Se l'imprenditore non rispetta i termini del concordato omologato, è soggetto al fallimento anche in assenza di una pronuncia di risoluzione dell'accordo

Eleonora M.P. Ruggieri
16 Febbraio 2022

Nella disciplina della legge fallimentare risultante dalle modificazioni apportate dal D.lgs. n. 5/2006 e dal D.lgs. n. 169/2007, il debitore ammesso al concordato preventivo omologato che si dimostri insolvente nel pagamento dei debiti concordatari può essere dichiarato fallito, su istanza dei creditori, del P.M. o sua propria, anche prima ed indipendentemente dalla risoluzione del concordato ex art. 186 l.fall.

Il caso. In seguito all'omologazione di un concordato preventivo, la società debitrice si era trovata comunque in difficoltà ed era perciò stata dichiarata fallita su iniziativa del P.M., senza però che il Tribunale avesse proceduto alla dichiarazione di risoluzione del concordato. La società, pertanto, aveva impugnato la sentenza e la Corte d'Appello aveva accolto il reclamo sostenendo che il concordato preventivo inadempiuto non poteva essere risolto se non su iniziativa dei creditori e, senza previa risoluzione, non poteva essere dichiarato direttamente il fallimento del debitore in applicazione dei presupposti generali degli artt. 5 e 6 l.fall.

Il Fallimento, pertanto, impugna la decisione della Corte D'Appello e viene rimessa alle Sezioni Unite la questione «dell'ammissibilità dell'istanza di fallimento ex artt. 6 e 7 l.fall. nei confronti di impresa già ammessa al concordato preventivo poi omologato, a prescindere dell'intervenuta risoluzione del concordato».

La decisione delle Sezioni Unite. Le Sezioni Unite, dopo aver richiamato la posizione maggioritaria della giurisprudenza nonché la dottrina più autorevole, concludono per confermare l'orientamento costante della Cassazione, secondo il quale la dichiarazione di fallimento può intervenire anche in assenza di una preventiva dichiarazione di risoluzione del concordato preventivo omologato, quanto meno nei casi in cui il creditore istante faccia valere il credito non nella misura originaria ma in quella falcidiata con la proposta concordataria omologata ma ineseguita, in quanto il debitore continua ad essere obbligato all'adempimento anche una volta scaduto il termine per la risoluzione del concordato, con la conseguenza che in caso di inadempimento di configura un fatto sopravvenuto autonomamente rilevante che può rappresentare un presupposto di fallibilità su istanza non solo dei creditori ma anche del P.M. (come detto, per la misura falcidiata) ed anche di nuovi creditori (Cass. civ., sez. unite, n. 9935/2015).

Secondo le Sezioni Unite, poi, non può assumere rilevanza interpretativa il nuovo settimo comma dell'art. 119 d.lgs. n. 14/2019.

Viene pertanto affermato il principio di diritto secondo cui «nella disciplina della legge fallimentare risultante dalle modificazioni apportate dal D.lgs. n. 5/2006 e dal D.lgs. n. 169/2007, il debitore ammesso al concordato preventivo omologato che si dimostri insolvente nel pagamento dei debiti concordatari può essere dichiarato fallito, su istanza dei creditori, del P.M. o sua propria, anche prima ed indipendentemente dalla risoluzione del concordato ex art. 186 l.fall.».

Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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