Precisazioni del Consiglio di Stato sul potere di disciplina dei requisiti di partecipazione richiesti a pena di esclusione
16 Febbraio 2022
Abstract
L'art. 83, comma 8, del Codice dei contratti pubblici ha regolamentato il potere della stazione appaltante di indicare nel bando le condizioni minime di partecipazione alla gara e i relativi mezzi di prova, sicché non può dirsi nulla una clausola del bando che si riferisca ai profili contenutistici ivi considerati. Il caso e la sentenza di prime cure
La società Trenitalia S.p.A. ha bandito una gara per l'affidamento del servizio di gestione (prelievo, imballo, carico, trasporto, recupero e/o smaltimento) di rifiuti pericolosi e non pericolosi derivanti dalle lavorazioni industriali e commerciali pressi i propri siti produttivi.
In base alle regole della lex specialis, alla procedura avrebbero potuto partecipare anche operatori economici non titolari di impianti di trattamento dei rifiuti, purché in possesso di uno o più accordi, stipulati in data antecedente alla pubblicazione del bando, con uno o più soggetti terzi destinatari autorizzati.
Selezionata la migliore offerta, la già disposta aggiudicazione è stata revocata per l'intervenuto accertamento del mancato possesso di tale requisito di partecipazione in capo all'aggiudicatario, che ha quindi opposto tale determinazione in sede giudiziale.
Il competente TAR per l'Emilia-Romagna ha accolto l'eccezione di tardività del ricorso, in quanto portato nei confronti di clausole immediatamente escludenti che avrebbero dovuto essere impugnate nel termine decadenziale decorrente dalla pubblicazione del bando, e lo ha comunque esaminato nel merito, ritenendolo infondato. La ricorrente ha quindi impugnato la decisione di primo grado, opponendo che il Tar avrebbe dovuto, anziché dichiarare irricevibile il gravame, disapplicare la clausola del bando per contrasto con il diritto euro-unitario.
Inoltre, secondo l'appellante, della clausola avrebbe comunque dovuto rilevarsi la nullità per contrasto con il principio di tassatività delle cause di esclusione, poiché suo tramite la stazione appaltante non si sarebbe limitata a chiedere il possesso di un certo requisito di partecipazione (la disponibilità di soggetti terzi titolari di impianti autorizzati presso cui avviare i rifiuti a trattamento di recupero o smaltimento), ma avrebbe preteso una particolare modalità di sua dimostrazione (la stipulazione di un contratto prima della pubblicazione del bando), sotto comminatoria di esclusione (l'appellante ha sul punto richiamato Cons. Stato, Ad. Plen., 16 ottobre 2020, n. 22). La decisione del Consiglio di Stato
Muovendo da quest'ultimo profilo, la Terza Sezione del Consiglio di Stato ha osservato che, anche dopo l'introduzione nell'ordinamento del principio di tassatività delle cause di esclusione, la giurisprudenza ha ritenuto legittime le clausole dei bandi di gara che prevedono adempimenti a pena di esclusione (in senso sostanziale, perché posti a tutela di interessi imperativi, c.d. tassatività attenuata), anche di carattere formale, purché conformi ai tassativi casi contemplati dalla legge, nonché dalle altre disposizioni del codice dei contratti pubblici, del regolamento di esecuzione e delle leggi dello Stato (Cons. Stato, Ad. Plen., 25 febbraio 2021, n. 9).
Secondo il Collegio, dunque, l'art. 83, comma 8, del D.lgs. n. 50/2016 non ha posto un divieto per la stazione appaltante di indicare nel bando le condizioni minime di partecipazione e i relativi mezzi di prova, al fine di consentire la verifica formale e sostanziale delle capacità e risorse necessarie all'esecuzione della commessa, ma ha invece regolamentato tale potere.
Nel caso di specie, la clausola del bando, per come formulata, attiene ai livelli minimi di capacità tecnica dell'impresa offerente, di cui è specifica indicazione nell'art. 83, comma 8, del Codice, per il che essa deve ritenersi rispettosa del principio di tassatività delle cause di esclusione.
Il Giudice di appello ha quindi confermato la statuizione di irricevibilità del gravame per tardività della notificazione, non potendosi accogliere la prospettazione dell'appellante secondo cui l'inoppugnabilità del bando per decorso dei termini si porrebbe in contrasto con le Direttive europee.
Il Consiglio di Stato ha al riguardo richiamato il proprio costante orientamento, armonico alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, sul rapporto fra preclusioni processuali e diritto comunitario, secondo cui l'applicazione del diritto europeo deve comunque rispettare le norme processuali dello Stato membro, poste a tutela del principio di certezza del diritto (Cons. Stato, Sez. IV, 18 aprile 2018, n. 2332; Sez. III, 4 febbraio 2015, n. 540; Sez. V, 22 gennaio 2015, n. 272, Sez. V, 17 luglio 2014, n. 3806; Sez. V, 23 ottobre 2013, n. 5131). |