Decreto legislativo - 18/04/2016 - n. 50 art. 14 - (Appalti e concorsi di progettazione aggiudicati o organizzati per fini diversi dal perseguimento di un'attività interessata o per l'esercizio di un'attività in un Paese terzo) 1(Appalti e concorsi di progettazione aggiudicati o organizzati per fini diversi dal perseguimento di un'attività interessata o per l'esercizio di un'attività in un Paese terzo)1 [1. Le disposizioni del presente codice non si applicano agli appalti e concessioni aggiudicati dagli enti aggiudicatori per scopi diversi dal perseguimento delle attività di cui agli articoli da 115 a 121, o per l'esercizio di tali attività in un Paese terzo, in circostanze che non comportino lo sfruttamento materiale di una rete o di un'area geografica all'interno dell'Unione europea, e ai concorsi di progettazione organizzati a tali fini 2. 2. Gli enti aggiudicatori comunicano alla Commissione europea, su richiesta, tutte le categorie di attività che considerano escluse in virtù del comma1, nei termini da essa indicati, evidenziando nella comunicazione quali informazioni hanno carattere commerciale sensibile. 3. Le disposizioni del presente codice non si applicano comunque alle categorie di attività oggetto degli appalti di cui al comma 1.] [1] Articolo abrogato dall'articolo 226, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023, come stabilito dall'articolo 229, comma 2. Per le disposizioni transitorie vedi l'articolo 225 D.Lgs. 36/2023 medesimo. [2] Comma modificato dall'articolo 7, comma 1, del D.Lgs 19 aprile 2017, n. 56. InquadramentoL'art. 14 del Codice completa le esclusioni riferibili ai contratti nei settori speciali, escludendo dall'ambito di applicazione della disciplina codicistica gli appalti, le concessioni e i concorsi di progettazione aggiudicati da enti aggiudicatori i) per scopi diversi dallo svolgimento delle attività di cui ai settori speciali, ovvero ii) per svolgere tali attività in Paesi terzi, purché i medesimi contratti non comportino lo sfruttamento materiale di una rete o di un'area geografica ricadente all'interno dell'Unione Europea. A tal fine, gli enti aggiudicatori debbono comunicare alla Commissione Europea, su richiesta di quest'ultima, tutte le categorie di prodotti o di attività che considerano escluse, evidenziando le eventuali informazioni di carattere commerciale sensibile. Il comma 3 della norma in commento precisa infine che le disposizioni del codice relative ai settori speciali non trovano comunque applicazione relativamente alle categorie di prodotti o attività oggetto di appalti di cui alle succitate attività, considerati esclusi dalla Commissione Europea con atto pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione Europea. Le novità rispetto al regime previgenteL'articolo in commento rappresenta l'omologo del previgente art. 217 del d.lgs. n. 163/2006. Rispetto a tale norma, tuttavia, l'art. 14 si distingue sotto due profili: i) da un lato, estende l'esclusione anche ai concorsi di progettazione e alle concessioni; ii) dall'altro lato, precisa che l'esclusione deve intendersi riferita non già alle sole disposizioni codicistiche attinenti ai settori speciali, ma alla totalità delle norme del Codice (eccezion fatta per la specifica esclusione riguardante gli appalti considerati esclusi dalla Commissione Europea con apposito atto pubblicato sulla G.U.R.I.). La ratio delle esclusioniLa prima esclusione prevista dalla disposizione in commento riguarda dunque gli appalti aggiudicati dagli enti aggiudicatori dei settori speciali per fini diversi dall'esercizio delle attività nei settori speciali stessi. La ratio di tale esclusione è da mettere in relazione con il generale criterio impiegato dal legislatore per delimitare l'ambito oggettivo di applicazione della disciplina sui settori speciali, criterio che presuppone l'accertamento di un nesso di strumentalità tra l'attività svolta dall'ente aggiudicatore e le prestazioni oggetto del contratto. Si tratta, quindi, di appalti che, secondo un criterio soggettivo, in quanto indetti dagli enti aggiudicatori, sarebbero astrattamente assoggettabili alla disciplina dettata per i settori speciali e che invece ne sono esclusi ln ragione dell'oggetto della prestazione, che riguarda scopi diversi dalle attività dei settori speciali (Caringella, Protto). Sono, dunque, esclusi dall'ambito di applicazione della disciplina di derivazione Europea quegli appalti che, pur indetti da soggetti operanti in settori speciali, non siano destinati all'esercizio delle peculiari attività riconducibili a tali settori. Dal punto di vista delle ricadute pratiche della disposizione, lo svolgimento di attività diverse da quelle puntualmente indicate dalle norme sui settori speciali risulta «ininfluente per le amministrazioni aggiudicatrici (ivi compresi gli organismi di diritto pubblico), posto che le stesse sono tenute comunque ad indire gare ad evidenza pubblica per approvvigionarsi di beni e servizi. Tale disciplina diviene, invece, essenziale nei confronti delle imprese pubbliche, posto che queste ultime sono tenute ad obblighi di gara solo nel caso in cui aggiudichino appalti inerenti ai settori speciali» (Caringella, Protto). In ultima analisi, l'esclusione in parola si giustifica con l'irrilevanza dei contratti che ne sono oggetto per la disciplina a cui i medesimi sono sottratti (Follieri, p. 257). Non importa, quindi, il dato soggettivo, quanto quello prettamente oggettivo: la disciplina dell'evidenza pubblica non troverà applicazione ogniqualvolta si sia alla presenza di un contratto (o un concorso di progettazione) che l'ente aggiudicatore intende affidare e organizzare per scopi estranei rispetto alla sua attività istituzionale, ricompresa all'interno di uno dei settori speciali previsti dall'ordinamento. Naturalmente, l'elemento soggettivo ricopre anch'esso una certa importanza, poiché è fuor di dubbio che lo svolgimento di un'attività diversa è del tutto ininfluente per le amministrazioni aggiudicatrici (e per gli organismi di diritto pubblico), ugualmente tenute ad indire pubbliche gare per l'approvvigionamento di beni e servizi. La norma in commento, in realtà, rileva unicamente per le imprese pubbliche, dal momento che esse sono tenute a rispettare gli obblighi di gara esclusivamente nei casi in cui intendano affidare contratti inerenti i settori speciali (vedi par. 5 sul riparto di giurisdizione). Problemi attuali: l'art. 14 e la disciplina Europea in materia di concessioni non strumentaliAutorevole dottrina sostiene che il legislatore, con l'articolo in commento, abbia ”mal recepito” l'art. 10 della direttiva n. 2014/23/UE e l'art. 19 della direttiva n. 2014/25/UE. Più precisamente, il tenore testuale dell'art. 14 sarebbe difforme dalle disposizioni Eurounitarie che intendeva recepire e sarebbe, pertanto, in parte qua illegittimo (Follieri, pp. 256-257). Da un lato, è stato evidenziato come i) l'art. 10, par. 10, della direttiva n. 2014/23/UE includa nell'ambito applicativo della disciplina comune le concessioni non strumentali alle attività svolte dagli enti aggiudicatori, disponendo unicamente l'esclusione delle concessioni «aggiudicate dagli enti aggiudicatori per l'esercizio delle loro attività in un Paese terzo» purché non implicanti lo sfruttamento materiale di una rete o di un'area geografica ricadente all'interno dell'Unione, e come, del resto, ii) l'esclusione delle concessioni non strumentali alle attività di cui ai settori speciali non possa essere ricavata dalla direttiva n. 2014/25/UE, dal cui ambito applicativo le concessioni evidentemente esulano. In tal guisa, la parte dell'art. 14, che esclude le concessioni non strumentali alle attività svolte dagli enti aggiudicatori nei settori speciali, ridurrebbe l'ambito applicativo della disciplina di derivazione Eurounitaria sull'aggiudicazione delle concessioni e dovrebbe, pertanto, essere disapplicata (Follieri, p. 257). Peraltro, la medesima dottrina ha evidenziato altresì come l'esclusione prevista dall'art. 10, par. 10, della direttiva n. 2014/23/UE sia recepita all'interno dell'art. 18 del Codice, cosicché l'estensione alle concessioni della portata applicativa dell'art. 14 sarebbe in parte illegittima ed in parte inutile (Follieri, p. 257). Dall'altro lato, è stato rilevato che l'art. 19 della direttiva n. 2014/25/UE riferisce l'esclusione ivi disposta alle sole norme dettate per i settori speciali e non già all'intera disciplina Eurounitaria. Per tale ragione, dovrebbe ritenersi illegittima (e meritevole di disapplicazione) anche la parte dell'art. 14 del Codice che estende l'esclusione ivi prevista a tutte le disposizioni codicistiche (Follieri, p. 257). Questioni applicative1) A quale giudice spetta la cognizione delle controversie sulle procedure indette dalle imprese pubbliche estranee ai settori speciali? Si è fin qui rilevato che l'impresa pubblica, operante nell'ambito di uno qualsiasi di detti settori, non potrà ritenersi soggetta ad alcun obbligo di evidenza pubblica quando intende affidare un contratto non strumentale alle proprie attività istituzionali. Come anticipato, è proprio in tema di appalti posti in essere da enti aggiudicatori dei settori speciali in ambiti diversi da quest'ultimi che la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di precisare che i contratti di cui all'art. 217, d.lgs. n. 163/2006 (ora art. 14 del Codice) costituiscono una categoria diversa dagli appalti cc.dd. esclusi (sull'interpretazione dell'art. 217 d.lgs. 163/2006, v. Cons. St. VI, n. 2919/2011; cfr. T.A.R. Campania, Napoli I, n. 1419/2013). Infatti, gli appalti esclusi stricto sensu sono contratti identificati dal Codice sulla base di un loro specifico oggetto, mentre quelli in commento costituiscono una categoria residuale che ricomprende qualsiasi appalto (recte, oggetto) «estraneo». Sul punto, l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (Cons. St., Ad. plen., n. 16/2011), ha statuito che «gli appalti “esenti” sono quelli in astratto rientranti nei settori di intervento delle direttive, ma che ne vengono esclusi per ragioni latu sensu di politica comunitaria, quali, ad es., gli appalti segretati, o i servizi di arbitrato e conciliazione, o acquisto o locazione di terreni e fabbricati, e le stesse concessioni di servizi», mentre «gli appalti “estranei” sono quelli esclusi perché sono del tutto al di fuori dei settori di intervento delle direttive o dello stesso ordinamento comunitario, quali gli appalti da eseguirsi al di fuori del territorio dell'Unione (art. 15, direttiva 2004/18/CE e art. 22, direttiva 2004/17/CE), o quali gli appalti aggiudicati dagli enti aggiudicatori dei settori speciali per fini diversi dall'esercizio delle attività nei settori speciali (art. 20, Dir. 2004/17/CE)». Ciò premesso, il Supremo Consesso della giustizia amministrativa continuava stabilendo che «avuto riguardo agli appalti di cui all'art. 217, codice appalti, aggiudicati per scopi diversi dalle attività dei settori speciali, delle due l'una: a) o l'ente aggiudicatore è un'amministrazione aggiudicatrice, e in tal caso l'appalto, estraneo al settore speciale, ricade nei settori ordinari e dunque nel raggio di azione della direttiva 2004/18/CE; b) o l'ente aggiudicatore è un'impresa pubblica, ossia un soggetto di diritto privato, e in tal caso l'appalto, estraneo al settore speciale, non ricade nei settori ordinari e dunque nel raggio di azione della direttiva 2004/18/CE, che non contempla tra le stazioni appaltanti le imprese pubbliche; e neppure ricade sotto i principi dei Trattati, al cui rispetto devono ritenersi tenuti i medesimi soggetti tenuti all'osservanza delle direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE in relazione agli appalti da esse «esclusi», ma non anche in relazione agli appalti ad esse del tutto estranei. In conclusione, l'art. 27, codice appalti, letto alla luce della giurisprudenza della Corte giustizia CE, impone il rispetto dei principi del Trattato a tutela della concorrenza, ai soggetti tenuti al rispetto del codice appalti, in relazione ai contratti «esclusi» ma non anche ai contratti del tutto «estranei» agli scopi e all'oggetto del codice e delle direttive comunitarie. Alla luce delle medesime considerazioni, si deve escludere che agli appalti «estranei» ai settori speciali, di cui all'art. 217, codice appalti (art. 20, Dir. 2004/17/CE), posti in essere da imprese pubbliche, siano estensibili «i principi dei Trattati» a tutela della concorrenza». Sul tema della giurisdizione, v. T.A.R. Lazio, Roma, II ter, 16 dicembre 2011, n. 9844, secondo cui «sussiste la giurisdizione del giudice ordinario nella controversia riguardante una gara per l'affidamento di servizi di vigilanza armata e accoglienza relativamente agli uffici di Acea S.p.A., da qualificarsi come impresa pubblica ai sensi dell'art. 3, comma 28, del d.lgs. n. 163/2006, trattandosi di un appalto estraneo all'attività dell'ente aggiudicatore di cui all'art. 217 del predetto Codice dei contratti. Pertanto, va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore di quello ordinario, presso il quale la controversia può essere proseguita ai sensi dell'art. 11 del CPA». Mutatis mutandis, quanto appena richiamato trova applicazione anche sotto la vigenza dell'art. 14 in esame e, alla luce di ciò, essendo l'appalto «estraneo» tanto ai settori speciali, quanto ai settori ordinari e allo stesso art. 14 – ed essendo altresì sottratto ai principi dei Trattati –, va affermato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e, per converso, ammessa la giurisdizione del giudice ordinario. 2) Coincidono le nozioni di strumentalità sposate dal Consiglio di Stato e dalla Corte di Giustizia? La nozione di strumentalità sposata dall'Adunanza Plenaria 16/2011 – che si riteneva oramai consolidata nel nostro ordinamento – risulta oggi drasticamente limitata nella sua applicazione dalla recente sentenza della Corte giustizia Europea, V, 28 ottobre 2020, n. C-521/18, concernente la fornitura di servizi di portierato, reception e presidio varchi per le sedi dei prestatori di servizi postali, quali Poste Italiane e altre società del gruppo. Infatti, la Corte di Giustizia Europea, dopo avere preliminarmente segnalato che, secondo “l'art. 13, par. 1, la direttiva 2014/25 si applica alle attività relative alla prestazione, da un lato, di servizi postali e, dall'altro, di altri servizi diversi da quelli postali, purché tali altri servizi siano forniti da un ente che presta anche servizi postali, ha rilevato, quanto alle nozioni di «servizi postali» e di «altri servizi diversi da quelli postali», che esse sono definite all'art. 13, par. 2, lettere b) e c), di tale direttiva come aventi ad oggetto servizi consistenti in raccolta, smistamento, trasporto e distribuzione di invii postali, e, rispettivamente, servizi di gestione di servizi postali nonché servizi relativi a invii diversi dagli invii postali, come la spedizione di invii pubblicitari privi di indirizzo”. In tale prospettiva, i Giudici Europei hanno segnalato che occorre considerare che rientrano tra le attività relative alla prestazione di servizi postali, ai sensi di tale disposizione, tutte le attività che servono effettivamente all'esercizio dell'attività rientrante nel settore dei servizi postali, consentendo la realizzazione in maniera adeguata di tale attività, tenuto conto delle sue normali condizioni di esercizio. Ebbene, la chiara estensione operata dalla Corte di Giustizia dell'applicazione delle direttive Europee in materia di affidamento dei contratti nei cc.dd. settori speciali anche ai rapporti contrattuali relativi agli “uffici utilizzati per lo svolgimento di funzioni amministrative”, determina un evidente restringimento del concetto di “contratti estranei” coniato dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella sent. n. 16/2011, posto che i giudici italiani avevano statuito la non applicabilità delle previsioni Europee in materia di affidamento dei contratti assegnati dalle imprese pubbliche nel caso di prestazioni che l'appaltatore era chiamato a rendere in relazione ad uffici in cui non vi sia la presenza di utenti finali, tesi, questa, di fatto smentita dalla pronuncia del 28 ottobre 2020, n. C-521/18. Quindi il Titolo VI, capo I del d.lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) si applica a tutti i contratti assegnati dalle imprese pubbliche operanti nei cc.dd. settori speciali, laddove le relative prestazioni abbiano una qualche attinenza – anche indiretta – ad una o più delle attività di cui agli artt. da 115 a 121 del medesimo d.lgs. n. 50/2016, e ciò indipendentemente dal fatto che le predette prestazioni debbano essere svolte in luoghi in cui vi sia “contatto” con l'utenza servita. È di tutta evidenza, pertanto, che in conseguenza di tale rilevante pronuncia, il concetto di “contratti estranei” all'applicazione delle direttive e del Codice dei contratti pubblici, nell'accezione fornita dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, sebbene non del tutto espunto dal nostro ordinamento, risulta oggi di fatto emarginato a circostanza del tutto eccezionale, come tale di limitatissima applicazione. BibliografiaCaringella, Protto (a cura di), Il codice dei contratti pubblici dopo il correttivo, Roma, 2017; D'Ottavi, Princìpi relativi all'affidamento dei contratti esclusi, in Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), Trattato dei contratti pubblici, Roma, 2021; Follieri, Contratti esclusi, in Clarich (a cura di), Commentario al Codice dei Contratti Pubblici, Torino, 2019; Viola, Forme contrattuali non regolate in tutto o in parte dal Codice, in Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), I contratti pubblici, Roma, 2021. |