Decreto legislativo - 18/04/2016 - n. 50 art. 166 - (Principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche) 1(Principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche)1 [1. Le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori sono liberi di organizzare la procedura per la scelta del concessionario, fatto salvo il rispetto delle norme di cui alla presente Parte. Essi sono liberi di decidere il modo migliore per gestire l'esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi per garantire in particolare un elevato livello di qualità, sicurezza ed accessibilità, la parità di trattamento e la promozione dell'accesso universale e dei diritti dell'utenza nei servizi pubblici.] [1] Articolo abrogato dall'articolo 226, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023, come stabilito dall'articolo 229, comma 2. Per le disposizioni transitorie vedi l'articolo 225 D.Lgs. 36/2023 medesimo. InquadramentoL'articolo in commento afferma il principio di libera organizzazione delle procedure di gara nell'aggiudicazione delle concessioni, in maniera di consentire la più ampia flessibilità alle stazioni appaltanti interessate nel disegnare la fattispecie contrattuale più adeguata al sostrato fattuale dell'operazione. Nella Direttiva Europea sulle concessioni, infatti, è, in primo luogo, ribadita la salvezza dei regimi proprietari delle imprese che forniscono servizi al pubblico (art. 2, par. 2, Direttiva 2014/23/UE), così come è riconosciuto il principio in base al quale le autorità nazionali, regionali e locali godono di autonomia nella definizione dei modelli organizzatori per la realizzazione di lavori e l'erogazione di servizi, con l'obiettivo di garantire l'interesse pubblico ad un elevato livello di qualità, sicurezza accessibilità, parità di trattamento, la promozione dell'accesso universale e dei diritti dell'utenza ai servizi pubblici (art. 2, par. 1). In terzo luogo, come in parte anticipato (v. commento art. 164), il c.d. principio di libera amministrazione trova esplicitazione nel riconoscimento e nella riaffermazione della libertà degli Stati membri a decidere, in conformità ai principi del TFUE (parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e libera circolazione delle persone), di organizzare la prestazione di servizi come di interesse economico generale o come servizi non economici di interesse generale, così come la direttiva lascia anche libere le competenti autorità di ciascuno Stato membro di definire i servizi di interesse economico generale, il relativo ambito, le caratteristiche del servizio da prestare, comprese le eventuali condizioni relative alla qualità del servizio (considerando n. 6). In quarto luogo, in principio in esame si concretizza nella facoltà per le amministrazioni di decidere le modalità di gestione più appropriate per l'esecuzione dei lavori e la fornitura di servizi in via diretta o tramite esternalizzazioni; così come, fermo il rispetto del diritto europeo, Stati membri o autorità pubbliche dovrebbero rimanere liberi di definire e specificare le caratteristiche dei servizi da fornire, comprese le condizioni relative alla qualità o al prezzo dei servizi, conformemente al diritto dell'Unione (considerando n. 5). In quinto luogo, nel riconoscimento dell'autonomia dei committenti nella definizione e organizzazione della procedura di selezione (considerando n. 68). La norma nazionale si pone nella sostanza in termini coerenti con i principi affermati a livello europeo, riconoscendo alle amministrazioni la libertà di definire il modello più idoneo per la gestione dei servizi, di organizzare la procedura di scelta del concessionario, fermo il rispetto delle specifiche disposizioni contenute nella Parte III del Codice. La correttezza dell'operato delle amministrazioni va comunque in concreto valutata alla luce della idoneità delle scelte adottate a perseguire: (i) un adeguato livello di qualità del servizio; (ii) sicurezza ed accessibilità alle prestazioni; (iii) la parità di trattamento e la promozione dell'accesso universale dei diritti dell'utenza nei servizi pubblici. Tali parametri di riferimento vanno ovviamente e necessariamente letti in combinato disposto con i principi generali stabiliti all'art. 30 del Codice, di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, oltreché di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, pubblicità e rotazione (Carullo, Iudica, 1269). Al fine di non attenuare il principio di libertà, pur a fronte delle norme del Codice che devono essere rispettate, la norma deve essere intesa nel senso che la libertà dei committenti debba essere riferita all'ampia sfera di discrezionalità tecnico politica necessaria in sede di avvio alla gara per l'ottimale assetto gestionale, per l'individuazione degli interessi, degli standard tecnici e dei livelli minimi dei servizi nonché per la valutazione di tutti gli interessi coinvolti (Vitocolonna, 2478). La libertà cui la norma fa riferimento va intesa sul piano teleologico ed organizzatorio con la conseguenza che le stazioni appaltanti possono utilizzare forme di negoziazione più flessibili con candidati ed offerenti (Realfonzo, 388). La scelta del modello organizzativo: gli affidamenti in houseIl diritto europeo esprime un principio di neutralità rispetto alle scelte organizzative degli Stati membri in ordine alle modalità con cui realizzare o gestire un'opera o un servizio pubblico, restando indifferente all'opzione in favore dell'in house o dell'esternalizzazione (De Nictolis, 1993); come del resto confermato dal considerando n. 5 della Direttiva 2014/23/UE secondo cui «nessuna disposizione della presente direttiva obbliga gli Stati membri ad affidare a terzi o esternalizzare la prestazione di servizi che desiderano prestare essi stessi...». È tuttavia altrettanto vero che nell'ordinamento italiano, l'art. 192, comma 2, del Codice ha introdotto una sorta di condizione ulteriore, rispetto a quelle classiche di matrice europea (v. anche art. 5 del Codice) per il ricorso all'in house providing, in relazione a servizi contendibili sul mercato in regime di concorrenza, consistente nella necessità di una preventiva valutazione sulla congruità economica dell'offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all'oggetto e al valore della prestazione, «dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche». Dunque, nell'attuale quadro normativo il ricorso all'affidamento in house si pone come eccezione rispetto alla regola del ricorso al mercato e impone alla stazione appaltante un onere motivazionale rafforzato diretto ad evidenziare le ragioni di preferenza per il modello della delegazione inter-organica rispetto al ricorso all'evidenza pubblica in punto di convenienza economica, di efficienza, qualità del servizio, e benefici per la collettività, di modo che ne sia possibile il sindacato in termini di ragionevolezza, logicità e travisamento dei fatti (Cons. St., III, n. 2102/2021; Cons. St., V, n. 8028/2020). Si può quindi ricorrere a tale paradigma solo laddove venga dimostrato in modo motivato il fallimento del mercato, ossia l'impossibilità di soddisfare in modo adeguato l'interesse pubblico seguendo la dinamica dell'outsourcing. La scelta operata dal Codice ha peraltro già passato il vaglio della Corte di Giustizia (ordinanza sez. IX, 6 febbraio 2020, cause riunite da C-89/19 a C-91/2019) e della Corte Costituzionale (sent. 27 maggio 2020 n. 100). Nel rispondere al quesito pregiudiziale sottoposto sul punto da Cons. St., V, n. 138/2019, la Corte di Giustizia, con Ordinanza sez. IX, 6 febbraio 2020, cause riunite da C-89/19 a C-91/2019, ha stabilito che, in virtù del principio Euro-unitario di autodeterminazione degli Stati membri sulle proprie scelte gestionali derivante dal considerando n. 5 della Direttiva 2014/14, UE è indifferente per l'ordinamento Euro-unitario che uno Stato membro introduca delle condizioni stringenti tese alla verifica dell'economicità e dell'efficienza del modello dell'autoproduzione rispetto al ricorso mercato. In questo quadro va ricordata anche la sentenza 27 maggio 2020 n. 100 della Corte Costituzionale, che ha respinto la questione di legittimità costituzionale sollevata in merito all'art. 192, comma 2, del Codice, sospettata di violazione del divieto di gold plating (divieto di introduzione o di mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive europee), nella parte in cui prevede che le stazioni appaltanti danno conto, nella motivazione del provvedimento di affidamento in house, delle ragioni del mancato ricorso al mercato. Secondo i giudici costituzionali, il divieto di gold plating (che è un principio di diritto nazionale e non europeo) deve essere applicato in conformità alla sua ratio, che è di impedire l'introduzione, in via legislativa, di oneri amministrativi e tecnici, ulteriori rispetto a quelli previsti dalla normativa unionale, che riducano la concorrenza in danno delle imprese e dei cittadini, mentre è evidente che la norma censurata si rivolge all'amministrazione e segue una direttrice pro-concorrenziale, in quanto è volta ad allargare il ricorso al mercato. L'obbligo di motivazione sulle ragioni del mancato ricorso al mercato imposto, infatti, risponde agli interessi costituzionalmente tutelati della trasparenza amministrativa oltre che della tutela e della promozione della concorrenza. BibliografiaCarullo, Iudica, Commentario breve alla legislazione sugli appalti pubblici e privati, Padova, 2018; De Nictolis, I nuovi appalti pubblici, Torino, 2017; Realfonzo, I contratti di concessione, in Caringella, Mantini, Giustiniani, Il nuovo diritto dei contratti pubblici, Roma, 2016; Vitocolonna, Principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche, in Garofoli, Ferrari, Codice dei contratti pubblici, Molfetta, 2017. |