Diversa destinazione dell'immobile locato rispetto all'uso dichiarato1. Bussole di inquadramentoMutamento di destinazione La l. n. 431/1998 non ha abrogato l'art. 80 della l. n. 392/1978, confermando la tutela della disciplina all'uso effettivo che viene fatto dell'immobile locato e non già a quello invece risultante nel contratto. Premesso ciò, il conduttore che, nel corso della durata del contratto, modifica l'uso dell'immobile da lui detenuto rispetto a quello per cui gli è stato locato, pone in essere un nuovo rapporto locativo regolato dalla normativa dettata per il diverso uso dato all'immobile. Il locatore, dal canto suo, ha la facoltà di richiedere la risoluzione del contratto, ma deve farlo tempestivamente, nel senso che il suo silenzio protrattosi per oltre tre mesi dal momento in cui è venuto a conoscenza del mutamento d'uso operato dal conduttore viene interpretato come tacita accettazione del diverso uso ed il nuovo regime corrispondente alla sopravvenuta destinazione comincia a decorrere con un autonomo ciclo di durata dalla scadenza legale dei tre mesi. Spetta alla parte che ne ha più interesse dimostrare tale conoscenza da parte del locatore. La prova può essere fornita con ogni mezzo, da un occasionale accesso nell'immobile da parte del locatore da cui si poteva evincere l'intervenuto mutamento alla dichiarazione resa dallo stesso conduttore in un giudizio promosso nei suoi confronti dal locatore sino alla testimonianza resa da estranei al rapporto di locazione. Il mutamento del regime giuridico Le disposizioni della c.d. legge sull'equo canone prevedono che, se il conduttore adibisce l'immobile ad un uso diverso da quello pattuito, il locatore può chiedere la risoluzione del contratto entro tre mesi dal momento in cui ne ha avuto conoscenza e comunque entro un anno dal mutamento di destinazione. Di conseguenza, decorso tale termine senza che la risoluzione sia stata chiesta, al contratto si applicherà il regime giuridico corrispondente all'uso effettivo dell'immobile. Qualora la destinazione ad uso diverso da quello pattuito sia parziale, al contratto si applica il regime giuridico corrispondente all'uso prevalente. Dunque, l' art. 80 della l. n. 392/1978 va interpretato nel senso che la norma trova applicazione ogni qual volta il mutamento d'uso rimanda all'applicazione di un diverso regime giuridico. A questo punto, come sostenuto in giurisprudenza, l'uso diverso da quello contrattualmente stabilito non va individuato soltanto nella generale dicotomia di uso abitativo e non abitativo la quale, seppure costituisce la più macroscopica ipotesi di uso diverso da quello pattuito, non ne esaurisce l'intera gamma, bensì nel mutamento di regime giuridico. Non, quindi, qualsiasi modifica della destinazione dell'immobile è rilevante ai sensi dell'art. 80, ma solo quella connessa ad una diversa disciplina normativa (Cass. III, n. 2962/1996). Pertanto, la norma trova applicazione anche quando il contratto originario preveda un uso non contemplato dalla legge dell'equo canone ed il successivo mutamento dia luogo all'adibizione ad un uso da essa contemplato (Cass. III, n. 1684/1989; Cass. III, n. 3310/1989). 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
In caso di diversa destinazione dell'immobile locato rispetto all'uso dichiarato, il locatore può chiedere la risoluzione del contratto?
Mutamento della destinazione: termini per la risoluzione del contratto. Il conduttore che muta la destinazione dell'immobile, adibendolo ad un uso diverso da quello pattuito, pone in essere un grave inadempimento a seguito del quale il locatore può chiedere la risoluzione del contratto entro tre mesi dal momento in cui è ne sia venuto a conoscenza. Nell'individuare il «mutamento» in questione, la Cassazione si è divisa tra due orientamenti. Per il primo orientamento, esso consiste nel passaggio dalla disciplina per le locazioni abitative a quello delle locazioni ad uso diverso da abitazione e viceversa (Cass. III, n. 9689/1994). Per il secondo orientamento, invece, rileva qualsiasi “mutamento” e dunque anche quando ciò avviene all'interno di una specifica tipologia di locazione. In base a quest'ultima tesi, dunque, l' art. 80 della l. n. 392/1978 è altresì applicabile quando il diverso uso dei locali praticato dal locatore comporta il passaggio da un'attività da cui non scaturisce l'indennità per la perdita dell'avviamento ad un'altra attività che invece la prevede (Cass. III, n. 2976/2005). In ogni caso, il termine trimestrale entro cui il locatore deve reagire alla condotta del conduttore scatta solo quando il primo ha avuto effettiva conoscenza di quanto il secondo ha posto in essere. In difetto di piena consapevolezza dell'intervenuto mutamento d'uso, non può trovare applicazione il disposto di cui al comma 2 del citato art. 80 della l. n. 392/1978 ed al conduttore non resta che tentare di dimostrare la simulazione, spettando a lui l'onere di provare che, sin dal momento della stipulazione, il locatore aveva acconsentito che i locali fossero adibiti non alla destinazione dichiarata nel contratto, ma all'uso concretamente fattone, appunto quello dissimulato (Cass. III, n. 15080/2000). Pertanto, trascorsi tre mesi senza che la risoluzione sia stata chiesta, al contratto si applica il regime giuridico corrispondente all'uso effettivo dell'immobile. La diversa destinazione dell'immobile è quella che si realizza in concreto con l'effettivo diverso uso della cosa locata, sicché è solo da tale momento che inizia a decorrere il termine perentorio per chiedere la risoluzione del contratto, non essendo rilevante la semplice conoscenza della sola intenzione del conduttore. La decorrenza dei termini per la risoluzione e l'inerzia del locatore sana l'inadempienza del conduttore. In tale situazione, quale conseguenza del tutto coerente e logica che il mutamento di destinazione non può mai legittimare il locatore alla proposizione dell'azione contrattuale per danni da mutato uso, poiché la sua inerzia, avendo consentito il consolidamento del diverso uso, ha eliminato con effetto retroattivo l'antidoverosità della diversa destinazione, che il conduttore ha continuato a dare all'immobile locato (Cass. III, n. 2976/2005). In tal caso, difatti, al locatore decaduto – per la decorrenza dei termini di cui all'art. 80 della l. n. 392/1978 – dal diritto di agire per la risoluzione del contratto, non va riconosciuta un'azione di danni o in genere qualsiasi diritto per l'inadempienza commessa dal conduttore. Tale inadempienza è anzi da considerarsi sanata, atteso che, al contrario, si deve applicare non solo per il futuro ma anche per il passato il regime giuridico corrispondente all'uso effettivo dell'immobile (Pret. Casoria 3 ottobre 1986, n. 235). Risoluzione del contratto per mutamento di destinazione con modificazione del regime giuridico applicabile. Il mutamento di destinazione può verificarsi all'interno della medesima categoria delle locazioni abitative, come nel caso di mutamento da abitazione transitoria ad abitazione primaria. La ratio della norma è quella di impedire che le parti possano stipulare contratti simulati al solo scopo di eludere la disciplina legislativamente prevista per ciascun tipo di locazione; ed il mezzo offerto al locatore dall' art. 80 della l. n. 392/1978 è stato di prevedere, al fine di ottenere la risoluzione del contratto, una specifica ipotesi di inadempimento atta ad evitare che il locatore venga a subire, per il comportamento successivo del solo conduttore, una disciplina giuridica del rapporto diversa da quella accettata da ambo le parti con lo stipulare un determinato tipo di contratto (Cass. III, n. 9689/1994; Cass. III, n. 11952/1992; Cass. III, n. 5689/1990; Cass. III, n. 4600/1986). Quindi, il mutamento anche parziale dell'uso dell'immobile locato (nella specie, da abitazione a gabinetto di estetista) attuato unilateralmente dal conduttore che importi una variazione della disciplina applicabile al contratto, fa sorgere in capo al locatore un interesse rilevante ai fini della risoluzione del contratto stesso per inadempimento (Trib. Cagliari 6 marzo 1995). L'art. 80 citato, essendo diretto ad evitare che venga elusa la disciplina fissata per le diverse tipologie locative, deve essere riferito a tutti i casi in cui la variazione comporti l'applicazione di una diversa disciplina, e si applica anche al mutamento che trasforma l'uso di immobile previsto per le esigenze abitative transitorie del conduttore, disciplinato dall'art. 26, lett. a), in quello diverso di abitazione utilizzata per destinazione abitativa stabile, e viceversa (Cass. III, n. 969/2007). Mutamento di destinazione non implicante modifiche nella disciplina giuridica del rapporto. La condotta del conduttore, il quale destini l'immobile locatogli ad un uso diverso da quello pattuito, costituisce sempre un inadempimento degli obblighi scaturenti dal contratto. Tuttavia, tale inadempimento legittima la domanda di risoluzione del contratto ai sensi e nei limiti di cui all' art. 80, comma 1, della l. n. 392/1978 , se la destinazione dell'immobile dall'uno all'altro uso comporti l'applicazione di una diversa disciplina contrattuale; diversamente, negli altri casi, legittima la domanda di risoluzione del contratto ai sensi e nei limiti di cui all'art. 1453 c.c. (Cass. III, n. 6482/2017). Per meglio dire, l'art. 80 della l. n. 392/1978 si applica soltanto se il passaggio da un uso ad un altro importa una diversa disciplina del contratto di locazione. Ad ogni altra ipotesi di uso arbitrario dell'immobile resta, invece, applicabile l'ordinaria disciplina prevista dal codice civile in tema di risoluzione del contratto per inadempimento di una delle obbligazioni principali del conduttore – il servirsi, cioè, della cosa per l'uso convenuto – da valutarsi alla stregua dell'ordinaria disciplina del codice civile, salvo che il locatore non si avvalga, ai sensi dell' art. 1456 c.c. , della clausola risolutiva espressa, nel quale ultimo caso il giudice non è tenuto ad effettuare alcuna indagine sulla gravità dell'inadempimento, avendo le parti preventivamente valutato che l'uso diverso dell'immobile locato determina l'alterazione dell'equilibrio giuridico-economico del contratto (Cass. III, n. 25141/2008). Ed ancora, è stata esclusa l'applicazione dell' art. 80 della l. n. 392/1978 in caso di mutamento di un esercizio artigianale di parrucchiere in esercizio commerciale di boutique, trattandosi di attività regolate dalla stessa disciplina giuridica (Cass. III, n. 2226/1987). E così nel caso di adibizione di un immobile già destinato ad autofficina anche ad autorimessa pubblica (Trib. Sala Consilina 2 ottobre 1990). 3. Azioni processualiTutela stragiudiziale Il locatore, in caso di riscontrata difformità tra l'uso convenuto e quello effettivo della res locata da parte del conduttore, può avvalersi della facoltà di chiedere la risoluzione del contratto, e, a tale fine, prima di agire in giudizio può formalizzare tale richiesta per iscritto al conduttore, manifestandogli la possibilità di addivenire ad una risoluzione consensuale del rapporto, in modo da evitare il ricorso al giudice, con notevole risparmio in termini di costi e tempo. Funzione e natura del giudizio È un ordinario giudizio di cognizione, con il quale il locatore evoca dinanzi al giudice il conduttore al fine di conseguire nei suoi confronti la risoluzione del contratto di locazione dell'immobile, per effetto del cambio di destinazione d'uso dello stesso. Aspetti preliminari Mediazione Il locatore, il quale intende esercitare in giudizio nei confronti del conduttore l'azione volta a conseguire la risoluzione del contratto di locazione per il cambio di destinazione d'uso dell'immobile locato, deve prima esperire il procedimento di mediazione previsto dall' art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28/2010 , quale condizione obbligatoria di procedibilità. Competenza Il giudice competente è il Tribunale del luogo in cui è posto l'immobile, perché, in tema di locazioni, la competenza territoriale appartiene al giudice del locus rei sitae, come del resto si ricava dagli artt. 21 e 447-bis c.p.c., la quale ha natura inderogabile, con la conseguente invalidità di un'eventuale clausola difforme, rilevabile ex officio anche in sede di regolamento di competenza (Cass. VI, n. 12404/2020). Legittimazione Il locatore è il soggetto legittimato attivo all'esercizio dell'azione di risoluzione del contratto di locazione per il cambio di destinazione d'uso dell'immobile, ed il conduttore quello legittimato passivo. Profili di merito Onere della prova In applicazione degli ordinari criteri di riparto dell'onere della prova, il locatore deve assolvere quello riguardante l'inadempimento del conduttore concretantesi nel cambio di destinazione d'uso dell'immobile condotto in locazione senza la preventiva autorizzazione scritta del locatore, tenendo presente che l'azione ha natura contrattuale, in quanto si fonda sul mancato adempimento, da parte del conduttore, di una delle obbligazioni principali su di esso gravante: quella di osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsene per l'uso determinato nel contratto. Conseguentemente, il locatore deve solo fornire la prova dell'intervenuto cambio di destinazione d'uso riguardante la res allegando la fonte negoziale del rapporto e l'assenza di una preventiva autorizzazione in tal senso. Contenuto del ricorso L'azione si propone con ricorso, nel quale il locatore deve indicare l'autorità competente dinanzi alla quale intende chiamare in giudizio il conduttore, unitamente alle sue generalità ed a quelle del proprio difensore, il quale dovrà avere cura di indicare la propria pec ed il numero di fax per la ricezione delle relative comunicazioni. Inoltre, il locatore deve anche eleggere domicilio nel Comune in cui ha sede lo stesso giudice adìto, e, indicate nel ricorso le esatte generalità del conduttore, precisare altresì l'ubicazione dell'immobile con i relativi identificativi catastali, avendo cura di riportare nella narrazione del fatto, le ragioni addotte rispettivamente a fondamento della causa petendi e del petitum richiesto, anche in via mediata, e delle richieste formulate nelle conclusioni dell'atto – azione di risoluzione del contratto di locazione per l'intervenuto cambio di destinazione d'uso dell'immobile da parte del conduttore, senza alcuna preventiva autorizzazione scritta – con la correlata documentazione probatoria che intende offrire a corredo della domanda. Al riguardo, trattandosi di ricorso, occorre indicare subito a pena di decadenza tutte le prove che si intendono sottoporre all'attenzione del giudice, come ad esempio l'interrogatorio formale del conduttore e le esatte generalità degli eventuali testimoni che si intendono ascoltare sulle posizioni “fattuali” dell'atto introduttivo della controversia, che dunque devono già essere opportunamente “capitolate” oltre a tutta la relativa documentazione probatoria (contratto di locazione, lettera di contestazione dell'inadempimento del conduttore, fotografie e/o riprese video degli ambienti interni dell'immobile locato, verbale del procedimento di mediazione conclusosi negativamente). Ciò non toglie, però, che, nella narrazione del “fatto”, occorre opportunamente soffermarsi sulla concreta posizione assunta nella vicenda dal conduttore, laddove il medesimo, responsabile della violazione ascrittagli nel contratto riguardante l'inosservanza dei relativi obblighi, tra cui quello di preservare lo stato e la destinazione della cosa locata, abbia continuato a rimanere inerte, nonostante la tempestiva conoscenza della relativa contestazione, comprovata dalla precedente corrispondenza intercorsa o da un'eventuale diffida ricevuta dal locatore al fine di attivarsi per porre rimedio alla situazione creatasi in suo danno, potendo risultare utile ai sensi dell' art. 116 c.p.c. , sul piano della valutazione del relativo comportamento laddove risulti inserito in un contesto fattuale idoneo a farlo ritenere come gravemente inadempiente, anche all'esito del precedente procedimento di mediazione avviato dallo stesso locatore nei confronti del medesimo soggetto responsabile. Il ricorso deve, quindi, essere sottoscritto dal difensore su atto separato contenente la procura alla lite, sottoscritta dalla parte rappresentata dal medesimo difensore ed autenticata da quest'ultimo. Richieste istruttorie L'onere di chiedere l'interrogatorio formale del conduttore sui fatti oggetto di contestazione riguardanti le circostanze fattuali ritenute idonee a configurare il grave inadempimento ai propri obblighi contrattuali – nel caso di specie, idonee a giustificare l'azione di risoluzione conseguente al cambio di destinazione d'uso dell'immobile locato – grava sul locatore, il quale deve allegare anche la fonte negoziale del proprio diritto, dunque, la copia del contratto di locazione. Il locatore ha anche l'onere di formulare una richiesta di prova testimoniale indicando i relativi capitoli di prova ed i nominativi dei testimoni al fine di provare le circostanze in punto di fatto sulle quali si basa la relativa azione. Il locatore può anche produrre idonea documentazione – estraendola dalle banche dati in uso ai competenti enti pubblici – volta a comprovare la conformità della reale destinazione dell'immobile concesso in locazione rispetto a quella inizialmente dedotta nel contratto, ed a quella difforme successivamente eseguita in concreto dal conduttore senza la preventiva autorizzazione del conduttore. 4. ConclusioniL' art. 80 della l. n. 392/1978 , nel testo tutt'ora vigente, dispone ove il conduttore adibisca l'immobile ad un uso diverso da quello pattuito, il locatore può chiedere la risoluzione del contratto entro tre mesi dal momento in cui ne ha avuto conoscenza. L'art. 80 citato disciplina, dunque, il mutamento d'uso dell'immobile locato verificatosi nel corso del rapporto, il quale può provenire unilateralmente dal conduttore e risolversi in un'evenienza fattuale rilevante ai fini della modificazione del regime giuridico applicabile. La suddetta norma, nell'ipotesi qui considerata, prevede la facoltà del locatore di risolvere il rapporto locatizio perché intende evitare che venga elusa la disciplina fissata per le diverse tipologie locative, ragion per cui la relativa applicabilità deve essere riferita a tutti i casi in cui la variazione comporti l'applicazione di una diversa disciplina, e, quindi, non solo ai casi di passaggio da una destinazione ad uso non abitativo, rientrante nella previsione degli artt. 27 e 42 della l. n. 392/1978, ad un'utilizzazione abitativa dell'immobile, o viceversa, ma anche ai casi di mutamento nell'ambito del medesimo tipo locatizio, come nel caso di locazione per esigenze abitative transitorie, utilizzata per destinazione abitativa stabile, restando estranei alla norma di cui si discorre soltanto i cambiamenti d'uso dai quali non derivi l'innovazione nella disciplina giuridica del rapporto, ed in relazione ai quali è configurabile solo un inadempimento contrattuale legittimante il ricorso all'ordinaria azione di risoluzione prevista dall'art. 1453 c.c. Con la precisazione che il principio desumibile dalla norma testé citata, secondo il quale, in caso di difformità fra l'uso convenuto e quello effettivo, il regime giuridico del contratto si adegua all'uso che il conduttore ne ha fatto in concreto, trova applicazione anche nel caso in cui produca effetti più sfavorevoli per il conduttore, ed investe, quindi, anche l'eventualità in cui il conduttore, avendo preso in locazione un immobile per uso abitativo ordinario, ne faccia utilizzo in modo del tutto saltuario, e cioè ne goda in modo corrispondente ad una locazione di natura transitoria. Inoltre, sul piano squisitamente probatorio, occorre precisare che, a seguito della dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale dell' art. 80 della l. n. 392/1978 (Corte Cost., n. 185/1988), il principio della corrispondenza tra l'effettiva destinazione dell'immobile ed il regime giuridico applicabile al rapporto locatizio non può trovare applicazione in contrasto con la volontà negoziale del locatore relativa alla determinazione del tipo di locazione, ragion per cui, affinché la non corrispondenza tra la realtà effettiva ed il contenuto del contratto possa assumere rilevanza giuridica, è necessario che venga positivamente dimostrata la consapevolezza condivisa di entrambi i contraenti in ordine all'effettiva destinazione dell'immobile ad un uso diverso da quello indicato dal contratto, mentre, nel caso di variazione unilaterale ad opera del conduttore, occorre dimostrare la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 80 della l. n. 392/1978 nella consapevole tolleranza del locatore, che abbia omesso di opporsi nei modi e nel termine previsto dalla stessa norma decorrente dall'effettiva conoscenza della variazione stessa (Cass. III, n. 5767/2010). Ciò premesso, come più recentemente affermato nella giurisprudenza di legittimità, l'indagine da compiersi in concreto sull'uso effettivo dell'immobile da parte del conduttore, diverso da quello pattuito, reso noto al locatore in corso di rapporto, che determini la modifica del regime applicabile, prescinde dalla verifica della sussistenza di un apposito accordo, e men che meno di un accordo redatto per iscritto, che espressamente modifichi il contratto in essere tra le parti (Cass. III, n. 2702/2017). |