Decreto legislativo - 18/04/2016 - n. 50 art. 151 - (Sponsorizzazioni e forme speciali di partenariato) 1

Germana Lo Sapio

(Sponsorizzazioni e forme speciali di partenariato)1

[1. La disciplina di cui all'articolo 19 del presente codice si applica ai contratti di sponsorizzazione di lavori, servizi o forniture relativi a beni culturali di cui al presente capo, nonché ai contratti di sponsorizzazione finalizzati al sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura, di cui all'articolo 101 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, recante Codice dei beni culturali e del paesaggio, delle fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri di tradizione2.

2. L'amministrazione preposta alla tutela dei beni culturali impartisce opportune prescrizioni in ordine alla progettazione, all'esecuzione delle opere e/o forniture e alla direzione dei lavori e collaudo degli stessi.

3. Per assicurare la fruizione del patrimonio culturale della Nazione e favorire altresì la ricerca scientifica applicata alla tutela, lo Stato, le regioni e gli enti territoriali possono, con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, attivare forme speciali di partenariato con enti e organismi pubblici e con soggetti privati, dirette a consentire il recupero, il restauro, la manutenzione programmata, la gestione, l'apertura alla pubblica fruizione e la valorizzazione di beni culturali immobili, attraverso procedure semplificate di individuazione del partner privato analoghe o ulteriori rispetto a quelle previste dal comma 1. Resta fermo quanto previsto ai sensi dell'articolo 106, comma 2-bis, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 423.]

[1] Articolo abrogato dall'articolo 226, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023, come stabilito dall'articolo 229, comma 2. Per le disposizioni transitorie vedi l'articolo 225 D.Lgs. 36/2023 medesimo.

[2] Così rettificato con Comunicato 15 luglio 2016 (in Gazz. Uff., 15 luglio 2016, n. 164).

[3] Comma modificato dall'articolo 8, comma 5, lettera c-ter), del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 settembre 2020, n. 120

Inquadramento

Il comma 1 dell'art. 151 dispone che la disciplina di cui all'art. 19 (al cui commento si rinvia) si applica anche ai contratti di sponsorizzazione di lavori, servizi e forniture relativi a beni culturali, nonché – con disposizione innovativa – ai contratti di sponsorizzazione finalizzati al sostegno degli istituti e luoghi della cultura di cui all'art. 101 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, delle fondazioni lirico – sinfoniche e dei teatri di tradizione.

Il comma 2 invece attribuisce al Ministero competente per la tutela dei beni culturali il potere atipico di attivare forme speciali di partenariato, sia con soggetti privati che pubblici, al fine di assicurare la fruizione

La disciplina delle sponsorizzazioni

L'articolo in commento richiama l'art. 19 che prevede le procedure da rispettare per i contratti di sponsorizzazione di lavori, servizi o forniture relativi ai beni culturali. La disposizione in esame si limita ad estendere l'ambito applicativo della sponsorizzazione anche al sostegno di istituti e luoghi di cultura di cui all'art. 101 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei Beni Culturali) nonché delle fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri di tradizioni. Con il comma 2, si prevede una norma di chiusura a salvaguardia delle esigenze di tutela del bene culturale con cui la valorizzazione, anche attraverso finanziamenti privati, deve essere sempre compatibile. Resta infatti fermo che, in linea con quanto previsto anche dall'art. 120 del Codice dei Beni Culturali, (d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42) l'amministrazione preposta alla tutela impartisce le opportune prescrizioni in ordine alla progettazione, all'esecuzione delle opere e/o forniture e alla direzione dei lavori e collaudo degli stessi.

La sponsorizzazione nell'alveo delle forme di finanziamento privato del patrimonio culturale

Come si legge nella Circolare del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo del 17 giugno 2016, «la scelta del legislatore delegato mira a completare l'intervento normativo di razionalizzazione e potenziamento della contribuzione dei privati al sostegno dei costi della conservazione e della gestione del patrimonio culturale già avviato con l'introduzione del credito di imposta per il meccanismo (c.d. «art bonus»: d.l. n. 83/2014) che riguarda essenzialmente le elargizioni liberali proprie soprattutto del terzo settore ...». Invero, il tema della sponsorizzazione deve collocarsi nell'ambito della più grande tematica, dai notevoli profili fiscali, del finanziamento da fonte privata volto, in particolare, a tutelare e valorizzare il patrimonio culturale. Tali sono le due direttrici cui si ispira il Codice dei Beni Culturali, espressamente richiamato anche nel comma 1 dell'articolo in commento.

In particolare, mentre la tutela ha una funzione statica, di conservazione del bene culturale in sé, la valorizzazione comporta lo svolgimento di azioni destinate a consentire la migliore fruizione del bene medesimo da parte del pubblico, funzione che a sua volta si «collega al modo di concepire il bene culturale e la sua funzione sociale ed economica. Valorizzare un bene può infatti significare collocarlo più profondamente nel contesto culturale complessivo del Paese o di una sua area, rendendolo maggiormente visibile e aumentando la percezione del medesimo come elemento di particolare pregio e valore. Ciò può comportare anche un ritorno economico, collegato ai flussi turistici o agli investimenti pubblici o privati che a tale bene si connettono in conseguenza delle attività di valorizzazione, ma si tratta pur sempre di un risultato secondario, essendo il fuoco concentrato su quello che è stato definito il welfare culturale. Per altro verso, l'azione diretta alla valorizzazione può rivolgersi prevalentemente allo sfruttamento economico del bene culturale, inserendolo – specie mediante l'approntamento di servizi accessori diretti al pubblico – in un contesto nel quale conta non tanto il giusto ritorno economico che qualsiasi attività di sfruttamento di un bene può realizzare, quanto piuttosto la massimizzazione del profitto. Si è parlato, al riguardo, del rischio di una mercificazione del bene culturale. In realtà, tale deriva – certamente non condivisibile – può essere arginata collocando saldamente, a fianco della valorizzazione, l'attività di tutela. Non a caso il Codice dei beni Culturali ha, come detto, concepito tali attività non certo come alternative, quanto piuttosto come necessariamente complementari. Dunque, la valorizzazione, in tanto potrà dirsi legittima in quanto consenta di realizzare in modo più compiuto la finalità di tutela del bene culturale, che deve essere valorizzato per l'appunto in modo coerente con la finalità di conservarlo e renderlo fruibile anche alle generazioni future (...)Al fine di tutelare e valorizzare i nostri musei, secondo le linee indicate dal Codice, si pone quindi il tema del reperimento delle risorse finanziare a ciò necessarie» (Dorigo).

Deve osservarsi che, se fino a pochi anni fa, la sponsorizzazione – nella pratica soprattutto proveniente dalle Fondazioni bancarie – costituiva lo strumento principale di finanziamento, con le recenti normative di agevolazione fiscali, esso concorre con altre misure che ne condividono la funzione di reperimento di risorse private volte a valorizzare il patrimonio culturale ma che sono volte a incentivare la leva fiscale, avendo il legislatore compreso che «i privati sono più propensi a donare laddove ne possano ricavare una qualche utilità ulteriore rispetto al mero ritorno di immagine. Ne consegue, quindi, che assumono un ruolo rilevante a tal fine gli incentivi fiscali, ovvero quei regimi agevolativi (sub specie di deduzioni o detrazioni, quanto meno in prima battuta) che il legislatore può riservare a coloro che siano disposti ad investire nella tutela e conservazione dei beni culturali pubblici» (Dorigo), il più noto dei quali è il c.d. Art Bonus, introdotto dall'art. 1 della l. n. 106/2014 che consiste in un credito di imposta pari al 65% dell'ammontare delle erogazioni liberali effettuate da privati ed imprese in relazione a beni appartenenti allo Stato o enti pubblici, con il limite – per le persone fisiche – del 15% del reddito imponibile e – per le imprese – del 5 per mille dei ricavi annui; di recente esteso dall'art. 183, comma 9, d.l. n. 34/2020 (c.d. Decreto Rilancio) ai complessi strumentali, alle società concertistiche e corali, ai circhi e agli spettacoli viaggianti.

Sotto il profilo fiscale, le spese di sponsorizzazione sono state oggetto di contrastanti interpretazioni, quanto alla loro qualificabilità quali spese di pubblicità e propaganda piuttosto che di rappresentanza, con evidenti differenze sul piano della deducibilità dal reddito, sia in ordine alla effettiva sussistenza dei requisiti di inerenza e congruità delle spese. Risulta oggi invece consolidato l'orientamento interpretativo del Ministero, che ha espressamente riconosciuto la natura pubblicitaria dell'attività di sponsorizzazione di beni culturali quale efficace strumento di conservazione e di valorizzazione del patrimonio culturale, con riferimento alle varie forme in cui la sponsorizzazione può configurarsi (Decreto del 19 dicembre 2012).

Problemi attuali: le forme speciali di partenariato all'insegna della flessibilità

Il comma 3 prevede una forma speciale e flessibile di partenariato con enti e organismi pubblici e con soggetti privati, diretta a consentire attività di conservazione e valorizzazione, mediante ricorso alle procedure di cui ai contratti di sponsorizzazione o ad ulteriori procedure che possono essere individuate a iniziativa del Ministero dei beni e delle attività culturali.

La finalità è quella di garantire la massima elasticità e adattabilità alle peculiari esperienze praticate attivando le speciali forme di cooperazione di medio e lungo periodo tra pubblico e privato nel campo dei beni culturali: si tratta di figure difficilmente sussumibili in un unico tipo giuridico, ma caratterizzate dalla pluralità di cause negoziali e di fini economico – sociali, che vanno dalla collaborazione scientifica alla cooperazione in azioni e manifestazioni di valorizzazione del patrimonio in Italia e all'estero, dal concorso in attività prodromiche alla tutela (ricerca sulla tecnologia e le scienze applicate al restauro, catalogazione, redazione di inventari, ricerca archeologica) alla collaborazione nell'attuazione delle misure di valorizzazione e di gestione delle buffer zone annesse ai siti dichiarati UNESCO.

Viene così a delinearsi una peculiare forma di partenariato che si distingue da quella di cui all'art. 180 e ss., focalizzata sulla finanza di progetto, che assume una valenza più collaborativa in cui appare rilevante la condivisione anche della gestione del bene culturale, nelle plurime forme che essa può assumere: ricerca, studio, catalogazione, restauro, apertura alla fruizione pubblica.

Sotto questo profilo, la disposizione rappresenta una base giuridica per tutte le ipotesi che nella pratica danno luogo a rapporti di durata «che vanno al di là del mero partenariato di tipo contrattuale, ma non pervengono a una forma di vera e propria istituzionalizzazione, come accade nel caso in cui si dia luogo alla creazione di fondazioni o associazioni con la finalità di gestione di siti culturali, e che reclamavano uno specifico riconoscimento» (Albissini).

Bibliografia

Albissini, Il nuovo codice dei contratti pubblici - i contratti pubblici concernenti i beni culturali, in Giornale dir. amm., 2016, 4, 436; Carpentieri, Appalti nel settore dei beni culturali (e archeologia preventiva), in Urb. app., 2016, 8-9, 1014; Dorigo, Il finanziamento dei musei e il ruolo del privato-sociale prima e dopo la pandemia, in Rass. trib., 2021, 2, 362.

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