Depotenziamento dell'allerta nel D.L. 118, voltafaccia del decreto PNRR e la versione destinata al travaso nel CCI

Filippo Lamanna
17 Marzo 2022

Il D.L. 118/2021, nel sostituire la composizione assistita disciplinata dal CCI con il nuovo e corrispondente strumento della composizione negoziata, nella sua versione originaria aveva anche contestualmente eliminato l'allerta esterna, conservando solo una versione "più soft" dell'allerta interna, di cui all'art. 15 d.l. 118/2021. Si tratta, in sostanza, dello stesso tipo di obbligo di segnalazione da parte dell'organo interno di controllo già previsto dal CCI, ma anche un po' depotenziato rispetto a quello, perché, a differenza di quanto previsto dall'art. 14 del Codice, l'art. 15 non onera del medesimo obbligo di segnalazione anche i revisori legali. Ma che utilità concreta può avere un sistema di segnalazione ridotto alla sola allerta interna, per di più ulteriormente limitata quanto ai soggetti tenuti ad effettuarla?

Il D.L. 118/2021 (cd. “Decreto Crisi”, convertito con la L. n. 147/2021), nel sostituire la composizione assistita disciplinata dal Codice della crisi con il nuovo e corrispondente strumento della composizione negoziata, nella sua versione originaria aveva anche contestualmente eliminato l'allerta esterna disciplinata dall'art. 15 del Codice, conservando solo una versione più soft, o light, dell'allerta interna.

L'art. 15 del decreto 118 ha previsto infatti solo il dovere degli organi di controllo interno delle società, se esistenti, quando si avvedano di una sopraggiunta difficoltà economico-finanziaria dell'impresa, di avvertire immediatamente di tale situazione il relativo organo amministrativo.

Si tratta, in sostanza, dello stesso tipo di obbligo di segnalazione da parte dell'organo interno di controllo già previsto dal Codice della crisi, ma anche un po' depotenziato rispetto a quello, perché, a differenza di quanto previsto dall'art. 14 CCI, l'art. 15 del decreto 118 non onera del medesimo obbligo di segnalazione anche i revisori legali.

Ma che utilità concreta può avere un sistema di segnalazione ridotto alla sola allerta interna, per di più ulteriormente limitata quanto ai soggetti tenuti ad effettuarla?

Pochissima, evidentemente, tanto più se si considera che i sindaci sono del tutto assenti nelle imprese individuali (che si contano a milioni), e sono di norma presenti solo nelle società di capitali, ma solo in un limitatissimo numero di società, quelle medio-grandi, sì che anche le segnalazioni che sullo stato di crisi possono essere fatte agli amministratori ad opera dei sindaci o dagli altri organi di controllo interno (come ad es. il comitato di sorveglianza nel sistema dualistico delle S.p.A.), non possono che riguardare un numero molto basso di società.

Ed infatti, secondo alcune rilevazioni statistiche elaborate dal CERVED nel 2019 (e riportate in uno studio pubblicato subito dopo l'emanazione del Codice; cfr. E. Brodi, T. Orlando, Nomina dell'organo di controllo nelle S.R.L.: un esercizio di quantificazione alla luce dei nuovi parametri dimensionali, in Crisi d'Impresa e Insolvenza, 25 febbraio 2019), si tratterebbe, quanto alle S.r.l., di circa 14.300 società su un totale di circa mezzo milione (rilevate precisamente in numero di 491.000), ossia di solo il 3% circa, mentre il restante 97%, pari a 476.000 società, sarebbe privo dell'organo di controllo sindacale, sì che le segnalazioni astrattamente attivabili sullo stato di crisi delle S.r.l. (ferma comunque l'avvertenza che le S.r.l. in crisi potrebbero essere solo una parte di quelle dotate di organo sindacale) non potrebbero che riguardare, appunto, un numero ridottissimo di tali società (né può sottacersi che, ad oggi, per una serie di rinvii a catena, ancora non sono applicabili gli stringenti criteri previsti in origine dall'art. 379 CCI in tema di obbligatoria nomina di sindaci nelle S.r.l., che avrebbero allargato la platea delle società tenute all'obbligatoria costituzione dell'organo di controllo, ma sono ancora applicabili quelli più elevati previsti anteriormente, e solo in parte ridimensionati, a partire dal 2022, dal cd. “Decreto Salvacantieri”. Peraltro, in sede di conversione del decreto 118, è stato inserito un nuovo art. 1-bis, che dispone un ulteriore rinvio - fino al 2023 - del più esteso obbligo di nomina dei sindaci previsto in origine dall'art. 379 CCI).

L'“allerta light” è dunque, stringi stringi, davvero ben poca cosa.

Sta di fatto però, come dicevo sopra, che poi lo stesso legislatore, anche tenendo conto delle critiche immediatamente formulate – anche da scrive - alla scelta di abbandonare l'allerta esterna, e del rischio anche di inattuazione, da questo punto di vista, della Direttiva Insolvency 1023/2019 sui quadri di ristrutturazione preventiva (che va attuata dall'Italia non oltre il prossimo 17 luglio e che mira appunto – tra l'altro – anche a promuovere efficaci sistemi di allerta preventiva), con un subitaneo voltafaccia ha reintrodotto con l'art. 30-sexies, in sede diconversione del D.L. n. 152/2021 (cd. “Decreto PNRR) - con la L. n. 233/2021 -, le segnalazioni dei cd. creditori pubblici qualificati - INPS, Agenzia delle entrate e Agenzia Riscossione - all'organo di controllo interno e all'imprenditore.

Tali creditori pubblici, secondo la novellata disciplina, devono segnalare all'imprenditore e all'organo di controllo, se esistente, che la situazione debitoria ha raggiunto una certa dimensione, contestualmente invitandoli a richiedere – si badi bene – l'accesso alla composizione negoziata, ossia proprio al nuovo procedimento per lo svolgimento protetto di trattative stragiudiziali introdotto dal medesimo D.L. 118.

La composizione negoziata, con la sfacciata previsione di tale invito (che appare davvero un unicum nel panorama giusconcorsuale), diventa dunque una sorta di percorso già considerato ex lege come preferenziale (ma in tal modo sorge il rischio che le imprese possano credere, per differenza, ovvero a contrario, che siano sconsigliabili, o non altrettanto consigliabili o utili, gli altri strumenti di regolazione preventiva della crisi previsti dal Codice).

Quanto alle soglie, quelle nuove sono in effetti alquanto contenute, ben lontane, comunque, dalle ben più elevate soglie che, nel quadro di una progressiva escalation verso l'alto rispetto alle proposte iniziali, sono state conclusivamente previste dal Codice della crisi nella versione risultante a seguito del “decreto correttivo” (D. Lgs. n. 147/2020).

In sintesi, e semplificando al massimo, l'indebitamento-soglia per IVA passa da un importo compreso tra 100mila e 1milione di euro ai soli 5.000 euro attuali, con una riduzione che va quindi da 20 a 200 volte; l'indebitamento-soglia per i contributi INPS passa da 50mila euro a un importo variabile tra 5.000 e 15.000 euro, con una riduzione che va da poco più di 3 fino a 10 volte; la soglia del debito fiscale scaduto in riscossione, infine, quella che ha subito il ritocco meno significativo, passa da un importo variabile tra 500mila e 1 milione di euro a un importo variabile tra 100mila e 500mila euro, con una riduzione che va “solo” da 2 a 5 volte.

In ultima analisi, se le soglie del Codice erano state criticate, ed erano in effetti criticabili, perché troppo alte, e perché quindi mirate a segnalare una situazione di indebitamento ormai probabilmente deterioratasi fino al punto da risolversi in crisi grave o addirittura in insolvenza vera e propria, finendo per risultare inidonee a fungere da segnali di allerta precoce della crisi; viceversa i nuovi valori-soglia sembrano poter fungere effettivamente anche da segnali di pre-crisi, oltre che di crisi, quanto meno quelli dell'IVA e dei contributi INPS, mentre resta comunque alquanto alto il valore-soglia del coacervo debitorio fiscale in riscossione.

Alla luce di tale novità sembra di poter concludere che lo stesso legislatore, che emanando il D.L. 118 aveva ritenuto inopportuno conservare il sistema dell'allerta esterna, repentinamente pentitosi è tornato subito sui suoi passi riconoscendo invece l'utilità di tale sistema ed adottando nuove soglie alquanto basse, almeno in due casi su tre.

Il legislatore, tuttavia, ha comunque mancato di coraggio, pragmatismo e lungimiranza, poichè non ha previsto l'operare di alcuna conseguenza penalizzante ove l'imprenditore non assuma immediati provvedimenti in caso di superamento delle soglie di allerta, evidentemente nella iper-ottimistica (e fallace) convinzione che l'imprenditore italiano, contraddicendo un'abitudine inveterata, possa rendersi ora effettivamente disponibile ad attivarsi tempestivamente per la soluzione di una crisi sopravvenuta, per il solo fatto di poter ricevere, e quando di fatto riceva, le suddette segnalazioni di allerta, senza che sia necessario “incentivarlo” con una “spinta” più “energica”, per quanto solo indiretta, come quella che era stata prevista nel Codice della crisi (mediante convocazione ex officio dell'imprenditore in crisi innanzi all'OCRI, con la velata minaccia, in caso di inerzia, di segnalazione al PM del suo eventuale stato d'insolvenza).

Credo in ogni caso necessario segnalare che le nuove soglie, una volta raggiunte, danno luogo semplicemente ad una sola segnalazione una tantum, sì che, specie nei casi in cui ad esse non si accompagni ancora un vero stato di crisi, e l'imprenditore quindi non si attivi affatto per accedere alla composizione negoziata o ad altra procedura risanatoria, non vi sarà poi alcun successivo alert nemmeno qualora l'indebitamento aumenti anche notevolmente.

Perdura di conseguenza la seria probabilità che neppure tale sistema, pur traducendosi in una riattivata forma di allerta esterna, possa concretamente riuscire ad incentivare l'accesso precoce alla composizione negoziata o ad altre alternative procedure risanatorie.

Sarebbe stato invece meglio mediare - adottando un sano realismo - fra le contrapposte soluzioni, magari ammettendo l'utilità di entrambe contemporaneamente, quella prevista nel Codice e quella introdotta con il decreto PNRR. Si sarebbe potuto prevedere, cioè, il concorrente operare sia dell'allerta esterna basata sulle più basse soglie introdotte con il decreto PNRR per consentire un'emersione precoce della crisi, sia di successive segnalazioni che i creditori pubblici qualificati avrebbero dovuto inviare in base al raggiungimento di soglie debitorie più alte, come quelle, ad esempio, previste proprio dal Codice.

Ma soprattutto, a mio modesto parere, si sarebbero potute prevedere soglie calcolate come multipli delle soglie-base previste dal decreto PNRR, in modo da far scattare segnalazioni di allerta ripetute, in progressione con l'eventuale aumentare del debito fiscale o previdenziale, così da intercettare, via via nel tempo, sia i segnali di pre-crisi e/o di crisi, sia i segnali di un'insolvenza imminente o in atto, con evidente beneficio per l'intero sistema.

Fermo restando che, in ogni caso, sarebbe stato consigliabile anche modulare nel modo ritenuto preferibile, più opportuno ed efficiente, un meccanismo di coazione indiretta per l'imprenditore, al fine di spingerlo con energia ad attivarsi per adottare misure tempestive di superamento della crisi, senza restare impunemente inerte.

Ma forse non tutto è perduto.

Siccome, infatti, la disciplina dell'allerta, così come risulta disciplinata in forza del concorso di norme contenute nel D.L. 118 e nel D.L. 152-PNRR, per quanto incompleta ed insoddisfacente, sembra non dimeno destinata ad un suo integrale travaso nel Codice della crisi, almeno stando alla bozza della relativa versione finale licenziata dalla Commissione Pagni e diffusa nei giorni scorsi, è ancora possibile formulare l'auspicio che, nel corso di approvazione del nuovo decreto legislativo avente come oggetto il completo adeguamento del Codice della crisi agli obiettivi della Direttiva Insolvency, il legislatore tenga conto anche delle (tutt'altro che ideologiche, ma semplicemente) pragmatiche correzioni migliorative “de minimis” qui sommessamente proposte.

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