La possibile applicazione della transazione fiscale al concordato fallimentare
22 Dicembre 2021
Non esiste alcuna norma di legge che consenta di estendere al concordato fallimentare le regole previste dall'art. 182-ter l. fall. in tema di transazione fiscale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti. Sulla possibilità di prevedere pagamenti falcidiati nei confronti dei creditori privilegiati in ambito di concordato fallimentare dispone, in via generale (e, dunque, senza alcun riferimento ai crediti fiscali-contributivi), l'art. 124, comma 3, l. fall. Secondo tale norma, la proposta di concordato fallimentare può prevedere un soddisfacimento parziale dei crediti prelatizi, a condizione che il relativo trattamento non sia peggiorativo rispetto a quanto realizzabile in sede di liquidazione dei beni e/o diritti su cui sussista la prelazione, previa attestazione dell'esperto ex art. 67, comma 3, lett. d), l. fall., designato dal Tribunale. In ogni caso, il trattamento previsto nella proposta di concordato fallimentare con riferimento a ciascuna classe di creditori non può determinare alterazioni nell'ordine delle cause legittime di prelazione. Per contro, l'art. 182-terl. fall., come modificato dalla L. n. 232/2016 (con efficacia 1° gennaio 2017), consente il soddisfacimento parziale dei crediti tributari-privilegiati, in presenza dei presupposti ivi indicati ed a condizione che la proposta transattiva sia contenuta nel piano. Quanto premesso, non può sussistere - né può esser ammesso -, in ambito di concordato fallimentare, un generalizzato divieto di falcidia dei crediti fiscali-contributivi. Ciò contrasterebbe, da un lato, con la previsione generale ex art. 124, comma 3, l. fall., norma in base alla quale - come ricordato - può essere previsto un soddisfacimento parziale dei crediti prelatizi (purché il relativo trattamento non sia peggiorativo rispetto all'alternativa liquidazione). Dall'altro lato, il divieto di falcidia dei crediti fiscali-contributivi contrasterebbe con il precetto di non alterazione delle cause legittime di prelazione, come previsto dallo stesso art. 124, comma 3, l. fall. Non è dunque ipotizzabile che il creditore pubblico possa beneficiare, in sede di concordato fallimentare, di un “super-privilegio”: ciò si porrebbe fra l'altro in contrasto con i principi statuiti dalla giurisprudenza comunitaria, come recepiti dal legislatore nazionale con L. n. 232/2016. È allora da chiedersi se la falcidia dei crediti fiscali-contributivi in ambito di concordato fallimentare debba avvenire secondo lo schema sostanziale ex art. 182-terl. fall., integrato dal legislatore dell'emergenza in punto di cram down, oppure in forma “libera”, al di fuori, cioè, dell'istituto della transazione fiscale, in questo caso senza possibilità per il proponente di accedere alla ristrutturazione “forzosa” dei crediti erariali-contributivi. È possibile ritenere che la falcidia dei suddetti crediti in ambito di concordato fallimentare debba seguire e rispettare le “regole” che disciplinano la transazione fiscale-contributiva ex art. 182-ter l. fall., e ciò avuto riguardo alla funzione che riveste la sopra citata norma nel contesto concorsuale. Tale disposizione individua precisi limiti alla possibilità di soddisfacimento non integrale del credito erariale-contributivo, nella particolare prospettiva degli enti pubblici e, dunque, nel loro interesse. Il legislatore, con riferimento ai crediti pubblici privilegiati, ha previsto che il trattamento non sia peggiorativo, in termini di quantum, tempi di pagamento ed eventuali garanzie, rispetto a quello offerto ai creditori con grado di privilegio inferiore ovvero, in caso di formazione di classi, a coloro che abbiano posizione giuridica ed interessi economici omogenei a quelli degli enti pubblici. Con riferimento ai crediti erariali-contributivi aventi natura chirografaria, il trattamento non può essere diverso rispetto a quello proposto agli altri creditori chirografari ovvero, nel caso di formazione di classi, rispetto a coloro nei confronti dei quali sia previsto un trattamento più favorevole. L'art. 182-ter, comma 1, ultimo periodo, l. fall. prevede, poi, che laddove il debitore proponga il pagamento parziale di un credito tributario-contributivo avente natura privilegiata, la quota di credito non soddisfatta, una volta degradata in chirografo, debba essere inserita in un'apposita classe. Il legislatore, con la transazione in oggetto, attesa l'obbligatorietà del classamento del credito erariale-contributivo, ha di fatto statuito la possibilità per l'ente pubblico di proporre opposizione all'eventuale omologa della procedura ogni qualvolta il proponente preveda un soddisfacimento non integrale del credito di titolarità del creditore statale. Qualora si ritenesse di non considerare “estendibile” la transazione fiscale-contributiva all'ambito del concordato fallimentare, la posizione degli enti pubblici sarebbe equiparata a quella di ogni altro creditore, valendo - con riferimento all'approvazione della proposta ed al giudizio di omologazione - le regole previste dagli artt. 128, comma 1, ultimo periodo, l. fall. (facoltatività di classamento) e 129, comma 5, l. fall. (mancanza di cram down in caso di assenza di classi). Il legislatore, con la transazione fiscale-contributiva, ha dunque inteso regolare la posizione dei creditori pubblici, chiamandoli ad esprimersi - all'interno di un set di norme conformato allo stesso interesse pubblicistico - secondo criteri “oggettivi”, correlati a valutazioni di natura strettamente tecnica in ordine ai profili di convenienza della proposta di trattamento. Per le ragioni di cui sopra, si ritiene che il trattamento dei crediti tributari-contributivi in ambito di concordato fallimentare - il quale, al di là delle differenze “teleologiche” rispetto al concordato preventivo, pur ne segue lo schema procedurale - debba conformarsi all'iter di cui all'art. 182-ter l. fall., così come integrato, in punto di ristrutturazione “forzosa”, dal D.L. n. 125/2020. Sotto quest'ultimo profilo, una delle finalità che ha indotto il legislatore dell'emergenza ad introdurre nel vigente ordinamento concorsuale il cram down fiscale-contributivo è stata quella di prevenire che l'ente pubblico si determini a non accettare proposte di trattamento più convenienti rispetto alle alternative liquidatorie, “trincerandosi” dietro non giustificabili dinieghi. In conformità a quanto sopra, applicare in via analogica al concordato fallimentare le norme sul cram down fiscale-contributivo previste per il concordato preventivo, gli accordi di ristrutturazione dei debiti ed il sovraindebitamento, consentirebbe di ricondurre al foro concorsuale, in modo integrale e con completezza sistematica, la cognizione sul diniego dell'ente pubblico. Del resto, per concludere, un differente trattamento nel concordato fallimentare rispetto a quello preventivo non potrebbe essere giustificato per la circostanza che (solo) la seconda procedura sarebbe funzionale al mantenimento degli assetti produttivi e, più in generale, alla continuità aziendale, dato che, da un lato, la ristrutturazione “forzosa” del credito pubblico opera anche in caso di concordato preventivo liquidatorio, e, dall'altro, il concordato fallimentare può soddisfare le stesse finalità di cui sopra, intervenendo in prossimità dell'apertura del concorso, se del caso anche previo autorizzato esercizio provvisorio d'impresa ovvero di autorizzato affitto d'azienda.
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