Mancato rilascio dell'immobile alla cessazione del contratto di locazione ad uso abitativo a canone libero

Alberto Celeste
Vito Amendolagine
Maurizio Tarantino

1. Bussole di inquadramento

Aspetti generali dei modelli contrattuali della locazione ad uso abitativo

Secondo quando dispone l' art. 1571 c.c. , la locazione è il contratto con il quale una parte (locatore) si obbliga a far godere all'altra (conduttore) una cosa mobile o immobile per un dato tempo verso un determinato corrispettivo. In altre parole, come risulta dalla norma definitoria del citato art. 1571 c.c., è necessario, affinché un diritto personale di godimento sia qualificato come locazione, che a fronte della prestazione del concedente vi sia la previsione di un corrispettivo a carico del concessionario. La legge prevede, comunque, i principi cui il locatore ed il conduttore devono attenersi nella predisposizione del contratto, individuando i modelli tipici tra cui le parti potranno scegliere in base alle proprie esigenze. In proposito, si osserva che il legislatore, con l'art. 2 della l. n. 431/1998, ha introdotto il c.d. doppio binario: a) locazione ordinaria con durata anni 4+4 e canone liberamente determinabile; b) locazione concordata con canone convenzionale e durata anni 3+2; locazione transitoria con canone convenzionale e durata da 1 a 18 mesi; locazione studentesca con canone convenzionato e durata da 6 a 36 mesi.

I contratti a canone libero

Per i contratti di cui all' art. 2, comma 1, della l. n. 431/1998 , il legislatore ha introdotto uno schema contrattuale di durata quadriennale con divieto, per il locatore, di dare disdetta per la prima scadenza (salve le ipotesi tassativamente indicate dalla legge: nella specie, dal successivo art. 3). Si tratta di un modello che non è più dato dalla volontà delle parti di derogare alla disciplina dell'equo canone attraverso un negozio connotato dalla rinuncia del locatore alla facoltà di far cessare il contratto alla prima scadenza, quanto, piuttosto, dalla prescrizione normativa che individua nel doppio quadriennio l'elemento distintivo di uno dei due tipi di locazione abitativa ordinaria (non transitoria) che le parti possono concludere. Il che ha delle conseguenze significative sul piano pratico: la clausola del contratto di locazione a canone libero che preveda una scadenza inferiore ai quattro anni è nulla in quanto vìola una norma imperativa sulla durata, senza che ciò abbia ripercussioni sulla misura del canone, che resta quella convenuta contrattualmente. Difatti, nel regime della l. n. 431/1998, la nullità della disposizione contrattuale che preveda una durata inferiore a quella indicata dall'art. 3 è espressamente comminata dall'art. 13 della stessa legge: disposizione che, occupandosi dei «limiti di durata del contratto», riguarda ovviamente anche le locazioni a canone concertato.

Disdetta delle parti

Nel quadro definito dall' art. 2 della l. n. 431/1998 , il contratto, alla prima come alla seconda scadenza, cessa in forza di disdetta. Alla fine del primo quadriennio, la legge prevede che il locatore possa affrancarsi dal vicolo manifestando alla controparte la propria volontà di adibire l'immobile agli usi o effettuare sullo stesso le opere di cui all'art. 3, o vendere l'immobile alle condizioni e con le modalità di cui al medesimo articolo: in tal caso la disdetta deve essere motivata, secondo lo schema descritto dall'art. 29 della l. n. 392/1978.

Per la seconda scadenza, l'art. 2, comma 1, prevede una articolata procedura, che, oltre a non essere sanzionata, è stata ritenuta giustamente superflua, dal momento che quel che rileva, ai fini della cessazione del contratto, è il fatto che una delle parti abbia intimato all'altra disdetta entro sei mesi dalla scadenza e il dato del mancato accordo di locatore e conduttore quanto alla prosecuzione del rapporto. Invero, l'art. 2 non conferisce espressamente al conduttore la facoltà di intimare disdetta per la prima scadenza e ciò ha indotto alcuni autori a ritenere che, salvo non ricorra una delle ipotesi legittimanti il diniego di rinnovo del locatore, la durata ordinaria del contratto rimarrebbe fissata in otto anni: in tal senso, il locatario potrebbe far cessare il contratto prima del detto termine solo avvalendosi del recesso (quello convenzionale, di cui all' art. 4, comma 1, l. n. 392/1978 , o quello fondato su gravi motivi, giusta l'art. 3, comma 6, l. n. 431/1998).

Ad ogni modo, alla prima scadenza il locatore potrà provocare il venir meno del vincolo solo in presenza delle condizioni di cui all'art. 3, mentre, secondo altra interpretazione si ritiene che il conduttore possa dare sempre disdetta. Alla seconda scadenza, invece, il locatore, al pari del conduttore, potrà far cessare il contratto con semplice disdetta. In mancanza di una iniziativa in tal senso, la locazione andrà incontro a un ulteriore rinnovo.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
A seguito di disdetta, se il conduttore non rilascia l'immobile alla scadenza del contratto di locazione ad uso abitativo a canone libero, il locatore può chiedere giudizialmente la restituzione dell'immobile?

La disdetta deve presupporre la volontà del locatore di non rinnovare il contratto alla scadenza

L' art. 2 della l. n. 431/1998 va interpretato nel senso che, se il contratto si rinnova tacitamente nella vigenza della nuova legge, per la mancanza di una disdetta che il locatore avrebbe potuto fare, ma che non ha fatto, il rapporto resta assoggettato alla nuova disciplina e ciò integralmente e quindi con riferimento anche alla doppia durata quadriennale, salva la facoltà di comunicare disdetta motivata ai sensi dell'art. 3 (Cass. III, n. 989/2014). Parimenti, una disdetta che non sia idonea a produrre la cessazione della locazione per la scadenza voluta dal locatore ha l'efficacia di produrre la cessazione del rapporto per la successiva scadenza (Cass. III, n. 7352/1997; Cass. III, n. 8443/1995).

Sotto diverso profilo, occorre rilevare che vigendo il principio della libertà della forma la disdetta, può essere contenuta anche in un atto processuale che presupponga la volontà del locatore di non rinnovare il contratto alla scadenza o che, comunque, esprima anche tale volontà, quale l'intimazione di licenza o sfratto per finita locazione o la citazione in giudizio (Cass. III, n. 26526/2009). Peraltro, la richiesta giudiziale di cessazione del rapporto è idonea a costituire disdetta del contratto anche se proposta in alternativa ad altra domanda di rilascio del cespite perché occupato sine titulo, atteso che tale circostanza non vale ad escludere, ove ritenuta persistente la locazione, l'inequivoca volontà di riottenere la disponibilità del bene manifestata dal locatore nell'atto processuale (Cass. III, n. 19410/2016).

L’intimazione di sfratto per finita locazione, direttamente riferibile al locatore in virtù della procura al difensore che l'ha sottoscritta e dello stesso mandato alle liti, può contenere la disdetta in quanto da essa si trae l'inequivoca volontà del locatore di non rinnovare il contratto ed in ogni caso l’intimazione per finita locazione e la disdetta in esso contenuta, inidonea per inosservanza del termine a produrre la cessazione della locazione per la scadenza indicata, hanno comunque l’efficacia di produrla per la scadenza successiva (Trib. Brescia 3 ottobre 2024 n. 4023).

La rinnovazione del contratto non può desumersi dal mero protrarsi della situazione di fatto di detenzione del conduttore

La rinnovazione tacita del contratto di locazione, disciplinata dall' art. 1597 c.c. , postula la continuazione della detenzione da parte del conduttore nonché la mancanza di una manifestazione di volontà contraria da parte del locatore. Qualora il locatore abbia comunicato la disdetta, la rinnovazione non può desumersi dal mero protrarsi della situazione di fatto di detenzione del conduttore e dal fatto che il locatore percepisca il canone, atteso che, ai fini della rinnovazione, è necessario un comportamento positivo – pagamento del canone mensile, prosecuzione dell'attività commerciale del conduttore, registrazione del contratto – idoneo ad evidenziare in modo inequivoco una nuova volontà contraria a quella manifestata nel senso della cessazione del rapporto (Cass. III, n. 17922/2020; Cass. III, n. 13204/2015; Cass. III, n. 13886/2011; Trib. Roma 24 gennaio 2020, n. 1813).

L'atto della disdetta può giungere all'indirizzo del destinatario anche con mezzi equipollenti

Le modalità della disdetta del contratto di locazione, che siano indicate nel contratto medesimo – nella specie, lettera raccomandata con ricevuta di ritorno – non possono integrare una forma convenzionale ad substantiam e, pertanto, non ostano a che l'atto possa giungere all'indirizzo del destinatario con mezzi equipollenti (ad esempio raccomandata semplice), ai sensi ed agli effetti di cui all' art. 1335 c.c. (Cass. III, n. 2211/1989).

A tale proposito è stato osservato che l'art. 2, comma 1, secondo inciso, della l. n. 431/1998 , nel prevedere che la manifestazione della rinuncia al rinnovo (disdetta immotivata) alla seconda scadenza dei contratti di cui alla norma debba compiersi con lettera raccomandata da inviarsi all'altra parte almeno sei mesi prima della scadenza del secondo periodo di durata contrattuale, non prescrive a pena di nullità né il mezzo di compimento della manifestazione negoziale – la lettera e, dunque, la forma scritta – né quello della trasmissione (raccomandata). Ne segue che l'uno e l'altro requisito ammettono equipollenti, purché idonei ad evidenziare la manifestazione all'altra parte della volontà negoziale sei mesi prima della scadenza (Cass. S.U., n. 18214/2015).

L'avviso di giacenza del plico presso l'ufficio postale fa fede per la verifica della tempestività del termine di notifica

Il luogo di pervenimento della corrispondenza all'indirizzo del destinatario, utilizzatore del servizio di casella postale, va individuato, agli effetti dell' art. 1335 c.c. , nell'ufficio di destinazione presso il quale l'ente postale, pervenuta la corrispondenza, ne rileva la riferibilità al destinatario, provvedendo all'attività di inserimento nella casella, senza che rilevi che questa sia allocata, per il ritiro, presso altro ufficio del medesimo luogo (Cass. III, n. 2070/2015: in applicazione del principio, la Suprema Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto tardiva la disdetta di un contratto di locazione pervenuta all'ufficio postale entro il termine di preavviso, ma consegnata all'addetto al ritiro dopo la scadenza dello stesso, a causa di un errore dell'ufficio postale che aveva comportato il temporaneo mancato inserimento della raccomandata nella casella postale assegnata al destinatario, con conseguente impossibilità di tempestivo ritiro). Si può, quindi, affermare che è l'avviso di giacenza del plico presso l'ufficio postale a fare fede per la verifica della tempestività del termine di notifica, e non quella dell'effettivo ritiro della raccomandata, anche perché il ritiro dipende effettivamente dalla volontà del destinatario e non del mittente (Cass. III, n. 20001/2020). Pertanto, deve dichiararsi risolto il contratto di locazione intercorso tra le parti laddove risulti disdetto per la scadenza contrattuale, con missiva inviata al conduttore, nel rispetto del termine semestrale di preavviso previsto in seno al contratto di locazione. A tal riguardo, non assume alcuna rilevanza la contestazione dell'efficacia della disdetta contrattuale, operata dal conduttore sul presupposto di non aver mai ricevuto la raccomandata a.r. inviatagli dal proprietario dell'immobile. Difatti, essendo la comunicazione arrivata all'indirizzo del destinatario, opera la c.d. presunzione di conoscenza di cui all'art. 1335 c.c.: il disconoscimento “come propria”, della firma apposta in calce alla cartolina postale di ricevimento, non vale a dimostrare la mancata ricezione della raccomandata potendo, quest'ultima, essere ricevuta da un soggetto diverso dal destinatario e non operando in relazione alla comunicazione in parola le norme previste per la notificazione degli atti giudiziari con riferimento ai soggetti abilitati alla ricezione dell'atto (Trib. Milano 23 gennaio 2012, n. 834).

3. Azioni processuali

Tutela stragiudiziale

Il locatore può chiedere al conduttore – che continui a detenere l'immobile oltre la scadenza del contratto di locazione, e che si rifiuti di riconsegnarlo nella sua disponibilità – di procedere all'immediata restituzione del cespite, al fine di evitare il successivo ricorso all'azione di intimazione di sfratto per finita locazione, con possibile aggravio di costi e tempo, unitamente all'eventuale azione di risarcimento del danno conseguente all'ingiustificato ritardo nel recupero della disponibilità del prefato immobile per la produzione di reddito.

Funzione e natura del giudizio

L'intimazione di sfratto, con la contestuale citazione per la convalida, dopo la scadenza del contratto, è un procedimento speciale caratterizzato dalla sommarietà del rito, che lo distingue dall'ordinario processo di cognizione, la cui funzione è quella di risolvere – in assenza di opposizione del conduttore – il contratto di locazione, consentendo all'avente diritto di rientrare nel possesso della res locata.

Aspetti preliminari

Mediazione

L'azione proponibile dall'avente diritto ai sensi dell' art. 657 c.p.c. non richiede per la sua immediata esperibilità la preventiva instaurazione di un autonomo procedimento di mediazione, la cui osservanza è prevista obbligatoriamente ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28/2010 in materia condominiale o locatizia prima di avviare un giudizio a cognizione piena.

Competenza

Ai sensi dell' art. 661 c.p.c. , quando si intima la licenza o lo sfratto per finita locazione, la citazione a comparire per la convalida deve farsi inderogabilmente davanti al tribunale del luogo in cui si trova la cosa locata (forum rei sitae).

Legittimazione

Il locatore è il soggetto legittimato attivo ad intimare lo sfratto per finita locazione con la contestuale citazione per la convalida, mentre il conduttore è il soggetto legittimato passivo.

Profili di merito

Onere della prova

L'onere di allegare nello speciale procedimento sommario i presupposti per l'utile esperimento del procedimento di intimazione di sfratto per finita locazione con la contestuale citazione per la convalida, grava sul locatore.

Contenuto del ricorso

L'azione si propone con atto di citazione, nel quale deve essere indicata l'autorità giudiziaria dinanzi alla quale è proposta l'azione ex art. 657 c.p.c. , seguita dalle generalità dell'istante (data di nascita e codice fiscale) e l'indicazione del difensore (che deve a sua volta inserire il proprio codice fiscale) dal quale è rappresentato e difeso e presso il quale è elettivamente domiciliato. La parte istante deve infatti eleggere domicilio nel Comune in cui ha sede il giudice adìto.

Nell'atto devono essere indicate le generalità del conduttore e la precisa indicazione dell'immobile, compresi i dati catastali dello stesso. Nell'atto deve essere indicato, altresì, il contratto di locazione con la relativa data di scadenza e la disdetta formulata in precedenza nel rispetto del relativo termine, rimasta senza esito.

Sùbito dopo la parte narrativa, va indicata l'intimazione formale dello sfratto per finita locazione nei confronti del conduttore, con l'invito a rilasciare nella disponibilità dell'intimante l'immobile precedentemente locato libero e sgombero da persone e cose, con la successiva vocatio in jus dello stesso conduttore a comparire dinanzi al giudice adìto indicando l'udienza di comparizione ed inserendo l'invito a costituirsi nei prescritti modi e termini di legge.

Tra la data di notifica dell'intimazione e quello dell'udienza devono intercorrere almeno 20 giorni liberi.

L'atto deve contenere l'avviso ex art. 663 c.p.c. , secondo cui se l'intimato non comparisce o comparendo non si oppone, il giudice convaliderà lo sfratto.

Nelle conclusioni, l'intimante deve chiedere al giudice adìto la convalida dello sfratto con la condanna del conduttore al rilascio dell'immobile libero da persone e cose, con dichiarazione di cessazione del contratto, e la pronuncia dell'ordinanza ex art. 665 c.p.c. in caso di opposizione dell'intimato, e la sua condanna al pagamento delle spese di lite. Va anche precisata la concessione del termine minimo ex art. 56 della l. n. 392/1978.

All'atto vanno allegati: il contratto, la disdetta e la dichiarazione di valore riguardante il pagamento del contributo unificato.

L'atto deve essere sottoscritto dal difensore, e contenere con separato atto il mandato alla lite, sottoscritto dalla parte, la cui firma deve essere autenticata dal difensore.

Richieste istruttorie

Il locatore, che agisce per conseguire dal conduttore la disponibilità dell'immobile locato libero e sgombero da persone e cose, deve dimostrare per tabulas la propria qualità di avente diritto a proporre l'actioex art. 657 c.p.c. ed i relativi presupposti, tra cui il contratto da cui si evince la data di scadenza e la disdetta formulata nel rispetto dei termini di legge, così come la lettera di costituzione in mora riguardante il rilascio.

In tale ottica, nella fase sommaria, in assenza di comparizione del conduttore o di una sua opposizione, basterà quindi che il locatore attesti la persistenza dell'inadempimento del conduttore a rilasciare l'immobile per conseguire la convalida dell'intimazione, con la relativa condanna al rilascio.

4. Conclusioni

In materia di procedimento di sfratto per finita locazione, il locatore può agire in giudizio per ottenere il rilascio dell'immobile nei confronti del conduttore che si è rifiutato di restituirlo, ed in tale veste può agire anche il comproprietario dello stesso immobile, trattandosi di un atto di ordinaria amministrazione della cosa comune per il quale, salvo il dissenso dei comproprietari di maggioranza rispetto a tale iniziativa, si deve presumere che sussista il consenso degli altri comproprietari o quanto meno della maggioranza dei partecipanti alla comunione, sicché non ricorre la necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri partecipanti (Trib. Siena 3 dicembre 2020).

Infatti, ciascun comproprietario può stipulare il contratto di locazione ed è attivamente legittimato all'esercizio dell'azione di sfratto o di risoluzione, nonché passivamente legittimato nei confronti delle azioni del conduttore, mentre nel caso di trasferimento della proprietà, se il contratto sia cessato per effetto dell'intimata disdetta del contratto alla scadenza contrattuale, l'acquirente subentra nel diritto di credito alla restituzione già maturato in capo al locatore-proprietario cedente (Cass. III, n. 12883/2012).

Il comproprietario che intende conseguire la restituzione dell'immobile dal conduttore nel proporre l'azione di sfratto ex art. 657 c.p.c. deve preliminarmente verificare il rispetto del termine per la disdetta che per iscritto deve essere stata comunicata al conduttore, con la quale gli è stata manifestata la volontà del locatore di non volere proseguire ulteriormente nel rapporto di locazione.

Inoltre, unitamente all'atto d'intimazione, nel fascicolo dell'istante va allegato il contratto di locazione, in modo che il giudice possa verificare per tabulas la scadenza del termine di durata della locazione, perché, nella fase sommaria, per potere conseguire l'ordinanza di rilascio, anche in presenza dell'opposizione del conduttore, non è possibile espletare i mezzi di prova che normalmente trovano ingresso soltanto a seguito del mutamento del rito.

Nel caso di vendita del cespite locato, il nuovo proprietario subentra nella medesima posizione giuridica dell'originario proprietario cedente locatore.

Pertanto, laddove il contratto sia cessato de iure per effetto dell'intimata disdetta del contratto alla scadenza contrattuale, l'acquirente subentra nel diritto di credito alla restituzione già maturato in capo al locatore – proprietario cedente, con facoltà piena di esercitare i diritti non esauriti ed i poteri spettanti all'originario proprietario e dal medesimo cedutigli.

Ne consegue che l'acquirente può esercitare l'azione di sfratto per finita locazione ex art. 657 c.p.c. , dovendosi considerare pienamente valida ed efficace la disdetta inviata dal precedente proprietario in qualità di cedente senza che si renda assolutamente necessario per l'acquirente inviare una nuova disdetta al conduttore (Trib. Roma 16 ottobre 2019).

Va, poi, considerato che, nel caso in cui il conduttore, avendo ricevuto la notificazione del diniego di rinnovazione della locazione alla prima scadenza contrattuale, con le modalità ed i termini di cui all' art. 29 della l. n. 392/1978 – per le locazioni di immobili adibiti ad uno degli usi indicati nell'art. 27 della stessa l. n. 392/1978 – e di cui all'art. 3 della l. n. 431/1998, per le locazioni ad uso abitativo, non abbia spontaneamente adempiuto al rilascio, il locatore, non potrà esperire l'ordinario procedimento per convalida di sfratto per finita locazione, dovendosi avvalere della procedura di cui all'art. 30 della l. n. 392/1978 (Trib. Roma 4 giugno 2019).

La suddetta disposizione, di carattere processuale, richiamata espressamente anche per gli usi abitativi dall' art. 3, comma 4, della l. n. 431/1998 , disciplina le modalità dell'esercizio dell'azione di recupero del bene nella disponibilità del locatore, attraverso la proposizione di una domanda di rilascio da introdursi con un ricorso ex art. 447-bis c.p.c. e non attraverso una normale intimazione di sfratto o licenza per finita locazione. Il procedimento presuppone l'avvenuta notificazione da parte del locatore – 12 o 18 mesi prima della scadenza contrattuale, a seconda della tipologia di locazione – del diniego di rinnovazione del contratto con allegazione dei motivi di cui all'art. 29 della l. n. 392/1978.

In chiave giudiziale, l'invio della disdetta motivata è stata ritenuta dalla giurisprudenza una condizione di procedibilità della domanda di rilascio, la cui mancanza è rilevabile d'ufficio e che deve, necessariamente, precedere l'introduzione del giudizio, non potendo sopravvenire in corso di causa (Cass. III, n. 2115/2008 ; Cass. III, n. 15547/2002; Cass. III, n. 2777/2003) né potrebbe essere sostituita dall'atto introduttivo del giudizio di rilascio, come invece possibile per l'intimazione di licenza per finita locazione di cui all'art. 657 c.p.c., che possiede tutti i requisiti per essere validamente considerato come formale disdetta, essendo un atto di natura complessa, di carattere negoziale, in quanto diretto ad impedire la tacita rinnovazione del contratto, e di carattere processuale, in quanto esplicante una vocatio in ius del conduttore per la convalida.

Va opportunamente considerato che, secondo l'orientamento emerso nella giurisprudenza di legittimità, non sussiste litispendenza nell'ipotesi che pendano davanti a giudici diversi un giudizio – instaurato con procedimento per convalida di sfratto e proseguito con rito ordinario a seguito dell'opposizione dell'intimato – tendente alla cessazione del contratto per finita locazione, ed un giudizio concernente la declaratoria di cessazione della proroga legale del contratto per urgente ed improrogabile necessità del locatore, essendo diversa – pur nell'identità del petitum – la causa petendi (Cass. III, n. 28067/2024).

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