Regolamento - 25/06/2019 - n. 1111 art. 56 - Sospensione e diniego

Rosaria Giordano

Sospensione e diniego

1. D'ufficio, su istanza della persona nei cui confronti è chiesta l'esecuzione o, se applicabile ai sensi del diritto nazionale, del minore in questione, l'autorità competente per l'esecuzione o l'autorità giurisdizionale dello Stato membro dell'esecuzione sospende il procedimento di esecuzione se l'esecutività della decisione è sospesa nello Stato membro d'origine.

2. Su istanza della parte nei cui confronti è chiesta l'esecuzione o, se applicabile ai sensi del diritto nazionale, del minore in questione, l'autorità competente per l'esecuzione o l'autorità giurisdizionale dello Stato membro dell'esecuzione può sospendere, in tutto o in parte, il procedimento di esecuzione per uno dei motivi seguenti:

a) la decisione è stata impugnata nello Stato membro d'origine con un'impugnazione ordinaria;

b) il termine per l'impugnazione ordinaria di cui alla lettera a) non è ancora scaduto;

c) è stata proposta una domanda di diniego dell'esecuzione a norma dell'articolo 41, 50 o 57;

d) la parte nei cui confronti è chiesta l'esecuzione ha chiesto, conformemente all'articolo 48, la revoca di un certificato rilasciato a norma dell'articolo 47.

3. Se sospende il procedimento di esecuzione per il motivo di cui al paragrafo 2, lettera b), l'autorità competente per l'esecuzione o l'autorità giurisdizionale può fissare un termine entro il quale deve essere proposta un'eventuale impugnazione.

4. In casi eccezionali, su istanza della persona nei cui confronti è chiesta l'esecuzione o, se applicabile ai sensi del diritto nazionale, del minore in questione o di un'altra parte interessata che agisce nell'interesse superiore del minore, l'autorità competente in materia di esecuzione o l'autorità giurisdizionale può sospendere il procedimento di esecuzione se l'esecuzione esporrebbe il minore a un grave rischio di pericoli fisici o psichici a causa di impedimenti temporanei emersi successivamente alla pronuncia della decisione, o in virtù di altri mutamenti significativi delle circostanze.

L'esecuzione è ripresa non appena cessi il grave rischio di pericoli fisici o psichici.

5. Nei casi di cui al paragrafo 4, prima di rifiutare l'esecuzione ai sensi del paragrafo 6, l'autorità competente in materia di esecuzione o l'autorità giurisdizionale adotta tutte le misure adeguate per facilitare l'esecuzione conformemente al diritto e alle procedure nazionali nonché all'interesse superiore del minore.

6. Se il grave rischio di cui paragrafo 4 ha carattere permanente, l'autorità competente in materia di esecuzione o l'autorità giurisdizionale può, su richiesta, rifiutare l'esecuzione della decisione.

Inquadramento

Tra le normi comuni sull'esecuzione delle decisioni in materia di responsabilità genitoriale, che riguardano anche le “decisioni privilegiate”, quella in esame, da un lato, riprende le previsioni dell'art. 35 di Bruxelles II-bis, dall'altro introduce un inedito elemento di discrezionalità nell'esecuzione delle decisioni straniere (cfr. Lupoi 2020, § 10).

Decisione sospesa dal giudice dello Stato membro d’origine

È disciplinata dalla norma in esame, innanzi tutto, la fattispecie nella quale la decisione della quale venga richiesta l'esecuzione sia stata sospesa dal giudice dello Stato dell'esecuzione.

In detta ipotesi, il giudice dell'esecuzione dello Stato richiesto dell'esecuzione d'ufficio o su istanza di parte sospende il procedimento di esecuzione pendente dinanzi a sé.

Si tratta di una forma di sospensione interna doverosa dell'esecuzione derivante ex lege dalla circostanza che l'efficacia esecutiva del provvedimento da porre in esecuzione è stata sospesa dallo Stato che lo ha emanato.

È quindi una forma di sospensione riconducibile a quella, contemplata nel nostro ordinamento dall'art. 623 c.p.c., di avvenuta sospensione dell'efficacia del titolo posto in esecuzione dal giudice dell'impugnazione (che, nell'ipotesi considerata, è appunto il giudice dello Stato membro che ha emanato il provvedimento da eseguire).

Si tratta, pertanto, come si evince peraltro dall'utilizzo del termine “sospende” e non già dalla locuzione “può sospendere” di una ipotesi di sospensione doverosa e non discrezionale della procedura esecutiva.

Sospensione dell’esecuzione da parte del giudice dello Stato di esecuzione

Il secondo ed il terzo comma della disposizione in esame disciplinano invece la diversa ipotesi nella quale, su istanza di parte, l'autorità giurisdizionale dello Stato membro di esecuzione (i.e. il giudice dell'esecuzione) può sospendere, anche solo in parte, la procedura esecutiva.

Ciò avviene in presenza di alcune circostanze che potrebbero rendere detta sospensione una scelta “prudenziale” volta ad evitare la conclusione di una procedura esecutiva, con il rischio di caducazione o di diniego di esecuzione del titolo posto a fondamento di essa.

Invero, la parte che subisce l'esecuzione può richiedere al giudice – investito in questo caso di un potere discrezionale – di sospendere la procedura esecutiva in primo luogo se nello Stato membro nel quale è stata emanata la decisione da eseguire è stata proposta contro la stessa un'impugnazione ordinaria o non è ancora decorso il termine per proporla.

La Corte di Giustizia ha da lungo tempo chiarito, a riguardo, che per impugnazione ordinaria deve intendersi «ogni mezzo di gravame che appartenga all' iter normale di un processo e che costituisca di per sé uno sviluppo processuale che ciascuna parte può ragionevolmente prevedere, con esclusione dei gravami che dipendono da avvenimenti imprevedibili alla data della decisione originaria e di quelli che dipendono dall'azione di persone estranee all'istanza» (CGCE 22 novembre 1977, Industrial Diamond Supplies, in Rev. Crit. DIP 1979, 426, con nota di Gademet Tallon).

Nel nostro ordinamento interno, com'è noto, la distinzione tra strumenti ordinari e straordinari di impugnazione è delineata dall'art. 324 c.p.c. ed è correlata al passaggio in giudicato formale della sentenza che avviene quando la stessa non è più suscettibile di essere impugnata mediante un mezzo ordinario di gravame (ossia l'appello, il regolamento di competenza, il ricorso ordinario per cassazione, la revocazione c.d. ordinaria di cui all'art. 395 n. 4-5 c.p.c.).

La sospensione segue ad un'istanza di parte e si correla ad un provvedimento discrezionale del giudice adito.

Oggetto di dibattito, anche in giurisprudenza, sono gli elementi che il giudice deve considerare, una volta proposta l'impugnazione ordinaria della pronuncia, per sospendere il riconoscimento.

Più in particolare, dalla richiamata sentenza resa dalla Corte di Giustizia nel caso Industrial Diamond Supplies c. Riva sembrerebbe derivare che il giudice debba all'uopo compiere una prognosi circa le possibilità di successo del gravame proposto. Tuttavia, in alcune decisioni successive la stessa Corte di Giustizia ha precisato che ciò non deve tuttavia tradursi in una violazione del principio che vieta al giudice richiesto del riconoscimento di riesaminare la controversia nel merito (CGCE 4 ott. 1991, C-183/90, van Dalfsen, Timmerman e Harmke c. van Loon e Berendsen, in Giust. civ. 1993, I, 1977; v. art. 25).

Parte della dottrina ha peraltro evidenziato che non dovrebbe escludersi la possibilità per il giudice adito in sede di riconoscimento di effettuare una prognosi in ordine alle probabilità di successo della proposta impugnazione ove ciò non implichi un esame di circostanze già dedotte nel giudizio che ha portato all'emanazione della stessa sentenza. Consegue a tale impostazione che il giudice può sospendere il riconoscimento in base ad una prognosi positiva in ordine al successo del gravame basata sull'esame di fatti diversi da quelli in precedenza dedotti dalle parti ovvero di fatti estintivi sopravvenuti (De Cristofaro, 765-768).

Nella medesima prospettiva si è evidenziato, in giurisprudenza, che è necessario che l'opponente alleghi, ai fini della sospensione dell'esecuzione della decisione, motivi nuovi che non avrebbe potuto far valere dinanzi al giudice straniero (App. Parigi, 1° ch., 6 dicembre 2001, in Rev. Crit. dip 2002, n. 2, con nota di Pataut).

Non è prevista la possibilità di impugnare un siffatto provvedimento di sospensione (Baratta 2004, 211- 212; De Cristofaro, 775).

Nell'ordinamento italiano potrebbe comunque porsi la questione dell'esperibilità del regolamento di competenza che è il mezzo per impugnare i provvedimenti che dispongono la sospensione del processo ai sensi dell'art. 295 c.p.c.

Si è evidenziato, sulla base della giurisprudenza interna in tema di regime del provvedimento che nega la sospensione necessaria del processo ex art. 295 c.p.c., che non è impugnabile il provvedimento di diniego della sospensione che ha carattere ordinatorio e non decisione, in quanto volto semplicemente a regolare il processo, senza alcuna pronuncia sulla pretesa dedotta in giudizio: ne consegue che è inammissibile il ricorso straordinario per cassazione teso a censurare la mancata sospensione del procedimento, anche qualora il diniego sia stato illegittimamente adottato (Uccella, 335).

In base alla lettera c) della norma in esame, inoltre, la parte nei confronti della quale si svolge la procedura esecutiva può richiedere al giudice di valutarne la sospensione in quanto è stata proposta una domanda di diniego dell'esecuzione in virtù delle pertinenti disposizioni del Regolamento in esame (ossia gli artt. 41, 50 e 57).

Infine, sempre su istanza della parte che subisce l'esecuzione, il giudice può sospendere la procedura esecutiva qualora venga rappresentato che, in presenza dei presupposti di cui all'art. 48 del Regolamento in esame, è stata richiesta la revoca del certificato rilasciato, ai fini della circolazione anche agli effetti esecutivi della decisione, dall'autorità dello Stato membro di origine.

In tutte queste ipotesi la valutazione discrezionale demandata al giudice dell'esecuzione si fonda, essenzialmente, sulla sussistenza di un fumus boni juris dei motivi posti dal soggetto passivo dell'esecuzione a fondamento, a seconda dei casi: dell'impugnazione ordinaria del provvedimento esecutivo nello Stato membro di origine; dell'istanza di diniego dell'esecuzione; della richiesta di revoca del certificato rilasciato ai sensi dell'art. 47 del Regolamento in commento.

Sospensione dell’esecuzione nei casi eccezionali di grave rischio per il minore

Il contenuto più innovativo della norma è la previsione secondo cui “in casi eccezionali, su istanza della persona nei cui confronti è chiesta l'esecuzione o, se applicabile ai sensi del diritto nazionale, del minore in questione o di un'altra parte interessata che agisce nell'interesse superiore del minore, l'autorità competente in materia di esecuzione o l'autorità giurisdizionale può sospendere il procedimento di esecuzione se l'esecuzione esporrebbe il minore a un grave rischio di pericoli fisici o psichici a causa di impedimenti temporanei emersi successivamente alla pronuncia della decisione, o in virtù di altri mutamenti significativi delle circostanze”.

Alla stregua di quanto attentamente osservato in dottrina, anche se l'art. 71 del medesimo Regolamento in commento ribadisce il divieto di riesame nel merito della decisione assunta dall'autorità giudiziaria di un altro Stato membro dell'Unione europea, si prevede che, al verificarsi di nuove circostanze rispetto a quelle prese in considerazione nel provvedimento straniero, nello Stato di esecuzione si possa riscontrare il rischio che il minore sia esposto a “pericoli fisici o psichici” a causa di impedimenti temporanei (cfr. Lupoi 2020, § 10).

A fronte di tale situazione il giudice dell'esecuzione può sospendere la procedura sino alla cessazione di tale grave rischio.

Tuttavia ove il rischio abbia carattere permanente l'autorità competente in materia di esecuzione o l'autorità giurisdizionale può, sempre su istanza di parte, rifiutare l'esecuzione della decisione.

Il quinto comma della disposizione in esame impone peraltro, all'autorità competente in materia di esecuzione o all'autorità giurisdizionale, prima di rifiutare l'esecuzione, di adottare tutte le misure adeguate a facilitare l'esecuzione conformemente al diritto e alle procedure nazionali nonché all'interesse superiore del minore, anche, se del caso, con l'assistenza di altri professionisti competenti, quali assistenti sociali o psicologi infantili, per cercare di garantire l'attuazione della decisione.

In sostanza, anche in coerenza con il considerando 69, nell'ambito di questa delicata valutazione, l'autorità competente in materia di esecuzione o l'autorità giurisdizionale dovrebbe, conformemente al diritto e alle procedure nazionali, cercare di superare gli eventuali impedimenti creati da un mutamento delle circostanze, come ad esempio un'esplicita obiezione del minore espressa solo successivamente alla pronuncia della decisione con una forza tale che, se ignorata, si configurerebbe un grave rischio di pericoli fisici o psichici per il minore (Lupoi 2020, § 10).

Bibliografia

Biagioni, Il nuovo regolamento comunitario sulla giurisdizione e sull'efficacia delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità dei genitori, in Riv. dir. internaz. 2004, 991; Biavati, Il riconoscimento e il controllo delle decisioni europee in materia familiare, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2003, 1241; Bonomi, Il regolamento comunitario sulla competenza e sul riconoscimento in materia matrimoniale e di potestà dei genitori, in Riv. dir. internaz. 2001, 298; Borrè, Esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare, Napoli 1965; Bruneau, La reconnaissance et l'exécution des décisions rendues dans l'Union européenne, in La Semaine Juridique 2001, 803; Lupoi, Il Regolamento (UE) n. 1111 del 2019: novità in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2020, n. 2, 574; Magrone, La disciplina del diritto di visita nelregolamento (CE) n. 2201/2003, in Riv. dir. internaz.priv. e proc. 2005, 339; McEleavy, Brussels II bis: Matrimonial Metters, Parental Responsability, Child Abduction and Mutual Recognition, in Int. Comp. Law Quaterly 2004, 503; McEleavy, The Comunitarization of Divorce Rules: What Impact for English and Scottish Law?, in Int.Comp. Law Quaterly 2004, 695; Mosconi, Giurisdizione e riconoscimento delle decisioni in materia matrimoniale secondo il regolamento comunitario 29 maggio 2000, in Riv. dir. proc. 2001, 376; Picardi, Le matrici socioeconomiche del titolo esecutivo europeo, in Studi in onore di Romagnoli, Milano, 1997, 985.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario