La consecuzione nelle procedure concorsuali
22 Febbraio 2022
Una s.p.a. proponeva opposizione allo stato passivo del fallimento di una s.r.l., chiedendo l'ammissione in via chirografaria di un credito che risultava da una sentenza del Tribunale del 17 luglio 2012, cioè precedente alla dichiarazione di fallimento del 19 febbraio 2013: nello specifico, il Fallimento deduceva l'inopponibilità della sentenza, sostenendo che doveva farsi riferimento alla data della domanda di concordato, presentata il 23 febbraio 2012. Il Tribunale, tuttavia, ammetteva il credito al passivo in via chirografaria, ritenendo infondata la tesi del Fallimento, in quanto applicabile solo al diverso fine di determinare il cd. periodo sospetto nelle azioni revocatorie fallimentari. Il Fallimento ricorre in Cassazione, lamentandosi della mancata applicazione del principio di consecuzione delle procedure concorsuali, in virtù del quale gli effetti che la legge ricollega alla data della dichiarazione di fallimento retroagirebbero alla data della presentazione della domanda di concordato. Il ricorso è infondato. La Corte di Cassazione, infatti, afferma che il principio di unitarietà delle procedure concorsuali succedutesi senza soluzione di continuità non può essere considerato come un autonomo criterio normativo, destinato a risolvere tutti i problemi di successione tra le procedure, costituendo piuttosto un enunciato meramente descrittivo di soluzioni regolative aventi specifiche e distinti fonti normative (Cass. civ., n. 3156/2006). A riguardo, i Giudici hanno già avuto modo di chiarire che il principio di consecuzione delle procedure concorsuali non assume rilievo in caso di ammissione dei crediti ex art. 96, comma 3, n. 3, l.fall., dal cui disposto si evince che la data da considerare ai fini della opponibilità della sentenza nei confronti della massa è quella della dichiarazione di fallimento e non quella di pubblicazione della domanda di ammissione al concordato preventivo: pertanto, l'accertamento del credito contenuto nella sentenza pronunciata prima della dichiarazione di fallimento, nella specie peraltro passata in giudicato nelle more della procedura in difetto di impugnazione prima da parte della società debitrice ammessa al concordato e poi da parte del curatore fallimentare, è opponibile alla procedura. Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it |