Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi: la cessione dei contratti d'azienda

10 Gennaio 2022

La regola della cessione ex lege dei contratti d'azienda che non abbiano carattere personale, di cui all'art. 2558 c.c., vige solo se non è pattuito diversamente, come prevede l'esordio di tale disposizione; e tale diverso accordo è ravvisabile in ipotesi di cessione di azienda da parte dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, ai sensi degli artt. 62 e 63 d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270, allorché – secondo l'insindacabile accertamento del giudice del merito, nel rispetto degli artt. 1362 ss. c.c. – risulti che la volontà delle parti sia stata limitata alla cessione del compendio aziendale, nella consistenza risultante nel corso del procedimento previsto dalle norme menzionate, senza rilievo dei contratti successivamente conclusi.

Con l'ordinanza n. 192 del 5 gennaio 2022, la Prima Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione si occupa del tema della sorte dei contratti dell'azienda in amministrazione straordinaria.

La vicenda dedotta in lite. La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 2017, ha respinto il gravame avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno avanzata da una società avente sede nelle Isole Vergini contro altra società a responsabilità limitata; danno derivante dall'inadempimento ad un contratto di licenza concluso nell'agosto 2010 tra la dante causa di quest'ultima e una importante realtà imprenditoriale specializzata in alta moda ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

Detta sentenza viene impugnata per cassazione per avere il secondo giudice erroneamente ritenuto il mancato subentro, da parte del cessionario dell'azienda, anche nel contratto di licenza. Da qui la ritenuta violazione e falsa applicazione degli artt. 62 e 63 d.lgs. n. 270/1999 poiché, a detta della società ricorrente, detti articoli non sarebbero volti a limitare l'oggetto della cessione del ramo d'azienda delle grandi imprese, in deroga all'art. 2558 c.c., ma solo a fissare regole di tipo procedimentale.

Più in dettaglio, la Corte territoriale ha ritenuto - sulla base degli atti prodromici di natura pubblicistica (i.e., il programma di cessione predisposto dai commissari straordinari, l'autorizzazione del Ministero dello sviluppo economico, il disciplinare della procedura di cessione, l'offerta vincolante presentata per l'acquisto, il parere del comitato di sorveglianza e l'autorizzazione finale del Ministero) che precedettero il contratto di cessione di azienda, stipulato in data 11 marzo 2011, così come previsto dagli artt. 62 ss. d.lgs. n. 270/1999 - di individuare l'oggetto del contratto di cessione di azienda intercorso tra le parti in quello «rappresentato dal complesso aziendale, nei termini e alle condizioni previste dal disciplinare autorizzato dal ministero». Soltanto in relazione ad esso seguirono d'altronde l'offerta vincolante e la manifestazione della volontà delle parti che vollero ricomprendere nella cessione l'oggetto in tal modo individuato. In questa prospettiva, a detta della Corte di Appello, non faceva parte della cessione del compendio il contratto di licenza, concluso nell'agosto 2010 e dunque dopo gli atti prodromici e il citato disciplinare.

Il secondo Giudice ha pertanto reputato integrato il patto contrario ex art. 2558 c.c.

I riferimenti normativi. Per una migliore comprensione della decisione, conviene ricordare il contenuto delle norme di interesse del d.lgs. n. 270/1999 richiamate dalla Corte Suprema. Art. 62 (alienazione dei beni): «1. L'alienazione dei beni dell'impresa insolvente, in conformità delle previsioni del programma autorizzato, è effettuata con forme adeguate alla natura dei beni e finalizzate al migliore realizzo, in conformità dei criteri generali stabiliti dal Ministro dell'industria. 2. La vendita di beni immobili, aziende e rami d'azienda di valore superiore a euro 51.645 (lire cento milioni) è effettuata previo espletamento di idonee forme di pubblicità. 3. Il valore dei beni è preventivamente determinato da uno o più esperti nominati dal commissario straordinario».

Art. 63 (vendita di aziende in esercizio): «1. Per le aziende e i rami di azienda in esercizio la valutazione effettuata a norma dell'art. 62, comma 3, tiene conto della redditività, anche se negativa, all'epoca della stima e nel biennio successivo. 2. Ai fini della vendita di aziende o di rami di azienda in esercizio, l'acquirente deve obbligarsi a proseguire per almeno un biennio le attività imprenditoriali e a mantenere per il medesimo periodo i livelli occupazionali stabiliti all'atto della vendita. 3. La scelta dell'acquirente è effettuata tenendo conto, oltre che dell'ammontare del prezzo offerto, dell'affidabilità dell'offerente e del piano di prosecuzione delle attività imprenditoriali da questi presentato, anche con riguardo alla garanzia di mantenimento dei livelli occupazionali. 4. Nell'ambito delle consultazioni relative al trasferimento d'azienda previste dall'art. 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428, il commissario straordinario, l'acquirente e i rappresentanti dei lavoratori possono convenire il trasferimento solo parziale dei lavoratori alle dipendenze dell'acquirente e ulteriori modifiche delle condizioni di lavoro consentite dalle norme vigenti in materia. 5. Salva diversa convenzione, è esclusa la responsabilità dell'acquirente per i debiti relativi all'esercizio delle aziende cedute, anteriori al trasferimento».

La deroga alla cessione ex lege dei contratti non aventi carattere personale. I Giudici di legittimità rigettano il ricorso ritenendo che, nella specie, non vi sia stata violazione degli artt. 62 e 63 d.lgs. n. 270/1999, né dell'art. 2558 c.c. visto che secondo la ricostruzione effettuata nella sentenza impugnata, la volontà delle parti era quella di derogare all'automatico passaggio dei contratti. Viene al riguardo puntualizzato che la regola contemplata dall'art. 2558 c.c. della cessione ex lege dei contratti di azienda che non abbiano carattere personale vige soltanto «se non è pattuito diversamente», come prevede, appunto, detta disposizione. Tale diverso accordo è ravvisabile, secondo la Corte di Cassazione, in ipotesi di cessione di azienda da parte dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, ai sensi degli artt. 62 e 63 d.lgs. n. 270/1999, allorché - secondo l'insindacabile accertamento del giudice del merito, nel rispetto degli artt. 1362 ss. c.c. - risulti che la volontà delle parti sia stata limitata alla cessione del compendio aziendale nella consistenza risultante nel corso del procedimento previsto dalle norme menzionate, senza rilievo dei contratti successivamente conclusi.

L'oggetto della cessione d'azienda secondo la volontà dei contraenti: incensurabile l'interpretazione del giudice di merito. Il secondo giudice, a detta della Cassazione, ha esaminato i documenti traendo la conclusione, dall'interpretazione complessiva del contratto e dalla volontà delle parti, che la licenza in esame era stata esclusa dalla cessione del compendio aziendale. Nella sentenza di appello, viene precisato, non è stato affermato che un atto amministrativo prevale sulla legge; è stato utilizzato dal giudice del merito quanto risulta dal contenuto dell'atto medesimo al fine di interpretare il contratto concluso; ponendo in relazione le singole clausole così da valutare l'efficacia da attribuire al contratto stesso.

I rilevi della ricorrente, a detta della Prima Sezione, impongono allora nell'interpretazione del contratto che non può, però, essere oggetto di sindacato in sede di legittimità. Viene sul punto evidenziato che l'interpretazione del contratto costituisce giudizio di fatto, riservato al giudice del merito ed incensurabile in cassazione, se non per vizi attinenti ai criteri legali di ermeneutica ovvero ad una motivazione carente o radicalmente contraddittoria (cfr. Cass. civ., n. 8810/2020; Cass. civ., n. 1547/2019; Cass. civ., n. 6924/2016; Cass. civ., n. 9070/2013; Cass. civ., n. 2465/2015; Cass. civ., n. 2074/2002).

Né, conclude la Corte di Cassazione il proprio percorso motivazionale, la parte, che con il ricorso intenda denunciare la violazione delle regole di cui agli artt. 1362 ss. c.c. può limitarsi alla mera contrapposizione tra la propria interpretazione e quella accolta nella sentenza impugnata (cfr. Cass. civ., n. 4460/2020; Cass. civ., n. 21888/2016; Cass. civ., n. 25728/2013; Cass. civ., n. 24539/2009). Non sono cioè utilmente deducibili in sede di legittimità gli errores in iudicando consistenti nella mera denuncia della violazione degli artt. 1362 ss. c.c., occorrendo, all'opposto, che tale denuncia specifichi in qual modo il giudice, nel ricostruire la portata degli accordi delle parti, abbia deviato dal canone interpretativo ritenuto violato.

Qualche precedente in materia. In argomento, cfr. Cass., civ., 22 luglio 2004, n. 13651 secondo cui: «per effetto dell'art. 2558 c.c. - a norma del quale, salvo patto contrario, la cessione di azienda determina il trasferimento dei contratti stipulati per l'esercizio della medesima che non abbiano carattere personale - l'acquirente di essa subentra non soltanto nei contratti aventi ad oggetto il godimento dei beni aziendali non di proprietà dell'imprenditore e da lui acquisiti per lo svolgimento della sua attività, ma anche nei contratti di impresa, aventi ad oggetto rapporti concernenti l'organizzazione di questa, tra i quali rientrano i contratti con i fornitori, di assicurazione, di appalto, di concessione in uso di spazi pubblicitari. Pertanto, è necessario che la deroga a detta regola generale emerga dal tenore letterale complessivo del contratto di cessione, da interpretare secondo le regole ermeneutiche della volontà delle parti stabilite dagli artt. 1362 c.c. e segg., tra cui il loro comportamento successivo alla conclusione del contratto, che però non può indurre il giudice di merito a desumere una volontà modificativa o innovativa di quella risultante dal contesto dell'atto negoziale».

Sulla natura privatistica dei contratti stipulati dai commissari, cfr. Tar Lazio Roma, 28 settembre 2021, n. 993, ove chiarito che: «in tema di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, i contratti che conducono alla liquidazione dei beni che appartengono all'impresa privata sono, a tutti gli effetti, negozi di diritto privato stipulati dai commissari per conto dell'impresa, ancorché a seguito di una fase procedimentalizzata in cui la P.A. interviene a dare il suo consenso all'atto liquidatorio, sicché non sono assimilabili ai contratti ad evidenza pubblica, ma sono assoggettati alla disciplina privatistica. Pertanto, poiché dall'attività di natura contrattuale posta in essere dal commissario derivano unicamente pretese fondate su diritti soggettivi, la controversia conseguente all'impugnazione, da parte del privato, del provvedimento con il quale Ministero dello sviluppo economico autorizza l'organo della procedura a sospendere il procedimento di liquidazione di un ramo di azienda al fine di sollecitare offerte migliorative appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario». Ciò in aderenza a quanto stabilito dalle Sezioni Unite con pronuncia n. 13451 del 29 maggio 2017.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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