Mancata prestazione di garanzie fideiussorie

Alberto Celeste
Vito Amendolagine
Maurizio Tarantino

1. Bussole di inquadramento

La garanzia fideiussoria

La fideiussione indica il diritto personale di garanzia costituito dal fideiussore in favore del creditore come previsto dall' art. 1936 c.c. , secondo cui, appunto, oggetto della fideiussione è la garanzia di un debito altrui. L'obbligazione fideiussoria è, pertanto, un'obbligazione accessoria che sussiste fin tanto che sussiste l'obbligazione principale operando per la sua durata seppur con le dovute eccezioni. Caratteristica fondamentale della prestazione fideiussoria è l'accessorietà rispetto all'obbligazione del terzo, limitandosi il fideiussore ad adempiere come se fosse il debitore principale. Tale principio si rinviene nell'art. 1939 c.c., per il quale al fideiussore stesso è consentito opporre le eccezioni fondate sulla validità dell'obbligazione principale o nell'art. 1945 c.c. che riconosce al garante la possibilità di proporre nei confronti del creditore tutte le eccezioni spettanti al solo debitore; nell'art. 1941 c.c., secondo cui la fideiussione non può eccedere importo dovuto, non potendo essere prestata a condizioni più onerose.

La fideiussione a garanzia della locazione

Inizialmente, ci si è mostrati contrari alla costituzione di una fideiussione bancaria anziché una somma di denaro, atteso che, mentre il deposito cauzionale, se pure priva il conduttore della disponibilità di una certa somma, prevede la corresponsione di interessi a suo favore, la prima rappresenta, invece, un puro costo a carico del medesimo conduttore, per tutta la durata del contratto. Successivamente, di contrario avviso, si è ritenuto una simile pattuizione pienamente valida ed efficace, giacché la fideiussione e la garanzia a prima richiesta sostanziano impegni di soggetti terzi estranei al rapporto locatore/conduttore i quali garantiscono con il proprio patrimonio le obbligazioni assunte dal conduttore, evidenziando, inoltre, come l'estraneità al rapporto di locazione del soggetto garante sottragga la garanzia bancaria al limite delle tre mensilità, atteso che la norma dell' art. 11 della l. n. 392/1978 è posta a tutela del conduttore e non vi è ragione di applicarla ad un soggetto terzo. Nella prassi, la garanzia fideiussoria, stipulata in calce ad un contratto di locazione ed avente ad oggetto l'adempimento delle obbligazioni del conduttore non integra un'ipotesi di fideiussione omnibus: ciò perché, da un lato, non si tratta di obbligazioni future o condizionali, ma di quelle nascenti dal contratto di locazione originariamente concluso, e, dall'altro, perché le obbligazioni sono determinate (o quantomeno determinabili) con riferimento alle parti ed all'entità dei canoni locativi, il cui importo è determinato sulla base delle previsioni contrattuali. Generalmente, il contratto di fideiussione viene consegnato dal conduttore al locatore prima o contestualmente alla stipula del contratto di locazione. Ove questo non sia possibile, può convenirsi che la fideiussione venga consegnata entro un certo termine, decorso il quale il contratto si risolverà di diritto per inadempimento grave, a norma dell'art. 1456 c.c. laddove le parti abbiano preventivamente convenuto il contenuto di una clausola risolutiva espressa a fronte del predetto inadempimento.

Rapporti tra la garanzia fideiussoria e il deposito cauzionale

Nella giurisprudenza di merito, si è osservato che la previsione della pattuizione di una fideiussione prestata dal conduttore in aggiunta alla costituzione di un deposito cauzionale pari a due mensilità di canone è stata ritenuta legittima sul presupposto che, ove il legislatore avesse voluto estendere il regime protettivo di cui all' art. 79 della l. n. 392/1978 al divieto di prestazione di altre forme di garanzia, non si sarebbe limitato a sancire puramente e semplicemente la misura massima del deposito. Pertanto, la nullità ex art. 79 della l. n. 392/1978 non può colpire pattuizioni tendenti a costituire forme di garanzia assimilabili al deposito di cui all'art. 11 della l. n. 392/1978, limitatamente alla parte eccedente la misura fissata in detta norma. Parimenti, è stata ritenuta valida, anche per un immobile ad uso non abitativo, la clausola recante la sostituzione del deposito cauzionale con una fideiussione, anche a prima richiesta (Trib. Vicenza 13 giugno 2002).

La clausola risolutiva espressa

La clausola risolutiva espressa è la pattuizione delle parti di un contratto che assumono un determinato adempimento, venendo meno il quale il contratto stesso si risolve. È disciplinata dall' art. 1456 c.c. secondo cui il contratto si risolve qualora una determinata obbligazione non viene eseguita secondo le modalità stabilite. In tal caso, la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all'altra che intende valersi della clausola risolutiva. Con la previsione in contratto della clausola risolutiva espressa, l'intento delle parti è unicamente quello di sostituire il proprio sovrano apprezzamento a quello del giudice circa l'opportunità della risoluzione: una volta che il creditore deluso dichiari all'inadempiente la di lui mancata ottemperanza all'obbligazione dedotta in contratto e la propria intenzione di avvalersi della clausola, il contratto è risolto al punto da rendere superflua ogni valutazione del giudice circa la gravità dell'inadempimento perché è dalla parte adempiente che dipende la risoluzione del contratto. È infatti questa, in buona sostanza, che può decidere se, nonostante l'inadempimento del debitore, egli mantenga un interesse all'adempimento dell'obbligazione: si deve quindi dire che, nonostante l'inadempimento, la risoluzione avviene solo se così vuole il creditore. Quanto ai presupposti per la risoluzione, in presenza della clausola risolutiva espressa ed una volta richiestane l'applicazione dalla parte adempiente, a nulla rileva la gravità o meno dell'inadempienza perché essa opera di diritto, sempre che ne sussistano i presupposti, vale a dire l'esatta specifica della prestazione la cui mancata esecuzione può dar luogo alla risoluzione e la precisa volontà di fare operare la risoluzione non già in conseguenza del provvedimento del giudice adito, ma dalla volontà del creditore dell'uso.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
La mancata prestazione della garanzia fideiussoria da parte del conduttore comporta la risoluzione del contratto di locazione?

Risoluzione del contratto per mancato versamento della garanzia fideiussoria

La garanzia fideiussoria si estende a tutte le obbligazioni derivanti dal contratto di locazione gravanti sul conduttore, nell'ipotesi di fideiussione prestata da un terzo per tutti gli obblighi assunti con il contratto di locazione, il fideiussore risponde anche dei danni per ritardata restituzione della cosa locata e quindi dell'indennità di occupazione pari al corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, dovuta ex art. 1591 c.c. , in quanto la garanzia fideiussoria si giustifica proprio in funzione del mancato adempimento delle obbligazioni contrattuali del conduttore. Infatti, l'obbligazione di pagamento del canone di occupazione dell'immobile concesso in locazione e da doversi restituire al locatore trova fonte nella legge, ma è, pur sempre, geneticamente collegata al contratto (Cass. III, n. 11587/2020).

Nella giurisprudenza di merito, è stato osservato che, in tema di obbligazioni del conduttore, l'inosservanza dell' art. 1608 c.c. , a norma del quale tra le obbligazioni essenziali del conduttore vi è quella di prestare una garanzia – fornendo la casa di mobili sufficienti, o versando un deposito cauzionale, oppure in altro modo – che sia idonea ad assicurare il pagamento della pigione, comporta la risoluzione del contratto di locazione (Trib. Brescia 17 febbraio 1992; Trib. Roma 20 luglio 1983).

Difatti, l'esistenza dell'inadempimento e la sua rilevanza ai fini della risoluzione del contratto ( ex art. 1455 c.c. ) non sono né escluse, né attenuate dal fatto che il debitore inadempiente abbia un fideiussore. L'esistenza di garanzie reali o personali serve a tenere indenne il creditore dalle conseguenze patrimoniali dell'inadempimento, ma non vale ad impedire il vizio del sinallagma contrattuale, che si verifica quando una delle due parti non adempie la propria prestazione nei contratti a prestazioni corrispettive. La garanzia, pertanto, non impedendo il vizio del sinallagma, non può evitare l'effetto di quel vizio, ovvero la risoluzione del contratto. Ne consegue che non è nulla l'obbligazione assunta dal conduttore di prestare una garanzia fideiussoria diversa dal deposito cauzionale; diversamente, però, l'inadempimento a tale obbligo può comportare la risoluzione del contratto (Trib. Verona 22 agosto 1990).

Risoluzione del contratto in forza di clausola risolutiva espressa

La stipulazione di una clausola risolutiva espressa non significa che il contratto possa essere risolto solo nei casi espressamente previsti dalle parti, rimanendo fermo il principio per cui ogni inadempimento di non scarsa rilevanza può giustificare la risoluzione del contratto, con l'unica differenza che, per i casi già previsti dalle parti nella clausola risolutiva espressa, la gravità dell'inadempimento non deve essere valutata dal giudice (Cass. III, n. 23624/2012).

Qualora le parti di un contratto (nella specie, di locazione) stiano in giudizio per la risoluzione ai sensi dell' art. 1453 c.c. e la clausola risolutiva espressa, pure stipulata ai sensi dell'art. 1456 c.c., non sia stata esercitata ma rinunciata dalla parte a vantaggio della quale era stata pattuita, l'adempimento dell'obbligazione regolato dalla predetta clausola assume ciononostante rilievo ai fini della valutazione della gravità dell'inadempimento (cui l'art. 1455 c.c. subordina la risoluzione), nella quale peso preponderante assume proprio l'iniziale valutazione che le stesse parti avevano fatto, sicché quella obbligazione rimasta inadempiuta continua a rilevare nel contesto dei reciproci inadempimenti (Cass. III, n. 18320/2015).

Da ultimo, si osserva che il diritto potestativo di risolvere il rapporto, in conseguenza dell'inadempimento di una parte, quando sia prevista la clausola risolutiva espressa, diritto che si esercita mediante la manifestazione di volontà di avvalersi della clausola stessa ( art. 1456, comma 2, c.c. ), è soggetto a prescrizione ai sensi dell'art. 2934 c.c., non trattandosi di diritto indisponibile o comunque di situazione giuridica soggettiva per cui tale causa di estinzione sia esclusa dalla legge, e l'inizio della decorrenza della prescrizione coincide, secondo la regola generale dettata dall'art. 2935 c.c., con il momento in cui il diritto stesso può essere fatto valere, e cioè con il verificarsi del primo inadempimento in caso di prestazioni periodiche (Cass. III, n. 6386/2018).

Rito ordinario

La controversia relativa alla fideiussione prestata dal terzo a garanzia degli obblighi nascenti dal rapporto di locazione è assoggettata al rito ordinario e non al rito locatizio, in quanto l'accessorietà del rapporto fideiussorio opera interamente sul piano funzionale degli obblighi assunti dal garante e non comporta l'attrazione nella disciplina processuale regolante il rapporto obbligatorio principale (Trib. Santa Maria Capua Vetere 8 marzo 2024, n. 982).

3. Azioni processuali

Tutela stragiudiziale

Il locatore, il quale non abbia ricevuto dal conduttore la garanzia fideiussoria per il pagamento dei canoni convenuta in sede di stipula del relativo contratto di locazione, può contestare per iscritto con lettera raccomandata – o via pec – detto inadempimento alla controparte, invitandola a provvedere entro un congruo termine, al fine di evitare il ricorso all'azione legale, con l'addebito delle relative spese. Conseguentemente, in tale modo, il conduttore ha la possibilità di rimediare all'omissione dell'anzidetto obbligo convenzionale, evitando ulteriori conseguenze sul piano legale, anche per quanto attiene al pagamento delle correlate spese.

Funzione e natura del giudizio

È un ordinario giudizio di cognizione, con il quale il locatore evoca dinanzi al giudice il conduttore per conseguire nei suoi confronti la risoluzione del contratto per la mancata prestazione della garanzia fideiussoria per il pagamento dei canoni di locazione, attivando, a tale fine, la clausola risolutiva espressa contenuta nello stesso contratto di locazione.

Aspetti preliminari

Mediazione

Il locatore, il quale intende esercitare in giudizio nei confronti del conduttore l'azione volta a conseguire la risoluzione del contratto di locazione per la mancata prestazione della garanzia fideiussoria per il pagamento dei canoni di locazione, deve prima esperire il procedimento di mediazione previsto dall' art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28/2010 , quale condizione obbligatoria di procedibilità.

Competenza

Il giudice competente è il Tribunale del luogo in cui è posto l'immobile, perché, in tema di locazioni, la competenza territoriale del giudice del locus rei sitae, come si ricava dagli artt. 21 e 447-bis c.p.c., ha natura inderogabile, con la conseguente invalidità di un'eventuale clausola difforme, rilevabile ex officio anche in sede di regolamento di competenza (Cass. VI, n. 12404/2020).

Legittimazione

Il locatore è il soggetto legittimato attivo all'esercizio dell'azione di risoluzione del rapporto locatizio, ed il conduttore quello legittimato passivo.

Profili di merito

Onere della prova

L'onere di allegare la situazione generatrice del grave inadempimento del conduttore – la mancata prestazione della garanzia fideiussoria per il pagamento dei canoni di locazione – grava sul locatore, il quale nell'agire per la risoluzione del contratto di locazione, in forza della clausola risolutiva espressa, deve anche indicare le eventuali ulteriori correlate violazioni commesse dalla controparte nel corso del rapporto, rapportandole al contenuto degli obblighi contrattuali precedentemente intercorsi, anche sotto il profilo della loro gravità ai sensi dell' art. 1455 c.c. , costituendo, pure quest'ultimo elemento, un presupposto dalla cui valutazione dipende l'accoglimento della relativa domanda di risoluzione, fermo restando l'operatività della clausola anzidetta laddove attivata dal locatore.

Contenuto del ricorso

L'azione si propone con ricorso, nel quale il locatore deve indicare l'autorità competente dinanzi al quale intende chiamare in giudizio il conduttore, unitamente alle sue generalità ed a quelle del proprio difensore, il quale dovrà avere cura di indicare la propria pec ed il numero di fax per la ricezione delle relative comunicazioni.

Inoltre, il locatore deve anche eleggere domicilio nel Comune in cui ha sede lo stesso giudice adito, e, indicate nel ricorso le esatte generalità del conduttore, precisare altresì l'ubicazione dell'immobile con i relativi identificativi catastali, avendo cura di riportare nella narrazione del fatto, le ragioni addotte rispettivamente a fondamento della causa petendi e del petitum richiesto, anche in via mediata, e delle richieste formulate nelle conclusioni dell'atto (azione di risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore), con la correlata documentazione probatoria che intende offrire a corredo della domanda.

Al riguardo, trattandosi di ricorso, occorre indicare sùbito, a pena di decadenza, tutte le prove che si intendono sottoporre all'attenzione del giudice, come ad esempio l'interrogatorio formale del conduttore e le esatte generalità degli eventuali testimoni che si intendono ascoltare sulle posizioni “fattuali” dell'atto introduttivo della controversia, che dunque devono già essere opportunamente “capitolate”, oltre a tutta la relativa documentazione probatoria (contratto di locazione; lettera di contestazione dell'inadempimento del conduttore; verbale del procedimento di mediazione conclusosi negativamente).

Ciò non toglie, però, che, nella narrazione del “fatto”, occorre opportunamente soffermarsi sulla concreta posizione assunta nella vicenda dal conduttore, laddove il medesimo, responsabile della violazione ascrittagli nel contratto riguardante l'inosservanza dei relativi obblighi, tra cui quello di corrispondere la garanzia fideiussoria per il pagamento dei canoni di locazione, abbia continuato a rimanere inerte, nonostante la tempestiva conoscenza della relativa contestazione, comprovata dalla precedente corrispondenza intercorsa o da un'eventuale diffida ricevuta dal locatore al fine di attivarsi per porre rimedio alla situazione creatasi in suo danno, potendo risultare utile ai sensi dell' art. 116 c.p.c. , sul piano della valutazione del relativo comportamento laddove risulti inserito in un contesto fattuale idoneo a farlo ritenere come gravemente inadempiente, anche all'esito del precedente procedimento di mediazione avviato dallo stesso locatore nei confronti del medesimo soggetto responsabile.

Il ricorso deve, quindi, essere sottoscritto dal difensore su atto separato contenente la procura alla lite, sottoscritta dalla parte rappresentata dal medesimo difensore ed autenticata da quest'ultimo.

Richieste istruttorie

L'onere di chiedere l'interrogatorio formale del conduttore sui fatti oggetto di contestazione riguardanti le circostanze fattuali ritenute idonee a configurare il grave inadempimento ai propri obblighi contrattuali – nel caso di specie, conseguente all'omessa costituzione della garanzia fideiussoria per il pagamento dei canoni di locazione prevista nel contratto – grava sul locatore, il quale, adempie al suddetto onere allegando la fonte negoziale del proprio diritto (copia del contratto di locazione al cui interno sia prevista la corresponsione della suddetta garanzia fideiussoria), spettando al conduttore l'onere di allegare la prova contraria, dunque, di avere già provveduto ad eseguire l'adempimento del suddetto obbligo convenzionale.

4. Conclusioni

La mancata prestazione della garanzia fideiussoria per il puntuale pagamento dei canoni di locazione è motivo di risoluzione del contratto locatizio (Trib. Vicenza 13 giugno 2002), atteso che non assolve le funzioni tipiche del deposito cauzionale, ma tende a garantire più di un'obbligazione del conduttore, ragione per cui la relativa clausola non va incontro alla sanzione di nullità posta dall'art. 79 della l. n. 392/1978.

In ogni caso, occorre valutare comunque la gravità dell'inadempimento, perché anche in presenza di una clausola risolutiva espressa, i contraenti sono tenuti a rispettare il principio generale della buona fede ed il divieto di abuso del diritto, preservando l'uno gli interessi dell'altro.

Il potere di risolvere di diritto il contratto avvalendosi della clausola risolutiva espressa, in particolare, è necessariamente governato dal principio di buona fede, da tempo individuato dagli interpreti sulla base del dettato normativo, come direttiva fondamentale per valutare l'agire dei privati e come concretizzazione delle regole di azione per i contraenti in ogni fase del rapporto precontrattuale, di conclusione e di esecuzione del contratto.

Il principio di buona fede si pone allora, nell'àmbito della fattispecie dell' art. 1456 c.c. , come canone di valutazione sia dell'esistenza dell'inadempimento, sia del conseguente legittimo esercizio del potere unilaterale di risolvere il contratto, al fine di evitarne l'abuso, impedendone l'esercizio ove contrario ad essa. L'inadempimento all'obbligazione, contrattualmente previsto come integrativo del potere di provocare in via potestativa la risoluzione del contratto, deve cioè essere effettivo, proprio perché la previsione negoziale è da interpretare ed eseguire secondo buona fede.

Il tema, quindi, attiene non al requisito soggettivo della colpa, ma a quello oggettivo della condotta inadempiente, che in concreto manca, laddove essa – secondo una lettura condotta alla stregua del canone della buona fede – risulti in concreto inidonea ad integrare la fattispecie convenzionale, onde implausibile, secondo il medesimo canone, risulti l'esercizio del diritto di risoluzione da parte dell'altro contraente.

Pertanto, una volta che si determina la morosità – alla quale il locatore può reagire chiedendo la risoluzione del contratto – è giustificata l'applicazione dell' art. 1956 c.c. che impone al locatore di riferire al garante della morosità del conduttore, in modo di farsi autorizzare ad attendere il pagamento e così sostanzialmente a fare credito al conduttore con la garanzia del fideiussore (Cass. III, n. 29364/2019; Cass. III, n. 3525/2009). Tuttavia, la conseguenza è che, in caso di rifiuto, il locatore deve agire per conseguire la risoluzione del contratto, così limitando l'esposizione del fideiussore fino al momento in cui il locatore non riesca a locare l'immobile ad altri (Cass. III, n. 16798/2015).

La previsione contenuta nel contratto di locazione relativa alla prestazione di polizza fideiussoria a garanzia della regolare corresponsione dei canoni di locazione, integra un'obbligazione il cui inadempimento è valutabile come grave ai sensi dell'art. 1455 c.c., in quanto espressamente convenuto per iscritto dalle parti del rapporto negoziale, e come tale anche da solo idoneo a giustificare l'accoglimento della domanda di risoluzione proposta dal locatore, anche nell'eventualità in cui il conduttore abbia pagato parte dei canoni prima della consegna all'ufficiale giudiziario dell'atto di citazione per la convalida di sfratto per morosità, ma in ritardo rispetto alla data indicata nel contratto di locazione (Cass. III, n. 5568/2024).

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