Decreto legislativo - 18/04/2016 - n. 50 art. 168 - (Durata delle concessioni) 1

Domenico Galli
Adriano Cavina

(Durata delle concessioni)1

[1. La durata delle concessioni è limitata ed è determinata nel bando di gara dall'amministrazione aggiudicatrice o dall'ente aggiudicatore in funzione dei lavori o servizi richiesti al concessionario. La stessa è commisurata al valore della concessione, nonché alla complessità organizzativa dell'oggetto della stessa.

2. Per le concessioni ultraquinquennali, la durata massima della concessione non può essere superiore al periodo di tempo necessario al recupero degli investimenti da parte del concessionario individuato sulla base di criteri di ragionevolezza, insieme ad una remunerazione del capitale investito, tenuto conto degli investimenti necessari per conseguire gli obiettivi contrattuali specifici come risultante dal piano economico-finanziario. Gli investimenti presi in considerazione ai fini del calcolo comprendono quelli effettivamente sostenuti dal concessionario, sia quelli iniziali sia quelli in corso di concessione2.]

[1] Articolo abrogato dall'articolo 226, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023, come stabilito dall'articolo 229, comma 2. Per le disposizioni transitorie vedi l'articolo 225 D.Lgs. 36/2023 medesimo.

Inquadramento

La predeterminazione della durata massima di un rapporto contrattuale costituisce un principio di portata generale, che ha storicamente trovato affermazione nell'ambito del nostro ordinamento (v. art. 12 del legge sulla contabilità di Stato, 18 novembre 1923, n. 2240, che stabiliva la necessità che i contratti pubblici avessero termini e durata certa e non potessero essere stipulati con onere continuativo per lo Stato, se non per ragioni di assoluta convenienza o necessità da indicarsi nel decreto di approvazione del contratto. Per le spese ordinarie, la durata non poteva oltrepassare i nove anni).

Se, tuttavia, nella disciplina nazionale, la predefinizione di un limite massimo della durata contrattuale rispondeva principalmente ad esigenze di tutela dell'amministrazione, l'obiettivo della disciplina europea era quello di evitare che contratti di durata indeterminata o eccessiva finissero con il costituire fattori di alterazione delle corrette dinamiche concorrenziali, limitando l'accesso al mercato di nuovi operatori ed ostacolando la libera circolazione dei servizi. Il tema, all'evidenza, assume particolare rilevanza proprio con riferimento ai contratti di concessione, la cui durata deve essere opportunamente calibrata in termini tali da poter garantire al concessionario il recupero del capitale investito senza con ciò che sia eliso il rischio operativo trasferito allo stesso.

La Direttiva 2014/23/UE, da un lato, fa riferimento alla necessità che la durata della concessione sia limitata, al fine di evitare la preclusione dell'accesso al mercato (considerando n. 52), dall'altro, stabilisce il principio in base al quale la durata delle concessioni ultraquinquennali, definita dal committente in ragione delle attività oggetto di affidamento, non debba superare il periodo di tempo in cui si può ragionevolmente prevedere che il concessionario recuperi gli investimenti nell'esecuzione dei lavori o dei servizi, insieme con un ritorno sul capitale investito, tenuto conto degli investimenti necessari per conseguire gli obiettivi contrattuali specifici, senza tuttavia, predefinire la durata massima della concessione (art. 18 Direttiva 2014/23/UE). Si tratta di un approccio diverso da quanto previsto dallo stesso diritto europeo con riferimento a settori specifici, in cui la durata massima delle concessioni è predefinita normativamente (v. reg. UE n. 1370/07).

In sede nazionale, la durata massima della concessione, fissata in un primo momento già nel 1994 (l. 11 febbraio 1994, n. 109), era stata confermata dall'art. 143 del previgente d.lgs. n. 163/2006, che stabiliva una durata massima del contratto di trenta anni, pur ammettendosi la possibilità di una durata più lunga nei casi in cui un termine maggiore si fosse reso necessario per garantire l'equilibrio economico-finanziario degli investimenti del concessionario.

In altre parole, analogamente a quanto oggi disposto (cfr. infra, par. 3), era quindi già prevista la ponderazione individuale delle circostanze di fatto, in maniera da consentire la remunerazione del capitale investito dal concessionario.

L'art. 168 non si discosta, in modo significativo, dall'impostazione della disciplina europea, ribadendo il principio secondo cui la durata delle concessioni è fissata in funzione dei lavori e dei servizi richiesti al concessionario ed è commisurata al valore della concessione nonché alla complessità organizzativa dell'oggetto (comma 1).

Sempre in linea con la norma europea, è confermato che, per le concessioni ultra-quinquennali, la durata massima debba essere vincolata alla necessità di recupero degli investimenti, sia iniziali che in corso di concessione effettivamente sostenuti dal concessionario, individuata sulla base di criteri di ragionevolezza, insieme ad una remunerazione del capitale investito, tenuto conto di quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi contrattuali specifici come risultante dal piano economico-finanziario (comma 2).

Questa previsione è stata in verità introdotta solo con il d.lgs. 19 aprile 2017 n. 56 (primo decreto correttivo), posto che il d.lgs. n. 50/2016, nella sua primigenia versione, aveva omesso di specificare i limiti alla durata della concessione; il che aveva indotto a sostenere che, in tal modo, si fosse sostanzialmente disattesa la ratio della disciplina europea che esclude una durata eccessiva delle concessioni che «gioca un ruolo perverso soprattutto nelle concessioni concernenti situazioni sostanzialmente monopolistiche» di fatto e di diritto (Realfonzo, 405).

Ratio della durata massima delle concessioni

L'eccessiva durata del contratto di concessione sottrae in modo intollerabilmente lungo un bene economicamente contendibile alle dinamiche fisiologiche del mercato, ragione per la quale il legislatore nazionale adeguandosi a quanto stabilito da quello europeo ha previsto che le concessioni devono avere una durata limitata, secondo la stima fatta dalle stazioni appaltanti, in funzione dei lavori o servizi richiesti al concessionario (T.A.R. Lazio (Roma), II, n. 1483/2020).

Difatti, la durata di una concessione dovrebbe essere limitata al fine di evitare la preclusione dell'accesso al mercato e restrizioni della concorrenza. Anche perché, le concessioni di durata molto lunga possono dar luogo alla preclusione dell'accesso al mercato, ostacolando così la libera circolazione dei servizi e la libertà di stabilimento (considerando n. 52, Direttiva 2014/23/UE).

Calcolo della durata massima delle concessioni

Come anticipato (supra, par. 1), la disciplina vigente non prevede più un tempo massimo predeterminato in via generale per la durata delle concessioni, che deve essere apprezzata, caso per caso, in ogni procedura, avendo in considerazione lo specifico oggetto della stessa.

I parametri previsti dalla disposizione sono innanzitutto di carattere contenutistico (art. 168, comma 1). La durata è infatti parametrata agli investimenti effettivamente sostenuti – rectius quelli indicati nella documentazione di gara, poiché fino all'esecuzione del contratto non si può dire vi siano investimenti sostenuti – lungo tutta la vita di gestione dell'opera o del servizio.

La discrezionalità della stazione appaltante nella fissazione della durata della concessione incontra un limite esterno, valevole per le sole concessioni ultraquinquennali, per le quali il termine massimo non può comunque essere superiore a quello necessario al recupero degli investimenti e alla adeguata remunerazione del capitale (art. 168, comma 2).

Rispetto tale limite si pongono tuttavia problemi applicativi legati all'esatta individuazione degli investimenti da considerare, che non può evidentemente essere certa al momento dell'indizione della gara, in virtù del fatto che sovente gli investimenti effettivi rientrano in quel margine di alea e di rischio imprenditoriale proprio del concessionario e ontologicamente non predeterminabile in termini preventivi e certi. Per questo, la disposizione in commento precisa, in maniera condivisibile, che il calcolo della durata e la relazione funzionale tra investimenti necessari e raggiungimento dell'equilibrio, venga effettuata secondo «criteri di ragionevolezza». Il che implica la necessità di fornire un adeguato apparato motivazionale che dia specificatamente conto del percorso logico-economico seguito per la determinazione della durata della concessione.

In questa prospettiva, la disposizione in commento conferma la centralità della progettazione dell'affidamento, essendo indirizzata a definire l'arco temporale entro il quale il modello concessorio può raggiungere il suo equilibrio (Perfetti, 1387).

Sotto il profilo operativo e in relazione alle concessioni di lavori, è necessario stabilire con precisione, nell'ambito della durata complessiva, il tempo destinato alla progettazione, il numero di mesi o anni imputati alla costruzione dell'opera e il numero di mesi o anni dedicati alla gestione (relazione illustrativa allo schema di «Contratto di concessione per la progettazione, costruzione e gestione di opere pubbliche», approvato con Delibera dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) n. 1116 del 22 dicembre 2020 e con Determina del Ragioniere Generale dello Stato n. 1 del 5 gennaio 2021).

Eventuali ritardi nella realizzazione dell'opera imputabili all'operatore economico comportano, in vista della corretta allocazione del rischio di costruzione, la conseguente e automatica riduzione del periodo di gestione (cfr. schema di «Contratto di concessione per la progettazione, costruzione e gestione di opere pubbliche»).

Durata delle concessioni ed equilibrio economico finanziario

Stante la possibilità di incidere con risorse pubbliche nella remunerazione delle concessioni entro parametri prestabiliti (cioè tramite contributo pubblico pari al massimo al 49% del valore complessivo ex art. 165), la durata complessiva delle stesse finisce per assumere il ruolo di criterio baricentrico per determinare l'equilibrio economico finanziario dell'intera operazione. In base alla latenza temporale del contratto, infatti, si calcola la redditività effettiva degli investimenti.

La predeterminazione della durata si atteggia peraltro differentemente in caso di c.d. opere fredde. In queste ultime, infatti, il servizio viene reso direttamente a favore della concedente la quale, pertanto, determina le tariffe concesse al privato e può avere una visione concreta della remunerazione degli investimenti nell'arco del tempo. Solo in questo caso, allora, la durata può essere effettivamente calcolata in seguito – o meglio congiuntamente – alla valutazione preventiva di equilibrio economico finanziario dell'operazione.

Questioni applicative

1) Possibilità di proroga della durata contrattuale

Pur essendo espressamente e unicamente riferita alla «durata delle concessioni», la previsione in commento nulla stabilisce con riferimento a possibili proroghe del termine contrattuale, nonostante il riferimento, ai fini della definizione dell'importo della concessione, di eventuali forme di opzione ovvero di altre forme comunque denominate di protrazione del tempo dei relativi effetti (cfr. art. 167).

Quindi, non può di certo essere esclusa, in presenza di condizioni predeterminate, la possibilità che la durata della concessione possa essere oggetto di estensione.

Altro è se tale estensione possa ipotizzarsi indipendentemente da una previsione in tal senso negli atti di gara. La tematica va analizzata anche alla stregua dell'art. 165, comma 6, del Codice, laddove è prevista la possibilità di revisioni delle condizioni di equilibrio economico finanziario della concessione.

Anche la norma appena richiamata specifica che la revisione si attua mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio in maniera tale da consentire la permanenza dei rischi trasferiti in capo all'operatore economico e delle condizioni di equilibrio economico finanziario relative al contratto, senza tuttavia richiamare espressamente meccanismi di rideterminazione della durata contrattuale.

Sennonché, si è da tempo osservato che la possibilità di revisione in corso di esecuzione, subordinata a situazioni non riconducibili al concessionario tali da alterare le condizioni di equilibrio economico-finanziario ha sostanzialmente fatto venir meno il divieto generalizzato di proroga, perché, anche alla luce di quanto detto al par. 4 circa l'incidenza del tempo nella disciplina di equilibrio economico delle operazioni, la durata può essere sicuramente modificata in esercizio dello ius variandi (Pellizzer, 2580).

La durata della concessione deve quindi ritenersi estensibile, anche nei casi eccezionali di c.d. proroga tecnica, nei limiti e alle condizioni stabilite dalla giurisprudenza (cfr. art. 175; contra Carullo, Iudica, 1276, secondo cui, nel rispetto dei principi di parità di trattamento, non può essere prevista la proroga della durata della concessione a differenza dell'appalto, in cui la proroga è ammessa, oltre che per il tempo strettamente necessario per l'individuazione di un nuovo contraente, anche ove espressamente contemplata nella lex specialis).

2) Possibilità di considerare la durata contrattuale quale criterio di valutazione delle offerte.

Secondo una parte della dottrina la durata della concessione non può essere «oggetto di confronto competitivo», dovendo per espressa previsione di legge essere limitata e predeterminata dalla stazione appaltante in sede di progettazione (Perfetti, 1387).

Questa posizione non appare condivisibile non fosse altro per il fatto che è la stessa disciplina europea a prevedere che la durata della concessione possa essere «utilizzata come criterio di aggiudicazione del contratto» (considerando n. 52 Direttiva 2014/23/UE) e che i criteri oggettivi di valutazione delle offerte devono essere idonei ad assicurare una valutazione delle offerte in condizioni di concorrenza effettiva, in modo da individuare un vantaggio economico complessivo per il commettente (art. 41 Direttiva 2014/23/UE). Tra questi può rientrare evidentemente anche la minore durata della concessione rispetto a quanto previsto a base di gara: il che è anche coerente con la ratio della disciplina diretta a contenere la durata del contratto a quanto necessario per una adeguata remunerazione del concessionario e con la logica pro-concorrenziale di consentire una anticipata contendibilità sul mercato dell'affidamento.

D'altro canto, e a tacere d'ogni altra pure possibile considerazione, va sul piano logico considerato che, se la durata è strettamente legata e funzionale al raggiungimento dell'equilibrio economico finanziario che dipende dalle scelte organizzative e gestionali del concessionario, non vi è ragione per la quale il committente debba privarsi dell'opportunità di ottenere condizioni migliorative a tutto vantaggio della collettività. In tale ipotesi, un accorgimento per evitare offerte eccessivamente aggressive e potenzialmente inverosimili, tese ad alterare la dinamica concorrenziale sul criterio con l'obiettivo di «rimediare» poi in fase esecutiva, potrebbe essere quello di indicare nella lex specialis un limite oltre il quale l'offerta migliorativa consegua comunque il medesimo massimo punteggio previsto per il criterio di valutazione in questione.

Bibliografia

Pellizzer, L'affidamento delle concessioni di lavori pubblici e gli appalti dei concessionari, in M.A. Sandulli, De Nictolis, Garofoli (diretto da) Trattato dei contratti pubblici, Milano, 2008; Perfetti, Codice dei contratti pubblici commentato, Vicenza, 2017; Realfonzo, I contratti di concessione, in Caringella, Mantini, Giustiniani, Il nuovo diritto dei contratti pubblici, 2016, Roma.

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