Ulteriore indennità di avviamento in caso di immobile adibito alla stessa o analoga attività1. Bussole di inquadramentoAvviamento commerciale L'avviamento commerciale è la capacità dell'impresa di generare utili, in virtù della notorietà acquisita nel tempo presso la clientela, e legata all'ubicazione dei locali. Può dipendere invero, in concreto, da diversi fattori, tra i quali, rileva però anche la stabilità della clientela che l'impresa ha acquisito grazie ad una particolare ubicazione sul territorio. Non è un elemento dell'azienda, ma una sua qualità. È l'attitudine del complesso aziendale a produrre nel tempo nuova ricchezza e profitto. L'avviamento si fonda, principalmente, sull'organizzazione dei beni che compongono l'azienda, ma non dipende esclusivamente da questa. E quando tale processo organizzativo e le altre scelte strategiche sono divenute definitive, l'avviamento assurge a valore obiettivo dell'azienda, che rimane, anche se muta la persona dell'imprenditore. È una qualità essenziale dell'azienda, ed esiste non appena l'azienda risulta essere costituita. L'istituto in oggetto è disciplinato dagli artt. 34 e 35 della l. n. 392/1978. L'art. 34, al comma 1, dispone che, in caso di cessazione del rapporto per disdetta del locatore, il conduttore, che ha utilizzato i locali per le attività indicate ai nn. 1) e 2) dell'art. 27 – attività industriali, commerciali, artigianali o di interesse turistico – matura il diritto a conseguire un'indennità pari a 18 mensilità dell'ultimo canone corrisposto, che divengono 21 per le locazioni alberghiere, a condizione che – precisa il successivo art. 35 – lo svolgimento di dette attività comporti contatti diretti col pubblico degli utenti e dei consumatori. Il legislatore, attraverso le norme in commento, è stato piuttosto esaustivo nel prevedere la tipologia delle attività che meritano di essere tutelate, attraverso la corresponsione dell'indennità al termine della locazione, i motivi per cui viene a cessare la locazione, idonei a fare scattare il diritto all'indennità, e l'ammontare dell'indennità dovuta. Indennità aggiuntiva Oltre all'indennità ordinaria, un'ulteriore indennità è prevista dal comma 2 dell' art. 34 della l. n. 392/1978 , il quale, attribuisce al conduttore il diritto di pretendere il doppio dell'indennizzo stabilito, nel caso in cui l'immobile venga, da chiunque, adibito all'esercizio della stessa attività, o di attività incluse nella stessa tabella merceologica, che siano affini a quella esercitata dal conduttore uscente. Ciò, sempre che detta attività subentrante venga iniziata entro un anno dalla cessazione della precedente. Con tale disposizione, il legislatore ha inteso compensare il conduttore dello sfruttamento che altri faccia dell'avviamento dallo stesso conseguito, attribuendogli il diritto ad un'ulteriore indennità, di importo pari a quella prevista dal comma 1, qualora l'immobile sia destinato, da chiunque (e cioè sia dal locatore sia da un terzo), all'esercizio di un'attività similare a quella in precedenza espletata dal conduttore, entro un anno dalla cessazione del rapporto di locazione. Il termine annuale, decorre non dalla data della cessazione del contratto decisa giudizialmente, bensì da quella in cui effettivamente avviene il rilascio dell'immobile. Invero, tale indennità aggiuntiva, prevista al comma 2 dell'art. 34 della l. n. 392/1978, origina ogni qual volta si verifichino le due condizioni previste, ovvero l'esercizio di un'attività similare, entro un periodo non superiore ad un anno. Anche in questo caso, il conduttore si deve limitare a dimostrare l'esistenza delle due condizioni indicate, e non ha alcun onere di provare l'effettiva perdita di avviamento, in conseguenza della simile attività svolta da terzi nei locali da lui prima condotti in locazione. Infatti, è evidente che, fino a quando il conduttore permane nella detenzione del bene, il problema neppure si pone, giacché nessuno può intraprendere nei medesimi locali alcuna attività. Soltanto nel momento in cui l'immobile torna nella reale disponibilità del locatore, diventa possibile che si verifichi ciò che la legge ha inteso impedire, e cioè che il locatore stesso, o chiunque altro, sfrutti l'avviamento del precedente conduttore, per proseguire in proprio la medesima attività. La valutazione in ordine all'affinità, spetta al giudice, che è chiamato ad esprimere un giudizio di merito sulla base degli elementi che gli vengono offerti dalle parti. Tale giudizio, è diretto ad accertare se, la nuova attività intrapresa nell'immobile si avvantaggi, anche solo parzialmente, dell'avviamento prodotto dalla precedente, se, quindi, venga sfruttata la potenzialità economica sviluppata dall'esercizio precedente, intesa come attitudine a produrre, con il suo funzionamento, un profitto maggiore di quello che il gestore dovrebbe ricavare. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Nel caso in cui l'immobile commerciale venga, da chiunque, adibito all'esercizio della stessa attività, o di un'attività inclusa nella stessa tabella merceologica, che siano affini a quella esercitata, il conduttore può chiedere giudizialmente l'ulteriore indennità di avviamento commerciale?
Il credito all'indennità diviene esigibile al momento della cessazione del rapporto La ratio dell'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale, riposa sull'esigenza di assicurare nel tempo la conservazione dell'impresa del conduttore, ripagando il suo titolare, in modo forfettario, del sacrificio subito a causa della perdita di clientela, che la legge presume conseguente alla cessazione del rapporto. La previsione dell'indennità per l'avviamento commerciale, costituisce, quindi, un'obbligazione, che la legge ricollega inderogabilmente al contratto di locazione. Ai fini dell'attribuzione della predetta indennità, è sufficiente l'anticipata cessazione del rapporto, a causa del recesso del locatore, non richiedendo la norma ulteriori condizioni, e, quindi, restando irrilevante, sia la circostanza che il conduttore estromesso abbia cessato ogni attività, prima o dopo il rilascio dell'immobile, sia la carenza di prova di un'effettivo danno, o dell'esistenza in concreto dell'avviamento, sia, infine, la mancanza di un provvedimento giudiziale che disponga il rilascio. Il credito all'indennità diviene esigibile al momento della cessazione del rapporto, e non può essere sottoposto a condizioni o termini idonei a procrastinarne la dazione. Il relativo pagamento, costituisce una condizione per l'esecuzione del provvedimento di rilascio, cosicché il conduttore ha un diritto di ritenzione sull'immobile, che non ne esclude l'obbligo di pagare il canone, se ed in quanto lo stesso continui ad utilizzare effettivamente l'immobile locato (Trib. Reggio Calabria 26 febbraio 2020, n. 270). È nulla la clausola con cui il conduttore rinuncia preventivamente all'indennità di avviamento In tema di locazione di immobile ad uso non abitativo, la clausola contenente la rinuncia preventiva, da parte del conduttore, all'indennità di avviamento, è nulla, ancorché sia stata pattuita a fronte della riduzione del canone, ai sensi dell' art. 79 della l. n. 392/1978 , potendo il medesimo conduttore rinunciare alla detta indennità, solo successivamente alla conclusione del contratto, quando può escludersi che si trovi in quella posizione di debolezza, alla cui tutela, la richiamata disciplina è preordinata (Cass. III, n. 5127/2020; Cass. III, n. 20974/2018; Trib. Roma 14 novembre 2019, n. 21981). L'indennità aggiuntiva è correlata solo allo svolgimento della medesima attività, senza che sia trascorso un anno dalla definitiva interruzione della precedente L'indennità supplementare di cui all' art. 34, comma 2, della l. n. 392/1978 , mira a riequilibrare il rapporto, in considerazione dell'effettivo arricchimento del locatore per la destinazione dell'immobile alla stessa attività, o ad un'attività analoga a quella dismessa dal conduttore (Corte Cost., n. 2/2002). L'indennità di avviamento aggiuntiva, di cui all' art. 34, comma 2, della l. n. 392/1978 , spettante, in particolare, al conduttore uscente, qualora, nell'arco di un anno, venga avviata nei medesimi locali condotti in locazione un'attività identica, od affine a quella dallo stesso precedentemente esercitata, trova la sua ratio giustificatrice, nella volontà del legislatore di impedire che il nuovo conduttore si avvantaggi dell'avviamento prodotto dal precedente. L'indennità in parola è, pertanto, strettamente legata non alla cessazione del contratto in sé, ma, piuttosto, alla mera considerazione, inerente allo svolgimento della medesima attività, senza che sia trascorso un anno dalla definitiva interruzione della precedente, un dato di fatto, quindi, fondato sulla presunzione che chiunque subentra entro tali termini, finisca, ingiustamente, per avvantaggiarsi dell'avviamento d'impresa dell'attività svolta dal conduttore precedente. Il riferimento, contenuto nella citata norma, al termine “esercizio”, deve essere pertanto interpretato nel senso che, il termine annuale, deve intendersi decorso, ove il calcolo, venga effettuato a partire dalla cessazione dell'attività, coincidente con la riconsegna dell'immobile, indipendentemente, pertanto, dalla data di cessazione del contratto, che può, invero, essere anteriore (Trib. Milano 19 ottobre 2010, n. 11740). Per conseguire l'indennità suppletiva di avviamento, il conduttore deve proporre un'autonoma e motivata istanza In materia di locazione d'immobili urbani ad uso diverso da quello di abitazione, l'indennità suppletiva, contemplata dall' art. 34, comma 2, della l. n. 392/1978 , è diversa ed ulteriore rispetto a quella prevista dal primo comma della medesima disposizione, seppure collegate a comuni presupposti. Infatti, mentre il diritto al pagamento dell'indennità per la perdita di avviamento, si manifesta al momento della scadenza del contratto di locazione, il diritto all'indennità suppletiva, sorge, solo eventualmente, ed in futuro, nella sola particolare ipotesi, in cui, il medesimo immobile sia adibito allo svolgimento della stessa attività, tenuta dal precedente conduttore. Trattasi, pertanto, di istituti distinti, dotati di un diverso fondamento giuridico, e riguardanti una diversa fattispecie genetica, disciplinati da differenti disposizioni normative, con la conseguenza che, le relative pretese, concretano, sul piano processuale, domande diverse, ciascuna, basata su una propria, autonoma causa petendi, comportante uno specifico thema decidendum, sicché, ove il conduttore, con l'indennità normale, intenda conseguire anche quella suppletiva, deve proporre un'autonoma e motivata istanza, con riguardo a quest'ultima, dovendo escludersi, che la richiesta della sola indennità ordinaria, possa costituire domanda implicita, di quella aggiuntiva (Cass. III, n. 16690/2002; Trib. Roma 18 aprile 2019, n. 8651). Difatti, l'indennità “ulteriore”, di cui al comma 2, tende a riequilibrare il rapporto economico tra le parti, laddove alterato da un arricchimento del locatore, ed esige la prova dell'identità, o del carattere affine, della nuova attività svolta nell'immobile locato, rispetto a quella precedente, in quanto l'indennità per perdita di avviamento commerciale, prevista dall'art. 34, comma 2, della l. n. 392/1978, qualora l'immobile sia destinato, da parte del locatore, in proprio, o di un terzo, all'esercizio della stessa attività, o di un'attività affine a quella già esercitata dal conduttore uscente, è giustificata dal vantaggio derivante per il nuovo esercente, dal subentro in un avviamento in atto, mediante l'acquisizione della clientela che al locale già affluiva (Trib. Milano 19 aprile 2013, n. 5510). 3. Azioni processualiTutela stragiudiziale Il conduttore uscente, a seguito della cessazione della precedente locazione, constatato che l'immobile è stato adibito all'esercizio della stessa attività, ovvero di un'attività inclusa nella stessa tabella merceologica, affine a quella esercitata in precedenza dallo stesso conduttore, chiede il riconoscimento dell'ulteriore indennità di avviamento commerciale, invitando il locatore a corrispondere spontaneamente le somme dovute, in modo da evitare il ricorso al giudice. Funzione e natura del giudizio È un ordinario giudizio di cognizione, con il quale, il conduttore uscente, constatato che l'immobile è stato adibito all'esercizio della stessa attività, ovvero di un'attività inclusa nella stessa tabella merceologica, affine a quella esercitata in precedenza, agisce in giudizio, per conseguire nei confronti del locatore il pagamento dell'indennità di avviamento. Aspetti preliminari Mediazione Il conduttore uscente, constatato che l'immobile è stato adibito all'esercizio della stessa attività, o di un'attività inclusa nella stessa tabella merceologica, affine a quella esercitata in precedenza, se intende esercitare in giudizio, nei confronti del locatore l'azione volta a conseguire il pagamento dell'indennità di avviamento, deve prima esperire il procedimento di mediazione previsto dall' art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28/2010 , quale condizione obbligatoria di procedibilità. Competenza Il giudice competente è quello del luogo in cui è posto l'immobile, perché in tema di locazioni, la competenza territoriale appartiene al giudice del locus rei sitae, come del resto si ricava dagli artt. 21 e 447-bis c.p.c., la quale ha natura inderogabile, con la conseguente invalidità di un'eventuale clausola difforme, rilevabile ex officio anche in sede di regolamento di competenza (Cass. VI, n. 12404/2020). Al riguardo, tra le controversie, in materia di locazione, attribuite alla competenza territoriale inderogabile del giudice in cui si trova l'immobile, rientrano quelle comunque collegate alla materia locatizia. Legittimazione Il conduttore uscente è il soggetto legittimato attivo, ed il locatore quello legittimato passivo. Profili di merito Onere della prova Il conduttore uscente ha l'onere di allegare la fonte normativa e negoziale del proprio diritto, e la prova della sua ricorrenza nella fattispecie deputata all'attenzione del giudice, al fine di fare accertare giudizialmente, l'esistenza dei presupposti, concernenti l'accoglimento della richiesta di pagamento dell'indennità di avviamento, proposta nei confronti del locatore, per effetto della constatazione che, l'immobile precedentemente condotto in locazione, è stato successivamente adibito all'esercizio della stessa attività, oppure di un'attività inclusa nella stessa tabella merceologica, affine a quella esercitata in precedenza. Contenuto del ricorso L'azione si propone con ricorso, nel quale il conduttore uscente deve indicare l'autorità competente dinanzi alla quale intende chiamare in giudizio il locatore, unitamente alle sue generalità ed a quelle del proprio difensore, il quale dovrà avere cura di indicare la propria pec ed il numero di fax per la ricezione delle relative comunicazioni dalla cancelleria. Inoltre, il conduttore uscente deve anche eleggere domicilio nel Comune in cui ha sede lo stesso giudice adito, e, indicate nel ricorso, le esatte generalità del locatore, precisare altresì l'ubicazione dell'immobile locato, con i relativi identificativi catastali, avendo cura di riportare nella narrazione del fatto, le ragioni addotte rispettivamente a fondamento della causa petendi e del petitum richiesto, anche in via mediata, e, delle richieste formulate nelle conclusioni dell'atto – azione del conduttore uscente, per conseguire nei confronti del locatore, il pagamento dell'indennità di avviamento, per effetto della constatazione che, l'immobile precedentemente condotto in locazione, è stato successivamente adibito all'esercizio della stessa attività, ovvero, di un'attività inclusa nella stessa tabella merceologica, affine a quella esercitata in precedenza – con la correlata documentazione probatoria che intende offrire a corredo della domanda. Al riguardo, trattandosi di ricorso, occorre indicare sùbito, a pena di decadenza, tutte le prove che si intendono sottoporre all'attenzione del giudice, come ad esempio, l'interrogatorio formale del locatore, e le esatte generalità degli eventuali testimoni che si intendono ascoltare sulle posizioni “fattuali” dell'atto introduttivo della controversia, che dunque devono già essere opportunamente “capitolate”, oltre a tutta la relativa documentazione probatoria (contratto di locazione ad uso diverso, documentazione della CCIAA attestante la natura e classificazione dell'attività commerciale successivamente esercitata nello stesso immobile locato, richiesta stragiudiziale rivolta al locatore per una soluzione della controversia in via stragiudiziale, verbale del procedimento di mediazione conclusosi negativamente). Ciò non toglie però che, nella narrazione del “fatto”, occorre opportunamente soffermarsi sulla concreta posizione assunta nella vicenda dal locatore, laddove il medesimo – si sia reso responsabile dell'ingiustificato diniego di addivenire ad una soluzione amichevole dell'insorta controversia – e sia rimasto inerte, nonostante la tempestiva conoscenza della relativa questione, comprovata dalla precedente corrispondenza intercorsa, o da un'eventuale diffida ricevuta dal conduttore uscente, potendo risultare utile, ai sensi dell' art. 116 c.p.c. , sul piano della valutazione del relativo comportamento, laddove risulti inserito in un contesto fattuale idoneo a farlo ritenere come gravemente inadempiente, sotto il profilo della buona fede, anche all'esito del precedente procedimento di mediazione avviato dal conduttore uscente nei confronti del locatore. Il ricorso deve, quindi, essere sottoscritto dal difensore su atto separato, contenente la procura alla lite, sottoscritta dalla parte rappresentata dal medesimo difensore, ed autenticata da quest'ultimo. Richieste istruttorie L'onere di chiedere l'interrogatorio formale del locatore sui fatti oggetto di contestazione, riguardanti le circostanze fattuali, ritenute idonee a configurare i presupposti per l'utile esercizio del diritto, concernente il pagamento dell'indennità di avviamento, grava sul conduttore uscente, il quale deve allegare anche la fonte negoziale – copia del contratto di locazione – e normativa del proprio diritto, unitamente alla pertinente documentazione estratta presso la locale CCIAA, spettando al locatore, l'onere di allegare la prova contraria. Il conduttore uscente ha anche l'onere di formulare una richiesta di prova testimoniale, indicando i relativi capitoli di prova, ed i nominativi dei testimoni, al fine di provare le circostanze sulle quali, si basa la relativa azione, volta ad accertare l'esistenza concreta delle condizioni presupposte, per l'esercizio, nei confronti del locatore, della richiesta di pagamento dell'indennità di avviamento, a seguito della riscontrata attività esercitata nello stesso immobile, successivamente locato al nuovo conduttore. 4. ConclusioniL'indennità di avviamento c.d. normale, è prevista dall' art. 34, comma 1, della l. n. 392/1978 , ed è volta ad indennizzare la perdita dell'avviamento del conduttore, mentre quella ulteriore, prevista dall'art. 34, comma 2, della stessa norma, non ha una funzione indennitaria, ma compensatrice, in quanto, non indennizza un danno presunto, ma intende evitare un temuto ingiustificato arricchimento del conduttore entrante nei confronti di quello uscente. Ciò premesso, l' art. 34, comma 2, della l. n. 392/1978 , attribuisce al conduttore uscente il diritto al pagamento, da parte del locatore, di un'indennità, pari a 18 mensilità dell'ultimo canone corrisposto, quando ricorrano due presupposti: uno indefettibile, il secondo alternativo. Il presupposto indefettibile, è che la nuova attività sia iniziata entro l'anno dalla cessazione della precedente attività, mentre quello alternativo, è che la nuova attività: a) o sia identica a quella già esercitata dal conduttore uscente; oppure, in alternativa b) sia inclusa nella medesima “tabella merceologica”, in cui rientrava l'attività svolta dal conduttore uscente, e sia dunque a quella “affine”. Pertanto, l'indennità di cui all' art. 34, comma 2, della l. n. 392/1978 , resta dovuta se, il conduttore uscente, e quello entrante, esercitino nell'immobile locato, un'attività che pur non essendo identiche tra di loro, rientrano comunque nella medesima tabella merceologica. In buona sostanza, l'attività iniziata dal conduttore entrante, deve essere “affine” a quella precedentemente svolta nel medesimo immobile dal conduttore uscente, costituendo l'appartenenza alla medesima tabella merceologica, il “perimetro” entro il quale, va ricondotta la valutazione dell'affinità, per quanto rileva in ordine alla sussistenza, in favore del conduttore uscente, del diritto all'ulteriore indennità prevista dalla norma citata. Al riguardo, va opportunamente chiarito che, il giudizio di affinità, non postula affatto una sovrapponibilità delle rispettive clientele, dovendo – come già precisato – essere formulato, nell'ambito di attività facenti riferimento alla medesima tabella merceologica, inteso non in base al contenuto oggettivo dell'attività svolta, ma in base all'idoneità della nuova attività, a sottrarre clientela – anche solo in parte alla vecchia, se possa ritenersi che questa preferirà frequentare il nuovo esercizio, piuttosto che inseguire il vecchio nella sua nuova collocazione. Ad esempio, un'orologeria non vende gioielli, ma può intercettare una porzione della clientela di una preesistente gioielleria, esercitata nel medesimo locale, ed una pizzeria, pur non vendendo hamburger, può intercettare una porzione della clientela di un preesistente pub. In sintesi, per una corretta applicazione del criterio di valutazione dell'affinità, non bisogna partire dalla diversità dei beni offerti, per supporre che anche le clientele dei due esercizi commerciali lo siano, ma al contrario, serve accertare in concreto, se esiste o meno un rischio di confondibilità, anche solo parziale, delle clientele facenti capo al conduttore uscente ed entrante. Conseguentemente, alla prova del pregiudizio patito dal conduttore uscente, il legislatore ha sostituito la diversa prova dell'affinità delle attività, rientranti nella medesima tabella merceologica, succedutesi all'interno dell'immobile locato: data tale prova, l'arricchimento del locatore deve ritenersi presunto. |