al dibattito pubblico; di segnalare alla Commissione nazionale per il dibattito pubblico eventuali anomalie nello svolgimento del dibattito pubblico e di sensibilizzare l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore al rispetto dei tempi di svolgimento della procedura; di redigere la relazione conclusiva del dibattito pubblico (art. 6, comma 6). Il coordinatore svolge le sue attività con “responsabilità e autonomia professionale” (art. 6, comma 2); è estraneo al soggetto procedente, viene individuato secondo le modalità indicate dal decreto n. 76 del 2018 e, in assenza di dirigenti pubblici in possesso dei requisiti richiesti, il coordinatore può essere selezionato dall'amministrazione aggiudicatrice o dall'ente aggiudicatore mediante procedura da configurarsi come appalto di servizi (art. 6, comma 3). È richiesto che il coordinatore del dibattito pubblico sia un soggetto di comprovata esperienza e competenza nella gestione di processi partecipativi, ovvero nella gestione ed esecuzione di attività di programmazione e pianificazione in materia infrastrutturale, urbanistica, territoriale e socio-economica. È escluso che possano assumere l'incarico di coordinatore del dibattito pubblico i soggetti residenti o domiciliati nel territorio di una provincia o di una città metropolitana ove la stessa opera è localizzata. Si attribuisce al coordinatore un ruolo di imparzialità nell'assolvimento dell'incarico anche rispetto all'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore che indica uno o più soggetti che la rappresenti in tutte le fasi del procedimento di dibattito pubblico (art. 5, comma 3, lett. b). Infatti, si chiede di riferire nella relazione conclusiva sull'andamento dell'intera procedura, in modo imparziale, trasparente e oggettivo, delle posizioni e delle proposte emerse nel corso del dibattito (art. 9, comma 1, lett. b). Come detto, dal momento dell'indizione, lo svolgimento del dibattito ha la durata di quattro mesi. Su proposta del coordinatore del dibattito pubblico, il soggetto titolare del potere di indire il dibattito pubblico può prorogarne la durata di ulteriori due mesi in caso di comprovata necessità (art. 5, comma 2). La conclusione del dibattito pubblico è una fase articolata in due segmenti temporali. Il primo, di trenta giorni successivi alla scadenza del termine dei quattro mesi dall'indizione, è il tempo entro il quale il coordinatore presenta all'amministrazione aggiudicatrice o all'ente aggiudicatore, nonché alla Commissione, una relazione conclusiva sull'andamento dell'intera procedura. Nel secondo segmento, della durata di due mesi dalla ricezione della relazione del coordinatore, l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore presenta il proprio dossier conclusivo, in cui esprime, in base ai risultati e alle proposte emersi, la volontà o meno di realizzare l'intervento, le modifiche da apportare al progetto e le ragioni che hanno condotto a non accogliere eventuali proposte. Il dibattito pubblico si conclude con la presentazione del dossier conclusivo da parte dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore. Al menzionato dossier dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore è allegata la relazione conclusiva del coordinatore del dibattito pubblico di cui costituisce parte integrante. L'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore tengono conto del dossier conclusivo nelle successive fasi e procedure. In particolare, gli esiti del dibattito pubblico e le osservazioni raccolte sono valutate in sede di predisposizione del progetto definitivo e sono discusse in sede di conferenza di servizi relativa all'opera sottoposta al dibattito pubblico. L'osservanza dell'obbligo di pubblicità e di trasparenza è assicurata mediante la pubblicazione dei risultati delle consultazioni svolte nell'ambito del dibattito pubblico sul sito della amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore, sul sito della Commissione nazionale per il dibattito pubblico, nonché sui siti delle amministrazioni locali interessate dall'intervento. Infine, detti risultati sono trasmessi dall'amministrazione aggiudicatrice o dall'ente aggiudicatore all'autorità competente per la presentazione dell'istanza di valutazione di impatto ambientale (art. 9, commi 5 e 6). Ulteriori indicazioni di dettaglio circa lo svolgimento del dibattito pubblico sono state impartite dalla Commissione nazionale per il dibattito pubblico con la “Raccomandazione n. 1 – Linee guida sul dibattito pubblico” del 15 giugno 2021. La disciplina del procedimento fin qui esaminata ha subìto una modifica a seguito dell'entrata in vigore del d.l. 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, con legge 29 luglio 2021, n. 108. L'art. 46 di detto decreto prevede che, entro sessanta giorni dalla data della sua entrata in vigore, con decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, adottato su proposta della Commissione nazionale per il dibattito pubblico di cui all'articolo 22, comma 2, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, possono essere individuate, in relazione agli interventi di cui all'Allegato IV allo stesso decreto, nonché a quelli finanziati in tutto o in parte con le risorse del PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) e del PNC (Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR), soglie dimensionali delle opere da sottoporre obbligatoriamente a dibattito pubblico inferiori a quelle previste dall'Allegato 1 d.P.C.M. 10 maggio 2018, n. 76. Inoltre, quanto ai soli interventi di cui al menzionato Allegato IV al decreto n. 77, il dibattito pubblico ha una durata massima di quarantacinque giorni e tutti i termini previsti dal citato d.P.C.M. n. 76/2018, sono ridotti della metà. Nei casi di obbligatorietà del dibattito pubblico, la stazione appaltante provvede ad avviare il relativo procedimento contestualmente alla trasmissione del progetto di fattibilità tecnica ed economica al Consiglio superiore dei lavori pubblici per l'acquisizione del parere di cui all'art. 44, comma 1, del d.l. n. 77/2021. In caso di restituzione del progetto per esigenze di integrazioni o modifiche da parte del Comitato speciale del Consiglio superiore di lavori pubblici, ai sensi del secondo periodo dello stesso articolo 44, comma 1, il dibattito pubblico è sospeso con avviso pubblicato sul sito internet istituzionale della stazione appaltante. Il termine sospeso riprende a decorrere dalla data di pubblicazione sullo stesso sito internet istituzionale dell'avviso di trasmissione del progetto di fattibilità tecnica ed economica integrato o modificato secondo le indicazioni rese dal Comitato speciale del Consiglio superiore di lavori pubblici. Al fine di assicurare il rispetto dei termini previsti, è previsto che la Commissione nazionale per il dibattito pubblico provvede ad istituire, entro il termine di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, un elenco di soggetti, in possesso di comprovata esperienza e competenza nella gestione dei processi partecipativi ovvero nella gestione ed esecuzione delle attività di programmazione e pianificazione in materia urbanistica o di opere pubbliche, cui conferire l'incarico di coordinatore del dibattito pubblico. Infine, l'art. 46 in esame ha conferito poteri sostitutivi in capo alla Commissione nazionale per il dibattito pubblico in caso di inosservanza da parte della stazione appaltante dei sopra indicati termini di svolgimento del dibattito pubblico. Alla disposizione ha fatto seguito la “Raccomandazione n. 2”, recante “Linee Guida per il procedimento abbreviato per le opere per le quali è obbligatorio il dibattito pubblico”, della Commissione nazionale per il dibattito pubblico, adottata in data 6 settembre 2021. La Commissione nazionale per il dibattito pubblico.La Commissione nazionale per il dibattito pubblico è disciplinata dall'art. 4 del decreto n. 76 del 2018. Si tratta di figura introdotta per la prima volta nelle procedure di committenza pubblica dal d.lgs. n. 50 del 2016, ispirata probabilmente alla Commission nationale de débat public, istituita in Francia con la legge Barnier. Come detto, a differenza di quella francese che è un'autorità indipendente ed ha il potere di decidere l'avvio della procedura del dibattito pubblico, la Commissione nazionale per il dibattito pubblico italiana è inserita nell'ambito della compagine del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, già Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Essa ha il compito di monitorare il corretto svolgimento della procedura di dibattito pubblico e il rispetto della partecipazione del pubblico, nonché la necessaria informazione durante la procedura; di proporre raccomandazioni di carattere generale o metodologico per il corretto svolgimento del dibattito pubblico; di garantire che sia data idonea e tempestiva pubblicità ed informazione, anche attraverso la pubblicazione su apposita sezione del sito internet del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, in ordine alle determinazioni adottate per il funzionamento della Commissione, alle modalità della procedura del dibattito pubblico, ai pareri resi, alla documentazione tecnica riguardante l'intervento oggetto del dibattito pubblico, nonché ai risultati delle consultazioni in corso o concluse; di organizzare il coinvolgimento attivo degli enti territoriali interessati dalla realizzazione dell'opera che segnalano alla Commissione eventuali criticità relative alle modalità operative e tecniche di svolgimento del dibattito pubblico e collaborano al fine di individuare le soluzioni migliori per le comunità locali; di presentare al Governo e alle Camere, entro il 30 giugno con cadenza biennale, una relazione sulle risultanze delle attività di monitoraggio svolte nel biennio precedente, evidenziando le criticità emerse nel corso delle procedure di dibattito svolte, suggerendo, altresì, soluzioni finalizzate ad eliminare eventuali squilibri nella partecipazione, nonché a promuovere forme di contraddittorio quali momenti di interazione costruttiva. È formata da 15 membri, designati pro quota dal Presidente del Consiglio dei ministri (tre), dal Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (due, di cui uno con funzioni di Presidente), dal Ministro della transizione ecologica, già Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (uno), dal Ministro dello sviluppo economico (uno), dal Ministro della cultura, già Ministro per i beni e le attività culturali e del turismo (uno), dal Ministro della giustizia (uno) e dal Ministro della salute (uno); sono presenti rappresentanti nominati dalla Conferenza Unificata (cinque, di cui due in rappresentanza delle regioni, uno delle province d'Italia e due dell'Associazione nazionale dei comuni italiani). Inoltre, è prevista la possibile nomina da parte del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili di ulteriori tre membri esperti in materia di mediazione dei conflitti, progettazione partecipata e dibattito pubblico, “che prendono parte ai lavori della Commissione senza diritto di voto”. La Commissione può avvalersi, altresì, del supporto dei dipartimenti, della Struttura tecnica di missione e delle società in house del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. Inoltre, per le attività istruttorie, la Commissione si avvale del supporto tecnico-amministrativo delle strutture dell'amministrazione centrale competente nella materia oggetto dell'intervento; nel caso di opere di interesse regionale, si avvale del supporto tecnico-amministrativo degli uffici regionali allo specifico scopo individuati. Con decreto del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili 30 dicembre 2020, n. 627, è stata nominata la composizione della Commissione nazionale per il dibattito pubblico, con durata di cinque anni, rinnovabile una sola volta. A sua volta, in data 9 aprile 2021, la Commissione ha adottato il regolamento interno con cui ha stabilito la propria organizzazione ed il funzionamento. Essa risulta composta dal Presidente, dalla Commissione in seduta plenaria, dalle Sezioni e dall'Ufficio di Presidenza. È organizzata in sette Sezioni, ciascuna rispettivamente con specifica competenza: autostrade e strade extraurbane principali; tronchi ferroviari per il traffico a grande distanza; aeroporti; porti marittimi commerciali; elettrodotti aerei; impianti destinati a trattenere, regolare e accumulare le acque in modo durevole. È rimessa al Presidente la designazione di due membri stabili per ogni Sezione in ragione della competenza posseduta, l'assegnazione del dibattito pubblico alla Sezione e l'individuazione del relatore fra i due componenti stabili della Sezione, l'integrazione delle singole Sezioni con ulteriori componenti della Commissione per ragioni di competenza. Il Presidente può disporre di integrare la Sezioni, a soli fini istruttori e con l'intento di reperire ogni utile informazione, con i soggetti che l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore individua e provvede a comunicare secondo quanto previsto dall'art. 5, comma 3, lett. b) del d.P.C.M. 10 maggio 2018, n. 76. Il predetto personale rappresenta l'amministrazione, con relativo potere decisionale. Spetta, altresì, al Presidente la possibilità di integrare le Sezioni con personale del MIT, della Struttura tecnica di missione o delle società in house, nonché del personale dell'ufficio di Presidenza per ogni dibattito pubblico (art. 4, Regolamento interno). La Commissione in seduta plenaria delibera sulle proposte delle Sezioni; adotta pareri e raccomandazioni; approva la relazione al Parlamento predisposta dall'Ufficio di Presidenza. A seguito del d.l. 10 settembre 2021, n. 121, alla Commissione di cui trattasi è stato riconosciuto, per gli anni 2021 e 2022, un rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate per le missioni effettuate (art. 5, comma 6). Le incertezze applicative tra disciplina transitoria e normativa sopravvenuta.Come visto, l'art. 22 demanda ad un decreto attuativo la fissazione dei criteri per l'individuazione delle opere interessate dal dibattito pubblico, la definizione delle modalità di svolgimento e il termine di conclusione della procedura; le modalità di monitoraggio dell'applicazione dell'istituto del dibattito pubblico. In assenza di disciplina transitoria da parte del codice, per l'avvio del dibattito pubblico è stato necessario attendere l'adozione del previsto regolamento (d.m. n. 76/2018). Il regolamento attuativo n. 76 del 2018 ha disposto la sua applicazione alle opere per le quali il provvedimento, o la determina a contrarre, dell'affidamento dell'incarico di redazione del progetto di fattibilità tecnico-economica fosse stato adottato successivamente alla data della sua entrata in vigore. Per il provvedimento (o la determina a contrarre) adottato prima della data di entrata in vigore del decreto stesso, è stata consentita l'indizione volontaria del dibattito pubblico (art. 10). Inoltre, nelle more dell'entrata in vigore del decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili di cui all'art. 23, comma 3, del codice, il dibattito pubblico si svolge, in relazione alle opere per cui non sia stato predisposto il documento di fattibilità delle alternative progettuali, con riferimento al progetto di fattibilità ovvero al progetto preliminare. Infine, entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame, a seguito dell'attività di monitoraggio della Commissione nazionale per il dibattito pubblico, sono previste possibili disposizioni integrative e correttive del decreto stesso (art. 10, Disposizioni transitorie e finali). In sostanza, l'istituto non è entrato subito a pieno regime. Ma, lo stesso non ha trovato completa attuazione neppure successivamente, a causa del sopraggiungere della normativa introdotta a fronte dell'emergenza sanitaria da COVID-19. Infatti, l'art. 8, comma 6-bis, del d.l. 16 luglio 2020, n. 76, conv., con modificazioni, in l. 11 settembre 2020, n. 120, ha previsto una deroga alla procedura di dibattito pubblico. In particolare, per accelerare l'iter autorizzativo di grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull'ambiente, sulle città o sull'assetto del territorio, sino al 31 dicembre 2023, su richiesta delle amministrazioni aggiudicatrici, le regioni, ove ritengano le suddette opere di particolare interesse pubblico e rilevanza sociale, previo parere favorevole della maggioranza delle amministrazioni provinciali e comunali interessate, possono autorizzare la deroga alla procedura di dibattito pubblico di cui all'art. 22, comma 2, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, e al relativo regolamento 10 maggio 2018, n. 76, consentendo alle medesime amministrazioni aggiudicatrici di procedere direttamente agli studi di perfettibilità tecnico-economica, nonché alle successive fasi progettuali, nel rispetto delle disposizioni del menzionato d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50. Infine, ulteriori novità sono state introdotte dal d.l. n. 77/2021. Come visto, l'art. 46 ha apportato modifiche alla disciplina sul dibattito pubblico relativamente agli interventi di cui all'articolo 44, comma 1, dello stesso decreto legge. Per detti interventi, nonché per quelli finanziati in tutto o in parte con le risorse del PNRR e del PNC, lo stesso art. 46 ha previsto che con decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, adottato su proposta della Commissione nazionale per il dibattito pubblico, possono essere individuate soglie dimensionali delle opere da sottoporre obbligatoriamente a dibattito pubblico inferiori a quelle previste dall'Allegato 1 del d.P.R. 10 maggio 2018, n. 76. Disposizioni ulteriori sono rinvenibili nel d.l. 10 settembre 2021, n. 121, con riguardo ai poteri del Commissario straordinario del Parco della Giustizia di Bari (art. 9) e, come visto, a proposito della Commissione nazionale per il dibattito pubblico (art. 5). Gli effetti del dibattito pubblico. Considerazioni conclusiveIl dibattito pubblico termina con la presentazione del dossier conclusivo da parte dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore. Gli esiti del dibattito pubblico e le osservazioni raccolte sono valutate in sede di predisposizione del progetto definitivo e sono discusse in sede di conferenza di servizi relativa all'opera sottoposta al dibattito pubblico. Il regime della pubblicità, con pari evidenza, riguarda sia la fase preliminare della consultazione pubblica, sia gli esiti della consultazione pubblica, comprensivi dei resoconti degli incontri e dei dibattiti con i portatori di interesse. Infatti, le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori pubblicano, nel proprio profilo del committente, i progetti di fattibilità concernenti le grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull'ambiente, sulle città e sull'assetto del territorio, nonché i contributi e i resoconti unitamente ai documenti predisposti dall'amministrazione e relativi ai lavori. Fin qui la disciplina prevista dall'art. 22 in esame. Tuttavia, anche dopo il decreto n. 76 del 2018 restano dubbi circa gli effetti e la portata della consultazione pubblica. Anzitutto, come detto, non è precisato a proposito dei portatori d'interesse i soggetti che possono partecipare al dibattito, i poteri di cui dispongono e le eventuali preclusioni e decadenze. Il decreto attuativo nulla dispone a proposito dei portatori d'interesse. In assenza di indicazioni, può ritenersi che possano prendere parte al dibattito pubblico enti esponenziali d'interesse, associazioni spontanee, singoli cittadini, istituzioni pubbliche. Invero, la partecipazione consentita ad un gruppo esteso d'interessati fa temere il rischio di agevolare degenerazioni in forme partecipative di massa, tali da pregiudicare l'efficienza del procedimento infrastrutturale. Sul punto il Consiglio di Stato osservò che l'assenza di un filtro selettivo alla partecipazione rischia di paralizzare o comunque di rallentare in modo significativo l'adozione della scelta finale, con costi enormi per il sistema Paese complessivamente inteso. Peraltro, la polverizzazione del dibattito tra un'infinità di voci violerebbe la stessa ratio dello strumento partecipativo che è quella di rafforzare e non già di ostacolare l'azione delle autorità preposte (Cons. St. comm. speciale, n. 855/2016). D'altronde, non v'è chi non veda che tale estensiva applicazione dell'istituto finirebbe con l'attribuire, anche in sede processuale, azioni genericamente ostruzionistiche ovvero semplicemente dissenzienti rispetto alle scelte di governo cittadino. Infatti, l'obiettivo di incidere sulle scelte che riguardano la propria comunità di appartenenza nell'ambito del libero dibattito democratico non può comportare una sorta di non consentita forma di legittimazione processuale straordinaria e generalizzata, priva di base legislativa, nonché in contrasto con la regola sancita dall'art. 81 c.p.c. (Cons. St. V, n. 2841/2021). Si pongono, poi, interrogativi in caso di astensione dalla partecipazione al dibattito ovvero di assenza di rilievi. La dottrina si chiede se tali ipotesi possano comportare decadenze circa l'impugnazione del progetto, qualora i vizi, benché potessero essere già dedotti in sede di dibattito pubblico, non sono stati rappresentati (De Nictolis, 312). Ma le questioni aperte sono molteplici. Una di queste attiene sempre ad un aspetto processuale. In particolare, si prendono in considerazione gli eventuali discostamenti da parte dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore dalle conclusioni assunte in sede di dibattito pubblico. Tali discostamenti, pur inficiando la legittimità di provvedimenti successivi, pongono il problema dei soggetti legittimati all'impugnazione. Una questione è se i portatori d'interesse, ammessi in misura così ampia al dibattito pubblico, siano anche legittimati in sede processuale all'impugnazione a prescindere da una verifica circa gli interessi dai medesimi rappresentati. Altre questioni attengono all'ambito applicativo dell'istituto. Da più parti si è evidenziato che le soglie dimensionali individuate da parte del d.P.C.M. n. 76/2018 risultano eccessivamente elevate. Già il Consiglio di Stato sullo schema del citato regolamento attuativo aveva ritenuto le soglie “di importo così elevato da finire per rendere, nella pratica, minimale il ricorso a tale istituto, che rappresenta invece una delle novità di maggior rilievo del nuovo Codice dei contratti” (Cons. St. comm. speciale, n. 359/2018). L'auspicio è che l'istituto possa avere un maggiore ambito di applicazione con il ridimensionamento delle soglie previste. Tuttavia, la sua estensione applicativa presenta anche aspetti negativi. Basti considerare ai tempi occorrenti per lo svolgimento del dibattito pubblico e del possibile uso strumentale degli stessi da parte della collettività interessata ad osteggiare la conclusione della procedura di gara. Quindi, paradossalmente, l'istituto potrebbe sortire quell'effetto distorsivo che con l'utilizzo del dibattito pubblico si intende evitare. Si segnala che parte della dottrina confida che, all'esito di un periodo di sperimentazione, il legislatore italiano possa allinearsi in toto all'esperienza francese, onde implementare l'efficacia del dibattito in sede applicativa. In particolare, auspica l'affidamento della gestione dell'iter consultivo ad un organo terzo ed indipendente, quale la Commission nationale du débat public, piuttosto che alla figura del coordinatore che, pur essendo un organo autonomo, non offre le garanzie di terzietà proprie di un'amministrazione indipendente. La stessa dottrina evidenzia, altresì, quale altra potenziale criticità che depone in favore di un cambiamento in organo indipendente, il necessario raccordo tra alcune discipline regionali (anteriori) e la disciplina statale (successiva), alla luce del riparto di competenze scolpito dalla Costituzione. Infatti, l'attività di programmazione e realizzazione di opere infrastrutturali, di competenza dello Stato, interseca materie quali il governo del territorio, le grandi reti di trasporto e di navigazione, di competenza delle Regioni, sia pure in modo concorrente con lo Stato (Pepe, 94 ss.). Il problema del rapporto tra fonti normative nazionali e regionali a proposito del dibattito pubblico è stato anche affrontato dalla Corte costituzionale. Sul punto è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale – per violazione degli artt. 97, primo comma, e 118, primo comma, Cost. – dell'art. 7, comma 5, e dell'art. 7, comma 2, della legge reg. Puglia n. 28 del 2017, nella parte in cui prevedono che il dibattito pubblico regionale si svolga anche sulle opere nazionali. Dette disposizioni regionali, nell'introdurre diverse modalità di coinvolgimento di soggetti e di istituzioni nel processo decisionale su opere e progetti o interventi di particolare rilevanza per la comunità di riferimento, presuppongono che, in presenza di atti di emanazione regionale, la Regione abbia il potere di disciplinare il dibattito pubblico. Tali atti, quali intese o pareri, sono tuttavia destinati a confluire nel procedimento statale di deliberazione dell'opera, quali parte integrante. Per essi, pertanto, non può non tenersi conto della disciplina del dibattito pubblico dettata dal titolare della funzione, ossia lo Stato, in particolare l'art. 22 del d.lgs. n. 50 del 2016 e l'apposito regolamento adottato con d.P.R. n. 76 del 2018. Si tratta di una disciplina esaustiva dell'istituto alla cui stregua, da una parte, è da escludere che soggetti diversi da quelli individuati, possano prendere l'iniziativa; dall'altra, vi è la garanzia che vengano adeguatamente in rilievo le esigenze e i problemi dei territori incisi dall'opera, atteso che le posizioni emergenti a livello locale, facenti capo a soggetti pubblici e privati, possono e debbono trovare spazio nel dibattito pubblico statale, il quale, per come strutturato, è fisiologicamente teso a consentire di convogliare in tale sede contributi, confronti e conflitti con cittadini, associazioni ed istituzioni di ogni livello (Corte cost., n. 235/2018). In conformità a tale pronuncia, a fronte di opera di competenza nazionale per la parte che interessa un determinato ambito territoriale, anche il giudice amministrativo ha ritenuto corretta l'esclusione da parte della Regione dell'attivazione del dibattito pubblico previsto dalla propria normativa regionale (Cons. St. IV, n. 7884/2020). BibliografiaAllegretti, Democrazia partecipativa, in Enc. dir., Annali, IV, Milano, 2011; Azzariti, Democrazia partecipativa: cultura giuridica e dinamiche istituzionali, in www.costituzionalismo.it, 13 aprile 2010; J.F. Beraud, Il caso della Francia: la Commission National du débat public, in Valastro (a cura di), Le regole della democrazia partecipativa, Napoli, 2010; De Nictolis, Appalti pubblici e concessioni, Bologna, 2020; Immordino, Commento all'art. 22, in G.M. Esposito (a cura di), Codice dei contratti pubblici, Torino, 2017; Luciani, Art. 75, in Branca (a cura di), continuato da Pizzorusso, Commentario della Costituzione, La formazione delle leggi, I, 2, Bologna-Roma, 2005; Manzetti, Il “dibattito pubblico” nel nuovo codice dei contratti, in Federalismi, 2018, n. 5; Pepe, Il modello della democrazia partecipativa tra aspetti teorici e profili applicativi, Padova, 2020; Posteraro, Grandi opere e partecipazione democratica: alcune riflessioni sul dibattito pubblico italiano “à la française”, in Istituzioni del federalismo, 2020, n. 3; Ruffilli, Nascita e crisi dello Stato moderno: ideologie e istituzioni, in Piretti (a cura di), Istituzioni, Società, Stato, II, Bologna, 1990; Ruscigno, La pianificazione e la programmazione, in Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), I contratti pubblici, Roma, 2021. |