Decreto legislativo - 18/04/2016 - n. 50 art. 60 - (Procedura aperta) 1 2[1. Nelle procedure aperte, qualsiasi operatore economico interessato può presentare un'offerta in risposta a un avviso di indizione di gara. Il termine minimo per la ricezione delle offerte è di trentacinque giorni dalla data di trasmissione del bando di gara. Le offerte sono accompagnate dalle informazioni richieste dall'amministrazione aggiudicatrice per la selezione qualitativa. 2. Nel caso in cui le amministrazioni aggiudicatrici abbiano pubblicato un avviso di preinformazione che non sia stato usato come mezzo di indizione di una gara, il termine minimo per la ricezione delle offerte, come stabilito al comma 1, può essere ridotto a quindici giorni purché siano rispettate tutte le seguenti condizioni: a) l'avviso di preinformazione contiene tutte le informazioni richieste per il bando di gara di cui all'allegato XIV, parte I, lettera B, sezione B1, sempreché queste siano disponibili al momento della pubblicazione dell'avviso di preinformazione; b) l'avviso di preinformazione è stato inviato alla pubblicazione da non meno di trentacinque giorni e non oltre dodici mesi prima della data di trasmissione del bando di gara. 2-bis. Le amministrazioni aggiudicatrici possono ulteriormente ridurre di cinque giorni il termine di cui al comma 1 nel caso di presentazione di offerte per via elettronica 3. 3. Le amministrazioni aggiudicatrici possono fissare un termine non inferiore a quindici giorni a decorrere dalla data di invio del bando di gara se, per ragioni di urgenza debitamente motivate dall'amministrazione aggiudicatrice, i termini minimi stabiliti al comma 1 non possono essere rispettati.] [1] Articolo abrogato dall'articolo 226, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023, come stabilito dall'articolo 229, comma 2. Per le disposizioni transitorie vedi l'articolo 225 D.Lgs. 36/2023 medesimo. [2] Vedi l'articolo 7-ter, comma 1, lettera b), del D.L. 8 aprile 2020, n. 22, convertito con modificazioni, dalla Legge 6 giugno 2020, n. 41. [3] Comma inserito dall'articolo 39, comma 1, del DLgs. 19 aprile 2017, n. 56. InquadramentoL'art. 60 disciplina la procedura aperta, che è definita nel comma 1 come quella in cui qualsiasi operatore interessato può presentare un'offerta in risposta ad un avviso di indizione di gara (la formulazione riproduce la nozione di cui all'art. 3 comma 1 lett. sss), ovvero alla pubblicazione del bando di gara. Tutti commi dell'art. 60 riproducono pedissequamente il contenuto dell'art. 27 della direttiva 2014/24, il quale, in disparte la predetta definizione, si occupa di disciplinare i termini di presentazione delle offerte. Va precisato peraltro che l'unica difformità concerneva, originariamente, il mancato recepimento del par. 4 dell'art. 27 della Direttiva, secondo cui l'amministrazione aggiudicatrice può ridurre di cinque giorni il termine per la ricezione delle offerte, se accetta che le offerte possono essere presentate per via elettronica. L'art. 39 del decreto correttivo (d.lgs. n. 56/2017), ha colmato la lacuna, inserendo nel corpo dell'art. 60 il comma 2-bis che ora prevede tale facoltà di abbreviazione. La procedura aperta quale schema generale di garanzia della concorrenzaLa procedura aperta costituisce il «modello di affidamento dei contratti pubblici per antonomasia perché rispondente alle esigenze di apertura del mercato e di tutela della concorrenza perseguite dall'ordinamento europeo e nazionale» (Guccione): essa è infatti caratterizzata dalla circostanza che tutti gli interessati possono formulare la domanda di partecipazione, mancando una fase preliminare di qualificazione, come in quella «ristretta». Invero il filtro nella platea dei partecipanti è costituito, in questo caso, non da una fase procedimentale, ma, in concreto, dalla fissazione nel bando di gara dei requisiti di ordine generale di qualificazione. Sul punto la giurisprudenza ha sempre riconosciuto in capo all'amministrazione il potere discrezionale di fissare requisiti di qualificazione anche superiori rispetto a quelli previsti dalla legge, purché ragionevoli ed adeguati rispetto allo specifico appalto; la valutazione discrezionale, evincibile dall'art. 80 (al cui commento si rinvia), deve pertanto ritenersi connotata «da riferimenti logici e giuridici che derivano dalla garanzia di rispetto di principi fondamentali altrettanto necessari nell'espletamento delle procedure di gara, quali quelli della più ampia partecipazione e del buon andamento dell'azione amministrativa» (T.A.R. Lazio (Roma) II, n. 3723/2011). Cosicché, anche il sindacato giudiziale deve aver riguardo al caso specifico: in particolare, è stata ritenuta illegittima e incompatibile con la natura aperta della procedura la fissazione di un fatturato specifico realizzato con fornitura di beni di natura identica a quelli oggetto di gara ‒ nel caso specifico, apparecchiature ecotomografiche ‒, perché eccessivamente restrittivo rispetto al fatturato minimo nel settore di attività oggetto di appalto, che riguardava, in senso più ampio, sistemi e le apparecchiature di diagnostica per immagini (T.A.R. Sicilia (Palermo) II, 2712/2020); mentre è stata ritenuta legittima la previsione tra i requisiti di partecipazione di un fatturato tre volte maggiore del valore stimato, se giustificato dalla specifica tipologia della prestazione (nel caso di specie, si trattava di una concessione di servizi) e dalla considerazione che si trattava di un valore messo a gara solo «stimato» (T.A.R. Calabria (Catanzaro) I, n. 963/2017). Va peraltro anche osservato che, come da ultimo ribadito, nella fase pubblicistica della procedura ad evidenza pubblica, la stazione appaltante è tenuta a rispettare, quale autorità, le regole c.d. di validità che disciplinano l'esercizio del potere volto al perseguimento dell'interesse pubblico affidato in cura (e la cui violazione si risolve nell'illegittimità degli atti, annullabili o nulli); ma, contemporaneamente, quale aspirante contraente che ha formalmente avviato le trattative, anche le regole c.d. di responsabilità che disciplinano l'agire negoziale nell'ambito di tale fase pre-negoziale; regole che discendono dai principi di buona fede e correttezza, riconducibili all'art. 2 Cost, con specifico riguardo alle trattative negoziali, agli artt. 1337 e 1338 c.c. e, ora, positivizzati anche nel rapporto tra amministrazione e privati ai sensi dell'art. 1 comma 2-bis della l. n. 241/90 (T.A.R. Lazio (Roma) II, n. 3063/2021; con tale sentenza, è stata accolta l'azione di risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale avanzata da un consorzio partecipante ad una gara bandita da Consip s.p.a. che non aveva tempestivamente avvisato i partecipanti dell'avvenuta impugnativa del bando e del suo conseguente annullamento, con sentenza anche passata in giudicato). Ratio della previsione di termini minimiLa procedura aperta prende l'abbrivio dalla pubblicazione del bando di gara, che rappresenta la condizione di partecipazione degli operatori economici alla gara ad evidenza pubblica (art. 59, comma 5) e che deve essere conforme ai bandi tipo adottati dall'ANAC, salvo l'onere di motivazione in relazione a specifici scostamenti (ex art. 71, al cui commento si rinvia). Il bando di gara deve contenere tutte le informazioni di cui all'allegato XIV, Parte I, lett. C, e deve essere pubblicato secondo le forme disciplinate dagli artt. 72 e 73, per gli appalti sopra soglia, e dall'art. 36, comma 9, d.lgs. n. 50/2016, per gli appalti sotto soglia. La domanda di partecipazione degli aspiranti concorrenti pertanto deve essere presentata nel rispetto delle modalità e dei termini indicati dall'avvio di indizione di gara. L'art. 60, come la corrispondente norma di cui all'art. 27 della Direttiva, si incentra sulla disciplina dei termini minimi la quale è volta a conciliare l'esigenza generale di prevedere una tempistica definita della procedura selettiva con quella delle imprese di poter disporre di un tempo ragionevole per poter operare le proprie valutazioni e predisporre l'offerta e la documentazione. Invero, il legislatore eurounitario, con una ottimistica visione della efficienza e capacità degli operatori di rispondere alle «domande» di beni, servizi e lavori, come veicolate nei bandi di gara, mediante la predisposizione in tempi rapidi di adeguate e valide offerte tecniche ed economiche, ha ritenuto con una presunzione iuris ed de iure che il termine minimo di trentacinque giorni, riducibile peraltro nelle ipotesi previste ai commi 2 e ss. dell'art. 60, sia un termine adeguato in tal senso. Quelli indicati nell'articolo in commento (e, nei successivi artt. 61, 62, 64 e 65) sono infatti termini minimi. Nel fissare il termine massimo di scadenza per la presentazione delle offerte l'amministrazione è titolare di un potere discrezionale, sindacabile secondo il canone della proporzionalità e ragionevolezza, poiché lo stesso legislatore prevede che i «termini per la ricezione delle domande di partecipazione e delle offerte» devono essere fissati tenendo conto «della complessità dell'appalto e del tempo necessario per preparare le offerte» (art. 79 comma 1, cui si rinvia anche per le ulteriori disposizioni di dettaglio; cfr. in particolare comma 5-bis relativa alla possibile sospensione del termine in caso di mal funzionamento dei mezzi di comunicazione elettronica). Il termine minimo per la presentazione delle offerte tra regole ed eccezioniIl secondo periodo del comma 1 dell'art. 60 prevede anzitutto come regola generale un termine dilatorio minimo di trentacinque giorni dalla data di trasmissione del bando di gara (ovvero dalla trasmissione del bando che ai sensi dell'art. 72 è effettuata per via elettronica all'Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea, con conseguente pubblicazione secondo quanto previsto dal comma 2 del medesimo art. 72). Si tratta di un termine previsto dalla Direttiva e inferiore a quello di cinquantadue giorni di cui al d.lgs. n. 163/2016 (art. 70 che a sua volta riproduceva la prescrizione dell'art. 38 della Direttiva 2004/18/CE). Il termine minimo può essere abbreviato e ridotto sino a quindici giorni nel caso di due particolari situazioni: – qualora le amministrazioni aggiudicatrici abbiano pubblicato un avviso di preinformazione che non sia stato usato come mezzo di indizione di una gara, che sia stato inviato alla pubblicazione da non meno di trentacinque giorni e non oltre dodici mesi prima della data di trasmissione del bando di gara e che contenga tutte le informazioni richieste per il bando di gara di cui all'allegato XIV, parte I, lett. B, sezione B1 (comma 2); – qualora, per ragioni di urgenza debitamente motivate dall'amministrazione aggiudicatrice, il termine minimo di trentacinque giorni non possa essere rispettato (comma 3); Se la presentazione delle offerte avviene per via elettronica il termine di trentacinque giorni può ridursi a trenta giorni, ai sensi del comma 2-bis. Invero, Il d.lgs. n. 50/2016, in un'ottica pro-concorrenziale e di tutela della trasparenza, consente alle P.A. di prorogare il termine di presentazione delle offerte a patto che la proroga sia perfezionata prima della scadenza di detto termine. Tale principio è stato affermato anche a livello giurisprudenziale, dove è stato chiarito che, per principio generale a tutela della par condicio dei concorrenti, la proroga di un termine può essere accordata soltanto in pendenza del termine stesso, e non successivamente alla scadenza di quest'ultimo. Il Codice, all'art. 79, contempla peraltro una serie di ipotesi a fronte delle quali i termini sono superiori rispetto ai minimi ordinari La generale riduzione dei termini procedimentali prevista dal cd. decreto SemplificazioniLa previsione di un termine minimo per la presentazione delle offerte, di gran lunga inferiore a quello previsto nel sistema normativo previgente, è volta a garantire la rapidità della fase iniziale delle procedure. Tuttavia, l'esigenza di accelerazione delle procedure non aveva condotto il legislatore eurounitario – né quello nazionale in attuazione – alla previsione anche di un termine generale di conclusione del procedimento di gara. In merito però da ultimo è intervento il d.l. n. 76/2020, che ha introdotto una disciplina speciale sui termini per le procedure ad evidenza pubblica di valore superiore alle soglie di rilevanza comunitaria, la cui delibera a contrarre o altro atto di avvio del procedimento siano stati adottati, secondo la normativa vigente, entro il 30 giugno 2023 stabilendo: a) un termine massimo di sei mesi dalla data di adozione dell'atto di avvio per l'adozione dell'aggiudicazione o comunque per l'individuazione del contraente; da qualificarsi peraltro, in mancanza di specificazione, non perentorio (art. 2, comma 1; in particolare, l'art. 8 comma 2 del Decreto stabilisce che le gare per le quali sia scaduto al 22 febbraio 2020 il termine per la presentazione delle offerte devono essere concluse con un provvedimento di aggiudicazione il 30 giugno 2023 (termine originariamente individuato nel 31 dicembre 2021, ma successivamente prorogato dall'art. 51, comma 1, lett. b), n. 1), del d.l. 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla l. 29 luglio 2021, n. 108;); b) la generale possibilità di avvalersi dei termini ridotti, richiamando l'art. 8 lett. c) del medesimo decreto secondo cui «in relazione alle procedure ordinarie, si applicano le riduzioni dei termini procedimentali per ragioni di urgenza di cui agli artt. 60, comma 3, 61, comma 6, 62 comma 5, 74, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 50/2016», specificando che «nella motivazione del provvedimento che dispone la riduzione dei termini non è necessario dar conto delle ragioni di urgenza, che si considerano comunque sussistenti». La generale contrazione degli ordinari termini per tutte le procedure ordinarie, compresi quelli già molto brevi per la presentazione delle offerte ha suscitato perplessità in dottrina, poiché, trattandosi di appalti sopra-soglia, essa potrebbe comportare in concreto una minore partecipazione da parte degli operatori stranieri e quindi un vulnus allo stesso principio di concorrenza cui deve ispirarsi il legislatore nel settore dei contratti pubblici. L'inversione procedimentale tra verifica amministrativa e valutazione delle offerteL'art. 133 comma 8 prevede che, per i settori speciali, nelle procedure aperte, gli enti aggiudicatori possono decidere che le offerte saranno esaminate prima della verifica dell'idoneità degli offerenti. In tal caso, devono però indicare nel bando di gara o nell'avviso che eserciteranno tale facoltà (onere di pubblicità introdotto in sede di correttivo), e in ogni caso devono garantire che «la verifica dell'assenza dei motivi di esclusione e del rispetto dei criteri di selezione sia effettuata in maniera imparziale e trasparente, in modo che nessun appalto sia aggiudicato ad un offerente che avrebbe dovuto essere escluso a norma dell'art. 136 o che non soddisfa i criteri di selezione stabiliti dall'amministrazione aggiudicatrice». Sul presupposto che l'istituto di inversione procedimentale, ovvero la possibilità di anteporre la fase di esame delle offerte a quella di verifica della documentazione amministrativa, costituisca strumento procedimentale di semplificazione e speditezza, tale facoltà è stata estesa anche alle procedure ordinarie nei settori ordinari per effetto dell'entrata in vigore dell'art. 1 comma 3 del d.l. n. 32/2019 convertito nella l. n. 55/2019 secondo cui «fino al 31 dicembre 2021 si applica anche ai settori ordinari la norma prevista dall'art. 133, comma 8, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, per i settori speciali» (il termine finale, originariamente fissato al 31 dicembre 2020, è stato prorogato al 31 dicembre 2021 per effetto del d.l. n. 76/2020, e successivamete ancora esteso al 30 giugno 2023 dall'art. 51, comma 1, lett. b), n. 1), d.l. 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla l. 29 luglio 2021, n. 108). Pertanto, almeno fino alla predetta data, le amministrazioni possono optare – solo nelle procedure aperte – per tale meccanismo di inversione, senza alcuna distinzione con riguardo al criterio di aggiudicazione e salvo l'onere di pubblicizzare ex ante l'intenzione di adottare tale schema procedimentale nella lex specialis. Invero, il legislatore aveva introdotto analoga facoltà per tutte le procedure sotto soglia (negoziate e non), ma in sede di conversione il legislatore – recependo le preoccupazioni espresse dall'ANAC nel documento di analisi del d.l. 76/2020 – è tornato sui suoi passi, eliminandola per le gare sottosoglia e contestualmente introducendola nei settori ordinari, e limitatamente alle procedure aperte (quale che sia il criterio di aggiudicazione) e a tempo. La questione è stata invero esaminata anche dalla Corte cost. con sent. n. 39/2020 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, ai sensi dell'art. 117 comma 2 lett. e) Cost., dell'art. 1 della legge Reg. Toscana n. 46/2018 che aveva inserito nella legge Reg. n. 38/2007 («norme in materia di contratti pubblici e relative disposizioni di sicurezza e regolarità del lavoro») l'art. 38-ter, in forza del quale nelle procedure negoziate sottosoglia regolate dal minor prezzo, le stazioni appaltanti potevano decidere se esaminare la documentazione amministrativa dopo l'offerta. La Corte, senza intervenire nel merito della sussistenza di un principio di sequenzialità logica e giuridica tra verifica amministratiova e valutazione dell'offerta (in relazione al quale però dà conto degli orientamenti giurisprudenziali: Cons. St., V, n. 6017/2019, secondo cui tale inversione darebbe luogo ad una mera irregolarità; contra T.A.R. Toscana (Firenze), II, n. 1391/2018) ha riaffermato il principio secondo cui la disciplina delle procedure di gara è ricondicibile alla materia della tutela della concorrenza, di esclusiva competenza legislativa statale, senza che abbia alcun rilievo la distinzione tra contratti sopra o sotto la soglia dell'importo individuato dall'art. 35; ha precisato che «la scelta di consentire o meno l'inversione procedimentale implica un delicato bilanciamento fra le esigenze di semplificazione e snellimento delle procedure di gara e quelle, fondamentali, di tutela della concorrenza, della trasparenza e della legalità delle medesime procedure, bilanciamento che non può che essere affidato al legislatore nazionale nell'esercizio della sua competenza esclusiva in materia, quale garanzia di uniformità della disciplina su tutto il territorio nazionale»; ha quindi concluso per la illegittimità della norma regionale per la violazione del criterio di ripartizione della competenza legislativa in materia di contratti pubblici. Da ultimo, è stato precisato che nell'ipotesi in cui l'amministrazione opti per l'inversione procedimentale, e la fase di verifica si concluda con esito negativo per il soggetto che era stato individuato come miglio offerente in sede di valutazione (preliminare) delle offerte con la sua conseguente esclusione, non debba procedersi al ricalcolo della soglia di anomalia, dovendosi applicare anche in tal caso il principio della cd. «cristallizzazione» della soglia previsto dall'art. 95 comma 15. Tale conclusione è avvalorata sia dall'evoluzione storica della normativa, poiché l'originaria facoltà di ricalcolo prevista in relazione all'art. 133, comma 8, dal d.l. n. 32/2019 è stata poi eliminata in sede di conversione; sia dalla finalità acceleratoria perseguita dall'inversione procedimentale, che sarebbe frustrata dall'obbligo di procedere al ricalcolo all'esito (negativo) della verifica procedimentale dopo la valutazione dell'offerta (T.A.R. Puglia (Bari), I, n. 123/2021). Questioni applicative1) Il termine per la presentazione dell'offerta di appalto integrato: una lacuna sopravvenuta? In linea con l'originario impianto del codice che prevedeva come regola generale il divieto di appalto integrato ex art. 59 comma 1, il legislatore non aveva previsto un termine superiore a quello ordinario qualora l'offerta avesse ad oggetto, oltre che l'esecuzione, anche la progettazione dei lavori. Emergeva peraltro una differenza netta con la previgente disposizione dell'art. 70 comma 6 del d.lgs. n. 163/2006 che invece prevedeva due termini diversi di sessanta e di ottanta giorni, rispettivamente nell'ipotesi di affidamento congiunto con la progettazione esecutiva o anche con quella definitiva. Con l'evoluzione normativa che ha condotto ad un progressivo ampliamento della possibilità di ricorrere all'appalto integrato, fino alla «sospensione» ad tempus del divieto, la mancanza di una disciplina specifica circa il termine minimo per la presentazione di un'offerta di appalto integrato costituisce una lacuna che può essere colmata solo in via interpretativa, valorizzando il principio di proporzionalità rispetto alla complessità della commessa che si evince dall'art. 79 comma 1, potendo ritenersi illegittimi bandi di gara, specie di una procedura aperta, che prevedano termini di presentazione tali da non riconoscere agli operatori un tempo adeguato per la formulazione di offerte congiunte di progettazione e esecuzione, di per sé certamente più complesse di offerte relative alla mera esecuzione di progetti posti a base di gara. BibliografiaCaringella, Manuale dei contratti pubblici. Principi e applicazioni, Roma, 2019; Contessa, Le novità del «decreto semplificazioni», ovvero: nel settore dei contratti pubblici esiste ancora un «codice»? in Urb. e appalti, 2020, 6, 757; Galli, I contratti pubblici, in Giorn. dir. amm., 2020, 6, 727; Guccione Le procedure ordinarie: procedure aperte e procedure ristrette, in Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), Trattato dei contratti pubblici, Roma, 2021; Mastragostino, Diritto dei contratti pubblici. Assetto e dinamiche evolutive alla luce del nuovo codice, del decreto correttivo 2017 e degli atti attuativi, Torino, 2017; Taglianetti, La normativa in materia di contratti pubblici e la tela di penelope, in Giorn. dir. amm., 2020, 2, 155. |