Decreto legislativo - 18/04/2016 - n. 50 art. 12 - (Esclusioni specifiche per le concessioni nel settore idrico) 1

Marco Giustiniani

(Esclusioni specifiche per le concessioni nel settore idrico)1

[1. Le disposizioni del presente codice non si applicano alle concessioni aggiudicate per:

a) fornire o gestire reti fisse destinate alla fornitura di un servizio al pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile;

b) alimentare tali reti con acqua potabile.

2. Le disposizioni del presente codice non si applicano alle concessioni riguardanti uno o entrambi dei seguenti aspetti quando sono collegate a un'attività di cui al comma 1:

a) progetti di ingegneria idraulica, irrigazione, drenaggio, in cui il volume d'acqua destinato all'approvvigionamento d'acqua potabile rappresenti più del 20 per cento del volume totale d'acqua reso disponibile da tali progetti o impianti di irrigazione o drenaggio;

b) smaltimento o trattamento delle acque reflue.]

[1] Articolo abrogato dall'articolo 226, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023, come stabilito dall'articolo 229, comma 2. Per le disposizioni transitorie vedi l'articolo 225 D.Lgs. 36/2023 medesimo.

Inquadramento

L'art. 12, rubricato «Esclusioni specifiche nel settore idrico», introduce specifiche esclusioni nel settore idrico e recepisce l'art. 12 della direttiva n. 2014/24/UE. Si tratta di una esclusione dall'ambito di applicazione del Codice di carattere temporaneo, considerato quanto sancito dal Considerando n. 84 e dall'art. 53, par. 2, della citata direttiva che demanda alla Commissione Europea il compito di valutare gli effetti economici, sul mercato interno, dell'esclusione prevista in materia.

L'art. 12, in particolare, esclude dall'applicazione del Codice le concessioni aggiudicate per: a) fornire o gestire reti fisse destinate alla fornitura di un servizio al pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile; b) alimentare tali reti con acqua potabile.

La ratio dell'esclusione si fonda sull'importanza dell'acqua «quale bene pubblico di valore fondamentale per i cittadini dell'Unione» e per la frequente presenza di «regimi specifici e complessi» per le concessioni nel settore idrico.

La norma in commento stabilisce, altresì, che le disposizioni del Codice non si applicano anche alle concessioni, collegate ad una o entrambe le predette attività, riguardanti progetti di ingegneria idraulica, irrigazione, drenaggio, in cui il volume d'acqua destinato all'approvvigionamento d'acqua potabile rappresenti più del 20% del volume totale d'acqua reso disponibile da tali progetti o impianti di irrigazione o drenaggio, nonché allo smaltimento o al trattamento delle acque reflue. Su tale specifico aspetto, l'esclusione dall'ambito di applicazione tiene conto degli esiti del referendum abrogativo del 12-13 giugno 2011 per le concessioni nel settore idrico, in aderenza a quanto previsto dal criterio di delega di cui all'art. 1, lett. hhh) della l. n. 11/2016. L'esclusione dell'affidamento di tali concessioni tramite gara è nel nostro Paese dovuta anche all'esito del referendum abrogativo dell'11-12 giugno 2011 (come pure riportato dalla legge delega n. 11/2016, art. 1, lett. hhh): il referendum ha, infatti, abrogato la norma che prevedeva l'affidamento tramite gara del servizio idrico. Nel nostro Paese tali concessioni non possono essere esternalizzate e dunque non possono nemmeno essere sottoposte alle regole dell'evidenza pubblica.

Questioni applicative

La disposizione in commento traspone letteralmente dall'art. 12 della direttiva n. 2014/23/UE introducendo specifiche esclusioni nel settore idrico. L'art. 12 esclude, infatti, le attività inerenti al trasporto ed alla distribuzione d'acqua potabile dall'ambito di applicazione del Codice Appalti, tenendo conto, secondo quanto affermato nella relazione di accompagnamento al Codice, degli esiti del referendum abrogativo del 12-13 giugno 2011 per le concessioni nel settore idrico, in aderenza a quanto previsto dal criterio di delega di cui all'art. 1, lett. hhh) della l. n. 11/2016.

In particolare, il primo quesito referendario aveva previsto l'abrogazione dell'art. 23-bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, che permetteva di affidare la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica solo a soggetti privati scelti a seguito di gara ad evidenza pubblica o a società di diritto pubblico con partecipazione azionaria di privati, consentendo la gestione in house solo ove ricorressero situazioni del tutto eccezionali, tali da non permettere un efficace ed utile ricorso al mercato. Sul punto, la legge di delega n. 11/2016 all'art. 1, comma 1, lett. hhh) conteneva, tra i principi ed i criteri direttivi della delega, la previsione di una disciplina organica della materia dei contratti di concessione mediante l'armonizzazione e la semplificazione delle disposizioni vigenti, nonché la previsione di criteri per le concessioni indicate nella sezione II del capo I del titolo I della direttiva n. 2014/23/UE, nel rispetto dell'esito del referendum abrogativo del 12-13 giugno 2011 per le concessioni nel settore idrico.

Da una lettura d'insieme della Dir. n. 2014/23/UE si evince che il legislatore Europeo ha preferito non entrare nel merito della scelta dei regimi giuridici di gestione ed erogazione delle risorse idriche, optando – piuttosto ‒ per una posizione neutrale che demanda agli Stati Membri la scelta della migliore forma di governo del servizio.

Preme evidenziare che le direttive del 2014 non si sono espresse in ordine ai modelli organizzativi del servizio idrico, che restano rimessi alle scelte politiche degli Stati membri, attesa «l'importanza dell'acqua quale bene pubblico di valore fondamentale per tutti i cittadini dell'Unione». A tal proposito, il Considerando n. 30 della direttiva n. 2014/23/UE prevede che: «Le concessioni nel settore idrico sono spesso soggette a regimi specifici e complessi che richiedono una particolare considerazione data l'importanza dell'acqua quale bene pubblico di valore fondamentale per tutti i cittadini dell'Unione. Le caratteristiche particolari di tali regimi giustificano le esclusioni nel settore idrico dall'ambito di applicazione della presente direttiva. L'esclusione riguarda le concessioni di lavori e di servizi per la messa a disposizione o la gestione di reti fisse destinate alla fornitura di un servizio al pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile o l'alimentazione di tali reti con acqua potabile. Anche le concessioni per lo smaltimento o il trattamento delle acque reflue e per progetti di ingegneria idraulica, irrigazione o drenaggio (in cui il volume d'acqua destinato all'approvvigionamento d'acqua potabile rappresenti più del 20% del volume totale d'acqua reso disponibile da tali progetti o impianti di irrigazione o drenaggio) dovrebbero essere escluse nella misura in cui siano collegate a una attività esclusa». Invece, il Considerando n. 7 della direttiva n. 2014/UE, ricorda che: «È opportuno rammentare che nessuna disposizione della presente direttiva obbliga gli Stati membri ad affidare a terzi o a esternalizzare la prestazione di servizi che desiderano prestare essi stessi o organizzare con strumenti diversi dagli appalti pubblici ai sensi della presente direttiva. La prestazione di servizi sulla base di disposizioni legislative, regolamentari o contratti di lavoro dovrebbe esulare dall'ambito di applicazione della presente direttiva. In alcuni Stati membri ciò potrebbe verificarsi, ad esempio, per la fornitura di certi servizi alla collettività, come l'alimentazione con acqua potabile».

Quindi, alla luce di quanto previsto dalle direttive, il settore idrico rientra nei c.d. settori speciali, con una disciplina degli appalti pubblici degli enti aggiudicatori/concessionari e gestori del servizio idrico più elastica e flessibile della disciplina dei settori ordinari.

La regolazione dell'affidamento e della gestione di risorse idriche contenuta nel d.lgs. n. 50/2016 deve essere letta tenendo conto del combinato disposto delle norme in essa contenute.

A tal proposito preme rimandare anche a quanto previsto dall'art. 117 del Codice dei Contratti Pubblici. Tale norma disciplina, con una formulazione che ricalca la previgente (art. 209, d.lgs. n. 163/2006), gli appalti «a valle» degli enti aggiudicatori, e non le «concessioni a monte» con cui il servizio idrico venga affidato agli enti aggiudicatori. Si ricorda che nella precedente disciplina, l'art. 209 del d.lgs. n. 163/2006 prevedeva l'applicabilità delle norme relative ai settori speciali contenute nel vecchio codice anche alle attività di messa a disposizione e di gestione di reti fisse destinate alla fornitura di un servizio al pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile, nonché di alimentazione di tali reti con acqua potabile. In particolare, il comma 3 dell'art. 209, stabiliva che: «L'alimentazione con acqua potabile di reti che forniscono un servizio al pubblico da parte di un ente aggiudicatore che non è un'amministrazione aggiudicatrice non è considerata un'attività di cui al comma 1 se ricorrono le seguenti condizioni: a) la produzione di acqua potabile da parte dell'ente interessato avviene perché il suo consumo è necessario all'esercizio di una attività non prevista dagli artt. da 208 a 213; b) l'alimentazione della rete pubblica dipende solo dal consumo proprio dell'ente e non supera il 30% della produzione totale d'acqua potabile dell'ente, considerando la media dell'ultimo triennio, compreso l'anno in corso». Tale norma non è stata riprodotta dall'art. 12 del d.lgs. n. 50/2016, bensì dall'art. 117, disposizione dedicata esclusivamente al settore idrico.

Si evidenzia, infatti, che dalla lettura delle predette disposizioni sembra emergere un problema di coordinamento fra l'art. 12, che esclude dalle norme sull'evidenza pubblica le concessioni aggiudicate per fornire o gestire reti fisse destinate alla fornitura di un servizio al pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile e quelle aggiudicate per alimentare tali reti con acqua potabile, e l'art. 117 che, invece, riguardo agli appalti aventi il medesimo oggetto e affidati dagli enti aggiudicatori, ritiene applicabile l'insieme di regole predisposte dal Capo I del Titolo VI del Codice in materia di appalti nei settori speciali (Viola).

Tale problema di coordinamento è stato evidenziato anche dal Consiglio di Stato con il parere n. 855 del aprile 2016.

Si ricorda poi che la legge delega n. 11/2016 conteneva un puntuale criterio sulle concessioni del servizio idrico, alla lett. hhh), così formulato: «hhh) disciplina organica della materia dei contratti di concessione mediante l'armonizzazione e la semplificazione delle disposizioni vigenti, nonché la previsione di criteri per le concessioni indicate nella sezione II del capo I del titolo I della direttiva 2014/23/UE, nel rispetto dell'esito del referendum abrogativo del 12-13 giugno 2011 per le concessioni nel settore idrico».

Tuttavia, tale criterio non ha ricevuto alcuna attuazione dal codice, che si è limitato, all'art. 12, a recepire l'esclusione delle concessioni del servizio idrico.

Il parere del Consiglio di Stato sullo schema di Codice Appalti ha messo in evidenza i profili di mancata attuazione della legge delega, tra cui quello inerente al principio di delega sulle concessioni del servizio idrico, osservando che non si profila una illegittimità costituzionale in senso tecnico (che si ha invece in caso di violazione della legge delega), ma un problema di scelta politica del Governo e di sua responsabilità politica nei confronti del Parlamento. È stato rilevato, sul piano tecnico, che il mancato esercizio di una parte della delega, nei termini assegnati, non è rimediabile ex post in sede di adozione di decreti correttivi del codice, ammissibili solo per emendare disposizioni relative a parti di delega attuate, non per un esercizio postumo di una delega scaduta.

Nel caso specifico, vi è stata una scelta evidentemente politica di non intervenire sul tema dell'affidamento delle concessioni nel settore idrico. L'indicazione del Consiglio di Stato, la quale ha rivestito la funzione di mera segnalazione, attesa la natura di carattere politico della questione relativa all'an ed al quomodo del recepimento della delega – anche in considerazione della pendenza di altro disegno di legge sull'acqua pubblica – è, tuttavia, rimasta inascoltata, lasciando così sopravvivere un evidente contrasto normativo all'interno del Codice.

L'esclusione delle concessioni dall'applicazione del Codice non esonera i relativi affidamenti dall'osservanza dei «principi relativi ai contratti esclusi», declinati nell'art. 4, d.lgs. n. 50/2016 secondo cui: «l'affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall'ambito di applicazione oggettiva del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell'ambiente ed efficienza energetica». Tra tali principi si ricorda che vengono espressamente annoverati quelli della tutela dell'ambiente e dell'efficienza energetica.

L'affidamento del servizio idrico in house

1) L'affidamento del servizio idrico in house deve essere motivato in modo dettagliato?

Con riferimento all'affidamento idrico a società in house, la giurisprudenza ha affermato che ai sensi della normativa vigente in materia, confermata dal nuovo Codice, l'affidamento del servizio idrico in house va dettagliatamente motivato. In particolare, con una pronuncia del T.A.R. Lombardia, il giudice ha annullato i provvedimenti di affidamento ad una società in house relativamente al servizio idrico integrato, effettuando un'articolata ricognizione della normativa vigente in materia, in modo particolare con riferimento al decreto del 18 ottobre 2012, n. 179 convertito in l. 17 dicembre 2012, n. 221, che impone all'Ente affidante il servizio in house un dettagliato e aggravato onere motivazionale che spieghi le ragioni di fatto e di convenienza che giustificano tale affidamento rispetto alla gara pubblica o al partenariato pubblico-privato. Tale disciplina, hanno ricordato i giudici, trova conferma nell'art. 192 del d.lgs. n. 50/2016, che impone alle stazioni appaltanti che decidano di affidare un servizio in house di effettuare una valutazione sulla congruità economica dell'offerta, avendo riguardo all'oggetto e al valore della prestazione. In particolare, la stazione appaltante dovrà dar conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta in luogo della gara (T.A.R. Lombardia I, n. 1781/2016).

A tal proposito si ricorda che, ai fini dell'applicazione del predetto art. 192 del Codice, l'ANAC ha adottato apposite linee guida recanti: «Indicazioni in materia di affidamenti in house di contratti aventi ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza ai sensi dell'art. 192, comma 2, del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 e s.m.i.».

Sempre in ordine alla questione degli affidamenti diretti del servizio idrico a società in house a seguito di un quesito formulato dalla regione Piemonte, si è espresso il Consiglio di Stato, con proprio parere, precisando che «sino a quando una specifica disposizione di legge nazionale non prescriverà che i privati partecipino ad una società in house, l'apertura dell'in house ai privati deve ritenersi esclusa». Le argomentazioni sviluppate dal Consiglio di Stato (dopo un lungo excursus sull'evoluzione storica delle modalità di affidamento del servizio e sulle caratteristiche generali dei «servizi a rilevanza economica») si soffermano in particolare sulla strutturale incompatibilità fra in house providing e partecipazione dei privati alla società affidataria, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea secondo la quale «la partecipazione, pur minoritaria, di soggetti privati al capitale di una società, alla quale partecipi anche l'amministrazione aggiudicatrice, esclude in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare sulla medesima un controllo analogo a quello che essa svolge sui propri servizi» (Cons. St. I, n. 138/2019).

Bibliografia

Caputi, I contratti esclusi, in L'Amministrativista, 18 maggio 2020; D'Ottavi, I contratti esclusi, in L'Amministrativista, 27 agosto 2018; Follieri, Contratti Esclusi, in Clarich (a cura di), Commentario al Codice dei Contratti Pubblici, Torino, 2019; Scalia, Le modalità di affidamento della gestione del servizio idrico integrato: l'evoluzione normativa e le novità delle recenti riforme, in www.federalismi.it, n. 8/2016; Viola, Forme contrattuali non regolate in tutto o in parte dal Codice, in Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), I contratti pubblici, Roma, 2021.

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