Regolamento - 25/06/2019 - n. 1111 art. 6 - Competenza residuaCompetenza residua 1. Fatto salvo il paragrafo 2, qualora nessuna autorità giurisdizionale di uno Stato membro sia competente ai sensi degli articoli 3, 4 o 5, la competenza, in ciascuno Stato membro, è determinata dalla legge di tale Stato. 2. Il coniuge che risiede abitualmente nel territorio di uno Stato membro o ha la cittadinanza di uno Stato membro può essere convenuto in giudizio davanti alle autorità giurisdizionali di un altro Stato membro soltanto in forza degli articoli 3, 4 e 5. 3. Il cittadino di uno Stato membro che ha la residenza abituale nel territorio di un altro Stato membro può, al pari dei cittadini di quest'ultimo, invocare le norme sulla competenza qui in vigore nei confronti di un convenuto che non ha la residenza abituale nel territorio di uno Stato membro né ha la cittadinanza di uno Stato membro. InquadramentoLa disposizione in commento riproduce, in un unico articolo, la disciplina già dettata dagli artt. 6 e 7 del Regolamento CE n. 2201/2003 con riguardo, rispettivamente, alla natura esclusiva ed inderogabile dei criteri di collegamento della giurisdizione-competenza espressi dagli artt. 3 e ss. e alla competenza “residua” ove detti criteri non possano operare delle regole dettate dalla legislazione interna. Inderogabilità dei criteri di giurisdizione fissati dal RegolamentoI criteri di collegamento della giurisdizione fissati dagli artt. da 3 a 5 hanno natura esclusiva e sono pertanto inderogabili: ne deriva che, ove ricorrano i presupposti applicativi degli stessi, non possono essere utilizzati criteri di giurisdizione diversi (Baratta, 2002, 460-461; Oberto, 386). Infatti il legislatore europeo, ponendosi dinanzi all'insieme dei territori degli Stati membri come di fronte ad uno spazio giudiziario integrato, ha conseguentemente disciplinato in modo esclusivo il riparto di giurisdizione, sostituendo l'attribuzione di giurisdizione operata dai singoli legislatori statali ai rispettivi giudici (Mosconi, 383). Il carattere esclusivo dei criteri di giurisdizione ha nel Regolamento un significato diverso da quello di cui all'art. 16 della Convenzione di Bruxelles che prevede una serie di fori esclusivi, nel senso che per le categorie di cause cui si riferiscono è preclusa la possibilità di invocare altri criteri previsti nell'ambito della stessa Convenzione (Oberto, 387). Diversamente, nel quadro del Regolamento i singoli titoli di giurisdizione da esso previsti sono posti su un piano di alternatività l'uno rispetto all'altro. La formulazione della disposizione in esame induce inoltre a ritenere che non sia ammissibile una proroga convenzionale della giurisdizione, né un'accettazione tacita della stessa. Tale disciplina è secondo alcuni coerente con l'indisponibilità che tradizionalmente caratterizza i procedimenti in materia matrimoniale (Baratta, 2004, 165). L'inderogabilità è affermata in relazione al coniuge convenuto che abbia la cittadinanza ovvero la residenza abituale in uno Stato membro, sicché il Regolamento in esame ed i titoli di giurisdizione posti dallo stesso operano anche in relazione a soggetti che non abbiano la nazionalità di uno Stato dell'Unione Europea (Campiglio, 1109; Lupoi, § 2). Questa impostazione è stata confermata dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea la quale ha chiarito che, in conformità alla previsione in esame, ai sensi di una corretta interpretazione degli art. 6 e 7 del Regolamento (CE) del Consiglio 27 novembre 2003 n. 2201 che abroga il Regolamento (CE) n. 1347/2000, come emendato dal Regolamento (CE) del Consiglio 2 dicembre 2004 n. 2116, rispetto ai Trattati con la Santa Sede, nel corso di una causa di divorzio, qualora un convenuto non abbia la residenza abituale in uno Stato membro e non sia cittadino di uno Stato membro, i giudici di uno Stato membro non possono, per decidere su tale domanda, fondare la loro competenza sul loro diritto nazionale, nell'ipotesi in cui i giudici di un altro Stato membro sono competenti ai sensi dell'art. 3 del detto Regolamento Infatti, dal chiaro dettato dell'art. 7, n. 1, di tale regolamento risulta che solo qualora nessun giudice di uno Stato membro sia competente ai sensi degli artt. 35 del medesimo regolamento la competenza è determinata, in ciascuno Stato membro, dal diritto nazionale. D'altra parte, ai sensi dell'art. 17 del Regolamento, l'autorità giurisdizionale di uno Stato membro, investita di una controversia per la quale il medesimo regolamento non prevede la sua competenza, deve dichiarare d'ufficio la propria incompetenza qualora sia competente un'autorità giurisdizionale di un altro Stato membro in forza del regolamento stesso. Tale interpretazione non è rimessa in discussione dall'art. 6 del regolamento, dato che l'applicazione degli artt. 7, n. 1, e 17 dello stesso non dipende dalla qualità del convenuto, ma dalla sola questione se un giudice di uno Stato membro sia competente in forza degli artt. 3-5 del regolamento, che è diretto ad istituire norme di conflitto uniformi in materia di divorzio per assicurare una libera circolazione delle persone quanto più ampia possibile. Di conseguenza, il regolamento si applica anche ai cittadini di Stati terzi che hanno vincoli sufficientemente forti con il territorio di uno degli Stati membri in conformità dei criteri di competenza previsti dal detto regolamento, criteri che si fondano sul principio che deve esistere un reale nesso di collegamento tra l'interessato e lo Stato membro che esercita la competenza (CGUE III, n. 68/2007). Come non si è trascurato di osservare in dottrina, da tale pronuncia si desume la regola generale per la quale i criteri stabiliti dal Regolamento in esame vanno applicati anche nei confronti di convenuti privi di residenza abituale in uno Stato membro all'epoca della proposizione della domanda, qualora i coniugi abbiano avuto la loro ultima residenza abituale comune in uno Stato membro e uno di essi vi risieda ancora o qualora il coniuge attore sia residente abituale in uno Stato membro da almeno 6 o 12 mesi, a seconda della sua nazionalità (Lupoi, Il regolamento, § 2). Applicabilità delle norme interne in via residualeQualora nessun giudice di uno Stato membro sia competente in forza degli artt. 3, 4, e 5, i giudici di uno Stato membro possono conoscere della causa in virtù delle previsioni nazionali sulla competenza giurisdizionale (Baratta, 2002, 461; Mosconi, 383; Oberto, 380). In applicazione del principio europeo di non discriminazione è, peraltro, in qualche modo «dilatata» la competenza giurisdizionale residua (Mosconi, 383). Infatti, da un lato, i cittadini comunitari sono parificati ai cittadini dello Stato membro nel quale risiedono, poiché è ad essi consentito di avvalersi delle norme interne sulla giurisdizione e, dall'altro, ai rendono applicabili tali regole anche a fattispecie in cui il convenuto sia estraneo all'ordinamento comunitario (Baratta, 2002, 461). 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