Decreto legislativo - 18/04/2016 - n. 50 art. 95 - (Criteri di aggiudicazione dell'appalto) 1 2

Marco Giustiniani

(Criteri di aggiudicazione dell'appalto)12

[1. I criteri di aggiudicazione non conferiscono alla stazione appaltante un potere di scelta illimitata dell'offerta. Essi garantiscono la possibilità di una concorrenza effettiva e sono accompagnati da specifiche che consentono l'efficace verifica delle informazioni fornite dagli offerenti al fine di valutare il grado di soddisfacimento dei criteri di aggiudicazione delle offerte. Le stazioni appaltanti verificano l'accuratezza delle informazioni e delle prove fornite dagli offerenti.

2. Fatte salve le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative relative al prezzo di determinate forniture o alla remunerazione di servizi specifici, le stazioni appaltanti, nel rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento, procedono all'aggiudicazione degli appalti e all'affidamento dei concorsi di progettazione e dei concorsi di idee, sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo o sulla base dell'elemento prezzo o del costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia quale il costo del ciclo di vita, conformemente all'articolo 96.

3. Sono aggiudicati esclusivamente sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo:

a) i contratti relativi ai servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonché ai servizi ad alta intensità di manodopera, come definiti all'articolo 50, comma 1, fatti salvi gli affidamenti ai sensi dell'articolo 36, comma 2, lettera a)  3  4;

b) i contratti relativi all'affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo pari o superiore a 40.000 euro 5;

b-bis) i contratti di servizi e le forniture di importo pari o superiore a 40.000 euro caratterizzati da notevole contenuto tecnologico o che hanno un carattere innovativo 6.

4. Può essere utilizzato il criterio del minor prezzo:

[a) fermo restando quanto previsto dall'articolo 36, comma 2, lettera d), per i lavori di importo pari o inferiore a 2.000.000 di euro, quando l'affidamento dei lavori avviene con procedure ordinarie, sulla base del progetto esecutivo; in tali ipotesi, qualora la stazione appaltante applichi l'esclusione automatica, la stessa ha l'obbligo di ricorrere alle procedure di cui all'articolo 97, commi 2 e 8 7;]

b) per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato, fatta eccezione per i servizi ad alta intensità di manodopera di cui al comma 3, lettera a) 8;

[c) per i servizi e le forniture di importo fino a 40.000 euro, nonché per i servizi e le forniture di importo pari o superiore a 40.000 euro e sino alla soglia di cui all'articolo 35 solo se, caratterizzati da elevata ripetitività, fatta eccezione per quelli di notevole contenuto tecnologico o che hanno un carattere innovativo 9.] 10

5. Le stazioni appaltanti che dispongono l'aggiudicazione ai sensi del comma 4 ne danno adeguata motivazione e indicano nel bando di gara il criterio applicato per selezionare la migliore offerta.

6. I documenti di gara stabiliscono i criteri di aggiudicazione dell'offerta, pertinenti alla natura, all'oggetto e alle caratteristiche del contratto. In particolare, l'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, è valutata sulla base di criteri oggettivi, quali gli aspetti qualitativi, ambientali o sociali, connessi all'oggetto dell'appalto. Nell'ambito di tali criteri possono rientrare:

a) la qualità, che comprende pregio tecnico, caratteristiche estetiche e funzionali, accessibilità per le persone con disabilità, progettazione adeguata per tutti gli utenti, certificazioni e attestazioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, quali OSHAS 18001, caratteristiche sociali, ambientali, contenimento dei consumi energetici e delle risorse ambientali dell'opera o del prodotto, caratteristiche innovative, commercializzazione e relative condizioni;

b) il possesso di un marchio di qualità ecologica dell'Unione europea (Ecolabel UE) in relazione ai beni o servizi oggetto del contratto, in misura pari o superiore al 30 per cento del valore delle forniture o prestazioni oggetto del contratto stesso;

c) il costo di utilizzazione e manutenzione avuto anche riguardo ai consumi di energia e delle risorse naturali, alle emissioni inquinanti e ai costi complessivi, inclusi quelli esterni e di mitigazione degli impatti dei cambiamenti climatici, riferiti all'intero ciclo di vita dell'opera, bene o servizio, con l'obiettivo strategico di un uso più efficiente delle risorse e di un'economia circolare che promuova ambiente e occupazione  11;

d) la compensazione delle emissioni di gas ad effetto serra associate alle attività dell'azienda calcolate secondo i metodi stabiliti in base alla raccomandazione n. 2013/179/UE della Commissione del 9 aprile 2013, relativa all'uso di metodologie comuni per misurare e comunicare le prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita dei prodotti e delle organizzazioni  12;

e) l'organizzazione, le qualifiche e l'esperienza del personale effettivamente utilizzato nell'appalto, qualora la qualità del personale incaricato possa avere un'influenza significativa sul livello dell'esecuzione dell'appalto;

f) il servizio successivo alla vendita e assistenza tecnica;

g) le condizioni di consegna quali la data di consegna, il processo di consegna e il termine di consegna o di esecuzione.

7. L'elemento relativo al costo, anche nei casi di cui alle disposizioni richiamate al comma 2, può assumere la forma di un prezzo o costo fisso sulla base del quale gli operatori economici competeranno solo in base a criteri qualitativi.

8. I documenti di gara ovvero, in caso di dialogo competitivo, il bando o il documento descrittivo elencano i criteri di valutazione e la ponderazione relativa attribuita a ciascuno di essi, anche prevedendo una forcella in cui lo scarto tra il minimo e il massimo deve essere adeguato. Per ciascun criterio di valutazione prescelto possono essere previsti, ove necessario, sub-criteri e sub- pesi o sub-punteggi  13.

9. Le stazioni appaltanti, quando ritengono la ponderazione di cui al comma 8 non possibile per ragioni oggettive, indicano nel bando di gara e nel capitolato d'oneri o, in caso di dialogo competitivo, nel bando o nel documento descrittivo, l'ordine decrescente di importanza dei criteri. Per attuare la ponderazione o comunque attribuire il punteggio a ciascun elemento dell'offerta, le amministrazioni aggiudicatrici utilizzano metodologie tali da consentire di individuare con un unico parametro numerico finale l'offerta più vantaggiosa  14.

10. Nell'offerta economica l'operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell'articolo 36, comma 2, lettera a). Le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell'aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto all'articolo 97, comma 5, lettera d)  15.

10-bis. La stazione appaltante, al fine di assicurare l'effettiva individuazione del miglior rapporto qualità/prezzo, valorizza gli elementi qualitativi dell'offerta e individua criteri tali da garantire un confronto concorrenziale effettivo sui profili tecnici. A tal fine la stazione appaltante stabilisce un tetto massimo per il punteggio economico entro il limite del 30 per cento. 16

11. I criteri di aggiudicazione sono considerati connessi all'oggetto dell'appalto ove riguardino lavori, forniture o servizi da fornire nell'ambito di tale appalto sotto qualsiasi aspetto e in qualsiasi fase del loro ciclo di vita, compresi fattori coinvolti nel processo specifico di produzione, fornitura o scambio di questi lavori, forniture o servizi o in un processo specifico per una fase successiva del loro ciclo di vita, anche se questi fattori non sono parte del loro contenuto sostanziale.

12. Le stazioni appaltanti possono decidere di non procedere all'aggiudicazione se nessuna offerta risulti conveniente o idonea in relazione all'oggetto del contratto. Tale facoltà è indicata espressamente nel bando di gara o nella lettera di invito.

13. Compatibilmente con il diritto dell'Unione europea e con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità, le amministrazioni aggiudicatrici indicano nel bando di gara, nell'avviso o nell'invito i criteri premiali che intendono applicare alla valutazione dell'offerta in relazione al maggiore rating di legalità e di impresa, alla valutazione dell'impatto generato di cui all'articolo 1, comma 382, lettera b), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, anche qualora l'offerente sia un soggetto diverso dalle società benefit, nonché per agevolare la partecipazione delle micro, piccole e medie imprese, dei giovani professionisti e delle imprese di nuova costituzione alle procedure di affidamento. Indicano altresì il maggiore punteggio relativo all'offerta concernente beni, lavori o servizi che presentano un minore impatto sulla salute e sull'ambiente, ivi compresi i beni o i prodotti da filiera corta o a chilometro zero, e l'adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere comprovata dal possesso di certificazione della parità di genere di cui all'articolo 46-bis del codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 19817.

14. Per quanto concerne i criteri di aggiudicazione, nei casi di adozione del miglior rapporto qualità prezzo, si applicano altresì le seguenti disposizioni:

a) le stazioni appaltanti possono autorizzare o esigere la presentazione di varianti da parte degli offerenti. Esse indicano nel bando di gara ovvero, se un avviso di preinformazione è utilizzato come mezzo di indizione di una gara, nell'invito a confermare interesse se autorizzano o richiedono le varianti ; in mancanza di questa indicazione, le varianti non sono autorizzate. Le varianti sono comunque collegate all'oggetto dell'appalto  18;

b) le stazioni appaltanti che autorizzano o richiedono le varianti menzionano nei documenti di gara i requisiti minimi che le varianti devono rispettare, nonché le modalità specifiche per la loro presentazione, in particolare se le varianti possono essere presentate solo ove sia stata presentata anche un'offerta, che è diversa da una variante. Esse garantiscono anche che i criteri di aggiudicazione scelti possano essere applicati alle varianti che rispettano tali requisiti minimi e alle offerte conformi che non sono varianti c) solo le varianti che rispondono ai requisiti minimi prescritti dalle amministrazioni aggiudicatrici sono prese in considerazione;

d) nelle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture o di servizi, le amministrazioni aggiudicatrici che abbiano autorizzato o richiesto varianti non possono escludere una variante per il solo fatto che, se accolta, configurerebbe, rispettivamente, o un appalto di servizi anziché un appalto pubblico di forniture o un appalto di forniture anziché un appalto pubblico di servizi.

14-bis. In caso di appalti aggiudicati con il criterio di cui al comma 3, le stazioni appaltanti non possono attribuire alcun punteggio per l'offerta di opere aggiuntive rispetto a quanto previsto nel progetto esecutivo a base d'asta  19.

15. Ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l'individuazione della soglia di anomalia delle offerte.]

[1] Articolo abrogato dall'articolo 226, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023, come stabilito dall'articolo 229, comma 2. Per le disposizioni transitorie vedi l'articolo 225 D.Lgs. 36/2023 medesimo.

[3] Così rettificato con Comunicato 15 luglio 2016 (in Gazz. Uff., 15 luglio 2016, n. 164).

[10] In deroga al presente comma vedi l'articolo 6 dell'Ord.P.C.M. 6 maggio 2021, n. 4.

[14] Così rettificato con Comunicato 15 luglio 2016 (in Gazz. Uff., 15 luglio 2016, n. 164).

Inquadramento

L'art. 95 del Codice costituisce il recepimento dell'art. 67 della Direttiva n. 2014/24/UE in tema di criteri di aggiudicazione degli appalti.

Uno dei tratti caratterizzanti delle ultime direttive Eurounitarie – nonché, di conseguenza, anche del Codice – è il massiccio utilizzo dei criteri di aggiudicazione come leva per promuovere un innalzamento dei livelli qualitativi delle commesse pubbliche.

In quest'ottica, «i criteri di aggiudicazione concorrono, anzi, sono il motore primo della spinta verso il raggiungimento di elevati standard qualitativi nel sistema degli appalti» (Iaria, Marrone, p. 692).

Si spiega così la generale preferenza accordata (come vedremo meglio in seguito) al criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa intesa quale miglior rapporto qualità-prezzo, che ha i) come finalità immediata quella di «incoraggiare maggiormente l'orientamento alla qualità degli appalti pubblici» (v. Considerando n. 90 della Direttiva n. 2014/24/UE) e ii) come finalità mediate – esterne alla contrattualistica pubblica – quelle di incentivare la ricerca e l'innovazione e di perseguire un modello di sviluppo e di crescita sostenibile (v. Considerando n. 47 e n. 91 della Direttiva n. 2014/24/UE).

Con riguardo ai criteri per la selezione della migliore offerta fra quelle formulate dai concorrenti, si è soliti distinguere tra:

i) il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità-prezzo;

ii) il criterio del prezzo più basso (maggior ribasso rispetto all'importo posto a base d'asta).

Invero, il tenore letterale dell'art. 95, d.lgs. n. 50/2016, riconduce tutti i possibili criteri di aggiudicazione (ivi compreso quello del minor prezzo) entro la categoria dell'offerta economicamente vantaggiosa.

La norma prevede infatti che le stazioni appaltanti, nel rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento, procedano all'aggiudicazione «sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo o sulla base dell'elemento prezzo o del costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia quale il costo del ciclo di vita».

In altri termini, la locuzione «offerta economicamente più vantaggiosa» viene oggi utilizzata per racchiudere una pluralità di criteri di aggiudicazione, che includono sia quelli che considerano la qualità unitamente al prezzo (ossia il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa tradizionalmente inteso), sia quelli che fanno riferimento al costo complessivo del contratto, sia quelli che valorizzano esclusivamente il profilo qualitativo.

Tale innovazione terminologica si fonda su una delle indicazioni della Direttiva n. 2014/24/UE, secondo cui la locuzione in parola dovrebbe riguardare tutti i criteri di aggiudicazione «dal momento che tutte le offerte vincenti dovrebbero essere infine scelte in base a quella che la singola amministrazione aggiudicatrice ritiene essere la migliore soluzione dal punto di vista economico tra quelle offerte» (Considerando n. 89).

In ogni caso, l'indicazione dei possibili criteri di aggiudicazione operata dal legislatore è di tipo tassativo.

Non è consentito alle pubbliche amministrazioni il ricorso a meccanismi di selezione di tipo diverso, salvi i casi espressamente previsti dalla legge e/o da disposizioni regolamentari o amministrative.

Per espressa previsione legislativa, tutti i criteri di aggiudicazione devono ritenersi finalizzati a garantire una «concorrenza effettiva», non possono attribuire alla stazione appaltante «un potere di scelta illimitata dell'offerta» e devono essere accompagnati da specifiche tali da consentire l'efficace verifica delle informazioni fornite dagli offerenti (art. 95, comma 1, d.lgs. n. 50/2016).

Laddove la stazione appaltante decida di aggiudicare un contratto all'offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità-prezzo, tale offerta deve essere individuata dalla stazione appaltante mediante l'utilizzo di una serie di criteri di valutazione, che devono essere predefiniti dalla stazione appaltante medesima.

Nella scelta di questi criteri di valutazione e nella concreta declinazione degli stessi, le stazioni appaltanti sono guidate da una serie di regole poste direttamente dal legislatore.

Innanzitutto, ai sensi dell'art. 95, comma 6, d.lgs. n. 50/2016, i criteri devono essere «pertinenti alla natura, all'oggetto e alle caratteristiche del contratto» e devono essere stabiliti nei documenti di gara; più precisamente, ai sensi del comma 8 dell'art. 95, la documentazione di gara – oltre a dover indicare il criterio di aggiudicazione prescelto tra i due (rectius: tre) previsti dal Codice – deve elencare i criteri di valutazione e la ponderazione relativa attribuita a ciascuno di essi.

I criteri valutativi devono possedere poi una caratteristica che non è espressamente prevista dal Codice ma che nondimeno è immanente al sistema in quanto discende dall'applicazione del principio di concorrenza: la c.d. idoneità a differenziare le offerte.

In buona sostanza, ciò significa che i criteri devono essere in grado di non appiattire le diverse offerte sui medesimi valori; da ciò discende che non possono essere utilizzati quali criteri di valutazione gli elementi minimi delle prestazioni contrattuali richieste, né i requisiti di qualificazione, i quali per definizione devono essere posseduti da tutti i concorrenti.

Sul punto, le Linee guida ANAC n. 2 hanno chiarito come le stazioni appaltanti debbano individuare criteri di valutazione concretamente idonei ad evidenziare le caratteristiche migliorative delle offerte presentate dai concorrenti e a differenziare le stesse in ragione della rispondenza alle esigenze della committenza.

Inoltre, per non lasciare all'amministrazione, un potere illimitato nella selezione delle offerte, i criteri di valutazione devono essere sufficientemente specifici e dettagliati da non lasciare eccessivi margini di scelta.

Sotto questo profilo, sussiste un «rapporto di proporzionalità inversa tra la specificità dei criteri e l'obbligo delle commissioni giudicatrici di motivare i punteggi; tanto maggiore è il livello di dettaglio dei criteri, tanto minore sarà il livello di approfondimento richiesto in sede di motivazione, tanto che, ove il criterio sia molto preciso, la motivazione potrà essere superflua e ritenersi sostanzialmente assorbita dall'espressione del punteggio» (Iaria, Marrone, p. 701).

In questo senso, è comunemente affermato che «nelle gare pubbliche, quanto alla valutazione delle offerte, il punteggio numerico espresso sui singoli elementi di valutazione costituisce adeguata e sufficiente motivazione quando l'apparato delle voci e sottovoci fornito dalla disciplina di gara è sufficientemente chiaro, analitico ed articolato, come nel caso di specie, sì da delimitare ragionevolmente il giudizio della commissione nell'ambito di un minimo ed un massimo e da rendere così altrettanto ragionevolmente comprensibile l'iter logico che ha condotto la commissione e i singoli commissari all'attribuzione dei punteggi ai singoli elementi di valutazione. Solo in difetto di tali condizioni si rende necessaria una motivazione dei punteggi numerici» (Cons. St., V, n. 225/2021).

La gerarchia tra i criteri di aggiudicazione.

L'intenzione del legislatore di utilizzare la disciplina dei criteri di aggiudicazione come una leva per perseguire l'innalzamento qualitativo degli acquisti della pubblica amministrazione emerge nitidamente sol che si consideri l'introduzione, con il d.lgs. n. 50/2016, di una vera e propria gerarchia tra i criteri di aggiudicazione.

Il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, infatti, è stato elevato dal d.lgs. n. 50/2016 – quantomeno nella sua versione originaria – al rango di criterio di utilizzo generale, mentre il criterio del prezzo più basso è stato relegato a un ruolo meramente residuale.

In buona sostanza, mentre nel sistema normativo pre-riforma (v. art. 81, d.lgs. n. 163/2006), vi era una sostanziale equiordinazione tra i due criteri di selezione delle offerte, con conseguente facoltà per le stazioni appaltanti di scegliere con «responsabile discrezionalità» (Cons. St., III, n. 5379/2018) quale criterio adottare, il legislatore del d.lgs. n. 50/2016 ha ritenuto di introdurre una netta preferenza per il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa (rectius: per il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo).

Sul punto, occorre dar conto del (parziale) revirement operato dal d.l. n. 32/2019 (c.d. decreto 'Sblocca-cantieri), così come convertito dalla l. n. 55/2019, che limitatamente agli affidamenti di contratti sotto-soglia ha restituito al criterio del massimo ribasso pari dignità rispetto all'offerta economicamente più vantaggiosa intesa quale miglior rapporto qualità-prezzo: qualora l'importo del contratto da affidare sia inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, la stazione appaltante è libera di scegliere quale criterio di aggiudicazione utilizzare, senza necessità di dover motivare un'eventuale preferenza per il criterio del massimo ribasso.

In altri termini, a seguito della conversione in legge del decreto 'Sblocca-cantieri', mentre i contratti sopra-soglia continuano a dover essere affidati con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa salvo che la stazione appaltante motivi espressamente un'eventuale preferenza per il massimo ribasso dando conto in motivazione delle ragioni che ne legittimano l'utilizzo, quelli di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria possono essere indifferentemente affidati utilizzando l'uno o l'altro criterio, fatto salvo il rispetto dei ‘paletti' fissati dall'art. 95, d.lgs. n. 50/2016 (Giustiniani, Fontana).

Con riferimento ai tempi più recenti, vale la pena segnalare che – prima della pubblicazione in Gazzetta ufficiale del d.l. n. 76/2020, dalle bozze non ufficiali circolanti sugli organi di stampa sembrava che il legislatore intendesse – con riferimento alle procedure sottosoglia – elevare il massimo ribasso a criterio di generale utilizzo e confinare l'offerta economicamente più vantaggiosa ad un ruolo marginale, consentendone l'utilizzo solamente previa idonea motivazione.

Qualora avesse ritenuto effettivamente di procedere in tal senso, il legislatore avrebbe completato il revirement già abbozzato dal decreto 'Sblocca-cantieri' rispetto alla scelta originaria del Codice del 2016, che aveva ‘eletto' a criterio generale quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa, consentendo l'uso del massimo ribasso solo in ipotesi residuali e tassativamente indicate (Fontana, Madeo).

Come si è già anticipato, il decreto Sblocca-cantieri aveva segnato una parziale marcia indietro rispetto a questa scelta quantomeno con riferimento alle procedure sottosoglia, restituendo al massimo ribasso pari dignità rispetto all'offerta economicamente più vantaggiosa quale miglior rapporto qualità-prezzo, ponendo i due criteri su un piano (tendenzialmente) paritario.

L'eventuale completamento di questo 'giro di vite' i) da un lato, avrebbe rischiato di provocare forti ricadute negative sulla qualità degli affidamenti, ma ii), dall'altro lato, sarebbe stato coerente rispetto alla ratio semplificatrice che informa tutto il decreto, posto che una procedura al massimo ribasso richiede sicuramente tempistiche inferiori rispetto alle procedure aggiudicate con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, le quali richiedono la nomina di una Commissione di gara che valuti le offerte tecniche dei partecipanti, con apposite sedute di gara dedicate a tale operazione (Giustiniani, Fontana).

Nondimeno, è altrettanto vero che una procedura al massimo ribasso – per quanto possa essere più 'rapidà una volta che sia stata avviata – richiede tempistiche più lunghe per la sua preparazione in quanto non può prescindere dalla redazione di capitolati tecnici molto dettagliati, per i quali, spesso, le stazioni appaltanti sono impreparate.

Sulla base di queste premesse, si può quindi salutare con favore la scelta del decreto Semplificazioni di non ‘promuovere' il massimo ribasso a regola generale per gli affidamenti sotto-soglia (Fontana, Madeo).

Il criterio del miglior rapporto qualità-prezzo

Nel sistema delineato dal nuovo Codice, il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo è destinato ad avere un'applicazione generalizzata, seppur limitatamente alle procedure per l'aggiudicazione di contratti sopra-soglia.

Si tratta di un criterio che mira a valorizzare l'elemento qualitativo dell'offerta, pur non trascurando totalmente l'aspetto finanziario.

Le concrete modalità di declinazione del criterio in esame sono contenute nelle Linee guida ANAC n. 2 recanti «Offerta economicamente più vantaggiosa».

Affinché si possa applicare concretamente tale criterio, è necessario che la stazione appaltante indichi nella lex specialis di gara i criteri oggettivi (nonché necessariamente pertinenti e connessi all'oggetto dell'affidando contratto) sulla base dei quali individuerà, tra le offerte sottoposte alla sua valutazione, quella che presenti un miglior rapporto qualità/prezzo.

L'art. 95, comma 6, d.lgs. n. 50/2016, prevede che l'offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità-prezzo sia individuata sulla base di criteri oggettivi e connessi all'oggetto dell'appalto quali «gli aspetti qualitativi, ambientali e sociali», e che tra tali criteri possano rientrare:

i) la qualità, che comprende pregio tecnico, caratteristiche estetiche e funzionali, accessibilità per le persone con disabilità, progettazione adeguata per tutti gli utenti, certificazioni e attestazioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, caratteristiche sociali, ambientali, contenimento dei consumi energetici e delle risorse ambientali dell'opera o del prodotto, caratteristiche innovative, commercializzazione e relative condizioni;

ii) il possesso di un marchio di qualità ecologica UE in relazione ai beni o servizi oggetto del contratto, in misura pari o superiore al 30% del valore delle forniture o prestazioni oggetto del contratto stesso;

iii) il costo di utilizzazione e manutenzione avuto anche riguardo ai consumi di energia e delle risorse naturali, alle emissioni inquinanti e ai costi complessivi, inclusi quelli esterni e di mitigazione degli impatti dei cambiamenti climatici, riferiti all'intero ciclo di vita dell'opera, bene o servizio, con l'obiettivo strategico di un uso più efficiente delle risorse e di un'economia circolare che promuova ambiente e occupazione;

iv) la compensazione delle emissioni di gas ad effetto serra associate alle attività dell'azienda;

v) l'organizzazione, le qualifiche e l'esperienza del personale effettivamente utilizzato nell'appalto, qualora la qualità del personale incaricato possa avere un'influenza significativa sul livello dell'esecuzione dell'appalto;

(vi) il servizio successivo alla vendita e assistenza tecnica;

(vii) le condizioni di consegna quali la data di consegna, il processo di consegna e il termine di consegna o di esecuzione.

La norma in parola, nella misura in cui consente di includere tra i criteri di valutazione anche elementi di carattere soggettivo afferenti all'organizzazione aziendale e non alla qualità dell'offerta, sembrerebbe segnare il superamento della rigida separazione tra requisiti di partecipazione e criteri di valutazione (Nunziata, Mascolo).

Ai sensi dell'art. 95, comma 8, d.lgs. n. 50/2016, i criteri di valutazione e la ponderazione relativa attribuita a ciascuno di essi sono indicati dalla stazione appaltante nei documenti di gara, ovvero – nei casi in cui l'amministrazione abbia deciso di ricorrere al dialogo competitivo – nel bando o nel documento descrittivo.

I casi in cui è consentito ricorrere al criterio del prezzo più basso.

Si è anticipato come il legislatore del d.lgs. n. 50/2016 abbia stabilito di prescrivere un'applicazione generalizzata del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa calcolata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo.

Ciò comporta che il criterio del prezzo più basso – sebbene esso sia, tra i diversi criteri, quello meno suscettibile di provocare contestazioni in sede giurisdizionale – possa essere utilizzato soltanto nei casi individuati dal combinato disposto dell'art. 36, comma 9-bis e dell'art. 95, comma 4 del d.lgs. n. 50/2016.

Volendo abbozzare una classificazione, si tratta di casi in cui:

i) i possibili vantaggi derivanti dalla valutazione della qualità delle offerte sono nulli o molto ridotti;

ii) le prestazioni del contratto sono standardizzate e pertanto tutti gli elementi di tipo qualitativo sono predeterminati e non modificabili dagli operatori economici;

iii) l'importo del contratto è inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria e pertanto i benefici che potenzialmente potrebbe comportare una valutazione di tipo qualitativo non giustificano le maggiori tempistiche e i maggiori costi che un confronto concorrenziale sicuramente comporterebbe.

In particolare, il legislatore ha ritenuto (non già di imporre, bensì semplicemente) di autorizzare il ricorso al criterio del prezzo più basso nelle ipotesi che seguono:

i) per gli affidamenti di contratti sotto-soglia;

ii) per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni siano definite dal mercato, fatta eccezione per i servizi ad alta intensità di manodopera.

In chiave esegetica, nelle Linee guida n. 2/2016, l'ANAC ha chiarito che per servizi e forniture «con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato» devono intendersi quei servizi o forniture che, anche con riferimento alla prassi produttiva sviluppatasi nel mercato di riferimento, non sono modificabili su richiesta della stazione appaltante, oppure che rispondono a determinate norme nazionali, Europee o internazionali.

La definizione di «servizi ad alta intensità di manodopera» ci è invece fornita direttamente dal Codice all'art. 50, comma 1, secondo cui sono tali quei servizi in cui il costo della manodopera è pari almeno al 50% dell'importo totale del contratto.

Mentre nell'ambito delle procedure sottosoglia l'utilizzo del criterio del minor prezzo è sostanzialmente libero (eccezion fatta per i casi in cui, ai sensi dell'art. 93, comma 3, deve necessariamente essere usato il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità-prezzo) e non deve quindi essere motivato, nei casi restanti – ossia con riferimento ai servizi e alle forniture aventi caratteristiche standardizzate, le cui condizioni siano definite dal mercato e che non presentino un'alta intensità di manodopera – il ricorso a tale criterio deve essere sorretto da un'adeguata motivazione, ai sensi dell'art. 95, comma 5.

Il fatto che «la scelta del criterio del minor prezzo sia rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante, che il codice considera il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo quale criterio di carattere generale e che la disposizione in esame si preoccupi di ribadire espressamente la sussistenza di un obbligo motivazionale che discende comunque dalla l. n. 241/1990, costituiscono argomenti che inducono a ritenere che la stazione appaltante debba di volta in volta dare conto non soltanto della sussistenza dei presupposti legittimanti il ricorso al criterio dei minor prezzo, ma anche delle specifiche ragioni che nel caso concreto giustificano tale criterio» (Iaria, Marrone, p. 698).

Tale conclusione è supportata dalle Linee guida n. 2 dell'ANAC, secondo le quali – posto che il criterio del minor prezzo ha carattere derogatorio rispetto a quello del miglior rapporto qualità/prezzo – nella motivazione della scelta di tale criterio dovrebbero essere indicati non solo gli elementi fattuali che consentono la deroga, ma anche le ragioni a supporto della stessa.

La clausola del bando di gara contenente l'individuazione del criterio di aggiudicazione prescelto dalla stazione appaltante non è direttamente impugnabile. Lo ha chiarito l'Adunanza Plenaria n. 4/2018, che ha ribadito come «le clausole non escludenti del bando vadano impugnate unitamente al provvedimento che rende attuale la lesione (id est: aggiudicazione a terzi), considerato altresì che la postergazione della tutela avverso le clausole non escludenti del bando, al momento successivo ed eventuale della denegata aggiudicazione, secondo quanto già stabilito dalla decisione dell'Adunanza plenaria n. 1 del 2003, non si pone certamente in contrasto con il principio di concorrenza di matrice Europea, perché non lo oblitera, ma lo adatta alla realtà dell'incedere del procedimento nella sua connessione con i tempi del processo».

I casi in cui può essere utilizzato soltanto il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo

Si è visto che le stazioni appaltanti possono utilizzare il criterio del minor prezzo solamente nei casi espressamente previsti dal legislatore.

In tutti gli altri casi – ossia in tutti le ipotesi che non integrino una delle fattispecie di cui all'art. 95, comma 4, d.lgs. n. 50/2016 ovvero all'art. 36, d.lgs. n. 50/2016 le stazioni appaltanti devono necessariamente fare ricorso al criterio del miglior rapporto qualità/prezzo, che mira a conseguire un giusto equilibrio tra la valutazione qualitativa dell'offerta e le esigenze di bilancio delle stazioni appaltanti.

Vi sono poi alcune ipotesi in cui il criterio del minor prezzo non può mai essere utilizzato, nemmeno qualora ricorra una delle condizioni di cui all'art. 95, comma 4, d.lgs. n. 50/2016.

In particolare, l'art. 95, comma 3, d.lgs. n. 50/2016, dispone che siano aggiudicati esclusivamente sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo – anche qualora ricorrano le condizioni che ordinariamente legittimerebbero il ricorso al criterio del prezzo più basso – i seguenti contratti:

i) contratti relativi ai servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonché ai servizi ad alta intensità di manodopera, come definiti all'art. 50, comma 1, del Codice, e fatta salva la possibilità di procedere ad affidamenti diretti per i contratti di importo inferiore a 40.000 Euro;

ii) contratti relativi all'affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale, di importo pari o superiore a 40.000 Euro;

iii) contratti di servizi e forniture di importo pari o superiore a 40.000 Euro caratterizzati da notevole contenuto tecnologico o aventi carattere innovativo.

Mediante tale previsione, il legislatore mira a i) garantire il mantenimento di elevati livelli qualitativi in settori ritenuti meritevoli di particolare tutela per ragioni di natura politico-sociale (si pensi ai servizi sociali e alla ristorazione scolastica), e ad ii) evitare che la concorrenza sul prezzo si traduca – de facto – in un'inaccettabile compromissione delle tutele salariali dei lavoratori impiegati negli appalti pubblici ad alta (Iaria, Marrone, p. 694).

La latitudine applicativa del divieto di utilizzo del criterio del prezzo più basso

Per quanto concerne i servizi e le forniture, il carattere eterogeneo delle definizioni adottate dal legislatore è suscettibile di dare luogo a possibili sovrapposizioni concettuali, con conseguente incertezza in ordine alla procedura di selezione applicabile. Si pensi, in via esemplificativa, ai servizi di pulizia e di vigilanza, che presentano caratteristiche tali da poter essere considerati al contempo quali servizi standardizzati e quali servizi ad alta intensità di manodopera (Nunziata, Mascolo).

In tali casi, in giurisprudenza si era posto un problema interpretativo in ordine alla necessità di stabilire se nell'ambito dell'art. 95 il rapporto tra il comma 3 (casi di esclusivo utilizzo del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità-prezzo) e il comma 4 (casi di possibile utilizzo del criterio del minor prezzo) fosse un rapporto di specie a genere (in tal senso, ex multis, Cons. St., V, n. 4945/2018) ovvero, al contrario, fosse un rapporto di complementarietà tale per cui qualora l'oggetto di un appalto, per le sue caratteristiche immanenti, rientrasse «tanto nell'ambito di applicazione del terzo comma, tanto nell'ambito di applicazione del quarto comma», la previsione di esclusività del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa dovesse cedere il passo alla possibilità di aggiudicare l'appalto al massimo ribasso (in tal senso, ex multis, v. Cons. St., III, n. 1609/2018; T.A.R. Sicilia, III, n. 2695/2018; T.A.R. Sicilia, II, n. 2519/2018; T.A.R. Puglia, Lecce, II, n. 718/2018; T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, I, n. 333/2018; T.A.R. Veneto, I, n. 180/2019).

La soluzione di tale conflitto ermeneutico è stata devoluta all'Adunanza plenaria dalla sentenza non definitiva della VI Sezione del Consiglio di Stato n. 882/2019, la quale ha chiesto, in particolare, «se il rapporto, nell'ambito dell'art. 95, tra il comma 3 lett. a) (casi di esclusivo utilizzo del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, tra i quali, quello dei servizi ad alta intensità di manodopera) ed il comma 4 lett. b) (casi di possibile utilizzo del criterio del minor prezzo, tra i quali quello dei servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato), vada incondizionatamente declinato nei termini di specie a genere, con la conseguenza per cui, ove ricorrano le fattispecie di cui al comma 3, debba ritenersi, comunque, predicabile un obbligo cogente ed inderogabile di adozione del criterio dell'o.e.p.v.».

L'Adunanza plenaria ha risolto il quesito affermando che i contratti ad alta intensità di manodopera devono essere comunque aggiudicati con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, quand'anche abbiano caratteristiche standardizzate (cfr. Cons. St., Ad. plen., n. 8/2019).

La pronuncia dell'Adunanza plenaria in parola – che ha accreditato l'orientamento secondo cui «il rapporto tra il comma 3 lett. a) (casi di esclusivo utilizzo del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, tra i quali, quello dei servizi ad alta intensità di manodopera) ed il comma 4 lett. b) (casi di possibile utilizzo del criterio del minor prezzo» sarebbe di specie a genere, è stata peraltro recepita dal legislatore della l. n. 55/2019, che ha convertito in legge il d.l. n. 32/2019, la quale ha specificato espressamente che i contratti aventi caratteristiche standardizzate possono essere affidati con il massimo ribasso solamente qualora non siano classificabili quali contratti ad alta intensità di manodopera.

La ponderazione dei criteri di valutazione e il tetto massimo per il punteggio economico

Nella versione originaria del Codice, veniva riconosciuta alla stazione appaltante la possibilità di definire il peso relativo di ciascun elemento, a seconda delle peculiarità specifiche dell'appalto e, dunque, della preminenza che, nel caso concreto, poteva rivestire l'elemento economico ovvero quello tecnico.

Nel compiere tale scelta la stazione appaltante godeva di ampia discrezionalità, senza che esistesse un peso minimo o massimo predeterminato per l'anzidetto elemento, dovendosi unicamente rispettare i tradizionali canoni di proporzionalità e ragionevolezza in relazione al corretto bilanciamento tra il peso del prezzo e quello della qualità, nonché i canoni di trasparenza e par condicio.

Tale quadro è mutato radicalmente per effetto del ‘correttivo' di cui al d.lgs. n. 56/2017, che ha introdotto nel corpo dell'art. 95 il nuovo comma 10-bis, il quale, nell'ottica di una più sicura valorizzazione dei profili qualitativi delle offerte, pone al punteggio economico un tetto massimo pari al 30% del punteggio complessivo.

Ad avviso di chi scrive, si tratta di un limite per certi versi criticabile, per quanto rispondente a finalità del tutto condivisibili.

La norma, infatti, è estremamente rigida e non ammette eccezioni, stando a quanto da essa testualmente disposto.

La realtà concreta, tuttavia, «presenta casi non infrequenti in cui non pare ragionevole assegnare al prezzo un rilievo così modesto come quello individuato dal legislatore. Tale osservazione vale maggiormente – ma non esclusivamente – nel settore dei lavori ove si consideri che la regola generale (salve le eccezioni, alcune delle quali introdotte dal decreto correttivo) è quella dell'affidamento in base ad un progetto esecutivo. Si tratta di appalti nei quali il profilo qualitativo, pur non privo di rilievo, spesso assume carattere non preponderante rispetto a quello economico, dal momento che il progetto esecutivo definisce (rectius: dovrebbe definire) l'oggetto della prestazione finanche nei suoi elementi di dettaglio» (Iaria, Marrone, p. 715).

La rigidità di tale limite mal si attaglia ad un settore nel quale, invece, dovrebbe lasciarsi ampio margine di discrezionalità alle stazioni appaltati per individuare lo strumento più idoneo, nella concreta fattispecie ed alla luce degli interessi coinvolti, al perseguimento dell'interesse pubblico. Più opportunamente, forse, il legislatore avrebbe potuto limitarsi a prevedere che il punteggio economico fosse quantificato dalla stazione appaltante in misura tale da evitare di renderlo talmente prevalente sugli altri da determinare, in concreto, una surrettizia applicazione del criterio del minor prezzo (Iaria, Marrone, pp. 715-716).

Peraltro, la previsione di un tetto al punteggio dell'offerta economica non trova riscontro né nelle direttive Eurounitarie, né nella legge delega.

Ciò premesso, fatto salvo il predetto limite del 30% per il punteggio economico e i princìpi generali applicabili in materia, la stazione appaltante mantiene ampia discrezionalità nella determinazione del punteggio da assegnare ai vari criteri di valutazione utilizzati per l'individuazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ossia nella ponderazione di tali criteri.

Sul punto, occorre evidenziare che – ai sensi dell'art. 95, comma 8 – per ciascun criterio di valutazione prescelto possono essere previsti, ove ciò sia necessario, sub-criteri e sub-pesi o sub-punteggi. Ai sensi del successivo comma 9, inoltre, per attuare la ponderazione o comunque attribuire il punteggio a ciascun elemento dell'offerta, le amministrazioni aggiudicatrici devono usare metodologie tali da consentire di individuare con un unico parametro numerico finale l'offerta più vantaggiosa. Qualora non risulti possibile – per ragioni oggettive – procedere alla ponderazione, le stazioni appaltanti indicano nel bando di gara e nel capitolato d'oneri o, in caso di dialogo competitivo, nel bando o nel documento descrittivo, l'ordine decrescente di importanza dei criteri.

I principi generali che presiedono alla ponderazione dei criteri di valutazione non sono dissimili da quelli già esaminati in tema di determinazione dei criteri di aggiudicazione. Le direttrici primarie sono costituite dai principi di ragionevolezza e di proporzionalità (Iaria, Marrone, p. 713).

Le Linee guida n. 2 dell'ANAC hanno precisato che «non può essere attribuito a ciascuna componente, criterio o subcriterio un punteggio sproporzionato o irragionevole rispetto a quello attribuito agli altri elementi da tenere in considerazione nella scelta dell'offerta migliore, preservandone l'equilibrio relativo ed evitando situazioni di esaltazione o svilimento di determinati profili a scapito di altri. In altri termini, il punteggio massimo attribuibile a ciascuna componente e a ciascun criterio o subcriterio deve risultare proporzionato alla rilevanza che ciascuno di essi riveste rispetto agli altri nonché ai bisogni della stazione appaltante».

La ponderazione dei criteri di valutazione è sindacabile dinanzi al giudice amministrativo nei classici limiti in cui è ammesso il sindacato sulla discrezionalità amministrativa, ossia nell'ambito del vizio di eccesso di potere (Iaria, Marrone, p. 714).

Il rilievo dell'elemento relativo al costo

Una delle principali innovazioni introdotte dal Codice in materia di criteri di aggiudicazione è costituita dall'espressa previsione della possibilità di bandire gare pubbliche basate unicamente su criteri di valutazione di tipo qualitativo, nelle quali il prezzo è dato da un valore predeterminato e i criteri di valutazione riguardano esclusivamente la qualità dell'offerta.

L'art. 95, comma 7, d.lgs. n. 50/2016, inserisce infatti un elemento di eccentricità nel sistema, stabilendo che l'elemento relativo al costo possa assumere «la forma di un prezzo o costo fisso, sulla base del quale gli operatori economici competeranno solo in base a criteri qualitativi».

In dottrina è stato rilevato come tale norma abbia realizzato una «rivoluzione copernicana» nel disegno delle gare pubbliche (Iaria, Marrone, p. 712).

In tale contesto, è bene precisare che la valutazione dei soli elementi qualitativi non costituisce un tertium genus rispetto ai criteri del prezzo più basso e del miglior rapporto qualità/prezzo, costituendo piuttosto una specifica modalità applicativa di quest'ultimo, in cui per individuare tale miglior rapporto uno dei due elementi rappresenta una costante, mentre l'altro è una variabile rimessa agli operatori economici offerenti (Giustiniani, Fontana).

In buona sostanza, è possibile affermare che questa peculiare modalità applicativa del criterio del miglior rapporto qualità/prezzo costituisce un metodo perfettamente speculare rispetto al criterio del prezzo più basso. Infatti, mentre in quest'ultimo è l'elemento qualitativo a essere predefinito nei documenti di gara, con la competizione che si svolge unicamente sul fattore quantitativo-monetario, nel metodo in esame il meccanismo è esattamente l'opposto, con l'elemento quantitativo indicato come valore costante e con il dispiegarsi della competizione lasciato unicamente alla definizione dell'aspetto qualitativo.

La soglia di sbarramento

Il comma 8 dell'art. 95 prevede la possibilità di individuare delle soglie di sbarramento ossia dei limiti minimi di punteggio al di sotto dei quali l'offerta non è ritenuta accettabile e deve dunque essere esclusa – mediante il riferimento al concetto di ‘forcellà, per tale intendendosi un insieme di valori compresi tra un minimo ed un massimo, precisando che «lo scarto tra il minimo e il massimo deve essere adeguato» in maniera tale da evitare un'eccessiva restrizione della concorrenza.

La stazione appaltante non è obbligata a prevedere una soglia di sbarramento, posto che si tratta di una mera facoltà esercitabile a condizione che ciò sia stato previsto dal bando, che diviene così fonte costitutiva dell'esercizio del potere (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, II-ter, n. 9781/2019).

Dalla riconosciuta possibilità di prevedere una soglia di sbarramento consegue, come pure rilevato dalle Linee guida ANAC n. 2, che «qualora nessuna offerta soddisfi il livello qualitativo richiesto, la stazione appaltante può non aggiudicare la gara».

Il mancato superamento della soglia di sbarramento relativa all'offerta tecnica impedisce al concorrente di vedere valutata la propria offerta economica.

In altre parole, qualora per l'assegnazione del punteggio economico la stazione appaltante abbia previsto l'utilizzo di una formula c.d. interdipendente – per tale intendendosi una formula in cui il punteggio di ciascuna offerta dipende dalle altre – le offerte che non abbiano superato la soglia di sbarramento per i profili qualitativi non potranno concorrere alla definizione dei punteggi da assegnarsi per la parte economica.

In giurisprudenza è stato infatti osservato che «la predeterminazione di una soglia qualitativa minima di sbarramento, lungi dal pregiudicare una partecipazione qualificata, esprime una scelta della stazione appaltante di privilegiare offerte particolarmente appezzabili che non può dirsi manifestamente irragionevole: la ratio legis [...] va individuata nell'esigenza, strettamente inerente al criterio selettivo in questione, di garantire il migliore livello qualitativo delle offerte presentate, con conseguente valutazione negativa di quelle offerte che, pur potendo apparire convenienti sotto il profilo economico, possano, però, essere a priori riconosciute come non conformi rispetto a determinati standard minimi già individuati, sul piano più generale, dalla lex specialis, allo scopo di evitare il rischio di prestazioni inadeguate e di offerte, nel complesso, inaffidabili» (T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, I, n. 278/2017).

In altre parole, la ratio del meccanismo della c.d. soglia di sbarramento, «censurabile solo in presenza di macroscopiche irrazionalità, di incongruenze o di palesi abnormità [...] si ricollega all'esigenza specifica di addivenire, ai fini della singola, particolare procedura contrattuale, in coerenza con le specificità del contratto da concludere e con il complesso dei criteri di scelta del relativo contraente, a un livello qualitativo delle offerte particolarmente elevato, sì da comportare l'esclusione di quelle che, pur magari astrattamente convenienti sul piano economico, non raggiungano sul versante qualitativo lo standard che l'Amministrazione si prefigge» (Cons. St., V, n. 1005/2020).

Del resto, se un concorrente non ha superato la soglia di sbarramento e per tale ragione non è in condizione di potersi aggiudicare la gara, «non avrebbe senso che la sua offerta economica possa concorrere a determinare la graduatoria e, dunque, l'aggiudicazione [...]. Si aggiunga che se si consentisse al concorrente che non abbia superato la soglia di sbarramento di incidere sul punteggio economico, si altererebbe la concorrenza poiché si confronterebbero dal punto di vista economico delle offerte che l'Amministrazione ritiene qualitativamente inaccettabili (e quindi inevitabilmente comportanti costi minori per il concorrente) con offerte che, invece, sono accettabili. Per non dire che tale conclusione agevolerebbe comportamenti collusivi dei concorrenti che, presentando artatamente offerte qualitativamente insuscettibili di superare la soglia di sbarramento, potrebbero formulare offerte particolarmente aggressive sotto il profilo economico al fine di falsare l'esito della gara» (Iaria, Marrone, p. 718).

La riparametrazione delle offerte

Specialmente quando i punteggi relativi a un determinato criterio sono attribuiti sulla base di sub-criteri, ben può accadere che nessun concorrente raggiunga il punteggio massimo previsto. Tale evenienza rischia di alterare la proporzione stabilita dalla stazione appaltante tra i diversi elementi di ponderazione.

Potrebbe ad esempio verificarsi che il punteggio economico sia assegnato interamente e che il punteggio tecnico-qualitativo invece non lo sia ed assuma, e che pertanto quest'ultimo assuma – ai fini dell'aggiudicazione – un rilievo inferiore a quello originariamente predeterminato dalla lex specialis.

Per questa ragione – sebbene la normativa nulla disponga in proposito – si ritiene che le stazioni appaltanti possano prevedere negli atti di gara la riparametrazione dei punteggi, ossia l'applicazione di una formula che comporti l'assegnazione del punteggio massimo al concorrente che abbia formulato l'offerta migliore e punteggi proporzionalmente inferiori agli altri concorrenti.

Ciò posto, se da un lato la riparametrazione consente di conservare l'equilibrio tra i criteri di valutazione determinato dalla lex specialis, dall'altro lato – specialmente laddove riguardi i criteri qualitativi – rischia al contempo di portare ad una sopravvalutazione di offerte qualitativamente modeste (Iaria, Marrone, p. 720).

In altri termini, «applicando la riparametrazione a una delle componenti dell'offerta, o a entrambe, il peso ne viene valorizzato, nel senso che il concorrente titolare dell'offerta anche di poco migliore rispetto alle altre si vede assegnato il punteggio massimo astrattamente previsto, come se si trattasse di un'offerta tecnicamente eccellente, ovvero considerevolmente conveniente sul piano economico» (T.A.R. Lombardia, Milano, I, n. 658/2018).

La scelta di procedere o meno alla riparametrazione dei punteggi è rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante, che ha facoltà di prevederne l'applicazione disponendo in tal senso nel disciplinare di gara.

Analogamente, compete alla lex specialis stabilire se la riparametrazione debba essere effettuata solo sui sub-criteri, solo sui criteri ovvero su entrambi, dovendosi parlare, in quest'ultimo caso, di doppia riparametrazione (Iaria, Marrone, p. 721).

In questo senso si esprimono anche le Linee guida ANAC n. 2/2016, secondo cui «la stazione appaltante può procedere [...] a una seconda riparametrazione dei punteggi ottenuti per la parte tecnica o quella economica, complessivamente considerate. Anche in questo caso condizioni essenziali per procedere alla riparametrazione è che la stessa sia prevista nel bando di gara e che siano chiaramente individuati gli elementi che concorrono a formare la componente tecnica e la componente economica».

La riparametrazione delle offerte e la verifica dell'eventuale superamento della soglia

È controverso se, laddove gli atti di gara prevedano al tempo stesso sia la soglia di sbarramento che la riparametrazione dei punteggi, la verifica del superamento della soglia debba intervenire prima o dopo la riparametrazione.

Sul punto, la giurisprudenza più recente ritiene che la soglia di sbarramento, ove prevista, debba operare sulle offerte non riparametrate.

In tutta evidenza, infatti, «essendo lo scopo della previsione della soglia quello di assicurare un filtro di qualità, impedendo la prosecuzione della gara a quelle offerte che non raggiungano uno standard minimo corrispondente a quanto (discrezionalmente) prefissato dalla lex specialis, tale filtro va operato con riferimento ai valori ‘assoluti' delle offerte tecniche, ovvero al risultato derivante dall'applicazione dei punteggi come previsti dal metodo di gara in relazione ai singoli parametri, avendo questi ultimi un significato funzionale proprio» (T.A.R. Lazio, Roma, II-ter, n. 9781/2019).

Ad analoghe conclusioni si deve giungere anche qualora la documentazione di gara preveda espressamente che la riparametrazione delle offerte debba precedere la verifica circa il superamento della soglia di sbarramento. Sebbene infatti tanto la fissazione di una soglia di sbarramento quanto la scelta di consentire la riparametrazione siano il frutto di un'attività discrezionale della stazione appaltante attinente al governo della gara ed alla predeterminazione delle relative regole, è nondimeno «necessario che il concreto disimpegno di tale discrezionalità risponda a canoni di logica e di ragionevolezza. Per cui, laddove la S.A. decida di applicare una soglia ‘rigidà di qualificazione, ovvero espressa in valori assoluti, quest'ultima non potrà che operare anteriormente alla riparametrazione e quindi sui valori altrettanto ‘assoluti' come emersi all'esito dell'esame delle offerte tecniche. Laddove si voglia applicare invece la soglia alle offerte come riparametrate, allora anche la soglia non potrebbe che dover essere riparametrata in maniera corrispondente, per mantenere la stessa percentuale di sufficienza rispetto al massimo del valore del ‘peso' attribuito all'offerta tecnica e garantire così la neutralità della riparametrazione rispetto al meccanismo di filtro proprio della soglia (in altri termini, dovrebbe prevedersi una sorta di ‘doppià soglia, ovvero una soglia assoluta – da applicarsi nel caso in cui non si verifichino i presupposti per la riparametrazione – ed una soglia relativa – da applicarsi nel caso in cui tali presupposti si verifichino, costituita dalla prima adeguata alla percentuale di riparametrazione concretamente risultante dalle relative operazioni)» (T.A.R. Lazio, Roma, II-ter, n. 9781/2019).

A conclusioni di segno opposto sembrerebbero tuttavia spingere le relazioni illustrative ai Bandi-tipo dell'ANAC n. 1/2017 e n. 3/2018, secondo le quali prima si dovrebbe procedere alla riparametrazione, e solamente in seguito si potrebbe dare luogo all'esclusione delle offerte che non superano la soglia di sbarramento.

In particolare, secondo l'ANAC, «qualora la stazione appaltante inserisca una soglia di sbarramento al punteggio tecnico, la riparametrazione deve essere effettuata su tutti i concorrenti, prima dell'applicazione della soglia di sbarramento» (Nota illustrativa al Bando tipo n. 1/2017 e, analogamente, nota illustrativa al Bando tipo n. 3/2018).

Un analogo contrasto ermeneutico tra l'ANAC e la giurisprudenza si registra anche con riferimento all'ordine cronologico tra la riparametrazione delle offerte e le verifiche di anomalia.

Secondo la giurisprudenza – posto che la disciplina della riparametrazione dei punteggi risponde alla finalità di garantire, in sede di concreta assegnazione dei punteggi, l'equilibrio previsto dalla lex specialis tra punteggio tecnico ed economico, e non a quella di far emergere situazioni di ipotetica anomalia dell'offerta – la verifica di anomalia delle offerte dovrebbe precedere le eventuali operazioni di riparametrazione. Tale precedenza cronologica delle verifiche di anomalia consentirebbe infatti «di ancorare le verifiche del superamento della soglia di sbarramento e di quella di anomalia al punteggio attribuito dalla commissione all'offerta tecnica e non al punteggio riparametrato, che è una conseguenza di un artifizio necessario per rendere comparabili i punteggi per la parte tecnica e per la parte economica» (ex multis: T.A.R. Campania, Napoli, I, n. 295/2020; T.A.R. Lazio, Roma, II-ter, n. 9781/2019; Cons. St., n. 3495/2019).

Al contrario, le Linee guida ANAC n. 2/2016 affermano che «ai fini della verifica di anomalia la stazione appaltante fa riferimento ai punteggi ottenuti dai concorrenti all'esito delle relative riparametrazioni», prendendo così posizione in favore della priorità cronologica delle operazioni di riparametrazione.

I criteri premiali

Ai sensi dell'art. 95, comma 13, compatibilmente con il diritto Eurounitario e con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità, le amministrazioni aggiudicatrici sono chiamate a indicare nel bando di gara, ovvero nell'avviso o nell'invito, i criteri premiali che intendano eventualmente applicare alla valutazione dell'offerta in relazione al maggior rating di legalità e di impresa dell'offerente, nonché quelli che intendano applicare per agevolare la partecipazione alle procedure di affidamento delle microimprese, delle piccole e medie imprese, dei giovani professionisti e delle imprese di nuova costituzione.

Ai sensi dell'art. 95, comma 13, d.lgs. n. 50/2016, le stazioni appaltanti sono altresì chiamate a indicare «il maggior punteggio relativo all'offerta concernente beni, lavori o servizi che presentano un minore impatto sulla salute e sull'ambiente ivi inclusi i beni o prodotti da filiera corta o a chilometro zero».

Si è posta la problematica di coordinare tale previsione – nella misura in cui prevede la possibilità di ricollegare criteri premiali al rating di legalità – con i princìpi di parità di trattamento e di favor per le micro, piccole e medie imprese.

È noto che tale rating è uno strumento volto alla promozione e all'introduzione di principi di comportamento etico in ambito aziendale tramite l'assegnazione di un riconoscimento (da una a tre ‘stellette') indicativo del rispetto della legalità da parte delle imprese che ne abbiano fatto richiesta e, più in generale, del grado di attenzione riposto nella corretta gestione del proprio business. Il rating di legalità è rilasciato dall'AGCM su istanza dell'impresa che ne faccia domanda, a condizione che essa operi in Italia, sia iscritta al registro delle imprese da almeno due anni e abbia un fatturato minimo pari ad almeno due milioni di Euro.

Alla luce delle limitazioni soggettive correlate al rilascio di tale certificazione, le Linee guida ANAC n. 2/2016 evidenziano come – salvo che la stazione appaltante non sappia già, nella predisposizione del bando di gara o della lettera di invito, che alla procedura potranno partecipare solo imprese potenzialmente idonee ad avere il rating – laddove la stazione appaltante preveda criteri premiali legati al possesso del rating di legalità, si renda opportuno introdurre idonee compensazioni per evitare di penalizzare le imprese estere e/o di nuova costituzione e/o carenti del previsto fatturato, consentendo a tali imprese di comprovare in altro modo la sussistenza delle condizioni o l'impiego delle misure previste per l'attribuzione del rating.

L'obbligo di separata indicazione degli oneri di sicurezza e dei costi della manodopera

Il comma 10 dell'art. 95 prevede per gli operatori economici il c.d. obbligo di indicazione separata, nel contesto dell'offerta economica, dei propri costi della manodopera e degli oneri aziendali concernenti il rispetto delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Si è sviluppato, nella recente giurisprudenza, un acceso dibattito su quali conseguenze debba produrre la mancata indicazione separata nell'offerta degli oneri di sicurezza e del costo della manodopera, che sostanzialmente rappresenta la prosecuzione di quello già sviluppatosi sotto la vigenza del previgente Codice.

Secondo un primo orientamento, di matrice formalistica, l'omessa indicazione separata degli oneri di sicurezza e del costo della manodopera rappresenterebbe una carenza insanabile dell'offerta e dovrebbe pertanto comportare l'esclusione automatica dell'offerente (ex multis: T.A.R. Molise, I, n. 204/2019; T.A.R. Lazio, Roma, III-quater, n. 10492/2018; Cons. St., V, n. 5513/2018; Id., n. 1555/2018).

Secondo un diverso orientamento, di matrice sostanzialistica, la mancata indicazione separata degli oneri di sicurezza e del costo della manodopera sarebbe invece sanabile mediante il soccorso istruttorio (ex multis: T.A.R. Lazio, Roma, II-bis, n. 5423/2018; Cons. St., III, n. 2554/2018; T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, I, n. 43/2018).

In tale contesto, la composizione di tale contrasto giurisprudenziale è stata rimessa all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (v. Cons. St., V, ord. 25 ottobre 2018, n. 6069 e Cons. St., V, ord. n. 6122/2018, che hanno argomentato la propria preferenza per l'orientamento di matrice sostanzialistica).

L'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato non prima di aver dichiarato la sua preferenza verso la tesi formalista, disattendendo così i rilievi contenuti nell'ordinanza di rimessione ha ritenuto a propria volta di rimettere la questione al vaglio della Corte di giustizia dell'Unione Europea, come non molto tempo prima aveva fatto anche il T.A.R. Lazio, con l'ordinanza n. 4562/2018 (cfr. Cons. St., Ad. plen., ordd. nn. 1, 2 e 3/2019).

La Corte di Giustizia dell'Unione Europea, in tale contesto, si è pronunciata sul rinvio promosso dal T.A.R. Lazio con sent. del 2 maggio 2019, affermando che «i principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, quali contemplati nella direttiva 2014/24/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un'offerta economica presentata nell'ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l'esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell'ipotesi in cui l'obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d'appalto, sempreché tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione».

La Corte di giustizia UE tuttavia, nell'ambito della citata pronuncia, pur accreditando l'orientamento formalista, ha deliberatamente evitato di ‘assolutizzarlo', ammettendo che in casi particolari esso possa essere derogato.

Più precisamente, la Corte ha precisato che «se le disposizioni della gara d'appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall'amministrazione aggiudicatrice».

Ciò in quanto «spetta al giudice del rinvio, che è il solo competente a statuire sui fatti della controversia principale e sulla documentazione relativa al bando di gara in questione, verificare se per gli offerenti fosse in effetti materialmente impossibile indicare i costi della manodopera conformemente all'art. 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici e valutare se, di conseguenza, tale documentazione generasse confusione in capo agli offerenti, nonostante il rinvio esplicito alle chiare disposizioni del succitato codice».

In buona sostanza, un concorrente non può legittimamente essere escluso da una procedura ad evidenza pubblica per non aver indicato i costi della manodopera, se la modulistica predisposta dalla stazione appaltante per la compilazione dell'offerta non prevedeva uno spazio apposito in cui inserire tale documentazione (in tal senso, v. da ultimo T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III-ter, n. 5780/2020).

L'impostazione formalista è stata da ultimo avallata, forse definitivamente, dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con le sentenze nn. 7 e 8 del 2 aprile 2020, che hanno sostenuto l'obbligo per la stazione appaltante di attivare il meccanismo espulsivo nel caso in cui l'impresa, risultata poi aggiudicataria, abbia «del tutto omesso nella sua offerta economica l'indicazione dei costi della manodopera come previsto dall'art. 95 del d. lgs. n. 50/2016 e dalla lex specialis», anche qualora tale incombente non sia previsto dalla lex specialis di gara a pena di esclusione.

Secondo parte della dottrina, questa pronuncia dell'Adunanza plenaria è suscettibile di lasciare qualche perplessità nell misura in cui l'art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50/2016 prevede effettivamente l'obbligo di indicare nell'offerta economica i costi della manodopera e gli oneri di sicurezza, ma non lo prescrive a pena di esclusione. Ciò posto, “se l'esclusione non è prevista né dalla norma di legge da applicare – che individua solo un obbligo senza indicare le conseguenze del suo inadempimento – né dalla lex specialis di gara, cade il presupposto stesso per l'applicazione del principio alla fattispecie. Presupposto costituito dalla circostanza che l'incombente e la conseguente possibilità di esclusione siano chiaramente previsti dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici, espressamente richiamata nella documentazione di gara. E comunque, se l'adempimento non è previsto a pena di esclusione dalla lex specialis di gara, secondo giurisprudenza pacifica, alla stazione appaltante non è consentito escludere, mentre è ammesso il soccorso istruttorio” (Volpe).

Invero, sul punto, non può tacersi che l'Adunanza Plenaria n. 9/2014 ha chiarito come il principio di tassatività delle cause di esclusione vada interpretato nel senso di ammettere che l'esclusione possa essere disposta sia nel caso in cui il Codice la commini espressamente, sia nel caso in cui imponga adempimenti doverosi o introduca norme di divieto pur senza prevedere espressamente l'esclusione. In altri termini, secondo il principio affermato dall'Adunanza plenaria n. 9/2014, l'esclusione va comunque disposta quando sia certo il carattere imperativo del precetto che impone un determinato adempimento, non essendo necessario che la sanzione dell'esclusione sia espressamente prevista dalla norma.

Tornando alla tematica dell'obbligo di separata indicazione degli oneri della sicurezza e dei costi della manodopera, la giurisprudenza ha altresì chiarito che il principio di cui all'art. 95, comma 10, d.lgs. n. 50/2016 – secondo cui gli oneri di sicurezza e il costo della manodopera devono essere espressamente indicati in sede di offerta – è applicabile anche alle procedure per l'affidamento dei contratti sotto-soglia (cfr. CGARS, Sez. giur., n. 683/2019).

Al contrario, tale obbligo deve ritenersi non vigente con riferimento ai servizi aventi natura intellettuale (cfr. T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, I, n. 751/2019).

La facoltà di non aggiudicare la gara

In esito alla valutazione delle offerte, ai sensi dell'art. 95, comma 12, d.lgs. n. 50/2016, la stazione appaltante conserva sempre la facoltà di non aggiudicare la gara, «se nessuna offerta risulti conveniente o idonea in relazione all'oggetto del contratto».

La medesima norma precisa – in maniera innovativa rispetto alla disciplina previgente – che «tale facoltà è indicata espressamente nel bando di gara o nella lettera d'invito».

Si discute se quest'ultimo inciso – non presente nel previgente d.lgs. n. 163/2006 – comporti che la stazione appaltante possa non aggiudicare la gara soltanto qualora abbia espressamente richiamato tale facoltà nella lex specialis di gara. In altri termini, non è chiaro se la P.A. possa decidere di non aggiudicare la gara anche qualora non si sia espressamente riservata l'esercizio di tale facoltà (Giustiniani, Fontana).

Nel periodo di vigenza del d.lgs. n. 163/2006, la giurisprudenza aveva evidenziato come tale potere derivasse direttamente dalla legge, senza che fosse necessario un suo espresso richiamo nel bando di gara. Ciò in quanto «le norme attributive di facoltà o di obblighi contenute nella disciplina degli appalti pubblici integrano i singoli bandi di gara e sono da considerarsi, per tale motivo, conoscibili a priori dai concorrenti alla procedura pubblica» (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, I, n. 1802/2015).

Secondo alcuni recenti commentatori, al contrario, l'introduzione ad opera del d.lgs. n. 50/2016 della precisazione per cui la facoltà di non aggiudicare la gara «è indicata espressamente nel bando di gara o nella lettera d'invito» sarebbe inutiliter data qualora non fosse accompagnata da alcuna conseguenza lato sensu sanzionatoria. Di conseguenza, secondo tale orientamento si dovrebbe ritenere che le stazioni appaltanti possano non aggiudicare la gara solamente qualora si siano espressamente riservate l'esercizio di tale facoltà (Nunziata, Mascolo).

In ogni caso, la mancata aggiudicazione del contratto non deriva da vizi propri degli atti di gara, da una rivalutazione dell'interesse pubblico originario, dipendendo semplicemente «da una negativa valutazione delle offerte presentate che, pur rispondendo formalmente ai requisiti previsti dalla lex specialis di gara, non sono ritenute dall'organo decidente idonee a soddisfare gli obiettivi perseguiti con la gara» (ex multis: T.A.R. Piemonte, I, n. 152/2019; T.A.R. Veneto, I, n. 73/2018).

La valutazione di non convenienza e/o non idoneità dell'offerta – che giustifica la scelta della stazione appaltante di non procedere all'aggiudicazione – non implica necessariamente la carenza assoluta dei requisiti richiesti dalla documentazione di gara, “potendo a tal fine essere sufficiente anche una valutazione puntuale e motivata di manifesta inadeguatezza o insufficienza delle caratteristiche tecniche dell'offerta presentata” (ex multis: T.A.R. Puglia, Lecce, II, n. 810/2020; T.A.R. Lazio, Roma, III-quater, n. 11806/2019).

Il potere della stazione appaltante di non aggiudicare la gara «non è riconducibile all'esercizio del potere di autotutela, bensì configura un potere fondato su ragioni di pubblico interesse» (T.A.R. Veneto, I, n. 20/2019).

Si tratta di una decisione connotata da ampi margini di discrezionalità, che compete alla stazione appaltante in relazione alle specifiche esigenze di approvvigionamento dell'ente, avuto riguardo all'interesse pubblico all'eventuale e sopravvenuta opportunità di non aggiudicare la gara per ragioni di ridotta convenienza o di inidoneità dell'offerta (Giustiniani, Fontana).

L'eventuale decisione di non aggiudicare la gara non può comunque essere arbitraria, né priva di motivazioni che diano conto della ‘non convenienzà o della ‘inidoneità' dell'offerta in relazione all'oggetto del contratto, dovendosi evidenziare «l'importanza che assume, nel provvedimento espressione di esercizio di tale potere, il corredo motivazionale; sul punto, in modo rigoroso, la giurisprudenza richiede ‘una specifica e penetrante motivazione, corredata dall'esplicitazione precisa e circostanziata degli elementi' che giustificano la mancata aggiudicazione» (T.A.R. Veneto, I, n. 20/2019).

Si ritiene che il potere di non aggiudicare per ragioni di convenienza possa essere esercitato non soltanto quando tutte le offerte sono ritenute non convenienti o non idonee, ma anche quando tali caratteristiche riguardino solo alcune delle offerte (Iaria, Marrone, p. 733).

Problemi attuali: le varianti in sede di offerta

Ai sensi del comma 14 dell'art. 95, laddove sia utilizzato il criterio di aggiudicazione basato sul miglior rapporto qualità/prezzo, le stazioni appaltanti possono autorizzare o esigere la presentazione di varianti da parte degli offerenti.

La possibilità di introdurre varianti in sede d'offerta deve essere prevista negli atti di gara sotto forma di autorizzazione ai concorrenti ovvero di specifico obbligo; in mancanza di questa espressa indicazione, le varianti non possono considerarsi autorizzate.

In ogni caso, secondo quanto previsto dall'art. 95, comma 14, lett. a), del Codice, ove la possibilità di introdurre varianti sia espressamente prevista dalla legge di gara, resta comunque necessario che esse siano collegate all'oggetto dell'appalto.

Le stazioni appaltanti che autorizzano o richiedono le varianti menzionano nei documenti di gara i requisiti minimi che le varianti devono rispettare, nonché le modalità specifiche per la loro presentazione, in particolare se le varianti possono essere presentate solo ove sia stata presentata anche un'offerta, che è diversa da una variante. Esse garantiscono anche che i criteri di aggiudicazione scelti possano essere applicati alle varianti che rispettano tali requisiti minimi e alle offerte conformi che non sono varianti. Solo le varianti che rispondono ai requisiti minimi prescritti dalle amministrazioni aggiudicatrici sono prese in considerazione.

Nelle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture o di servizi, le amministrazioni aggiudicatrici che abbiano autorizzato o richiesto varianti non possono escludere una variante per il solo fatto che, se accolta, configurerebbe, rispettivamente, o un appalto di servizi anziché un appalto pubblico di forniture o un appalto di forniture anziché un appalto pubblico di servizi.

Infine, ai sensi dell'inedito comma 14-bis introdotto dal decreto correttivo n. 56/2017, in caso di appalti aggiudicati con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, le stazioni appaltanti non possono attribuire alcun punteggio per l'offerta di opere aggiuntive rispetto a quanto previsto nel progetto esecutivo a base d'asta.

Com'è evidente, la logica della disposizione in commento è quella di garantire la par condicio degli offerenti e, per logico corollario, l'interesse della commissione aggiudicatrice ad avere offerte tra di loro omogenee e quindi comparabili (Nunziata, Mascolo).

L'omessa individuazione di una definizione precisa delle varianti in sede di offerta lascia tutt'ora aperta la questione relativa alla distinzione tra le nozioni di variante e quella di miglioria. Secondo la giurisprudenza di legittimità, le soluzioni migliorative si differenziano dalle varianti perché le prime possono liberamente esplicarsi in tutti gli aspetti tecnici lasciati aperti a diverse soluzioni sulla base del progetto posto a base di gara ed oggetto di valutazione dal punto di vista tecnico, rimanendo comunque preclusa la modificabilità delle caratteristiche progettuali già stabilite dalla stazione appaltante. Le seconde, invece, si sostanziano in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per cui la relativa ammissibilità richiede una previa manifestazione di volontà della stazione appaltante mediante specifica previsione contenuta nel bando di gara, unitamente all'individuazione dei relativi requisiti minimi finalizzati a definire i limiti entro i quali l'opera proposta dal concorrente possa essere ritenuta un aliud rispetto a quella prefigurata dalla pubblica amministrazione (Nunziata, Mascolo).

Possono quindi essere considerate proposte migliorative tutte quelle precisazioni, integrazioni e migliorie che sono finalizzate a rendere il progetto prescelto meglio corrispondente alle esigenze della stazione appaltante, senza tuttavia alterare i caratteri essenziali delle prestazioni richieste (cfr. Cons. St., V, n. 2969/2020).

L'invarianza delle medie

Al fine di evitare contenziosi opportunistici in cui i concorrenti non aggiudicatari impugnino l'ammissione o l'esclusione di altri concorrenti al solo scopo di incidere indirettamente sulle medie dei ribassi rilevanti ai fini dell'individuazione delle soglie di anomalia, l'art. 95, comma 15, prevede la regola della c.d. invarianza delle medie.

In particolare, tale norma stabilisce che ogni variazione che intervenga – anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale – successivamente alla fase di ammissione, alla fase di regolarizzazione o alla fase delle esclusioni delle offerte, «non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l'individuazione della soglia di anomalia delle offerte».

Si tratta di «un'eccezione alla regola dell'effetto regressivo della sentenza che sostanzialmente cristallizza l'esito di una fase procedimentale ancorché tale esito sia stato decisivamente condizionato da un atto illegittimo» (Iaria, Marrone, p. 734), di talché si potrebbe dubitare della conformità di tale disposizione ai principi di effettività ed indefettibilità della tutela giurisdizionale.

Tali dubbi, tuttavia, sono stati dipanati già sotto la vigenza del d.lgs. n. 163/2006 dal Consiglio di Stato, il quale ha avuto modo di affermare che la previsione in parola «attiene all'andamento del procedimento amministrativo di settore, nel senso che, una volta conclusa la ‘fase' procedimentale riguardante l'ammissione, la regolarizzazione o l'esclusione delle offerte, le sopravvenienze non possono essere prese in considerazione dalla stessa Amministrazione. Ne consegue che, trattandosi di una regola di diritto sostanziale che ha inteso innovare alla disciplina del procedimento di gara, e che solo di riflesso riverbera le proprie coerenti conseguenze sul terreno processuale, la medesima non può essere sospettata di avere inciso sulle garanzie costituzionali che presiedono alla tutela giurisdizionale» (Cons. St., V, n. 2609/2015, poi ripreso – ex multis – da T.A.R. Piemonte, II, n. 631/2017).

Non è chiaro, infine, a partire da quale momento le medie debbano considerarsi cristallizzate ed inamovibili.

Secondo l'orientamento prevalente, la preclusione alla modifica delle medie maturerebbe solo al momento dell'aggiudicazione (da ultimo, ex multis, cfr. T.A.R. Toscana, I, n. 286/2021).

Secondo un orientamento minoritario, la norma precluderebbe variazioni ex post della soglia di anomalia una volta conclusa la fase di ammissione ed esclusione delle offerte, a prescindere dal fatto che sia intervenuta o meno l'aggiudicazione (ex multis, cfr. T.A.R. Campania, Napoli, n. 725/2018).

Questioni applicative

1) Che ruolo ha il parametro ANCE nella verifica di congruità del costo della manodopera?

Secondo T.A.R. Campania, Salerno, I, 827/2021 ai fini della verifica della congruità dell'offerta presentata in sede di gara non assume rilevanza il parametro ANCE che, se può costituire un utile riferimento per corroborare le valutazioni di congruità del costo del lavoro, quale canone riferito a dati generali e aggregati (percentuale generale del costo del lavoro per singola tipologia di lavorazione), non può costituire unico fondamento dell'analisi condotta dalla Stazione appaltante.

La verifica del costo della manodopera di cui all'art. 95, comma 10, d.lgs. n. 50/2016mira ad accertare la congruità del valore dichiarato non sulla base dell'affermato rispetto delle garanzie retributive dei lavoratori, ma delle caratteristiche specifiche dell'impresa e dell'offerta, considerando in concreto il numero di lavoratori impiegati per l'esecuzione delle opere previste in contratto, distinti per inquadramento e ore di utilizzo, al fine di determinare il costo orario delle maestranze destinate all'esecuzione dell'appalto e verificare così il rispetto dei parametri salariali di riferimento indicati nelle tabelle ministeriali di cui all'art. 23, comma 16, del d.lgs. n. 50/2016, richiamato dall'art. 97, comma 5, lett. d), del medesimo decreto (disposizione questa a cui fa rinvio l'art. 95, comma 10, ai fini della verifica del costo della manodopera condotta contestualmente o separatamente da una verifica di congruità complessiva dell'offerta). Come nella verifica di anomalia, devono essere forniti alla Stazione appaltante tutti gli elementi necessari alla ricostruzione del costo della manodopera sopportato dall'impresa per l'esecuzione di quanto proposto con l'offerta prodotta in gara, eventualmente anche non strettamente relativi a tale costo ma utili alla ricostruzione dello stesso.

Tale analisi non può limitarsi semplicemente alla verifica dell'incidenza percentuale del costo complessivo della manodopera sulle singole lavorazioni, confrontandola con quella riscontrabile nell'ambito del mercato di riferimento, ma deve andare a considerare anche le particolarità della singola impresa e della singola offerta al fine di accertare che il costo complessivamente indicato inglobi effettivamente trattamenti salariali non inferiori ai minimi previsti per i singoli lavoratori impiegati.

Non può pertanto assumere rilevanza decisiva il parametro ANCE che, se può costituire un utile riferimento per corroborare le valutazioni di congruità del costo del lavoro, quale canone riferito a dati generali e aggregati (percentuale generale del costo del lavoro per singola tipologia di lavorazione), non può costituire unico fondamento dell'analisi condotta dalla Stazione appaltante. Il documento ANCE è infatti legato alla finalità di contrastare il lavoro sommerso e irregolare e reca indici meramente convenzionali per una verifica ex post della incidenza del costo del lavoro sul valore dell'opera, indici che non possono essere «utilizzati ad altri fini o comunque quali indicatori per i prezzi degli appalti».

2) Qual è la prestazione prevalente nell'appalto avente a getto i servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria di progettazione definitiva ed esecutiva ove siano previste indagini geologiche o geotecniche?

Secondo CGARS n. 278/2021: «l'appalto, avente ad oggetto i servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria di progettazione definitiva ed esecutiva, studio di impatto ambientale, comprensivo di esecuzione di indagini geologiche e geotecniche, ha come prestazione prevalente servizi di natura intellettuale, a nulla rilevando che nell'oggetto dell'appalto sia compresa anche l'esecuzione di indagini geologiche e geotecniche, essendo complementari e subvalenti e, quindi, accessorie rispetto all'attività principale di natura intellettuale, non sussistendo l'obbligo di indicazione specifica degli oneri sicurezza, anche qualora l'organizzazione della prestazione intellettuale possa essere comunque tale da esporre il prestatore ad una qualche forma di rischio; i servizi di natura intellettuale cui fa riferimento l'art. 95, comma 10, d.lgs. n. 50/2016 sono, infatti, quelli in cui le prestazioni intellettuali rivestono carattere prevalente, ancorché non esclusivo, nel contesto delle prestazioni erogate, rispetto alle attività materiali».

Ha ricordato il CGARS che l'art. 95, comma 10, d.lgs. n. 50/2016 prevede che, nell'offerta economica, l'operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell'art. 36, comma 2, lett. a). La disposizione non ha carattere innovativo, ma ricognitivo di un precedente indirizzo giurisprudenziale, secondo cui gli oneri di sicurezza interna non sono configurabili negli appalti concernenti servizi di natura intellettuale (Cons. St., V, n. 3163/2018). In proposito, la giurisprudenza ha già avuto modo di chiarire che, laddove qualificato in termini intellettuali, non sussiste l'obbligo di indicazione specifica degli oneri sicurezza, anche qualora l'organizzazione della prestazione intellettuale possa essere comunque tale da esporre il prestatore ad una qualche forma di rischio (Cons. St., V, n. 4688/2020).

Ha aggiunto il CGARS che, anche in considerazione della ratio cui è ispirata la normativa sulle procedure ad evidenza pubblica, ritiene che i servizi di natura intellettuale cui fa riferimento l'art. 95,comma 10, d.lgs.n. 50/2016 siano quelli in cui le prestazioni intellettuali rivestono carattere prevalente, ancorché non esclusivo, nel contesto delle prestazioni erogate, rispetto alle attività materiali (Cons. St., IV, n. 1483/2021).

3) L'obbligo di indicazione separata dei costi di manodopera e degli oneri di salute e di sicurezza si estende alla concessione del servizio di distribuzione automatica di bevande e prodotti alimentari preconfezionati, nella quale la componente «umana» del servizio assume rilievo minimo?

Negativa la risposta di CGARS n. 247/2021: «L'obbligo di indicazione separata dei costi di manodopera e degli oneri di salute e di sicurezza – prevista dall'art. 95, comma 10, d.lgs. n. 50/2016 e astrattamente applicabile anche ai contratti di concessione ai sensi dell'art. 164, comma 2, dello stesso Codice, secondo cui alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di servizi si applicano «per quanto compatibili», le disposizioni relative ai «criteri di aggiudicazione» – non si estende alla concessione del servizio di distribuzione automatica di bevande e prodotti alimentari preconfezionati, nella quale la componente «umana» del servizio assume rilievo minimo».

4) Come opera la verifica delle specifiche tecniche nell'appalto di fornitura standardizzata?

Secondo T.A.R. Bologna, I, n. 88/2021: «in sede di gare per l'affidamento di un appalto di fornitura standardizzata di cui all'art. 95, comma 4, d.lgs. n. 50/2016, a differenza della verifica delle condizioni di capacità e di idoneità soggettiva dei concorrenti da effettuarsi prima del contratto, la verifica delle specifiche tecniche va svolta in sede esecutiva, con la produzione e/o l'acquisizione dei beni dopo la stipula del contratto».

5) Quali sono i presupposti per aggiudicare la gara con il criterio del minor prezzo?

Secondo Cons. St., V, 7182/2020, il legittimo ricorso al criterio del minor prezzo, ai sensi dell'art. 95, comma 4, lett. b), del Codice dei contratti pubblici, in deroga alla generale preferenza accordata al criterio di aggiudicazione costituito dall'offerta economicamente più vantaggiosa, si giustifica in relazione all'affidamento di forniture o di servizi che siano, per loro natura, strettamente vincolati a precisi e inderogabili standard tecnici o contrattuali ovvero caratterizzati da elevata ripetitività e per i quali non vi sia quindi alcuna reale necessità di far luogo all'acquisizione di offerte differenziate (Cons. St., V, n. 444/2020; Id., III, n. 1609/2018; Id., n. 2014/2017).

A loro volta, le linee guida ANAC n. 2, approvate nel 2016 e aggiornate nel 2018, chiariscono che: i «servizi e forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato» sono quei servizi o forniture che, anche con riferimento alla prassi produttiva sviluppatasi nel mercato di riferimento, non sono modificabili su richiesta della stazione appaltante oppure che rispondono a determinate norme nazionali, Europee o internazionali; «i servizi e le forniture caratterizzati da elevata ripetitività soddisfano esigenze generiche e ricorrenti, connesse alla normale operatività delle stazioni appaltanti, richiedendo approvvigionamenti frequenti al fine di assicurare la continuità della prestazione»; i benefici del confronto concorrenziale basato sul miglior rapporto qualità e prezzo in tali casi «sono nulli o ridotti»; tale ipotesi si rinviene anche laddove la stazione appaltante vanti «una lunga esperienza nell'acquisto di servizi o forniture a causa della ripetitività degli stessi».

Infine, sempre per le linee guida ANAC n. 2, l'adeguata motivazione del ricorso al criterio richiesta dall'art. 95, comma 5, del Codice dei contratti pubblici è finalizzata a evidenziare il ricorrere degli elementi alla base della scelta dello stesso e altresì a dimostrare «che attraverso il ricorso al minor prezzo non sia stato avvantaggiato un particolare fornitore, poiché ad esempio si sono considerate come standardizzate le caratteristiche del prodotto offerto dal singolo fornitore e non dall'insieme delle imprese presenti sul mercato».

6) In sede di presentazione dell'offerta di gara i costi indiretti della commessa vanno computati nel costo della manodopera?

Negativa la risposta di Cons. St. V, n. 6786/2020 : «Nel costo della manodopera per l'esecuzione del contratto di appalto la cui indicazione è prescritta in offerta dall'art. 95, comma 10, d.lgs. n. 50/2016 non deve essere ricompresa anche la retribuzione dei dipendenti o consulenti esterni (cd. «costi indiretti della commessa» poiché relativi al personale di supporto all'esecuzione dell'appalto o a servizi esterni), che sono impiegati dall'operatore economico per diversi (o, tutti) gli appalti assunti e non per un singolo e specifico appalto. IL Consiglio ha nell'occasione chiarito che non rientra nella discrezionalità dell'amministrazione appaltante la facoltà di imporre o di esigere un determinato contratto collettivo nazionale di lavoro, tanto più qualora una o più tipologie di contratti collettivi possano anche solo astrattamente adattarsi alle prestazioni oggetto del servizio da affidare».

7) È sempre obbligatorio ricorrere al criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa nel caso di servizi ad alta intensità di manodopera?

Positiva la risposta dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, con sent. n. 8/2019 ha enunciato il seguente principio di diritto: «Gli appalti di servizi ad alta intensità di manodopera ai sensi degli artt. 50, comma 1, e 95, comma 3, lett. a), del codice dei contratti pubblici sono comunque aggiudicati con il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo, quand'anche gli stessi abbiano anche caratteristiche standardizzate ai sensi del comma 4, lett. b), del medesimo codice».

Ha chiarito l'Alto consesso che in questo senso va composto il contrasto di giurisprudenza venutosi a creare per effetto delle pronunce richiamate dalla Sezione rimettente, in particolare per effetto della sent. della III Sezione del 13 marzo 2018, n. 1609, che pure per un servizio di vigilanza antincendio a favore di un'azienda sanitaria locale, aveva invece affermato la prevalenza del criterio del massimo ribasso ai sensi dell'art. 95, comma 4, lett. b), del codice dei contratti pubblici (peraltro supponendo che: «la tipologia di cui alla lett. b) del comma 4 dell'art. 95 attiene ad un ipotesi ontologicamente del tutto differente sia dall'appalto «ad alta intensità di manodopera» di cui all'art. 95 comma 3 lett. a) che concerne prestazioni comunque tecnicamente fungibili»; e non già all'esito di un'analisi del rapporto strutturale tra le due diverse disposizioni di legge).

Richiamato il principio poc'anzi espresso, va quindi ribadito che le caratteristiche di servizio ad alta intensità di manodopera della vigilanza antincendio non consentono che lo stesso sia aggiudicato con il criterio del massimo ribasso, benché caratterizzato anche da una forte standardizzazione dell'attività in esso comprese. Ha affermato che il comma 3 dell'art. 95del Codice deicontratti si pone ad un punto di convergenza di valori espressi in sede costituzionale e facoltà riconosciute a livello Europeo ai legislatori nazionali, per la realizzazione dei quali nel codice dei contratti pubblici il miglior rapporto qualità/prezzo è stato elevato ad criterio unico ed inderogabile di aggiudicazione per appalti di servizi in cui la componente della manodopera abbia rilievo preponderante.

Sulla base dell'analisi normativa interna ed Europea, e della cornice indirizzo politico-legislativo ad esse presupposta, si può dunque pervenire a definire il rapporto tra i commi da 2 a 5 dell'art. 95 in esame nel senso seguente: – ai sensi del comma 2 le amministrazioni possono aggiudicare i contratti di appalto pubblico secondo il criterio (ora denominato in generale) dell'offerta economicamente più vantaggiosa, individuata dal miglior rapporto qualità/prezzo o che abbia a base il prezzo o il costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia; – in attuazione della facoltà riconosciuta agli Stati membri dalla Direttiva 2014/24/UE di escludere o limitare per determinati tipi di appalto il solo prezzo o il costo (art. 67, par. 2, ultimo cpv., sopra citato), e in conformità ai criteri direttivi della legge delega n. 11/2016, il comma 3 pone invece una regola speciale, relativa tra l'altro ai servizi ad alta intensità di manodopera, derogatoria di quella generale, in base alla quale per essi è obbligatorio il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo; – per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate si riespande invece la regola generale posta dal comma 2, con il ritorno alla possibilità di impiegare un criterio di aggiudicazione con a base l'elemento prezzo, e precisamente il «minor prezzo», purché questa scelta sia preceduta da una «motivazione adeguata».

Nell'ipotesi in cui un servizio ad alta intensità di manodopera abbia contemporaneamente caratteristiche standardizzate ai sensi del comma 4, lett. b), del medesimo art. 95, come nel caso che ha dato origine alla rimessione a questa Adunanza Plenaria, vi è un concorso di disposizioni di legge tra loro contrastanti, derivante dal diverso ed antitetico criterio di aggiudicazione rispettivamente previsto per l'uno o l'altro tipo di servizio e dal diverso grado di precettività della norma. Si pone quindi un conflitto (o concorso apparente) di norme, che richiede di essere risolto con l'individuazione di quella prevalente. Il conflitto così prospettato non può che essere risolto a favore del criterio di aggiudicazione del miglior rapporto qualità/prezzo previsto dal comma 3, rispetto al quale quello del minor prezzo invece consentito in base al comma 4 è subvalente.

La soluzione ora espressa (di recente riaffermata dalla V Sezione del Consiglio di Stato, con sent. 24 gennaio 2019, n. 605) è, infatti, conseguenza diretta di quanto rilevato in precedenza, e cioè del carattere speciale e derogatorio di quest'ultima regola rispetto a quella generale, laddove il criterio del minor prezzo ai sensi del comma 4 ne segna invece il ritorno, con la riaffermazione della facoltà di scelta discrezionale dell'amministrazione di aggiudicare l'appalto secondo un criterio con a base il (solo) prezzo. Il ritorno alla regola generale incontra tuttavia un ostacolo insuperabile nella deroga prevista nel comma 3, che impone alle amministrazioni un obbligo anziché una mera facoltà, per cui per effetto di essa in tanto è possibile aggiudicare i contratti di appalto di servizi con caratteristiche standardizzate al massimo ribasso in quanto il servizio non abbia nel contempo abbia caratteristiche di alta intensità di manodopera.

8)Sussiste un divieto rigoroso di commistione tra criteri di valutazione dell'offerta e requisiti soggettivi dell'offerente?

Secondo Cons. St, V 1617/2022,  il divieto di commistione tra requisiti di ammissione e criteri di valutazione dell'offerta deve essere applicato secondo criteri di proporzionalità, ragionevolezza ed adeguatezza, non potendo negarsi la legittimità di criteri di valutazione volti a premiare caratteristiche organizzative o di esperienza dell'impresa in specie negli appalti di servizi, a maggior ragione quando –così come nella lex specialis della gara in oggetto - i criteri premiali basati sull'esperienza non siano preponderanti nella determinazione complessiva del punteggio tecnico.   Inoltre, l'art. 95 comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, nell'elencare gli elementi che possono costituire criteri valutativi, non esclude il richiamo a caratteristiche proprie e soggettive dell'impresa, tra cui “l'organizzazione, le qualifiche e l'esperienza del personale effettivamente utilizzato nell'appalto, qualora la qualità del personale incaricato possa avere un'influenza significativa sul livello dell'esecuzione dell'appalto” (lett. e), come appunto è per l'appalto di servizi (su cui cfr. anche Cons. Stato, III, 12 luglio 2018, n. 4283, secondo la quale il principio della netta separazione tra criteri soggettivi di qualificazione e criteri di aggiudicazione della gara deve essere interpretato in modo da consentire alle stazioni appaltanti, nei casi in cui determinate caratteristiche soggettive del concorrente, in quanto direttamente riguardanti l'oggetto del contratto, possano essere valutate anche per la selezione della offerta, di prevedere nel bando di gara elementi di valutazione della offerta tecnica di tipo soggettivo, concernenti la specifica attitudine del concorrente).

 

Bibliografia

Calaresu, Le domande e le offerte: forme, contenuti, garanzie e varianti, in Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), Trattato dei contratti pubblici, Roma, 2021; Caringella, Protto, Il codice dei contratti pubblici dopo il correttivo, Roma, 2017; Fontana, Madeo, Il Codice Appalti alla prova delle semplificazioni, in www.italiappalti.it, luglio 2020; Giustiniani, Fontana, Le gare pubbliche, Roma, 2021; Iaria, Marrone, Aggiudicazione nei settori ordinari, in Clarich (a cura di), Commentario al Codice dei Contratti Pubblici, II ed., Torino, 2019; Nunziata, Mascolo, Criteri di selezione delle offerte, in Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), Trattato dei contratti pubblici, Roma, 2021; Volpe, Un anno di giurisprudenza dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato sui contratti pubblici, in www.giustizia-amministrativa.it, aprile 2021.

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