Crisi da sovraindebitamento e ammissibilità della finanza esterna nella liquidazione dei beni

Francesca Monica Cocco
17 Gennaio 2022

Nella liquidazione dei beni per crisi da sovraindebitamento, può ritenersi ammissibile da parte del debitore l'esclusivo apporto di finanza esterna – quale alternativa al procedimento di esdebitazione del debitore incapiente, senza attivo alcuno e con il requisito ostativo della meritevolezza – allorquando ciò determini il miglior soddisfacimento del ceto creditorio?

Nella liquidazione dei beni per crisi da sovraindebitamento, può ritenersi ammissibile da parte del debitore l'esclusivo apporto di finanza esterna – quale alternativa al procedimento di esdebitazione del debitore incapiente, senza attivo alcuno e con il requisito ostativo della meritevolezza – allorquando ciò determini il miglior soddisfacimento del ceto creditorio?

Caso pratico - Il debitore deposita, presso il Tribunale di Milano, domanda di apertura della liquidazione del patrimonio per sovraindebitamento, ai sensi dell'art. 14 ter L. 3/2012. Il caso riveste carattere di peculiarità, in quanto il debitore, sostanzialmente incapiente (non produce reddito e non possiede beni di valore significativo), ha purtuttavia la possibilità di offrire una certa utilità ai creditori; utilità costituita da una somma di denaro, messa a disposizione da un terzo, a titolo di liberalità gratuita (finanza esterna).

Si precisa che tale somma è, in ogni caso, sufficiente a garantire il soddisfacimento del 100% dei crediti prededucibili (Trib. Rimini 22 aprile 2021), oltre ad un minimo soddisfacimento per i creditori, in misura falcidiata.

La domanda di apertura della liquidazione del patrimonio, pertanto, si conclude con una richiesta in via principale (ovvero liquidazione “classica” ai sensi dell'art. art. 14

ter ss. L. 3/2012, con apporto costituito esclusivamente dalla somma a titolo di liberalità gratuita) ed una richiesta in via subordinata (accesso all'immediata esdebitazione con decreto ai sensi dell'art. 14 quaterdecies, comma 7, L. 3/2012, quale debitore incapiente).

Tale duplice conclusione si rendeva necessaria, in quanto – nel caso in cui il Tribunale avesse considerato inammissibile l'accesso alla liquidazione con apporto esclusivo di finanza esterna – il debitore sarebbe incorso certamente in un provvedimento di rigetto, vanificando l'intera procedura.

E pertanto, nel caso di inammissibilità della liquidazione con apporto di finanza esterna, il Tribunale avrebbe potuto (almeno) concedere il beneficio dell'esdebitazione, quale debitore incapiente.

Ebbene, il procedimento si è concluso con un provvedimento di apertura della liquidazione “ai sensi dell'art. 14 quinquies L. 3/2012” (Trib. Milano 2 settembre 2021), quindi secondo la liquidazione “classica” di cui all'art. 14 ter ss. L. 3/2012; evidentemente ammettendo la possibilità di apportare unicamente la somma a titolo di finanza esterna, a beneficio dei creditori, e quindi non prendendo in considerazione la conclusione in via subordinata di accesso all'esdebitazione del debitore incapiente senza alcun apporto ai sensi dell'art. 14 quaterdecies L. n. 3/2012 (tale istituto, si rammenta, costituisce una novità recente nell'ordinamento, in quanto introdotto per la prima volta dalla L. n. 176/2020, entrata in vigore il 25 dicembre 2020, che ha convertito il D.L. n. 137/2020, noto come Decreto Ristori).

La peculiarità di questo caso è dunque offerta da due elementi: (i) la possibilità di accedere alla liquidazione dei beni esclusivamente mediante apporto di finanza esterna; (ii) la preferibilità (rectius, il maggior vantaggio per i creditori) della liquidazione dei beni esclusivamente mediante apporto di finanza esterna rispetto al decreto di esdebitazione, con assenza di attivo, del debitore incapiente (che la norma definisce come colui che “non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura… fatto salvo l'obbligo di pagamento del debito entro 4 anni… nel caso in cui sopravvengano utilità rilevanti, che consentano il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore al 10%...”).

L'esito del provvedimento qui in esame (Trib. Milano 2 settembre 2021), non si presentava, prima facie, scontato. Difatti, tale provvedimento si contrappone al diverso orientamento non solo di altri Tribunali, ma anche dello stesso Tribunale di Milano.

Giova ricordare, innanzitutto, la pronuncia Trib. Rimini 8 dicembre 2020, con la quale è stata dichiarata inammissibile la domanda di liquidazione dei beni, nella quale si determini il soddisfacimento dei creditori unicamente mediante risorse appartenenti a terzi, non potendo, la c.d. finanza esterna, trovare spazio nella procedura liquidatoria.

Si badi che il predetto provvedimento è stato pronunciato in data 8 dicembre 2020, allorquando non era ancora entrata in vigore L. 176/2020, che ha introdotto il nuovo istituto di cui all'art. 14 quaterdecies del debitore incapiente.

Il Tribunale di Rimini ha ritenuto indispensabile che il debitore disponga di una risorsa “propria” da liquidare e destinare ai creditori; ha ritenuto poi che la finanza esterna non possa avere spazio nelle procedure di liquidazione, ma solo in quelle negoziali di sovraindebitamento (accordo con i creditori e piano del consumatore); concludendo che la somma messa a disposizione dal terzo non possa essere considerata bene proprio del debitore (rientrante nella nozione di “beni” di cui all'art. 14 ter ss. L. 3/2012).

In tal senso anche un'altra decisione del Trib. Milano 8 giugno 2021, il quale, a fronte di una domanda di liquidazione dei beni ai sensi dell'art. 14 ter L. 3/2012 mediante apporto di finanza esterna, ha chiesto ulteriori chiarimenti; ai quali è seguita un'istanza integrativa da parte del debitore, avente ad oggetto la riqualificazione della domanda in richiesta di decreto di esdebitazione ai sensi dell'art. 14 quaterdecies L. 3/2012, per incapienza. In quest'ultimo provvedimento, il Tribunale di Milano ha stabilito che la finanza esterna non può trovare spazio nelle procedure di liquidazione, in quanto non può essere considerata bene proprio del debitore, tale da rientrare nella nozione di “beni” di cui all'art. 14 ter ss. L. 3/2012.

Le ragioni che fondano tali provvedimenti, pur apprezzabili, non sarebbero tuttavia condivisibili, per le seguenti ragioni.

Innanzitutto, l'attivo in questione non è un importo da restituirsi (finanza), ma costituisce una liberalità gratuita da parte del terzo che entra direttamente a far parte del patrimonio del debitore (senza che la provenienza possa essere motivo ostativo). Pertanto, tale attivo rientra, a tutti gli effetti, nell'alveo dei beni di cui all'art. 14 ter L. 3/2012.

Dunque, non può negarsi che, al momento del vaglio giudiziale ai fini dell'apertura della liquidazione, tra i beni del debitore si configuri questa disponibilità (liberalità esterna) alla quale non vi è ragione che i creditori debbano rinunciare, non essendovi null'altro.

Tale disponibilità – ancorché frutto di un atto di liberalità – costituisce un attivo per il miglior soddisfacimento del ceto creditorio e pertanto non può che essere sussunta all'interno della procedura.

Conclusioni - Il provvedimento qui in esame, ovvero Trib. Milano 2 settembre 2021, che ha aperto la procedura di liquidazione con apporto esclusivo di finanza esterna, supera l'interpretazione delle norme eccessivamente formalistica e restrittiva, nell'ottica del miglior soddisfacimento del ceto creditorio.

È evidente che la richiesta di accesso alla liquidazione – ancorché il bene sia costituito da una disponibilità liquida proveniente dalla liberalità del terzo nei confronti del debitore – possa costituire una migliore alternativa rispetto all'esdebitazione del soggetto incapiente, in quanto, con ogni evidenza, determina un vantaggio per il ceto creditorio.

Con riguardo, poi, all'assunto per il quale la finanza esterna possa avere spazio solo nelle procedure negoziali di sovraindebitamento (accordo con i creditori e piano del consumatore), deve evidenziarsi che l'art. 8, comma 2, L. 3/2012 consente l'apporto di finanza esterna nell'accordo e nel piano, ciò che potrebbe ben portare all' applicazione in via analogica nella liquidazione dei beni (Trib. Roma 22 luglio 2019).

Inoltre, ai sensi dell'art. 14 quater L. 3/2012, un eventuale accordo o piano – nato in origine mediante apporto di finanza esterna – può ben essere poi convertito in liquidazione (in seno alla quale resterebbe vivo l'attivo costituito da finanza esterna).

Vi è poi ampia casistica in cui nell'ambito della liquidazione, unitamente alle utilità messe a disposizione dal debitore, vengono recepite nell'attivo anche ulteriori somme messe a disposizione da terzi (ex multis, Trib. Verona 21 dicembre 2018), per cui, di fatto, viene ammesso l'utilizzo della finanza esterna anche nella liquidazione.

Sebbene l'esdebitazione dell'incapiente possa sembrare più appetibile per il debitore rispetto alla liquidazione (in quanto, nella prima, vi è l'immediato decreto di esdebitazione; mentre, nella seconda, occorre attendere i 4 anni) occorre riflettere anche sul fatto che, nel caso del debitore incapiente, la norma prescrive il vaglio immediato e necessario della meritevolezza; ciò che invece non avviene al momento dell'apertura della liquidazione.

Perciò, essendo nota l'evoluzione legislativa di mitigazione della meritevolezza fino al CCI, può rappresentarsi il caso del debitore che preferisca accedere alla liquidazione con un'utilità minima (procrastinando il vaglio della meritevolezza), piuttosto che sottoporsi immediatamente a tale vaglio nell'esdebitazione dell'incapiente, che potrebbe costargli il rigetto della domanda.

Normativa - Art. 14 ter L. n. 3/2012; Art. 14 quaterdecies L. 3/2012.

Giurisprudenza - Trib. Milano 2 settembre 2021; Trib. Milano 8 giugno 2021; Trib. Rimini 22 aprile 2021; Trib. Rimini 8 dicembre 2020; Trib. Verona 21 dicembre 2018

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